Avventure Vicentine quattro e Stop (su nove capitoli)

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florentia89
00sabato 14 febbraio 2009 06:55
Epilogo. Chiara è con noi
Torna Chiara

Ci incontriamo di nuovo a Vicenza dalla signora Anna. Ci sono io, il marito, il parroco, col quale ero rimasto in contatto.
Discutiamo come agire. Il problema è semplice e difficile al tempo stesso. Non è da tutti i giorni bussare in casa di qualcuno e dirgli che nella loro cantina potrebbe esserci il corpo di una persona uccisa qualche decennio prima. E ciò con gente di stretta osservanza comunista. E se l’angolo murato fosse stato aperto in tempi successivi? E, pur se non aperto, non dovesse contenere nulla? E se quanto scritto nella lettera e detto a voce fosse qualcosa di poco preciso, non dico poco veritiero?
Pensiamo anzitutto di non interessare inizialmente la forza pubblica. Si potrebbero drammatizzare situazioni passate e persone di allora, creare complicazioni. Lo faremo in un secondo tempo.
Proveremo, sempre riesca, a rendere il ritrovamento il meno traumatico possibile. Non scartiamo l’eventualità che con le autorità comunali e partitiche del posto possa accadere che ogni cosa sia messa sbrigativamente a tacere.
Ci sarebbe poi la polizia mortuaria, ma la conosciamo bene. I loro interventi sbrigativi, poco rispettosi, fanno sorgere il dubbio che il corpo di Chiara, o quello che ne resta, finisca in qualche istituto di medicina legale e magari corra il rischio di sparire di nuovo.
Escludiamo anche la curia vescovile, potrebbe dimostrarsi timorosa e titubante per non inimicarsi uomini e organizzazioni di oggi.
Restiamo noi a tentarne un recupero ben fatto, provando ad agire con spirito di comprensione e pacificazione. Siamo certi che dell’eventuale ritrovamento sarebbero soddisfatti anche i resistenziali di allora, specie quelli che evitarono a Chiara di finire nelle fosse comuni. Limiteremo la comunicazione pubblica, che pur ci dovrà essere, escluderemo condanne per gli uni e gli altri. Poi, a cose concluse, non potremo fermare gli scoop, restando il nostro impegno a non prestarci per interventi più o meno sensazionalistici.
Il parroco c’informa sugli occupanti della cascina, che sono i Ciocchi di sempre, da due-tre generazioni e forse più.
Il “patriarca” di oggi è anch’egli uno dei resistenziali d’una volta.
I conduttori della cascina, del podere, delle stalle, sono oggi due figli con le famiglie, mentre qualche figlio o figlia sono sistemati altrove.
Il parroco si offre da tramite per organizzare un incontro, che dovrò condurre io, in quanto coi preti parlano poco. Rinviamo di qualche giorno, infine i Ciocchi accettano di vederci, in quanto ci sarà pure la signora Anna e il parroco, chiedendosi come mai tante persone, e un prete, desiderino vederli.
Arriviamo al cascinale ove il figlio maggiore, sospettoso e sbrigativo, vorrebbe liquidare il tutto in cinque minuti. Gli chiedo un incontro plenario, ove sia presente il capo-famiglia, l’altro fratello, e le mogli.
Finirà che prima uno, poi l’altro, ci saranno tutti.
Si affaccerà qualche ragazzino che verrà poi affidato ad una anziana di casa. Il parroco è conosciuto, specie dalle signore le quali, malgrado le idee maschili, avevano fatto battezzare i figli, mentre il figlio minore si era addirittura sposato in chiesa, diversamente dal maggiore.
Il parroco ci presenta affermando che dovevamo trattare un problema passato e desideravamo farlo con la prudenza che il caso richiedeva.
Il “patriarca” era già sul chi vive in quanto qualcosa gli diceva che avremmo toccato i suoi tempi, azioni, persone.
Anche la signora Anna, rivolgendosi con garbo a tutti, in particolare alle signore, accennò che avrebbero dovuto dimostrare comprensione in quanto, per quello che io avrei chiarito, si era scelto un intervento diretto, escludendo altre persone o autorità. Ciò generò un irrigidimento negli uomini e una curiosità apprensiva nelle donne. Che a volte nel loro cascinale, un tempo occupato dai partigiani, fosse nascosto un deposito di armi, un tesoro, la borsa del Duce che stavano ancora cercando? Il “decano” ci assicurò che se avessimo pensato a qualcosa del genere sarebbe un errore, in quanto lui della cascina, che rioccupò nel 45, ne conosceva ogni centimetro quadrato.
