Carlo Levi e le sue Poesie inedite, 1934 - 1946

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auroraageno
00martedì 28 agosto 2007 15:28
Carlo Levi e le sue Poesie inedite, 1934 - 1946


Il volume di poesie inedite di Carlo Levi (Carlo Mancosu editore) è uno di quelli
che mi donano piacere anche solo al tatto: pagine in carta pastosa color cinerino,
ma proprio chiaro, si offrono alle mie mani carezzevoli. Lo sfoglio indugiando nel
trattenere le pagine fra indice e pollice…mentre le altre dita sfiorano e gustano.
Il volume è ricco di disegni, opera di Carlo Levi, peccato non
poterli riportare qui.

Traggo dalla prefazione, di Giovanni Spadolini, qualche piccolo brano:

"Poesie giovanili ma già di un uomo maturo che nel 1934 ha trentadue anni e nel 1946 –
quando si conclude il ciclo poetico dominato da un’immagine fondamentale – ha scritto
il suo capolavoro, l’opera che lo renderà celebre, amato ed odiato nello stesso tempo,
il “Cristo si è fermato ad Eboli”."

"Poesie che ci danno la conferma di uno stile essenziale e scabro, lo stile gobettiano
che Carlo Levi aveva ereditato dal suo grande amico, maestro e quasi coetaneo."

"Credente nella tolleranza, sempre, e nel dialogo. Con la forza dell’antica tradizione
israelitica, innestata su un fondo di sorprendente modernità.
Carlo Levi non praticava nessuna delle regole che caratterizzavano la borghesia
torinese, della quale pure era figlio. Non rispettava gli orari né dei pranzi né delle cene.
Non finiva mai di discutere. Le sere, con lui, non terminavano mai."

"L’uomo sapeva di non avere la verità in tasca: la cercava con umiltà, nascosta da quel
sorriso che poteva adombrare una smorfia decadentista o estetizzante."

"Non a caso il primo libro di Levi, scritto nel 1939, si chiamava, con una testata rivelatrice
di un interiore travaglio che non sarà mai superato, “Paura della libertà”."

Ed ecco le note biografiche:

Carlo Levi, nato a Torino il 29 novembre 1902, morto a Roma nel 1975.
Laureatosi in medicina nel 1924, esercitò la professione, a parte
un breve periodo iniziale, soltanto durante il confino in Lucania,
nel 1935, in aiuto alla popolazione locale, malgrado le pesanti
restrizioni imposte dalla polizia. La vita di Carlo Levi è stata
sempre caratterizzata da un preciso impegno politico, impegno che
trova le sue origini in Levi giovanissimo, antifascista anche per
tradizione familiare.
Infatti tale esperienza lo portò anni dopo, a Firenze nel 1943-1944,
alla stesura di "Cristo si è fermato ad Eboli", pubblicato nel 1945,
pochi mesi prima che uscisse "Paura della libertà", scritto in Francia
nel 1939 all'inizio dell'invasione nazista.
Gli ultimi momenti del fascismo furono per Levi caratterizzati da
un'intensa attività politica: arrestato nuovamente nella primavera
del 1943, fu poi liberato nel luglio dello stesso anno.
Negli anni seguenti Levi continuò ad esercitare una forte presenza
politica, sia nel movimento di Rinascita per il Mezzogiorno, sia
con un'assidua attività pubblicistica, che culmina con gli articoli
sul Luglio 1960. Promuove la nascita del movimento giovanile "La Nuova
Resistenza", seconbdo la definizione da lui stesso data alla lotta
antifascista contro il governo Tambroni.
Nel 1963 viene eletto Senatore indipendente nella lista del P.C. e
rieletto nel 1968, e sul finire degli stessi anni è presidente della
F.I.L.E. (la Federazione degli Emigranti).

