Avventure Vicentine tre

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florentia89
00venerdì 13 febbraio 2009 07:44
Delirio
Delirio

Mi sono spinto al nord lombardo, una delle aree di lavoro per me più disagevoli e lontane. Sono a Sondrio, un centro al quale mi sono poco abituato, eppure è la classica città ordinata, pulita, riconoscibile in cento aspetti specifici, ove si respira l’aria pungente alpina dei monti e il contatto con le genti circostanti.. Ho trovato freddo, più di quelli milanese e varesino, ai quali mi sono ormai abituato (più volte abbiamo toccato i tredici-quattordici gradi sotto zero senza ne sia stata una tragedia, in quanto è un freddo secco, non umido, senza vento gelido). A Sondrio incontro il Direttore della Banca locale, un industriale del legno, alcuni uffici pubblici. Mi assiste il corrispondente del posto con il quale dedichiamo una giornata al controllo delle aree esterne, spingendoci fino ai pressi del confine Svizzero. Infine saluti, impegno a rivederci fra un mese, o prima se necessario. E poi, per ogni emergenza, oltre i telefoni ci sono quelle meraviglie chiamate telex. I fax sono ancora in embrione, i cellulari lontani da venire.
Non ci sono nemmeno schede telefoniche, fatto è che giro con in tasca e in auto un bel po’ di gettoni pesanti e ingombranti.
Mi accingo a tornare nel sud lombardo (un sud c’è sempre).
Visiterò Cremona, ove ho rapporti con uno dei maggiori complessi nazionali lattiero-caseari, toccherò Mantova.
Visito il complesso caseario, risolvo parecchi problemi in sospeso. Poi acquisto nel loro spaccio un grosso spicchio di grana da tavola, pari a un quinto – un sesto di forma, cioè quattro – cinque chili, in quanto in casa stiamo cercando di limitare il consumo della carne, se non di abolirla, sostituendo fettine e bistecche con scaglie di padano. Ne prenderò anche un pezzo stagionato, atto ad essere grattugiato, così mia moglie sarà contenta.
Comunque il tentativo di riservare il grana fresco ai piatti del desinare è tempo perso, finirà anch’esso grattugiato, al pari del fratello più maturo.
La visita cremonese mi porta anche dal mio fornitore di mostarda.
Nel suo negozio ne ha cento qualità diverse in barili o recipienti appositi, riservando quella in vasi e vasetti di vetro ai clienti poco buongustai, ai turisti, agli incompetenti. In famiglia ci siamo abituati al consumo di questa specialità forte di sapori, splendida di colori, che ben accompagna i robusti bolliti che mia moglie prepara con maestria.
Questo modo di cucina, ben diverso dal romano, è una variante non compresa dagli amici e parenti che ci fanno visita.
Vedersi nel piatto interessanti pezzi di grana al posto della carne costituisce per loro un secondo piatto sottovalutato.
…“Come! Il grana si sparge sui maccheroni, solo qualche volta se ne può mangiare un poco alla fine del pasto, però come complemento..”..
Insomma le donne ospiti finiranno sempre per considerare illogico il mangiarlo anziché farlo cadere a neve su spaghetti e similari.
Quanto alla mostarda e al bollito la cosa è peggiore. Il bollito per loro è il “lesso” comune, un piatto di poco pregio, un residuo del brodo, composto da pezzi di carne filacciosi, di scarso pregio. Non capiscono che un buon bollito è un’arte di eccellenza. Per la mostarda poi siamo agli antipodi dei gusti.
Un mio cognato quasi si strozza quando, allettato da una pera verde lucente, ne ingurgita una parte, strabuzza gli occhi e rischia un accidente. Altrettanto per moglie e figlio che si erano fatti attrarre da quel vassoio variopinto della specialità cremonese, che in casa consumavamo abitualmente.
Il discorso dedicato al settore culinario è anch’esso importante quale indice di vita, usi, equilibri sociali. E ciò a valere specie per me, che ho sempre considerato i pasti come un “rito” quasi religioso, e un vero peccato l’ingerire un pranzo in due minuti d’orologio. Basta però con la cucina. Lascio Cremona e punto a Vicenza, poi oltre. Telefono in sede per vedere se ci sono novità, ci sono eccome! Devo chiamare Roma per avere dettagli.
