Avventure vicentine

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florentia89
00domenica 8 febbraio 2009 15:12
primo episodio dei quattro (su nove) che presenterò
Avventure Vicentine

Ho pensato di parlare di un fatto sostanzialmente vero, a parte ovvie enfatizzazioni e immaginazioni, che sia anche uno specchio della vita di tutti e mia, in età non più di prima giovinezza ma di maturità, concernente tempi non tanto remoti, anche se non recentissimi.
Meschino pensare che il mondo consista solo in ciò che noi si possa toccare, udire, vedere. Ciò rappresenta solo una delle realtà che ci circondano.

Serata particolare

Ci fu un giorno che ebbi un incontro imprevisto. Era inverno, mi trovavo al nord per lavoro, a Vicenza. Serata uggiosa, umida.
Una sosta al bar dell’hotel, ove sono appena giunto, e penso di uscire a sgranchirmi un po’ le gambe, dopo ore di guida.
Quanto è triste per me questa città, in pratica sconosciuta, anche se l’ho visitata altre volte, però fugacemente e per impegni professionali.
Nella serata tarda le vie sono pressoché deserte, qualche mezzo pubblico, qualche auto, nessun taxi, luce scarsa, freddo, silenzio.
Vicino l’hotel un cine-teatro, con le luci esterne accese, attenuate da una leggera foschia, invita a entrare per vedere qualcosa che dovrebbe interessare pochi. Fuori non c’è anima viva, mi figuro l’interno riservato a fantasmi assonnati e annoiati. Differenza abissale con la Milano di lavoro la quale, pur non paragonabile alla mia Roma, ove la vita pulsa e avvince, un bel movimento serale e notturno ce l’ha anch’essa.
Dopo poco decido di rientrare ma devo essermi allontanato troppo e aver sbagliato qualche via. Ho perso l’orientamento, non trovo l’hotel.
Ho l’impressione di spaziare in zone non amiche, che mi inglobano e rifiutano al tempo stesso. Eppure non dovrebbe essere lontano. Ecco! giro di qui, mi pare, non mi pare, ma l’hotel non viene fuori. Penso di chiedere a qualcuno, sempre che l’incontri.
Cerco un taxi che non c’è, una cabina telefonica inesistente, una luce amica. Sono inquieto con me stesso perché cosciente di essere in zona, magari a cento metri dalla meta. Ma non esiste un bar aperto nelle serate vicentine?
Mi rassegno a insistere sul tentativo di ritorno utilizzando le mie facoltà mentali e fisiche, quando vedo una donna sbucare dalla semioscurità, traversare la strada, e dirigersi verso ove mi trovo.
…”Signora mi scusi, può indirizzarmi all’hotel XX che non trovo? Sono certo di esserci vicino, ma non riesco a rientrare”….
….”Non è molto lontano, è a due o tre vie da qui e la direzione è questa (l’opposta a quella che pensavo), se vuole facciamo la strada assieme, anch’io vado nei pressi, richiederà non più di pochi minuti”…
Così accetto l’offerta di accompagno, anche perché ho freddo, l’umidità mi penetra, sono contrariato e stanco.
La giornata è stata impegnativa, sono partito da Milano, sede della società di cui faccio parte e che dirigo per l’area nord. Ho visitato due uffici a Bergamo e Brescia, sono passato poi in Veneto, appunto a Vicenza, sempre di mia competenza, città per me nuova per il lavoro attuale, ove domani avrò un incontro con un ufficiale dell’Aeronautica da poco in congedo, o a riposo (guai dire in pensione), che ha deciso di dedicarsi non più ad aerei ed elicotteri, bensì al settore finanziario-industriale. Me ne hanno parlato bene e deciderò se accettarne la nomina a agente per la quale, se io d’accordo, ho già il placet del Capo romano e del Direttore Commerciale.
Domattina dovrò anche ricordarmi di far controllare l’auto, ora nel garage dell’hotel, che ha mostrato difficoltà all’accensione (o carburazione? o altro?).
La signora cammina spedita accanto me e così, per rompere il silenzio, gli dico di esser stato fortunato ad incontrarla; lei mi chiede cosa faccia a Vicenza, di che mi occupi, se ho famiglia. Gli rispondo che vivo a Varese, la città giardino della Lombardia, mi occupo di finanza e assicurazioni industriali con una multinazionale, ne dirigo la sede di Milano, ho uffici in più parti del nord e ne aprirò uno a Vicenza, anche se è Veneto e non Lombardia.
Provo a chiedere com’è che a quell’ora tarda lei si trovi sola in giro, mi risponde che è stata chiamata per un’emergenza e sta rientrando.
L’hotel appare infine in fondo alla via, la signora rallenta.
