Briciola di zolfo

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kamo58
00mercoledì 10 giugno 2009 20:22
racconto umoristico
Entro a testa bassa, sentimenti di rabbia e umiliazione fanno a pugni dentro di me. I colleghi mi guardano con un misto di compatimento e derisione. Non posso sopportare la loro vista. Il capo per l’ennesima volta, ha scaricato su di me le sue frustrazioni. Tra tanti impiegati, chissà perché, quando ha un problema, strapazzare il sottoscritto è il suo divertimento personale.
Per di più, ieri sera, Enza, quella dalle gambe lunghe, alta e bellissima della contabilità, m’ha riso in faccia, quando le ho chiesto se potevamo andare a bere un aperitivo insieme. Proprio così, m’ha guardato, ho sentito il suo sguardo che mi esaminava da capo a piedi, poi è scoppiata in una risata come a suggerirmi di aver osato troppo, che con uno come me, era un’umiliazione uscire.
Avrei voglia di spaccare la faccia a quel tipo, che lavora all’ufficio presidenza, quando con noncuranza, facendole quasi un favore, l’ha invitata, poco dopo di me. Lei ha accettato, guardandolo con aria sognante.
Uno sfigato. Ecco cosa sono, uno che la mattina non avrebbe voglia neanche di scendere dal letto. Quello invisibile ai più, che non farà mai carriera, che non uscirà mai con una bella ragazza come Enza, al più mi potrebbe toccare una racchia, occhiali spessi e denti storti, piatta davanti e di dietro.
Mi sto autocommiserando, ed è inutile che Mario Rossi, mio vicino di scrivania, cerchi di farmi reagire.
Mario s’alza dalla scrivania, con fare circospetto s’avvicina e mi mette davanti una pagina stampata, presa da internet..
- Prova con questo! Come credi che Vittorio, sia riuscito ieri sera, ad uscire con Enza? Come credi che Rossetti, quello del quinto piano, abbia fatto quel salto di carriera? –
Continua con una sfilza di domande più o meno sullo stesso argomento. Io lo guardo come fosse un po’ matto, quello che pensano tutti, qui. Solo che essendo uno sfigato come me, un po’ mi è simpatico.
- Scusa, su di te mi sembra che non abbia funzionato, però! – Esclamo, sfottendolo un po’. Sfogarmi su Mario, è farmi gioire sul fatto, che c’è chi sta peggio di me.
- Non ne ho mai avuto il coraggio – Sussurra lui, abbassando la testa – Se hai più fegato di me, prova tu! – Si volta dandomi le spalle, cammina curvo, sotto il peso della sua vigliaccheria e si siede di nuovo alla scrivania, come se nulla fosse successo.
Prendo il foglio e leggo: “Come evocare un’entità malvagia”. Come cosa? Mi scappa da ridere.
Non mi resta che donare l’anima al diavolo. Che devo fare? Scrivere un patto col sangue? Darei volentieri in cambio, quella del mio capo, ma non credo che possa funzionare. L’avrà già venduta da tempo. Me lo vedo come una puttana, patteggiare col demonio.
Mi metto a leggere.
“A differenza delle credenze comuni, ci sono molte entità infernali che sono benevole agli uomini…” Benevole? Ma se sono infernali? Qui non mi sembra che ci sia una certa coerenza, ma dove l’ha preso, Mario, questo manuale del perfetto satanista?
“Queste entità, non hanno un aspetto terrificante, ma sono bellissimi. Ad essi non bisogna comandare e mostrarsi arroganti, sono molto orgogliosi. Bisogna avere una certa reverenza nell’evocarli, loro chiederanno in cambio qualcosa, voi dovrete promettere quello che sarete in grado di mantenere, uno scambio equo ma attenti a quello che prometterete, altrimenti, saranno guai…”
Mi sembra una barzelletta, di quelle che girano per e-mail e ti saturano la posta elettronica.
“I demoni benevoli all’uomo, sono centinaia, il signore assoluto però è Satana. Lui non si può evocare, perché è già tra noi, in ogni luogo. Evocarlo, sarebbe come rinchiudere il suo immenso potere...”