"Cristo si è fermato ad Eboli" è l'opera che lo rivela al pubblico
italiano, europeo e mondiale. Seguono le altre opere letterarie da
"L'orologio" a "Le parole sono pietre" del 1955 e "Il futuro ha un
cuore antico" del 1956 (viaggio in Russia), a "La doppia notte dei
figli" (viaggio in Germania), a "Un volto che ci somiglia" del 1961;
da saggi come "Paura della pittura" (1942) alle sue prefazioni a
Stendhal (Roma, Napoli e Firenze) e al "Tristram Shandy" di Sterne,
Carlo Levi sembra proporre un lavoro ampio coerente e complesso;
infatti non deroga mai da un suo programma organico, segno
inconfondibile di un profondo impegno intellettuale, artistico e
politiico, volontà operativa di un uomo che tende a ricercare il senso
e la qualità del suo lavoro in una dimensione di globalità culturale
ed esistenziale.
Scrisse numerose altre opere.

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Ecco alcune delle poesie raccolte nel volume "Poesie inedite"


CERVANTES

Cervantes, che io possa
come te, ma con due mani
trarre da questi vani
ozi, asciutta poesia.

L’ingegnoso cavaliero
è nato in una cella:
qualche opera bella
nasca da questa mia.


SOLITUDINE

Prigione, sento camminare
sul mio capo qualcuno,
batter ferri, cigolare
porte ignote.
Ma tu non mi hai ancor preso:
mia vita sono le note
forme, e il cielo, sorpreso
di vedermi chiuso.
Ore passano, sono altrove
dove mi porta l’uso
degli affetti. Estranee prove
fan gli uomini stanchi.
Acqua, sveglia, carta, pane,
polvere, muri bianchi:
l’oggi è l’ieri, e la dimane
arida solitudine.


ATTESE

Non è ancor giorno, volgo il viso
senza alzarlo dal cuscino,
rovescio gli occhi e guardo il cielo
come l’acqua Narciso.

Indistinti, senza colore
per l’ora che precede l’alba
dietro quel cielo grigio
aspetto il nascer del sole.


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Scandisco ai passi il ritmo dei pensieri
quattro per due e tredici per tre;
in questo andare l’oggi si fa ieri
s’unisce al tempo che già si perdé.

Se potessi fermarmi, volentieri
sosterei a guardarti, come se
fossi su un prato, e fiori ed erbe veri
sotto il tuo corpo fiorisser per me,

o tra le rocce stesa, al caldo sole
mostrassi il collo bianco, e al vento amico
affidassi i capelli ed il respiro.

Ma informi nebbie son queste parole
che si sciolgon nell’aria, e quel che io dico
non ha più consistenza che un sospiro.


(continua)

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auroraageno
00mercoledì 29 agosto 2007 15:48
Altre poesie di Carlo Levi

Perché occupar la mente in queste vane
forme, legar nei carmi aeree fole,
finger prati, sentier, ombre silvane
e fiumi e boschi e venti e aperto sole?

Quella che cerchi in altri prati suole
volger suoi passi e sue bellezze umane,
altri fiumi, altri boschi, altre parole
nascon per lei più vere, e sì lontane.

Questi che io stringo in metri e sembran veri
paesi e terre e affetti, altro non sono
che larve di memoria onde abbisogno:

solitario m'aggiro pei sentieri
di fantasia sì chiari, e in vano il suono
della tua voce, Bianca, attendo in sogno.

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Il tempo è come un monte
compatto e chiuso nei ghiacci:
aspetto che tu mi chiami
e sciolga col fiato quei lacci.

Tu balli e ti volgi, varia
come l'ombre sulla tua fronte
fatta di riccioli, d'aria
bionda, di bosco e di fonte.

Dura la morte precaria
ristretta agli attesi richiami
finché tutto s'apre: m'abbracci
e mi dici che m'ami.

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Cos'altro posso chiedere al destino?
Ho visto albe e tramonti e boschi e estati,
ho disegnato sulla neve
con un bastoncello leggero,
e mi pareva breve
ogni ora definitiva.

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Per un raggio di sole giaccio ozioso
come un antico fiume
sull'erba stenta della fetta d'aria.
Formica solitaria
s'aggira fra le stipe
e i sassi rossi e bianchi, sopra il muro
s'allarga il cielo e il suo felice lume.
Forse di là colline dolci, ripe
piene di fiori; o oscuro
desiderio del tuo viso amoroso,
di te, che sei più varia
e vera della vita. Come piume
le nubi van pel cielo, e l'impietoso
sole di maggio splende.


