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ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE - di Lewis Carroll - Fiaba

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2008 18:57
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08/09/2008 00:12


V



CONSIGLI DEL BRUCO


Il Bruco e Alice si guardarono a vicenda per qualche tempo in silenzio; finalmente il Bruco staccò la pipa di bocca, e le parlò con voce languida e sonnacchiosa:
Chi sei? - disse il Bruco.
Non era un bel principio di conversazione. Alice rispose con qualche timidezza: - Davvero non te lo saprei dire ora. So dirti chi fossi, quando mi son levata questa mattina, ma d'allora credo di essere stata cambiata parecchie volte.
- Che cosa mi vai contando? - disse austeramente il Bruco. - Spiegati meglio.
- Temo di non potermi spiegare, - disse Alice, - perchè non sono più quella di prima, come vedi.
- Io non vedo nulla, - rispose il Bruco.
- Temo di non potermi spiegare più chiaramente, - soggiunse Alice in maniera assai gentile, - perchè dopo esser stata cambiata di statura tante volte in un giorno, non capisco più nulla.
- Non è vero! - disse il Bruco.
- Bene, non l'hai sperimentato ancora, - disse Alice, - ma quando ti trasformerai in crisalide, come ti accadrà un giorno, e poi diventerai farfalla, certo ti sembrerà un po'strano, - non è vero?
- Niente affatto, - rispose il Bruco.
- Bene, tu la pensi diversamente, - replicò Alice; - ma a me parrebbe molto strano.
- A te! - disse il Bruco con disprezzo. - Chi sei tu?
E questo li ricondusse di nuovo al principio della conversazione.
Alice si sentiva un po' irritata dalle brusche osservazioni del Bruco e se ne stette sulle sue, dicendo con gravità: - Perchè non cominci tu a dirmi chi sei?
- Perchè? - disse il Bruco.
Era un'altra domanda imbarazzante. Alice non seppe trovare una buona ragione. Il Bruco pareva di cattivo umore e perciò ella fece per andarsene.
- Vieni qui! - la richiamò il Bruco. - Ho qualche cosa d'importante da dirti.
La chiamata prometteva qualche cosa: Alice si fece innanzi.
- Non arrabbiarti! - disse il Bruco.
- E questo è tutto? - rispose Alice, facendo uno sforzo per frenarsi.
- No, - disse il Bruco.
Alice pensò che poteva aspettare, perchè non aveva niente di meglio da fare, e perchè forse il Bruco avrebbe potuto dirle qualche cosa d'importante. Per qualche istante il Bruco fumò in silenzio, finalmente sciolse le braccia, si tolse la pipa di bocca e disse:
- E così, tu credi di essere cambiata?
- Ho paura di sì, signore, - rispose Alice. - Non posso ricordarmi le cose bene come una volta, e non rimango della stessa statura neppure per lo spazio di dieci minuti!
- Che cosa non ricordi? - disse il Bruco.
- Ecco, ho tentato di dire «La vispa Teresa» e l'ho detta tutta diversa! - soggiunse melanconicamente Alice.
- Ripetimi «Sei vecchio, caro babbo», - disse il Bruco.
Alice incrociò le mani sul petto, e cominciò:

«Sei vecchio, caro babbo» - gli disse il ragazzino -
«sulla tua chioma splende - quasi un candore alpino;
eppur costantemente - cammini sulla testa:
ti sembra per un vecchio - buona maniera questa?»

«Quand'ero bambinello» - rispose il vecchio allora -
«temevo di mandare - il cerebro in malora;
ma adesso persuaso - di non averne affatto,
a testa in giù cammino - più agile d'un gatto.»

«Sei vecchio, caro babbo» - gli disse il ragazzino -
e sei capace e vasto - più assai d'un grosso tino:
e pur sfondato hai l'uscio - con una capriola;
«dimmi di quali acrobati - andasti, babbo, a scuola?»

«Quand'ero bambinello.» - rispose il padre saggio,
per rafforzar le membra, - io mi facea il massaggio
sempre con quest'unguento. - Un franco alla boccetta.
«chi comperarlo vuole, - fa bene se s'affretta»

«Sei vecchio, caro babbo,» - gli disse il ragazzino, -
«e tu non puoi mangiare - che pappa nel brodino;
pure hai mangiato un'oca - col becco e tutte l'ossa
Ma dimmi, ove la pigli, - o babbo, tanta possa?»