Poi iniziai io, ma si era fatto il tardi delle campagne, che per noi è la fine del pomeriggio e per loro è ora di cena. Allora la signora Anna, d’accordo con le altre, propose di rimandare l’incontro a dopo il break per desinare, visto che ci avevano invitati ad essere loro ospiti. Questo perché io avrei dovuto fargli un discorso il quale, pur telegrafico, avrebbe richiesto un certo tempo. Inutile dire che la pausa sarà accettata di malavoglia da parte degli uomini.
Col desinare, polenta bianca al posto del pane, formaggio fresco, gallina bollita, patate, vino rosso, mele, ci fu’ la variante che io ingollai un piatto di polenta postomi accanto da non poterne più, non volendo fare sgarbi di rifiuto, e invece mi diranno poi, con un sorriso benevolo, trattarsi di uno dei piatti collettivi e non riservato solo a me! Così, finito il desinare, attorno al grande tavolo, con una brocca di vino fra noi, affronto il problema.
…”Allora, abbiamo avuto modo di conoscerci un po’ e dobbiamo parlare di un evento e chiedervi un agire di conseguenza”…
Parlo con tutti ma il mio sguardo è rivolto al “decano”, così si rendono conto che parlo di cose e fatti suoi, non loro.
…”Potrei dirvi in cinquanta parole che in casa vostra potrebbero esserci armi, documenti, e così via, ma ciò non sarebbe sufficiente. Prenderò le cose alla larga, comprenderete meglio pur giungendo alla conclusione dovuta.”
Furono d’accordo, specie le donne, i cui occhi brillavano di curiosità. …”Allora comincio da oggi. Vi espongo un qualcosa di personale accaduto a me, che sono del centro-Italia, non delle vostre parti, circa un fatto che ignoravo, e non è che conosca bene ancora oggi”…
E gli racconto in parte l’excursus dell’incontro vicentino, vero o meno, della Dama in Nero, delle sue colleganze con i tempi di allora e oggi, nulla nascondendo ma cercando di ammorbidirne l’impatto.
Le donne di casa erano diventate quattro. Espressero più volte il loro stupore, si segnarono con la croce. Gli uomini evitarono interventi, consci che la vicenda li avrebbe comunque coinvolti. Il più pensieroso era il papà, al quale si erano dischiusi tempi non dimenticati.
Passo così al fatto specifico, rivolgendomi a lui:
…”Lei che è stato nella resistenza ricorderà la scomparsa in paese di Chiara X, ispettrice durante la RSI, che avvenne a guerra finita.
Lui annuì, forse ne sapeva qualcosa, comunque proseguii:
…”Ebbene, ci fu qualcuno che allora ruppe il muro di omertà che si era creato. Si seppe che Chiara X venne fatta fuori in malo modo. Stessa fine fece il vostro “Duca”, su cui non si è voluto mai indagare a sufficienza. Il corpo di Chiara, dopo alcune peripezie, è sparito e non è stato più trovato. C’è chi dice che la sua presenza non possa aver pace finch i resti non trovino riposo”…
Le donne seguivano il discorso ansiose. Gli uomini con scetticismo.
Poi il figlio maggiore ruppe il silenzio e disse:
…”Bene, a parte le cose strane da lei dette, che non stanno né in cielo né in terra, mi sa dire che c’entriamo noi?”… Replicai:
…”C’è che Chiara, la ragazza che fece parlare di se in paese e attorno, dovrebbe essere in questo cascinale, in casa vostra”…
Le donne sobbalzarono, dissero giaculatorie.
Gli uomini si alzarono, allertati da cose che rifiutavano ma sapevano poter essere vere. Lo sguardo che mi stavano rivolgendo non era ostico, ma nemmeno amichevole, come mi fossi permesso di rompere uno status ormai definito e accettato. Proseguii:
…“Furono tempi duri che lei, uomo della resistenza (mi rivolgo al padre), e io ragazzino nella Repubblica, vivemmo con sofferenza. C’è poi che non avrei mai creduto di trovarmici dentro, pur se ho preso a cuore il problema”...
…”Dov’è Chiara? dovrebbe essere, anzi è, salvo imprevisti, sotto la volta della scala che da questa cucina porta in cantina, è stata inserita in un pertugio e lì murata con qualche mattone e calcina”…
Allora il padre, pallidissimo, poggiò la fronte sulle mani, pensò a qualcosa di lontano, poi, quasi urlando, disse a voce concitata:
…”E’ vero! ricordo! Nel sottoscala c’era un angolo ove quand’ero ragazzo si teneva qualche “carega” (sedia) e un po’ di legna. Oggi non c’è più, perché? chi l’ha eliminato? Io conclusi:
…”noi abbiamo pubblicato un annuncio di ricorrenza e ricordo. C’è stato qualcuno, che lei conosce ma non dirò chi sia, il quale si è rivolto al parroco. Ne è venuta fuori una dichiarazione-confessione e una lettera, che vi leggerò solo in una piccola parte di interesse comune che ho evidenziato. Chi l’ha scritta fu presente allo scempio e fece parte del gruppo che ammazzava poveri cristi, forse c’era anche lei”… Lessi lentamente poche parole, marcando il finale che indicava il luogo ove Chiara si trovava. Ci furono da loro interruzioni, dubbi, ne venne che i tempi si erano allungati e s’era fatta notte. Noi avevamo già deciso di pernottare in loco, pure se avevamo sperato di concludere quel giorno stesso e non il successivo. Saremmo stati ospiti del parroco che disponeva di una canonica, e in qualche modo ci saremmo adattati, coadiuvati dalla sua assistente.
Dovevamo però chiudere almeno una prima fase e chiesi al decano:
…”Senta, senza che al momento si tocchi nulla, perché non diamo uno sguardo a questo benedetto sottoscala?”… Lui annuì e dalla cucina scendemmo nel vano sottostante. Una luce c’era, poca, distante, non agevole. Sotto la scala il punto che ci interessava si trovava praticamente al buio.
Venne fuori una grossa lampada di ermergenza, usata per i loro lavori, così con quella luce demmo uno sguardo. No! non c’era più traccia dello spazio d’una volta. Il muro era liscio e indistinguibile dagli altri attorno.
Il “patriarca” disse: …“si! era qui, c’era! e se non fosse stato per oggi l’avrei dimenticato. Quando l’avranno murato? Di certo nel periodo dopo il fronte, quando qui ci furono i partigiani”… Ci sarà poi il ritorno di tutti da un provvisorio sfollamento. La vita riprenderà. Il duro lavoro anche. Ma a quell’angolo nessuno fece più caso, né allora, né successivamente.
Il figlio maggiore osservò il muro, lo toccò, lo batté con le nocche e il fondo di una bottiglia di vino. Ne venne un chiaro rumore di vuoto, come un cupo colpo di tamburo. Tutti erano silenti. Le donne avevano le lacrime agli occhi. Una di loro salì e ridiscese con un lumino di cera che accese, lo pose in terra, assieme a un’immagine della madonna.
Il padre chiese a me e la signora Anna di pernottare da loro, mentre il parroco sarebbe tornato l’indomani. Nel frattempo avremmo deciso che fare. Accettammo. Tornammo di sopra, mentre la signora anziana rimase a far compagnia a Chiara, forse al nulla. A tutti prepararono del latte caldo in quanto ci eravamo infreddoliti, mentre una signora rifece il suo letto, sfrattando il marito, per ospitare la signora Anna, mentre io e il consorte ci accomoderemo in una stanza di servizio, ove erano alcune brande per i lavoratori ingaggiati nei momenti di bisogno.
Il mattino presto trovai il padre in piedi, aveva riposato poco, disse:
…”Parliamo un po’ fra noi…” Così, oltre qualche ricordo del tempo suo e mio, e considerazioni sui figli e tempi di oggi, ben diversi da quelli d’una volta in cui i padri erano più rispettati, toccammo il problema di Chiara, sempre l’avessimo trovata. Decidemmo così alcune cose.
Anzitutto di avvertire le autorità a cose fatte, in quanto la presenza di un corpo in casa di un ex partigiano avrebbe condotto a perplessità difficili da fugare, malgrado amnistie e colpi di spugna sul passato.
Poi che non avrei resa pubblica la lettera in mie mani in quanto, anche senza fare nomi, avrei messo in difficoltà alcuni del paese, o i loro figli, nonché in cattiva luce la resistenza per un episodio che essa avrebbe voluto non si fosse mai verificato. Infine far gestire il ritrovamento solo dal parroco e da lui, l’anziano di casa, facendolo figurare conseguente al puro caso, per motivi di lavoro e ristrutturazione, con noi che dovremmo allontanarci subito, pur rimanendo in contatto per eventuali collaborazioni.