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(continua)

auroraageno
00sabato 1 settembre 2007 11:59
Altre poesie di Carlo Levi


BELLEZZE SOGNATE


Alte gridano in volo
le rondini al tramonto, e forse azzurro
è il cielo e rosa
e forse brilla già la prima stella:
bellezze immaginate
non fate troppa guerra a me qui solo.

Tu, di memoria canto,
amoroso sussurro,
soave grazia in voce dolorosa,
se cerchi per amore la mia cella,
al di qua delle grate
porta conforto, non vano rimpianto.


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FIORE RECISO


Vorrei esser con te sulla riva
dove ti ho conosciuta
e dipingendo il tuo viso
ho mutato la mia vita.

Danzando con te si scopriva
l'anima sprovveduta
e mi tremava in un riso
tuo, di gioia spaurita.

Da questa chiusa afa estiva
tre anni di vita perduta
lontano dal tuo paradiso
e dalla tua bocca smarrita;

la vita che si apriva
nostra, non anco goduta
come un bocciuolo reciso
è stata, ed ecco, è svanita.



lulio 1935

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NUVOLA SERENA


Tu, pianta dai rami aperti,
tu, leggera e fiorita,
non arida pietra, ma bosco,
erba, volante uccello,
acqua corrente, nuvola serena,
ti guardi al mattino allo specchio
mi cerchi negli occhi neri.

Io, sabbia del deserto,
arsa dai venti e rapita
lontano, ad un fosco
orizzonte, zimbello
dell'onde furiose, amara arena,
non giovane non vecchio
attendo i tempi veri.

Sono stati, fugaci e certi,
gloriosi di comune vita:
la nostra gioia conosco
e invoco e richiamo ed appello
che torni e riapra ogni vena,
e suoni ancor dolce al tuo orecchio
la voce che ami e disperi.

Quello che è stato ieri
fa più grave il fardello
dell'arsura e del tosco
onde m'inaspro e invecchio:
ma se potrò vederti
si scioglierà ogni pena
in lagrime felici.


luglio 1935

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Scamperò da questa cella
rivedrò la prima stella
salirò sugli alti luoghi
degli antichi sacrifici
passerò senza la manna
i deserti dei mendici
lascierò qui quest'arsura
per un'altra, sull'altura


luglio 1935

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(continua)


auroraageno
00mercoledì 5 settembre 2007 13:42
Altre poesie di Carlo Levi



Così, ritrovato cielo,
fumo bianco di stelle,
via d’umane formiche
che un’ora sola fa belle,
monotono sole su biche,
paglia arida, capre,
rassegnata povertà,
voi siete il luogo nuovo
che in modo antico i giorni consuma,
tutta la vita è lontana
dietro i monti giallastri e la bruma,
nel vegetar quotidiano
a lingua straniera il ciel s’apre
straniero, e la triste bontà.


luglio 1935




Tromba del banditore
pianti di donne sui morti,
scoppi di voci fatte uguali
dagli antichissimi torti,
familiari noti animali,
ripetuti versi e fatiche,
casta, sobria ospitalità,
sfiduciata ma vera fratellanza
per chi è povero e diminuito,
(colui che ha fame e malaria
non teme d’esser colpito)
chi in voi cercherà e in quest’aria
grigia, virtuosa e spoglia
la sorridente Beltà?


agosto 1935



MELODIA


O cadenze felici, scioglimenti
dolci, senza rotture e fine
melodia continuata
capacità di dono
per voi ero, qui sono.
Arsura ritrovata
or rinnova il confine
dei tempi adolescenti;
non varranno lamenti
a sciogliere le brine
dai capelli e dal cuore
se non rinnovi, amore,
felicità passata.


agosto 1935



ETERNE LONTANANZE


Suonano le campane
per qualche santo che non conosco
in queste ore certamente sante,
e il suono arido per la campagna
si sparge senza risonanze
tra la paglia bruciata, tra le piante
che non san fare un bosco,
si perde per le valli malsane,
e con l’umile terra esso si lagna
paziente, delle eterne lontananze.


