2 Novembre - Festa dei morti (pensa che festa!) - Ragazzi di Portoria Capitolo 12

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florentia89
00sabato 31 ottobre 2009 10:30
Torna come ogni anno il Dead-Pryde. Visto che di orgogli ce ne inventiamo parecchi ecco anche questo
Oggi e domani, 31 Ottobre e 1 Novembre, Roma vedrà centinaia e centinaia di migliaia di visite, se non milioni, ai suoi luoghi di defunti. Ciò sarà ovviamente anche per Lunedì 2 Novembre, la vera ricorrenza dei morti, ma il grosso dello tsunami della rimembranza sarà nei due giorni precedenti, oltretutto non di lavoro.
Ecco allora il mio intervento, diciamo particolare, a modo mio - Lo proposi e lo ripropongo. l'ho già svolto e nulla è variato di sostanziale dal precedente anno.

La commemorazione dei defunti

Questi giorni in tutte le case, ove più, ove meno, si parlerà di coloro che non ci sono più. Fra questi, oltre i soliti parenti, ci sono coloro che se ne andarono in malo modo attorno il 1945, o anche dopo, con intatta la loro fede nel Duce, cioè che agirono e pensarono come io ancora agisco e penso dopo sessanta anni. Beh! provo a parlarne.
Manca una settimana al 2 Novembre e, conscio di ciò che accadrà quando due milioni di romani, forse più, si scateneranno nei meandri, viali, campi, dei cimiteri romani, io anticipo la visita beneficiando così del modesto affollamento, pur sempre superiore alle normali presenze, in quanto altri assieme me hanno deciso di effettuare la visita che ritengono un po’ d’obbligo, un po’ di piacere funereo! Anche questa volta, come lo scorso anno, ho voluto fare una commemorazione dei defunti a modo mio. Così, accantonati per una volta i miei cari, genitori, nonni, zii, parenti, conoscenti, che comunque visiterò in seguito, ho dedicato la giornata ad una rievocazione particolare, personalizzando quella che a Roma, e forse altrove, chiamano la “Festa dei Morti” (che allegria! mi auguro che loro si divertano, come non so, altrimenti che “festa” sarebbe?). E questo tentativo di ricordare amici, camerati e compagni lo faccio per me, nonché per coloro che leggono i miei scritti..
Arrivo allora al cimitero del Verano, il principale di Roma, come è il Maggiore a Milano, acquisto un grosso mazzo di fiori dalla mia giovane fioraia di sempre, evitando la sciatta proprietaria del banco.
La ragazza aggiunge due rose bianche come omaggio e inizio il giro di ricordi e rimembranze. Mi illudo di disporre di una notevole quantità di fiori fintanto non incontro una signora anziana che ne stringe fra le braccia due-tre volte i miei, pazienza, mi ero sbagliato! Una rosa e alcuni crisantemi li depongo subito dopo l’ingresso sul pavimento della tomba di Claretta Petacci, l’eroina del 1945, che dimostrò amore e sacrificio estremi per il suo uomo ideale di fisico, di spirito, di anima. Sono accanto i familiari, Marcello, ucciso a Dongo, la sorella Miriam, che ho conosciuto, i genitori. La parte anteriore in cristallo è ancora priva di una grossa lastra spaccata da vandali imbecilli, quindi per ora è e resta aperta giorno e notte, con la speranza non si verifichino ulteriori atti inconsulti.
Un pensiero e proseguo. Qualche fiore va al sindacalista Armando Casalini, che da balilla salutavamo a braccio teso. Discorsino con lui e vado oltre (dovetti diventare grande per capire chi fosse, da piccoli facevamo il saluto e basta, pensando fosse un secondo Duce). Alcuni fiori li pongo nel vasetto dell’amico Pierluigi, già balilla genovese, che dal suo minibox mi guarda e sorride. Ci ha lasciati da poco e si è fatto cremare. Salutino e avanti.
Due-tre crisantemi vanno sulla lapide del tenente della Finanza Giorgio Maria Barbarisi, che il 5 Giugno 1945 guardava il cielo, ormai sua patria, ammazzato da chi aveva uccisi tanti altri nostri fratelli e innocenti Il tenente Barbarisi lo incontrai pochi attimi dopo il decesso, forse ancora vivo. Gli ricordo quei giorni funesti e proseguo.
Un pensiero anche al generale del genio navale Umberto Pugliese, lì di fronte, progettista della Vittorio Veneto, che curò il recupero delle corazzate affondate a Taranto, e al mio amico Francesco, li’ vicino, maggiore dell’esercito morto a 42 anni mentre si dedicava alla organizzazione di una delle ultime sfilate per la festa della repubblica, prima che un Presidente della Repubblica che non qualifico le abolisse per un lungo periodo.