…”Dottore, è necessario raggiunga Trieste, abbiamo una problema con la Dogana italiana e soprattutto Iugoslava. E’ fermo nell’area di sosta slovena un autoarticolato con componenti e apparati per il volo e la nostra maggiore cliente sta subendo danni notevoli. C’è il sospetto che gli slavi, forse per conto altrui, stiano cercando cavilli per mettere le mani sul carico. Noi, cioè lei, abbiamo garantito l'operazione dal punto di vista finanziario, obbligazioni, diritti, svincoli. Ricorderà il certificato stock in transit emesso”..
Variazione immediata del tragitto, imbocco l’autostrada a sinistra per il Veneto, non a destra per la Lombardia, e via, verso Trieste.
Breve sosta all’Autogrill, telefonata a mia moglie in quanto penso l’assenza si prolunghi per un paio di giorni.
Arrivo a Trieste il pomeriggio. Uffici doganali già chiusi, tutto rinviato all’indomani. Durante il tragitto il freddo si è fatto sentire e non so quanto sia valso combatterlo col riscaldamento dell’auto al massimo. Fatto è che la sera la fronte brucia e ho brividi. Mi metto a letto, consumo esageratamente latte bollente, miele, cognac, aspirina. Altre volte ha funzionato, spero anche ora.
Il mattino non posso dire di star meglio, ma in dogana devo andare.
Il direttore, che conosco, mi spiega le difficoltà in atto le quali, più che nostre, sono con quelli di la’, che stanno accampando cavilli a non finire di irregolarità varie. Col direttore ci rechiamo negli uffici sloveni e fatichiamo a fargli capire una serie di disposizioni CEE sul transito di questi bestioni della strada. Norme alle quali anche loro avevano aderito. E poi il carico piombato! escluso da controlli diretti! componenti aeronautici! un motore a getto! altre parti misteriose! almeno per loro. E se ci fossero armi o missili come qualche voce sembrerebbe aver suggerito? Infine con la collaborazione di un loro addetto, già nostro impiegato prima della divisione territoriale, riusciamo a che il mezzo non sia sbollato e le procedure siano accettate, così la sera il lungo TIR può passare la frontiera e puntare verso lo stabilimento madre.
Chiaro, fossi stato un dirigente pubblico, avrei potuto dire: …“calma, che importa? L’impiccio è in Iugoslavia, non in Italia, che il cliente alzi il sedere e risolva le grane con gli slavi”. Resta che sono un privato, pronto a dare la collaborazione alla clientela in difficoltà.
Sarà anche per questo che di clienti ne ho e abbiamo parecchi, anche importanti, potenti finanziariamente e industrialmente.
Io però sto malissimo. Potrei chiamare un dottore, ma ancora non sono convinto di questa necessità. Che sarà poi? mi sono preso solo un bel raffreddore che con riposo, caldo, latte corretto generosamente, miele, qualche pasticca, in un giorno o due e passerà.
Rientro in Hotel, il collaboratore triestino che mi ha accompagnato fa’ venire comunque il suo medico e questi diagnostica una forte bronchite, da controllare bene, che potrebbe degenerare in pleurite o polmonite, e prescrive alcune medicine e soprattutto riposo, da’ anche il benestare ai soliti latte bollente, cognac, miele. Stabilisce che per ora non possa rientrare a Milano, sia coi miei mezzi, sia accompagnato, e ciò finché non sia passata la fase acuta. Ma anche ciò l’avevo previsto.
Allora resterò in hotel per uno-due giorni e non mi muoverò se non starò meglio. La notte la febbre tocca i quaranta. Controllo più volte la temperatura, sono preoccupato. Mi faccio forza e telefono a casa, non voglio impensierirli. Gli dico che per un paio di giorni non mi sentiranno in quanto sarò in Slovenia, con un mare di grane da risolvere. Per quanto concerne la voce roca ho solo un po’ di raffreddore, cosa di poco conto.