settembre 1935


(continua)
auroraageno
00venerdì 7 settembre 2007 13:19
Altre poesie di Carlo Levi

TRISTE PAESE


Sotto stendardo nero
stanno le porte e le soglie
il becchino nel cimitero
fra l'erbe stente raccoglie
la scapola d'un cristiano
suonano le campane
per nqualche morto americano
nella farina, vestite di nero
le donne nere fanno il pane.


ottobre 1935


Dove gli antichi iddii
dei pastori, il caprone
e l'agnello rituale
sanno le note strade,
è pur giusto che Adone
nella notte s'invii.

Desolate contrade
senza tempo e sorriso,
non scende sul bel viso
il materno lamento:
la terra, l'ombra, il vento
son del nero cinghiale.


ottobre 1935


Si snoda il colle in un timido verde
e si distende sotto il sole; chiusi
son gli orizzonti, ultimi e gelosi
degli uomini e del mare;

appena sorto un sorriso si perde
serrato sotto i veli antichi e gli usi
che dalla grazia salvano i sassosi
cuori e le terre amare.


ottobre 1935


FUOCO

Mobile fiamma, rossa brace
fumo di ginepro odoroso
rallegrano il cuore autunnale
la nebbia delle valli e la distanza.

D'assenza è fatta la pace
di privazione il riposo
il tempo non conta che avanza
senza la falce, uguale.

Dal mondo reclusa stanza
l'altrove, il lontano pur vale
se il fuoco, segno amoroso
langue costretto e tace.


ottobre 1935


Vento tu mi porti
sul tuo suono musicale
ai lontanissimi porti
primi d'ogni partenza,
dove accoglie l'esperienza
di immobili tempi morti
nel verde senza coscienza
solitudine vegetale.


ottobre 1935


Colline senza nome
sotto le nubi rosa
appaiono serene
nascondendo gli abissi.

Vuoto silenzio tiene
l'arsa terra corrosa
i monti uguali, fissi
sotto le antiche some.

Ansia senza conforti
sotto un falso sorriso
copre le forre, piene
di ignoti eterni morti:

solitudine irosa
scioglie ogni forma, come
un mondo senza viso.


dicembre 1935


Spiriti, soli miei compagni incerti,
vien dal frantoio un suono casalingo
stride mobile il fuoco
segue il cane un suo misterioso
bizzarro pensiero infantile,
un impulso aereo, un giuoco
di Ariele e Calibano.
Muta la luna sparge velenoso
un incanto sottile
sopra i monti deserti:
per non morire, fingo
il tuo bel viso ed un respiro umano.


dicembre 1935


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auroraageno
00lunedì 10 settembre 2007 10:46
Altre poesie di Carlo Levi

Stai per finire, anno,
su un angolo di tavolo.
Bicchieri vuoti: il fuoco
solitario spumeggia.
Spiriti della graggia
certo non prevarranno,
ma l'assente orologio
impedisce anche al diavolo
d'esaminare il giuoco
e di fare il tuo elogio.
Stai per finire, anno.


dicembre 1935



Rosa, colore nuovo
tra questi visi affranti,
pallide viole, eleganti
tra morti occhi neri,
- se l'altra vita gentile
come il profumo ritrovo
irripetibile ieri
fatto d'amore e di grazia
civile; se in voi si riposa
felice lo sguardo e si sazia
di sensi amorosi - lei sola
lontana e primaverile
voi siete, o saffica viola,
o dolce femminea rosa.


gennaio 1936



In queste terre nascoste
le tragedie non han palchi,
ma umilmente composte
si recitano in silenzio.

Come un'ignota sorpresa
posa la primavera
sull'arida distesa
un verde imprevedibile:

lontano dai sentimenti
il largo volo dei falchi
svolge sul ritmo dei venti
un libero arabesco.


marzo 1936



Disperazione, detti parole ingiuste
e pensieri mortali
ma il sole mi porta lontano
leggero come le nuvole,
lontano dalle grige argille aduste
del malarico piano
e dei monti abissali,
in chiari paesi d'amore.