Qualche fiore lo getto sul piancito dell’ossario che accoglie i resti dei tanti morti nei bombardamenti aerei romani (e della mia sorellina Rita), qualche altro lo lascio nella cappella dell’ingegnere mio direttore generale il quale, ebreo, seppe convivere con Vaticano, tedeschi, alleati, cristiani, antifascisti, fascisti, e se ne andò per sua fortuna prima che gli scatenati rossi riuscissero a distruggere il complesso aziendale da lui diretto, solo perché proprietà S.Sede. Lo saluto con rispetto, così per il figlio, della mia età, la sua signora e il genero che riposano accanto. Poi i fiori stanno per finire, malgrado fossero tanti, e il mio giro non è terminato.
Penso di uscire e comprarne altri, ma quanto è immenso il Verano, è una città! Sono stanchissimo e decido di semplificare il tour nonché di lesinare gli ultimi rimasti Oltre i fiori conterà pure l’intenzione, o no? conterà il discorso aggiuntivo che ho cura di avviare quando mi trovo di fronte a chi si sacrificò per l’Italia, o no?
Non sono mai andato, per ragioni di tempo e opportunità, nonché per la presenza con me di persone interessate solo ai loro morti-parenti alla cappella che accoglie i resti dei caduti o seguaci della Repubblica Sociale, ove dovrebbe essere stato traslato un amico carissimo, nonché collega di lavoro e abitazione, già nella Nembo RSI.
Trattasi di una unità militare controversa, ritenuta da molti presente solo nelle forze del sud, cioè di Vittorio Emanuele III e Badoglio. Non è esatto, una unità gemella, come battaglione, opererà con la Repubblica Sociale e farà parlare di se sul fronte di Anzio, a Roma-Decima, al nord, accorpando poi i suoi resti in una compagnia che confluirà nel reggimento “Folgore”. Come non ricordare i Comandanti Rizzati, medaglia d’oro alla memoria, Sala, altri di loro, e le decorazioni italo-tedesche, fra cui la medaglia d’oro al giovanissimo parà Camuncoli?
Tanto ardita fu l’opera della Nembo RSI che ne parlerò a parte, anche perché il loro fronte lo frequentai anch’io e due amici cari, fratelli, ne fecero parte con dedizione e valore. Così decido di trovare gli ex RSI.
Chiedo a un anziano sorvegliante ove essi siano e lui mi da’ volentieri le indicazioni, come se la pensasse similmente a me. Precisa ad alta voce, per farsi sentire meglio dai vicini: “Quelli di Salò sono al centro del riquadro sedici, in una cappella con cupola, non c’è da sbagliare”. L’imbrunire s’avvicina, la giornata è corta e non sono abituato al semibuio che inizia a distendersi già prima delle diciotto. C’è ancora per pochi giorni l’ora legale, dopo sarà peggio. Dovrei affrettarmi per l’uscita, ma un tentativo devo farlo. Dov’è il sedici?
Una giovane e pietosa sorvegliante mi sorpassa con l’auto di servizio, mi vede stranito, torna e si offre di accompagnarmi in zona, anche perché stavo avviandomi verso una parte sbagliata.
…”Ora scenda, questo è il diciannove, il sedici è di dietro”.. Ringrazio e mi guardo attorno. No! questo è il quattordici, l’altro il tredici. Finalmente il sedici, con la luce sempre più scarsa. Lo visito ma la cappella circolare non c’è. Avrò sbagliato. Decido di smettere e nell’uscire, solo per conferma, controllo il numero. Il cippo indica bene il sedici, guardo meglio e c’è qualcosa alla base. Porca miseria, è un “bis”, cioè il riquadro è il sedici bis.
Decido così, per fede e per tigna, di non rinunciare alla visita. Trovo il sedici senza bis o tris. Salgo ed ecco la cappella, grande, spaziosa, ma alquanto trascurata e con bel po’ di foglie secche, polvere, terra, all’interno, ove noto alcune lapidi con scolpite torce e fiamme. In alto una scritta riporta: “ai martiri fascisti”, sulla base una lapide aggiuntiva indica un po’ di nomi, fra i quali, gli ultimi tre, sono Mantakas e i due fratelli Mattei, quelli che, per la sinistra, si sarebbero dati fuoco da soli! Li leggo tutti, il mio amico che speravo di incontrare non c’è, però dopo anni che tentavo, trovo il mio giovane superiore della GIL Raffaele Galluzzo, un paio d’anni maggiore di me, fatto fuori a Torino dai partigiani (gli tagliarono la testa). C’è un errore, il nome è riportato come Raffaele Galluzzi, cioè una “i”al posto della “o”. Mi riprometto di tornare col pennarello indelebile dei CD e correggerlo. Però non sono sicuro che “lui” ci sia materialmente o si tratti di un ricordo del sacrificio subito (così infatti sarà).
Ora che ho trovato il posto mi riprometto comunque di tornare a visitare con calma i camerati d’un tempo.