La testa mi si spacca, la copro con una specie di turbante, mi assopisco e poco dopo sento un contatto gradevole e fresco sulla mia mano destra. Apro gli occhi, li richiudo, li riapro e, senza che ciò generi in me apprensione alcuna, mi sembra di vedere seduta accanto la Dama in Nero, Chiara X, la signora della notte vicentina, con una parvenza di sorriso. Non parla, mi tiene la mano, anch’io la guardo, l’ho riconosciuta, non ne ho timore. Mi infonde tranquillità e cado in un torpore profondo. Poi riapro gli occhi febbricitanti e lei è sempre li, calma, sicura, con viso ben disposto verso di me.
Non so quanto tempo sia stato in quella condizione, forse ore, forse pochi attimi, forse niente, con la fronte che scotta e la testa dolente.
Lei si avvede del cerchio che mi stringe il capo e allora, con delicatezza, trasferisce la mano sulla fronte. Torna in me il torpore, mi addormento di nuovo. Devo aver riposato parecchio perché il mattino mi sveglio sul tardi madido di sudore. Le condizioni sono però migliorate. Mi alzo con difficoltà, faccio una doccia calda, ne avevo bisogno, mi cambio del tutto, e la mia mente si ricorda di qualcosa; si! la Dama che mi ha assistito la notte! forse anche il mattino! La rivedo tenermi la mano, sfiorarmi la fronte, guardarmi con comprensione. Ma questo è impossibile! di certo è stato un sogno! E poi perché non ha parlato? O mi sbaglio? Si, mi sbaglio! qualcosa l’ha detta, perché pian piano tornano in mente parole sussurrate come:
…”grazie per quanto fai per me, ti proteggerò giorno per giorno” …
Giorno per giorno! come? in che maniera? con chi?
Telefono a Milano, sapevano della mia indisposizione, sistemo varie cose via filo e mi trattengo in hotel un altro giorno. Infine antibiotici, antipiretici, cognac e altro fanno un discreto effetto e decido di rientrare, sia pur con cautela, con un unico tragitto a velocità ridotta fino a Milano, poi Varese. Strada facendo, se mi sentirò, mi fermerò per un’ora a Vicenza dalla signora Anna e marito. Così infatti sarà.
Gli racconto sul presunto contatto con la Dama in Nero, frutto magari dei miei deliri, ma lei mi invita a non sottovalutare un bel niente, perché potrebbe essere non si tratti di uno scherzo della mente dolorante e in fiamme.
Mi affaccio brevemente agli uffici di Milano ove mi trovano sofferente (quante storie per un po’ di febbre), e poi a Varese.
Inutile pensare di farla franca con mia moglie. Si accorge subito che qualcosa di serio c’era stato, pur se in hotel avevo fatto lavare e stirare la biancheria sudata. Oltretutto qualche residuo di alterazione persiste e il mal di gola non è passato del tutto.
Encomiabile e strano l’atteggiamento di Nerone. Mi dicono che durante la mia assenza non aveva abbandonato il rifugio nel garage. Le sue manifestazioni di soddisfazione nel rivedermi non si contano.
Ci parlo un po’: …”ciao Nerone, sono giorni che non ci incontriamo eh? Sono stato malissimo, ho lavorato ugualmente, non potevo non farlo, e poi sai, potrei avere incontrato Chiara, la Dama in Nero come la chiamano. Però devo averlo immaginato, avevo la febbre alta. E che bello se fosse una realtà”...
Nerone ascoltò gorgogliando qualcosa, si strofinò sul mio petto e spalle, mi rifilò un morso più consistente del consueto, annusò a lungo il dorso della mano e lo leccò con la linguetta di carta vetrata.
Poggiò poi il testone sulla mia fronte, come faceva con qualche bambino, trattenendolo un bel po’, facendomi percepire il suo fremito di contentezza e comprensione. La fronte e la mano non avevano ancora smaltita l’impressione della mano virtuale della Dama vicentina. Il contatto con Nerone mi aveva riportato a quei momenti stupendi di conforto e assistenza.
Quante illusioni e divagazioni per qualcosa che potrebbe essere solo il frutto della mente! Resterà che, irreale o meno, l’incontro triestino comportò per me un appagamento e una tranquillità che mi aiuteranno a superare il semestre che sta concludendo il suo ciclo, magari aiutato da qualcuno o, più probabilmente, da qualcuna.
auroraageno
00venerdì 13 febbraio 2009 08:55

Che bello... Grazie Francesco. Una lettura graditissima.
Quante esperienze hai fatto..! Da ricordare veramente!

Ti abbraccio

aurora


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