Là tu stai, sull'arena
del mare, come una dea
gentile e fiorita nel verde
sotto le palme e i mandorli:
lontana presenza serena
magica i mali disperde
come sul cielo un'idea
d'ombra s'annega e dissolve.


maggio 1936


(continua)

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auroraageno
00giovedì 13 settembre 2007 20:19
Altre poesie di Carlo Levi

ANCONA

Infinite sorti individuali
son come la vita di un mare
eternamente fermo in onde uguali,
il grigio mare che tu zappi e semini
contadino lucano,
l'azzurra terra delle tue fatiche
marinaio d'Ancona,
dove ogni moto è come il sospiro
d'un animale immenso,
inconsapevole giro
d'abitudini antiche,
storia senza persona,
ritmo prima del senso,
natura sola in mille vite estinta.


maggio 1936


AMORE

Se la vita crea la morte
non si sforzi la tua sorte,
Amore, libero vento,
non macini grano o diamanti
e non impasti di pianti
il pane del sentimento,

ma come un firmamento
tutte le cose avvolga
e sereno le imbrillanti
senza che nulla ti tolga.
Non si volga la mia stella
a soggetto di novella.


giugno 1936


M'avete fatto umano
baci dolenti, terre nascoste
dove un dolore antico
era prima del mio arrivo.

Come un classico dio mendico
sono stato in mezzo al grano
povero e alle scomposte
colline del grigio ulivo;

secoli di pene imposte
e di desiderio vano
sul biondo tuo viso amico
come in quei monti scoprivo

che un egoismo lontano
arse paterno e passivo
spogliando d'erbe l'aprico
terreno e le tenere coste.

Alle offerte senza risposte
so solo rispondere, e dico
parole che apran l'arcano
grembo del fonte vivo.


luglio 1936


Non c'è sole, il cielo è viola
di vapori teneri
sopra le pietre stese
grige nell'aria tiepida
e sui tronchi contorti
di passioni perdute.
Antichissime Veneri
volgevan la parola
ai sassi e all'erbe, prese
per sempre tra le foglie
stormenti, in fuga trepida:
ora i terreni morti
conservano quei gesti
e quelle grida mute.
Non c'è sole che impresti
una sua luce esterna
all'intimo paese
fatto d'umane sorti:
gioie lontane e doglie
verde ricordo eterna.


estate 1936


COSTANTE SOGNO

Stanco di questa morte
dolce, mi brucian gli occhi:
legato ai tuoi ginocchi
dimentico la mia sorte.

Curve angeliche salgono
dai tuoi ginocchi al viso:
fiorisce alto il sorriso
là dov'esse si sciolgono.

Sciolte in moto continuano
nelle cose, nell'aria,
nell'ombre: in una varia
eternità s'insinuano.

Là, ferme membra attorte
piangon, corni di fiamma,
il chiuso, arido dramma
d'alterità e di morte.


marzo 1937

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auroraageno
00lunedì 24 settembre 2007 15:52
Altre poesie di Carlo Levi


Non più gesti, conchiglie
femminili e rosate,
non più rocce atteggiate
per antichi compianti:

occhi neri, che i pianti
d'infinite vigilie
fatto han vuoti, guardate
nel profondo dell'anima.


febbraio 1937


RITRATTI

In quello ebraico, in questo greco viso,
in quello obliquo e acuto, in questo dritto,
ma in quale ancora ascolterò il silenzio
e il piacere del vento e della notte?

Riportato all'infanzia solitaria
e risospinto tra le aperte forme
confondi con l'ebraico il greco viso
per ritrovare l'energia serena.

Fuor dell'informe volontà che tace
fuor dell'arida terra sotto il sole
v'è un'acqua ferma che rispecchia il cielo
all'ombra amica d'un albero verde.


gennaio 1938



Nitido s'apre il mattino
col primo sole sull'erta
verde sole il mandarino
si fa rosa a buccia aperta
la rosa al vento salino
scherza che i cespi sconcerta
gioca un vecchio dio marino
per l'ampia spiaggia deserta:
ma un frenetico destino
rende vana ogni scoperta.


dicembre 1940



BOSCO DI EVA

Nel bosco pieno di ciclami
scherza il sole con gli uccelli
si stendono trepidi i rami
sullo scosceso verde.

