Al severo richiamo del maestro
schiocca il tempo la tagliente frusta
(verde brivido nella polvere)
docili tigri, premurosi babbuini, cavalli di dame adorni,
in spoglia circostanza d'impotenza
su gaie zattere di alberi affannati
verso l'altra sponda del silenzio s'avviano
Tra crepe di luce della luna e musica da giostra
folla di moscerini in festa, da clown vestiti
il volto in maschere di raso
il digiuno appaga e il pasto consuma
di false Ultime Cene
Fugge dal cielo di gesso lo spettro di smeraldo
tra frastuono e polvere guizza il serpente del giudizio
dalle pieghe del ruvido sipario
l'eco s'ode del tutto, del nulla
Può una farfalla nella tessuta ragnatela prigioniera
da cornacchie beffarde che della primavera
il canto spengono, salvarsi?
Rotola in rigagnoli di fango un fanciullo,
cadono gridando "è presto" man mano che muoiono le foglie
senza supporre inganni
inghiotte l'anima l'ostia della grazia
- tragico evento o fulgida conquista? -
Oltre la polvere, oltre il breve indugio,
oltre il galoppare dell'intuito,
quando rivela il sole lo squarcio d'un giardino
senza correggere crepe o della mente gli orli
in cerca d'una prova
aspetta - ella - l'aprirsi d'una porta
emma