Seguono una sfilza di nomi assurdi, impronunciabili, tutti consonanti.
“Se sei arrivato a leggere fino qui, vuol dire che hai abbastanza fegato per andare oltre…” Rido di cuore. “Bisogna però crederci intensamente, altrimenti l’evocazione, non riuscirà…” Torno serio, mi stanno per caso leggendo nella mente?
“Per accedere alla procedura di evocazione del demone, sempre se hai abbastanza fegato, clicca qui…” E dai con questo fegato! Me lo sono già mangiato tutto dalla rabbia, forse me ne resterà un pezzettino ancora buono.
Ora dove clicco? E’ stampato. – Marioo! – Lo chiamo urlando. Si girano tutti a guardarmi
- Scusate è una cosa urgente. Di lavoro - aggiungo a voce bassa, vedendo i loro sguardi contrariati.
Mario mi guarda con un’espressione di preghiera, come a dire, non attirare l’attenzione su di me e mi da velocemente l’indirizzo internet da dove ha preso quel testo.
Lo scrivo, aspetto che la pagina si apra. Scorro velocemente il testo che ho già letto e finalmente trovo il “clicca qui…”
Esito, ci credo fermamente? No! Ma forse non se ne accorgeranno. Ho abbastanza fegato? Pochino, però, che ho da perdere? Clicco! Stampo la pagina, controllo che sia tutta, altrimenti poi resto a metà della formula e magari il demone m’esce dall’antro infernale, un po’ incavolato e per niente benevolo. Mi guardo intorno con fare furtivo, piego il foglio e lo metto in tasca. Continuo a lavorare fischiettando.
Questa cosa dell’evocazione, m’ha fatto tornare il buonumore. Stasera si prova!
Hanno scritto che sono bellissimi questi demoni benevoli. Immagino già, una diavolessa, bella da mozzare il fiato, tutta curve, stivali coi tacchi alti, che incarni l’immaginario maschile, a mia disposizione, che cercherà di soddisfare tutti i miei desideri. Che le posso promettere in cambio? Una mezza idea ce l’avrei… Un sorrisetto m’increspa le labbra.
Ho aspettato la mezzanotte. Io penso sia l’ora ideale. Quella delle streghe, dei fantasmi e dei vampiri e perché no, dei demoni evocati?
Sistemo le candele come dice il manuale, traccio gli strani segni, speriamo che la mia pessima grafia non mi faccia fare qualche errore. Uso il gesso nero, come la pece infernale. Mi finisce, passo a quello rosso, come il fuoco degli inferi. Sarà lo stesso?
Traccio quel segno a cinque punte. Che c’è scritto qui? Il pentacolo!
Comincio a pronunciare la formula: “Tu Lucifero, Signore degli Inferi, permetti a questo umile servo di chiamare, Uzhkchat…” Ma come diavolo, è proprio il caso di dire, si pronuncia questo nome? E se sbaglio? Penso con apprensione.
“Uzh… Uz…. Uzhkchat!”
- Salute! – Esclama una vocetta roca, che sembra abbia fumato centinaia di sigarette.
Faccio un salto per la sorpresa.
- Ehi, tu – continua la vocetta. – Mi stai forse evocando? –
Mi guardo intorno ma non si vede nessuno.
- E’ inutile che continui a guardarti intorno come un deficiente, se non finisci la formula, non posso apparire – Dice la vocetta con un colpo di tosse.
Continuo la formula: “…Permetti a questo umile servo di chiamare Uzhkchat! Mi prosto davanti a te, Lucifero Signore degli Inferi, aiutalo ad esaudire i miei desideri”.
- Finalmente! – Esclama la vocetta, e in una nuvola di fumo acre e sulfureo, come da manuale, m’appare un… Come definirlo? Un essere? Basso, come un tappo, circa una cinquantina di centimetri, con la panciona prominente, gli occhi maliziosi e furbeschi che emana l’odore pestilenziale di un piatto di pesce andato a male.