Nel frattempo si è levata la signora Anna, la ragguaglio.. Il decano afferma che, se Chiara verrà trovata, si interesserà affinché ci siano funerali pubblici, con intervento di ex partigiani, a titolo di rincrescimento, riappacificazione.
Latte, caffè, pane di casa, burro, e facciamo un po’ di colazione, servita in scodelle fonde, quelle per la minestra, come loro usano. Poi il figlio maggiore prende una prolunga elettrica con una lampada più consistente della prima, la cassetta dei ferri, e giù tutti in cantina, ove il lumino della sera prima, o un altro, arde sempre, con l’anziana rannicchiata in una sedia. Probabile non si sia mossa per la notte intera.
Onde creare una certa realtà d’intervento il figlio maggiore cercherà di fissare sulla parete un grosso gancio ove appendere attrezzature agricole, così, con mossa decisa, incide il punto ove dovrebbe fissarlo e giù una martellata, un’altra, un’altra, un’altra, un’altra ancora, per creare il foro di fissaggio.
Qualcosa si muove. Un ultimo colpo e un mattone cade all’interno.
Anche quelli circostanti si sono un po’ staccati, senza cadere, e possono essere rimossi, accantonandoli in terra.
Aperta la breccia si attende cosa faccia il vecchio. Egli allora, afferrata l’impugnatura della lampada e tenendola avanzata col braccio, si affaccia all’apertura trattenendosi qualche attimo in silenzio. Poi ritira la luce, si gira, ci guarda e lentamente dice: …”ostrega, c’è, c’è, benedeta madona, c’è”…
Anche i figli e le signore si affacciano per qualche attimo in quello spazio il quale, dopo tanti anni di buio, è ora inondato di luce. Poi, con un cenno di consenso, permettono a noi di dare uno sguardo.
Mi affaccio con il cuore in gola, il corpo c’è, ben riconoscibile e, se così può dirsi, discretamente conservato, anche in considerazione che nel cubicolo non c’è umidità e non ci sono stati roditori o parassiti. Si evidenzia bene la presenza. Chiara è rannicchiata, un braccio è aperto.
Ciò sembra in contrasto con quanto indicato nella lettera, ove si dice che era stata posta supina. La conclusione è che Chiara, in fase di chiusura del pertugio, venne adattata onde poterla sistemare in quel buco angusto. Il partigiano-zio la vide prima della chiusura e ritenne fosse rimasta come lui rammentava. Il parroco, sopravvenuto, benedirà la salma, nulla verrà toccato, e comincerà la scena guidata del ritrovamento casuale.
Io e la signora Anna ci allontaneremo, come non giunti mai sul posto. Prima di partire rivolgo un saluto a Chiara e gli sussurro:
…”Ce l’abbiamo fatta, visto? Ci incontreremo, ciao”… Chiara era tornata.
Il ritrovamento si cercò di tenerlo sottotono. Gli addetti ufficiali vennero tutti. Il corpo fu rimosso e riconosciuto dai familiari anche per delle cose personali, due anelli, resti vistosi degli abiti, un portafoglio corroso, ove qualcosa di un documento confermerà anch’esso l’identità. L’anziana madre avrà la felicità di riavere la figlia, che non gli fecero però vedere, lasciandogli l’illusione che fosse rimasta come un tempo, come sempre.
Ci sarà una cerimonia funebre con la presenza delle autorità.
Anche il partigiano-zio pentito, compilatore della lettera, ne rimarrà soddisfatto e parteciperà alle esequie (restando fuori dalla vicenda).
Io lo visiterò, gli renderò la lettera e la bruceremo.
Chiara l’immaginai nella nuova sistemazione, ci ragionai, ci parlai.
La signora Anna e il marito rimarranno entusiasti dell’esito ottenuto.
La Dama in Nero non la incontreranno più nel vicentino. Nerone se ne andrà inaspettatamente e sparirà nel nulla.
Io riterrò che Chiara, la signora della mia serata vicentina fredda, umida, uggiosa, sia in qualche modo ancora accanto me.
auroraageno
00sabato 14 febbraio 2009 09:39

Caro Francesco.... Che racconto! Da brividi incessanti. Che emozione!

E così la Dama in Nero, Chiara, esisteva e veniva da te per ottenere il ritrovamento del suo corpo e avere finalmente sepoltura degna.
E Nerone? Un segno importantissimo anche lui.


Io non posso che ringraziarti per questo racconto che tu hai presentato con il tuo stile sciolto e incisivo! Veramente bravo!

Grazie, Francesco....


aurora


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