L’ho osservata strada facendo. Lungi l’idea possa essere una donna “notturna”, a luci rosse, come per qualche momento avevo pur pensato. E’ di un’età giovanile, non ben definibile, sui trenta o poco più a mio giudizio.
Vestita di scuro, forse nero, riservata, curata, longilinea, agile a muoversi, direi bella. I suoi tratti però sono strani, come se il viso fosse di cera, effetto certo della poca luce giallastra. Gli occhi, da me incrociati un paio di volte, mi paiono chiari, forse troppo, sarà per l’illuminazione anomala e scarsa. Indossa un soprabito elegante, che tiene aperto, sembra che il freddo pungente non la preoccupi. Giunti all’Hotel mi dice:
…”Lei è arrivato, non è stato difficile ha visto? io proseguo di poco, ho avuto piacere a conoscerla e esserle stata utile”…
Io la ringrazio, mi porge la mano, mi sembra la trattenga un attimo più del consueto. Poi, fatti un paio di passi, penso:
… “col freddo che fa perché non offrirle qualcosa di caldo al bar dell’hotel che, malgrado l’ora, vedo ancora aperto?”…
Mi giro e dietro di me non c’è nessuno. D’altronde la via è ampia e dritta, con vie traverse non proprio prossime. Resto perplesso, guardo meglio, ma dell’accompagnatrice nessuna traccia. Mi convinco, poco in verità, che sia entrata in qualche portone. Entro nell’hotel, mi fermo qualche minuto al bar a bere una tonica e ritirare una minerale per la notte, prendo le chiavi all’office:
...”ah dottore! era al bar, non l’avevo vista, c’è un biglietto per lei, l’ha lasciato attimi fa’ una signora, eccolo”…
Non mi rendo ancora conto di cosa stia succedendo. L’apro, leggo:
“Faccia attenzione ai prossimi sei mesi, soprattutto i primi tre“
Nessuna firma. Il Maitre mi descrive la signora, si! è lei, quella che mi ha accompagnato per le vie deserte. Dormo agitato. Lascio accesa l’abat-jour.
“stia attento ai prossimi sei mesi, specie i primi tre”, perché mai? Chi è che l’ha scritto? E come ha fatto la signora, se è stata lei, a entrare nell’hotel senza io la vedessi o lei notasse me?
Strada facendo le avevo solo accennato qualcosa sulla famiglia e il lavoro, cosa ne aveva dedotto per consigliarmi così?
La notte passa. Il mio orologio-sveglia da polso mi avverte che sono le sette mattutine e, benché dovrebbe esserci già un barlume di luce, è quasi buio per il tempo coperto e la pioggerella insistente.
Mi alzo, toilette, mi preparo, faccio la prima colazione e attendo nella sitting-room l’ufficiale a riposo che devo incontrare.
Poco dopo questi arriva accompagnato da un figlio giovanissimo, alle prime armi. L’incontro è lungo, dobbiamo definire condizioni e convinzioni reciproche, garanzie, accordi, formazione, competenze.
Non si conclude nella giornata in quanto restano da visionare i locali, controllare i documenti, incontrare una persona che, nel caso, dovrà collaborare con una sub-agenzia.
Mentre padre e figlio sono miei ospiti in un veloce lunch di lavoro al ristorante dell’hotel, non posso esimermi dal che la sera io sia ospite in casa loro. Cena gradevole, cibi eccellenti, persone compite.
Pur se i piatti veneti possano sembrare apparentemente leggeri, e io cerchi di limitarmi, resta che al termine del pasto mi senta pieno e con il capo pesante per un po’ di vino tosto in più del solito.
Mi ero quasi dimenticato il fatto della sera prima, che per ora avevo archiviato come frutto di fatalità, caso, banalità. Comunque ne accenno qualcosa, cercando di dargli scarsa importanza. Anche loro mi pare non gli diano peso; poi mi accompagnano in hotel, ci vedremo l’indomani sul tardi, in quanto prima devo redigere una relazione e inviarla a Roma per telex, nonché è necessario senta i miei sostituti che necessiteranno di qualche disposizione.
Giunto in albergo m’informano che il meccanico, il quale mi ha sistemato l’auto, tornerà domattina per controllare qualcosa nelle luci..
Attendo che padre e figlio si siano allontanati e, anche se sono passate le ventitre, esco per fare due passi, in effetti con il desiderio inconscio di imbattermi di nuovo con l’enigmatica signora della notte.
Il tempo non è cambiato, cielo coperto, mezzo nevischio, strade deserte. Salvo l’illuminazione stradale, d’altronde poca, non splendida, le altre luci sono spente. Così al vicino cinema, altrettanto per i bar, negozi, portoni di palazzi. Mi sembra di girare in una città di spettri.
Faccio riferimento all’insegna minore dell’hotel, lasciata accesa, per non allontanarmi troppo e poco dopo rientro.