- Prima di tutto, tappo a chi? – Chiede con la vocetta roca molto stizzita.
Porca miseria, legge pure nel pensiero. – Certo! Pensavi di farmi fesso? – Continua lui rispondendo al filo dei miei pensieri.
- Mi scusi eccellenza, sua entità Uz…. – Dico inchinandomi.
- Lascia perdere, tanto non riesci proprio a pronunciarlo il mio nome! – esclama il diavolo – Facciamo così, chiamami Briciola di zolfo, è il mio soprannome laggiù –
- Signore… Briciola di Zolfo… - Mi scappa un singulto di riso soffocato. Un demonio, si può chiamare: Briciola di Zolfo?
- Come ti permetti uomo? – Dice l’essere pancione – Dico io, ma chi pensavi che Lucifero ti mandasse? Lilith per caso? – Ma ti sei guardato allo specchio? -
Dimenticavo che legge nel pensiero.
- In effetti, aggiungo io con tono implorante, pensavo…-
- Certo! Tutti pensate a lei e vi vengono in mente certi scambi… Credi di essere tanto originale? Siete tutti prevedibili voi uomini -
- Ma… Sua Entità Briciola, abbrevio così, non s’offende vero? Dicevo, Sua Entità, il manuale diceva esseri bellissimi. Lei ammetterà, che il suo aspetto è un po’… Come dire… - Mi si strozza la parola in gola, se s’offende poi magari mi strappa l’anima dal corpo.
- Che cos’ha il mio aspetto che non va bene? -
- Nulla! Nulla, Sua Entità Briciola, ma vede, magari se fosse stato un po’ più…-
- Alto! Magro! Profumato! E’ questo che stai pensando. Lo leggo sai? -
- Ma no, Sua Entità, che dice, non mi permetterei mai –
- Va bene così, mentitore, ti perdono. Proprio perché, sei bravissimo in questo e sei anche un gran leccapiedi, altra qualità che viene apprezzata laggiù –
- Grazie, Sua Entità Briciola di Zolfo – Dico inchinandomi fino a terra.
- Veniamo a noi – taglia corto - So perché mi hai evocato. Che vuoi le solite cose: ricchezza, successo e donne - Sputacchia per terra una saliva verde e mefitica, in segno di disprezzo - Mai una richiesta originale! – Esclama disgustato - Gli sfigati toccano tutti a me, che laggiù poi, sono quello addetto a togliere la spazzatura, le anime ignave, quelli come te insomma -
- Ecco, in effetti… Sua Entità Br…-
- Non interrompermi! – Esclama il diavolo, in un eccesso di tosse. Il suo intento, era usare un tono spaventoso ma essendo la sua voce, così lieve e roca, mi provoca uno spasmo di riso nel volto. Spero non se ne sia accorto.
- Facciamola breve! Cosa mi dai in cambio? -
Certo non avevo pensato a questa eventualità, a quella che apparisse lui, intendo. La mia proposta precedente, direi che è da scartare immediatamente, prima che mi legga nel pensiero e l’accetti. Un brivido mi corre dietro la schiena.
- Ci dovrei pensare. Può per caso, aspettare un po’, Sua Entità Briciola di Zolfo? – Chiedo abbassando la testa in segno di ossequio.
- Andiamo bene! Mi evochi e non hai pensato prima allo scambio? –
- Sua Grandezza degli Inferi! Signore Lucifero, ma da chi mi hai mandato? –
- Ti offro l’anima del mio capo! – Ci provo magari mi riesce.
- Bel tentativo! Riprova –
- Ti offro il corpo di Enza, quella della contabilità, così mi vendico –
- Bella l’idea della vendetta! Però è troppo poco – Magari per te. Penso io.
- Guarda che ti leggo nel pensiero –
- Scusa! –
- Ti offro l’anima di un mio futuro figlio. Va bene così? Tanto la donna me la fai incontrare tu –
- Affare fatto! Proposta da vigliacco, così mi piaci! – Si sputa sulla mano quella saliva disgustosa e me la porge, per suggellare il patto.