«Un dì apprendevo legge.» - il padre allor gli disse, -
«ed ebbi con mia moglie continue liti e risse,
e tanta forza impressi - alle ganasce allora,
tanta energia, che, vedi, - mi servon bene ancora.»

«Sei vecchio. caro babbo,» - gli disse il ragazzino
«e certo come un tempo - non hai più l'occhio fino:
pur reggi in equilibrio - un pesciolin sul naso:
or come così desto - ti mostri in questo caso?»

«A tutte le domande - io t'ho risposto già,
«e finalmente basta!» - risposegli il papà:
«se tutto il giorno poi - mi vuoi così seccare.
ti faccio con un calcio - le scale ruzzolare»

- Non l'hai detta fedelmente, - disse il Bruco.
- Temo di no, - rispose timidamente Alice, - certo alcune parole sono diverse.
- L'hai detta male, dalla prima parola all'ultima, - disse il Bruco con accento risoluto.
Vi fu un silenzio per qualche minuto.
Il Bruco fu il primo a parlare:
- Di che statura vuoi essere? - domandò.
- Oh, non vado tanto pel sottile in fatto di statura, - rispose in fretta Alice; - soltanto non è piacevole mutar così spesso, sai.
- Io non ne so nulla, - disse il Bruco.
Alice non disse sillaba: non era stata mai tante volte contraddetta, e non ne poteva proprio più.
- Sei contenta ora? - domandò il Bruco.
- Veramente vorrei essere un pochino più grandetta, se non ti dispiacesse, - rispose Alice, - una statura di otto centimetri è troppo meschina!
- Otto centimetri fanno una magnifica statura! - disse il Bruco collerico, rizzandosi come uno stelo, mentre parlava (egli era alto esattamente otto centimetri).
- Ma io non ci sono abituata! - si scusò Alice in tono lamentoso. E poi pensò fra sé: «Questa bestiolina s'offende per nulla!»
- Col tempo ti ci abituerai, - disse il Bruco, e rimettendosi la pipa in bocca ricominciò a fumare.
Questa volta Alice aspettò pazientemente che egli ricominciasse a parlare. Dopo due o tre minuti, il Bruco si tolse la pipa di bocca, sbadigliò due o tre volte, e si scosse tutto. Poi discese dal fungo, e se ne andò strisciando nell'erba, dicendo soltanto queste parole: - Un lato ti farà diventare più alta e l'altro ti farà diventare più bassa.
«Un lato di che cosa? L'altro lato di che cosa?» pensò Alice fra sé.
- Del fungo, - disse il Bruco, come se Alice lo avesse interrogato ad alta voce; e subito scomparve.
Alice rimase pensosa un minuto guardando il fungo, cercando di scoprirne i due lati, ma siccome era perfettamente rotondo, trovò la cosa difficile. A ogni modo allungò più che le fu possibile le braccia per circondare il fungo, e ne ruppe due pezzetti dell'orlo a destra e a sinistra.
- Ed ora qual è un lato e qual è l'altro? - si domandò, e si mise ad addentare, per provarne l'effetto, il pezzettino che aveva a destra; l'istante dopo si sentì un colpo violento sotto il mento. Aveva battuto sul piede!
Quel mutamento subitaneo la spaventò molto; ma non c'era tempo da perdere, perchè ella si contraeva rapidamente; così si mise subito ad addentare l'altro pezzo. Il suo mento era talmente aderente al piede che a mala pena trovò spazio per aprir la bocca; finalmente riuscì a inghiottire una briccica del pezzettino di sinistra.