Mi sento così teso che, rigirandomi nel letto, per poco non ne cado, malgrado che esso, anche se “singolo”, sia alquanto ampio. Mi avevano detto: ”dottore, le diamo un letto alla francese, starà più comodo” (nulla di piccante! solo per precisarmi che il letto della stanza era ad una piazza e mezza).
Il mattino sveglia alle sette, toilette, prima colazione.
Il tempo fuori è più fosco del giorno prima. Do uno sguardo ai titoli di un quotidiano, mi pare “L’Arena”, e passo nella sitting, ove avevo lasciato un blocco e una penna. Sono raggiunto dal Maitre, lo stesso dell’altra notte:
…”dottore, nella hall c’è una signora che l’attende, è giunta da poco, le ho telefonato in camera ma lei non ha risposto; ho visto che stava finendo la colazione, allora l’ho pregata d’attendere”…
Ho un tuffo al cuore. Chi mi cercherà? Non ho appuntamenti, salvo quello programmato sul tardi, e poi a Vicenza, fino ad oggi da me poco visitata e nota, non ho conoscenti, amici o parenti. Che sia la Signora dell’altra notte? Mi avvio alla hall e ad attendermi trovo la moglie del futuro agente, che la sera prima mi aveva ospitato. Dice:
….“Scusi dottore se la disturbo così presto, mi sono prima informata se lei fosse desto, e poi magari avrà da fare”….
….”Signora Anna, non si preoccupi, a che debbo il piacere di averla qui? C’è stato qualche problema?”…
….”no dottore, sono venuta per risentire da lei, sempre che voglia, ciò che le è occorso al suo arrivo, magari con più particolari. Non è il caso che mio marito sappia dell’incontro, almeno per ora”…
Io allora ripeto ogni cosa, completandola con maggiori dettagli legati soprattutto alle impressioni personali. Infine:
…”devo parlarle dottore, ma non so se lei mi potrà comprendere”…
…” Dica pure, farò del mio meglio per seguirla”….
….“allora, deve sapere che …. ”E qui mi intrattiene su una storia strana, accettabile con riserve e difficoltà da chiunque. Mi accenna che, nulla di sicuro, sembrerebbe si veda in giro, a volte e di notte, una signora particolare, che molti sanno esserci ma nessuno pare abbia visto veramente, la quale circoli nelle ore tarde, avvicinando in qualche modo chi lei decida, dando consigli, responsi più o meno graditi, aiutando se possibile.
…”signora, sta parlando di una presenza irreale?”…
…”si e no dottore, non lo sappiamo, ma da come ha descritto l’incontro ho capito che lei forse potrebbe averla incontrata. Può mostrarmi, se non ha difficoltà, il biglietto lasciato?”… Salgo in camera, apro il bureau ma il cartoncino non c’è, eppure sono certo di avercelo messo.
Per scrupolo controllo il portafoglio, l’interno dell’agenda, del notes, della ventiquattro ore, le tasche, non c’è.
Scendo nella hall, vedo il maitre della sera d’arrivo e gli chiedo se nella stanza l’addetta alla pulizia abbia trovato un biglietto con scritto qualcosa.
…” che biglietto dottore? Come? quello che le avrei dato io?
… “mi scusi, non ricordo, non è che sbagli persona?”…
Sono perplesso, intimorito. Dico alla signora che il cartoncino è sparito e il maitre non rammenta di avermelo consegnato.
Eppure ricordo tutto molto bene.
Che sia uno scherzo della mente? No, è impossibile.
La signora allora prosegue, mentre le offro qualcosa di caldo dal bar:
…”dottore, naturalmente faccia come vuole. Che lei creda o meno a queste storie le costerà poco porre attenzione a ciò che farà, o in che sarà coinvolto nei prossimi mesi, in particolare nei primi tre, come mi dice indicato nel messaggio. E questo a valere per gli eventi suoi, della famiglia, di altri che per lei contano, del lavoro. Non è sicuro, ma lei potrebbe aver avuta la ventura e la fortuna d’incontrare colei che alcuni di qui chiamano la “Dama in Nero” la quale, esistente o meno, è comunque una presenza benevola, di aiuto. Se la Dama ha detto di porre attenzione, le dia fiducia, lo faccia”….
…”Sembra sia una esponente del partito di allora, quello della Repubblica, e abbia collaborato con fascisti e tedeschi nonché, finita la guerra, sia stata seviziata e uccisa in malo modo. Dicono che sia morta senza alcuno che l’abbia aiutata, difesa, o ne abbia avuto compassione.