- Scusa, Sua Entità Briciola di Zolfo, ma non sarebbe meglio suggellare con una firma scritta col sangue? – Cerco di evitare il gesto che mi ripugna.
- Come sei formale! Basta una stretta di mano fra noi – Mi strizza l’occhio con fare malizioso.
E sia, chiudo gli occhi, ingoio saliva, trattengo il respiro e stringo la mano. Sperando, poi che non se n’accorga, me la pulisco sui pantaloni, strofinandola una decina di volte.
- Passiamo alla prima richiesta: la carriera – Dice Briciola, ormai siamo soci, lo chiamerò così.
- Domani, chiedi un colloquio al capo –
- Sei matto? Ma lo conosci quello tu? Come minimo m’ammazza –
- E tu conosci me? Sono o non sono Uzhkchat, detto Briciola di Zolfo? -
- Vorrà dire che quello ci s-Briciola in due –
- Farai così… – inizia il mio socio infernale. Mi snocciola una serie di cose da dire e da fare, affinché la mia richiesta di promozione venga accettata.
L’indomani chiedo il colloquio, seguo alla lettera le istruzioni di Briciola . Come un miracolo, sulfureo è vero, ma sempre miracolo, il capo accetta immediatamente la mia proposta e mi promuove a capo della mia sezione.
- Veniamo ora al punto due: il successo – Elenca Briciola, dopo avermi fatto prendere un colpo con la sua improvvisa apparizione, mentre ero intento ad una funzione corporale.
- Come pensi di trovare la soluzione, stavolta, Briciola? – Mi sento in confidenza ormai. Quasi gli stavo dando una pacca sulle spalle.
- Come osi piccolo, insignificante pezzo di carne umana? Insolente! -
- Mi scusi, Sua Entità Briciola di Zolfo, non volevo offenderla, pensavo, fossimo soci.– M’inchino fino a terra.
Lui, detta le istruzioni, mi dice come devo comportarmi coi miei colleghi, affinché mi rispettino e mi temano.
- Dimenticavo, conclude, butta via quei tuoi abiti da sfigato, metti le lenti a contatto e butta via quegli occhialini da orbo o non se ne fa nulla – Scompare nella sua solita nuvola, mefitica tra pesce marcio e zolfo. Ormai ci sono abituato.
L’indomani, mi reco al lavoro tirato a nuovo. Abito firmato, scarpe di pelle di coccodrillo, lenti a contatto, taglio di capelli alla moda. Entro e nessuno mi riconosce. Soltanto Mario, il mio vicino di scrivania, mi guarda, ridacchia e accenna qualcosa riguardo al fegato.
- Chi hai evocato? – Sussurra poi nel mio orecchio.
- Che ne so? l’ho preso a caso, è Uzhkchat, ma ha un soprannome buffo –
- Lui? - Mario ride, ride e poi si mette a sedere senza aggiungere altro. Non parla neanche dopo un quarto d’ora di domande. E’ proprio uno senza fegato e senza frattaglie.
- Hai avuto il successo che cercavi? – Mi chiede Briciola, sempre con quelle apparizioni da infarto. Perché m’appare sempre quando sono in bagno? Ero sotto la doccia e a momenti scivolo e mi rompo l’osso del collo. Mai un momento di relax, che diamine!
- Sei stato grande! – Esclamo, dopo essermi ripreso – Non mi riconoscevano, tutti ad obbedire a testa bassa, tutti a invitarmi a cena, alla partita, chi mi voleva qui, chi mi voleva là. Mai avuto tanti inviti in vita mia.
- Bene, bene. Ora passiamo all’ultima richiesta: le donne – Mi guarda con quel suo sguardo furbesco e mi sembra che stia ridacchiando.
- Domani inviti Enza, vedrai che tutti i tuoi desideri si esaudiranno – Poi toccherà a te onorare il patto. Mi strizza quell’occhio cisposo.
- Oh, Briciola e mica mi vorrai far diventare padre al primo colpo? Fammi divertire un po’ prima, no? – Non risponde e sparisce nella solita nuvola. Mi tappo il naso.