- Ecco, la mia testa è libera finalmente! - esclamò Alice gioiosa; ma la sua allegrezza si mutò in terrore, quando si accorse che non poteva più trovare le spalle: tutto ciò che poteva vedere, guardando in basso, era un collo lungo lungo che sembrava elevarsi come uno stelo in un mare di foglie verdi, che stavano a una bella distanza al di sotto.
- Che cosa è mai quel campo verde? - disse Alice. - E le mie spalle dove sono? Oh povera me! perchè non vi veggo più, o mie povere mani? - E andava movendole mentre parlava, ma non seguiva altro effetto che un piccolo movimento fra le foglie verdi lontane.
E siccome non sembrava possibile portar le mani alla testa, tentò di piegare la testa verso le mani, e fu contenta di rilevare che il collo si piegava e si moveva in ogni senso come il corpo d'un serpente. Era riuscita a curvarlo in giù in forma d'un grazioso zig-zag, e stava per tuffarlo fra le foglie (le cime degli alberi sotto i quali s'era smarrita), quando sentì un sibilo acuto, che glielo fece ritrarre frettolosamente: un grosso Colombo era volato su di lei e le sbatteva violentemente le ali contro la faccia.
- Serpente! - gridò il Colombo.
- Io non sono un serpente, - disse Alice indignata. - Vattene!
- Serpente, dico! - ripeté il Colombo, ma con tono più dimesso, e soggiunse singhiozzando: - Ho cercato tutti i rimedi, ma invano.
- Io non comprendo affatto di che parli, - disse Alice.
- Ho provato le radici degli alberi, ho provato i clivi, ho provato le siepi, - continuò il Colombo senza badarle; - ma i serpenti! Oh, non c'è modo di accontentarli!
Alice sempre più confusa, pensò che sarebbe stato inutile dir nulla, sin che il Colombo non avesse finito.
- Come se fosse poco disturbo covar le uova, - disse il Colombo. - Bisogna vegliarle giorno e notte! Sono tre settimane che non chiudo occhio!
- Mi dispiace di vederti così sconsolato! disse Alice, che cominciava a comprendere.
- E appunto quando avevo scelto l'albero più alto del bosco, - continuò il Colombo con un grido disperato, - e mi credevo al sicuro finalmente, ecco che mi discendono dal cielo! Ih! Brutto serpente!
- Ma io non sono un serpente, ti dico! - rispose Alice. - lo sono una... Io sono una...
- Bene, chi sei? - chiese il Colombo. - È chiaro che tu cerchi dei raggiri per ingannarmi!
- Io... io sono una bambina, - rispose Alice, ma con qualche dubbio, perchè si rammentava i molti mutamenti di quel giorno.
- È una frottola! - disse il Colombo col tono del più amaro disprezzo. - Ho veduto molte bambine in vita mia, ma con un collo come il tuo, mai. No, no! Tu sei un serpente, è inutile negarlo. Scommetto che avrai la faccia di dirmi che non hai assaggiato mai un uovo!
- Ma certo che ho mangiato delle uova, - soggiunse Alice, che era una bambina molto sincera. - Non son soli i serpenti a mangiare le uova; le mangiano anche le bambine.
- Non ci credo, - disse il Colombo, - ma se così fosse le bambine sarebbero un'altra razza di serpenti, ecco tutto.
Questa idea parve così nuova ad Alice che rimase in silenzio per uno o due minuti; il Colombo colse quell'occasione per aggiungere: - Tu vai a caccia di uova, questo è certo, e che m'importa, che tu sia una bambina o un serpente?
- Ma importa moltissimo a me, - rispose subito Alice. - A ogni modo non vado in cerca di uova; e anche se ne cercassi, non ne vorrei delle tue; crude non mi piacciono.
- Via dunque da me! - disse brontolando il Colombo, e si accovacciò nel nido. Alice s'appiattò come meglio poté fra gli alberi, perchè il collo le s'intralciava tra i rami, e spesso doveva fermarsi per distrigarnelo. Dopo qualche istante, si ricordò che aveva tuttavia nelle mani i due pezzettini di fungo, e si mise all'opera con molta accortezza addentando ora l'uno ora l'altro, e così diventava ora più alta ora più bassa, finché riuscì a riavere la sua statura giusta.
Era da tanto tempo che non aveva la sua statura giusta, che da prima le parve strano; ma vi si abituò in pochi minuti, e ricominciò a parlare fra sé secondo il solito. - Ecco sono a metà del mio piano! Sono pure strani tutti questi mutamenti! Non so mai che diventerò da un minuto all'altro! Ad ogni modo, sono tornata alla mia statura normale: ora bisogna pensare ad entrare in quel bel giardino... Come farò, poi?
E così dicendo, giunse senza avvedersene in un piazzale che aveva nel mezzo una casettina alta circa un metro e venti. - Chiunque vi abiti, - pensò Alice, - non posso con questa mia statura fargli una visita; gli farei una gran paura!
E cominciò ad addentare il pezzettino che aveva nella destra, e non osò di avvicinarsi alla casa, se non quando ebbe la statura d'una ventina di centimetri.





_________Aurora Ageno___________
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