Gli rivolgo per adesso due parole, sistemo gli ultimi fiori, proprio due, e mi avvio verso un’uscita impropabile. Infatti era dall’altra parte. Per fortuna una signora gentile alla quale mi rivolgo mi corregge e indirizza meglio, così raggiungo l’esterno a cancelli già semichiusi e mi allontano fra gli ultimi.
Preciso, a complemento della visita che, con la collaborazione di un giovane impiegato dei servizi cimiteriali, ho potuto poi rintracciare l’ubicazione della sepoltura di Raffaele Galluzzo, nonché quella dell’encomiabile ed amato vicino di casa, deceduto nel 1955, il quale, quando la Milizia fascista mi arrestò per diffusione stampa comunista, mi fece rilasciare e salvò forse la vita (vedere Fiaccole di Gioventù). Che pomeriggio duro! Ho percorso chilometri a passo veloce, lento, incerto, anche su campi e viali spesso non asfaltati o in dissesto. Si fatica più a camminare irregolarmente che non nel modo consueto.
Non sono venuto con l’auto, sarebbe stata una sconsideratezza per il parcheggio, cerco un impossibile taxi, ripiego su tram e bus radi e lenti, così ci vuole un’altra ora abbondante per tornare a casa ove giungo distrutto, coi polpacci che non posso toccare. Rapida doccia e posso stendermi in poltrona.
L’anno scorso, con lo stesso itinerario e fatica fu diverso. Dovetti correre ad un convegno serale che amici del Forum avevano organizzato in un ristorantino intorno piazza dell’Orologio. Non posso dire che fossero coetanei perché le loro età, tutte sommate, superavano di non molto la mia (sigh!). Passai così una serata con Claudio, Marco, Giacomo, Davide, Iacopo, che mi trovarono frastornato dalla stanchezza, dedicando il primo brindisi indovinate a chi? sforzatevi di poco, al Duce (gli riservai anche posto e coperto). Rientrai a casa attorno le ventiquattro con un passaggio offertomi da uno di loro volenteroso e gentile. Torniamo ad oggi. Vado a riposare e mia moglie, il mattino dopo, si preoccupa di non vedermi in piedi alle dieci, io che mi alzo intorno le sei.
Meno male che non mi si rivolge con: ...“senti Frà, non dire di essere stanco, tu che hai poco da fare dovresti…” sarebbe stata una tragedia. Beh! a pranzo qualcosa del genere avviene con mia figlia la quale, in virtù di questa mia presunta assenza di fatica e libertà da impegni, mi affida qualche intervento da svolgere.
In questi giorni di ricorrenza dei defunti avrei voluto incontrare anche il Capo del mio tempo. Lo farò un’altra volta, a casa sua. Mi sono rivolto però anche a lui per dirgli che ho incontrato parecchi che lo conobbero, lo seguirono, si sacrificarono. Gli ho parlato dell’Italia di oggi, non più quella di allora, che non aveva gli scatenamenti esistenziali odierni, ma era più umana e sana. Infine, già che ero li’, ho avuto modo nel mio girare, solo per averli incontrati e notati, di salutare Marcello Mastroianni, amico e balilla al Carlo Grella, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Aldo Fabrizi, Ettore Petrolini, Trilussa, Gabriella Ferri, simboli di un tempo lontano per i cambiamenti radicali degli ultimi anni. Un pensiero l’ho dedicato ai miei magistri d’un tempo, al francese prosciugatore del Fucino, a chi finì con la corazzata Roma, ai caduti della resistenza. Inutile accennare a Mameli, famiglia Garibaldi, i morti pontifici. Mi allontanerei talmente che, se paragone facessi, sarebbe col medioevo.
Duce, tutti sono passati e di loro se ne parla ormai poco o nulla. Solo la tua memoria e opere sono quelle che in parte hanno resistito ad ogni asperità di cose, uomini, decenni, e mi auguro restino tali per molti anni (magari un po’ riviste, va bene?). No! La “festa dei morti” non è per te in quanto, pur se nell’al di la’, rappresenti il passato, il presente e un po’ di futuro. Ricordo una storia della mamma sul fiore dei defunti, il Crisantemo, eccola:
..“a una bambina stava morendo la madre e lei chiese alla Madonna di salvarla. Questa rispose che non poteva, però gli consegnò un fiore dicendogli che l’avrebbe fatta vivere tanti giorni quanti petali aveva, da toglierne uno ogni sera. Era un crisantemo a petali larghi. La bambina però con un paio di forbicine li tagliuzzò, ricavandone tante striscioline da staccare. Così tutti furono felici, la mamma visse di più, la bambina pensò d’essere stata furbetta con la Madonna la quale benevolmente tollerò il sotterfugio e fece si che il crisantemo avesse poi come petali le tantissime foglioline tali quelli attuali”