L’indomani Enza, neanche mi fa fare la richiesta, m’invita direttamente lei, ha uno sguardo da pesce preso all’amo, pende dalle mie labbra. La faccio sospirare, se lo merita per il passato, fingo di guardare l’agenda e poi le dico che un’ora per lei l’ho trovata, domani sera alle otto.
Esulta tutta raggiante.
La sera dopo, cena in ristorante a lume di candela, musica soffusa. Dopo cena al pub, la faccio bere un po’ per renderla più malleabile. Ho prenotato una stanza in albergo di lusso. Casa mia, non ha subito il restauro di trasformazione, è ancora casa da sfigato. Le do la chiave della stanza, le dico di salire mentre cerco un parcheggio.
Salgo in ascensore. Solita apparizione e solito colpo al cuore.
- Briciola, ma non potresti prima avvisare delle tue apparizioni? Mi farai morire prima di aver onorato il patto –
- Lui ridacchia, e dice che è qui proprio per ricordarmelo – Scompare nel solito modo. Mi turo il naso.
La porta dell’ascensore s’apre e fuori mi ritrovo davanti una signora tutta platinata, col suo bel visone sulle spalle, che mi guarda come fossi malato di lebbra, si scansa e si tura il naso, sventolando un fazzoletto profumato. Porca miseria, Briciola! Tanto lo so che leggi nel pensiero.
Busso e apro la porta. Entro e dentro la luce è spenta. Penso che Enza vuole farmi qualche sorpresa. M’immagino come si sarà preparata, profumata, che m’aspetta sotto le coperte.
E’ stata una nottata infuocata, sempre al buio e la cosa è stata ancora più intrigante.
- Enza posso accendere la luce ora? – Chiedo, cercando invano di accendere una sigaretta. Lei non risponde.
Accendo la luce e… Ci rimango secco. Accanto a me, dall’altro lato del letto, non c’è Enza. C’è quella che definirei come l’incubo di ogni uomo, russa sonoramente e non s’è accorta di nulla. Enza? Dov’è andata a finire? Mi guardo intorno e vedo una divisa da inserviente dell’albergo, buttata su una sedia. Rabbrividisco dall’orrore. In quel momento: apparizione da cardiopalma.
- Ti sei divertito? – Chiede sornione Briciola di Zolfo. Aspetterò nove mesi, hai tutto il tempo per onorare il patto! –
- Brutta sottospecie di un pitocco sulfureo… - comincio io al culmine dell’ira. Lui ride con quella sua vocina irritante.
- Il patto l’ho mantenuto, volevi una donna? E quella? Allunga il muso puzzolente verso lo stecco al mio fianco. Non hai mica specificato il nome, taglia, misure. Io che c’entro, potevi essere più preciso – Scompare nella solita nuvola, stavolta credo per sempre. Sono stato gabbato, vatti a fidare del diavolo! Quel demonio di un Briciola di zolfo!
L’indomani, faccio una ricerca sul suo nome e scopro che è ritenuto il giullare della corte di Satana. E’ solito fare scherzi e lazzi per il divertimento del suo infernale padrone.
E Enza? Lei s’è addormentata aspettandomi per ore. Sono io che ho sbagliato stanza, intrufolandomi in quella della cameriera del piano. Enza l’indomani non mi ha rivolto la parola. In compenso la cameriera, tornata in servizio, mi ha offerto il suo sorriso migliore mentre continuava a passare l’aspirapolvere nell’ingresso.




Nota: per scrivere questo racconto, ho fatto una ricerca su come si evoca un demone. La storia dei demoni benevoli bellissimi, dello scambio e delle promesse e del clicca questa pagina per l'evocazione, è tutto vero. Il resto ce l'ho messo io. Spero che per questo la mia anima non venga strappata via.
auroraageno
00giovedì 11 giugno 2009 17:12
Cara Kamo! Un racconto davvero inquietante e esilarante!
L'hai scritto meravigliosamente bene. Mi sono goduta la lettura, ti ringrazio tanto!

Un affettuoso saluto

aurora

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