Da allora ogni tanto si mostrerebbe per offrire un po’ di quel sostegno che lei non ebbe, o per avvicinare chi ritenga opportuno. Si dice pure che il suo corpo sia in qualche luogo non conosciuto e la sua presenza odierna, nell’angoscia della fine, abbia cancellato ove esso si trovi, e non possa aver riposo finché non sia sistemato convenientemente, magari accanto i suoi familiari. Fino ad allora vagherebbe in una opera di aiuto ad altri e ricerca di se stessa “…
….”Se il suo incontro non è stato un cumulo di coincidenze, fatalità, immaginazione, d’altronde impossibili per lei, persona accorta e concreta, potrebbe aver beneficiato di una opportunità particolare. Non sciupi il tutto, consideri che la Dama se ha scelto lei un motivo lo avrà , e se vuole si farà risentire, magari rivedere, ne sono certa”…
… ”Signora, sono perplesso, ma non incredulo come possa pensare. Lei è addentro in queste cose strane? Anch’io le ho conosciute, con mia madre e altri, ma non credevo finissero per coinvolgermi in qualche maniera”….
…”si dottore, penso di esserci addentro. Sappia, e mio marito lo sa, per questo l’ho pregata di mantenere per ora un certo riserbo, che la mia bisnonna materna era una “gitana” con doti paranormali e medianiche eccezionali, ben conosciuta nella seconda metà del secolo scorso, nominata dalla stampa e seguita da eminenti studiosi. Poi i suoi numerosi figli, e i figli dei figli, cambiarono vita, come mia madre che sposò un agricoltore del ferrarese e io uno di queste parti, un vicentino, ufficiale dell’Aeronautica.
Sono certa di aver ereditato qualcosa dalla mia ava tanto che ieri, in casa, ho provato la sensazione come lei avesse necessità di una protezione. L’ho percepita ancor più quando le ho porto la mano e lei l’ha accostata alle labbra. Ah! pure la Dama le ha trattenuta la mano?”
…”dottore, non mi consideri fuori di senno o di logica, ma penso che lei, ci creda o no, possa essere soggetto ad una influenza infausta provocata da qualche persona o entità malevola, che l’avversi in maniera profonda”.
…”dice di non crederci? anche se potrebbe esserci qualcuno che proprio “bene” non le vuole?…. Faccia uno sforzo. Ci creda un po’, non rifiuti ogni cosa a priori. Gli abissi dell’animo sono infiniti. Stia quindi attento, anch’io ho sentita la spinta ad aiutarla. Indossi questo “breve” sotto la maglia. Posso metterglielo io? ecco, slacci il collo della camicia, lo allarghi, fatto”…
Il “breve”, anche scapolare, è un sacchetto di tela con all’interno un’immagine di un santo o angelo, una medaglietta, una formula di protezione, qualcosa d’altro, non può essere aperto e quando se ne voglia disfare lo si deve bruciare. Dico ciò non tanto per avallarne l’efficacia, quanto per precisare le credenze che specie le donne (e mia madre) gli attribuivano.
…”ogni sera reciti l’invocazione nel retro di questa immagine, prenderà due minuti, le porterà bene, la proteggerà, è potente creda”…
…”Ora la lascio, tra non molto saranno qui mio marito e mio figlio. So che vi rivedrete e ci rivedremo. Dovesse avere bisogno mi telefoni o mi parli direttamente, anch’io in questi mesi pregherò per lei”...
Inutile negare sia un bel po’ scioccato da questi eventi discutibili, che pur non mi sento di rifiutare a priori. Ma quali sono i confini tra la realtà e l’irrealtà? Ci definiamo i figli della ragione, del raziocinio e poi, al primo impatto con fatti strani entriamo in crisi o, peggio, li rifiutiamo senza considerare che analizzarli sarebbe un bene, mentre decidere che non esistano è solo negarne l’oggettività, in quanto o si tratta di astrusità, oppure sono veritieri, e se tali siano perché rifiutarli?, potrebbero comprendersi meglio.
Ah! i meandri della psiche umana, ah! la limitatezza del nostro mondo tridimensionale, troppo angusto, limitato a larghezza, altezza, profondità, mentre per accettare la dimensione “tempo” sono dovuti passare millenni e non è che si sia accettata con convinzione!
E ancora nulla o pochissimo sappiamo su tante dimensioni, spazi, vuoti, forze attive, passive, poteri della mente.
Mi auguro quindi che questo capitolo generi in chi legge un pensiero sulla piccolezza sia nostra, sia di ciò che pensiamo di conoscere e che, con presunzione, riteniamo essere l’unica realtà che ci circonda.

auroraageno
00domenica 8 febbraio 2009 15:29

Bellissimo racconto. Inquietante. E hai ragione, Francesco.... invita a riflettere, cosa mai superflua.

Ti ringrazio tantissimo!

Ma quante te ne sono accadute in una vita, vero amico mio?

Ti abbraccio


aurora


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