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auroraageno
00sabato 31 ottobre 2009 11:11
Il 2 Novembre

Un brano che merita rispetto.

Grazie, Francesco...

Se permetti, inserisco qui sotto una cosa scritta un po' di tempo fa, ma per me sempre attuale ogni anno. E' come sento io il 2 Novembra...



Il 2 Novembre


In questo giorno saranno vestite
a festa anche le tombe
di solito dimenticate.
Profusioni di fiori
di lumi e di cure
all'ultima dimora terrena
dei nostri defunti.

Non di voi tutti
avrò un sepolcro da visitare
ma certamente verrò
da voi, mamma e papà.
Voi sapete che non vi
dimentica il mio cuore
ed ogni giorno saluto
voi assieme ai nonni
e a tutti gli altri cari.

Ma in questo giorno
ancor più torneranno
memorie liete ed i rimpianti,
del cuore i moti grati
per l'affetto ricevuto
e le malinconie
per quanto non v'ho dato.
Vi ho amato tanto
eppure non ho saputo
evitarvi dei dolori.
Ancora una volta chiedo
perdono pur sapendo che
me l'avete già accordato.

Vi rivedrò un giorno, tutti voi
cari della mia vita,
pregate per me e per tutti
finché dura l'andare
di questa lunga giornata.
Deposta infine la cesta
davanti alla porta del Regno
quale gioia ritrovarci
sarà per tutti noi!
Noi tutti allora ci ameremo
come qui non riuscimmo
senza le miserie e le barriere
che a volte ci hanno separato.
Accogliete presso di voi ancora
il mio ricordo, le lacrime nascoste
ed il "grazie" nel sorriso
che per voi in me sboccia
come un fiore profumato
tra i tanti fiori che avete
e avrete accanto.





Aurora Ageno
31 ottobre 2007



florentia89
00sabato 31 ottobre 2009 11:37
Brava e grz della risposta Aurora
E' una composizione delicata, fine, di sentimento, che socchiude le finestre del nostro infinito e fa intravedere, o pensare, alle tante cose che sono rimaste in noi, più o meno occulte, mai completamente però.

Ciao Aurora
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