Tu vuoi ch'io rinnovelli
la mia vita che si perde
e ai tuoi dolenti richiami
metta nuove foglie.

Una donna in questo bosco
i fanciulleschi sentieri
cercava: i ciclami di ieri
le suggerivano amore

forse, ove io senza voglie
giaccio al sole ottobrino
e quello che pur conosco
abbandono al destino.


ottobre 1943


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auroraageno
00giovedì 27 settembre 2007 17:49
Altre poesie di Carlo Levi


Tra i rami portano l'ore
un rombo di mine e di guerra
ma un muro di fronde chine
pel vento mi cela alla terra.

Celato rimango, come
un germoglio sotto la scorza
dell'albero, che una forza
oscura apre in silenzio.


ottobre 1943



Felci e castagni, sole
pallido fra le fronde
azzurre di nebbia, forse
son questi gli ultimi giorni?

Là giungeremo, donde
non son concessi ritorni
o rimpianti, e non suole
scendere quel che soccorse?

Odor di terra e di funghi
foglia che pendi a un filo
di ragno dorata, verde
eternità vegetale

siam dunque giunti all'ilo
dei tempi, ove non vale
volgere i pensier lunghi
a quello che si perde?


ottobre 1943



Un nuovo sole, azzurro
di grige lontananze
volge gli ultimi insetti
alle sbadate danze

ultime; tutti i santi
si gloriano dell'oro
delle foglie, al sussurro
chiesastico dei boschi.

Sopra i monti distanti
del paese italiano
distende il suo lavoro
giallo e verde l'autunno.

Giacciono in loro stanze
i morti di Trespiano
nella gloria costretti
dei ricordi e dei pianti.

Di nessun luogo alunno
senza amori e compianti
con i morti e coi santi
entro nel freddo autunno.


novembre 1943



FREDDO AUTUNNO


Come un insetto al sole
tardo di San Martino
quasi immobile scende
librandosi sull'ale
e risale lo stelo
di un'erba: come un pesce
fra due acque, remigando
con le pinne, in suo moto
fermo, tra bene e male
vicinissimo e ignoto
tra volere e destino
tra fatti aspri e parole
magiche oscillo, quando
sopra le ore più orrende
un vago azzurro mesce
alto e tenero il cielo.


novembre 1943


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auroraageno
00martedì 2 ottobre 2007 12:17
Ancora altre poesie di Carlo Levi


Nell'ombra delle nuvole, che muove
la sua ala sui colli e il salir grigio
delle nebbie leggere al pigro sole
suona l'allarme e lo riprende l'eco.
Una pace si stende sui vapori
che respira la terra addormentata
fragile e arcana, che il cuore commuove.


novembre 1943



In quest'ore vuote e chiuse
va sgranandosi un rosario
di incantesimi funesto
e di uguale cantilena:
le passioni son pretesto
per il sangue necessario
a colmare le confuse
menti involte in noia e in pena.
Per quell'anime deluse
serve qualche sacro testo
a coprir come un sipario
la vuotezza della scena.
Non l'affetto, né la piena
delle voglie e delle accuse
muove il cuore: tutto è gesto
in quest'ozio sanguinario.
Le altrui morti sono scuse
all'interna morte, e a questo
passatempo funerario
sol si piega la lor schiena.
Senza luce, opache, ottuse
le sospinge senza arresto
come il vento arida arena
un volere involontario.
Se ristagna in ogni vena
nero il sangue, e amaro e infesto,
si rifugiano le Muse
in un pianto solitario.


gennaio 1944



Il vento muove le conchiglie, bianche
foglie secche del mare
e soffia strage e guerra sulle stanche
terre d'Europa amare.

Dopo sette anni di sangue e di guai
da quelle spiagge sole,
fatto ha di Roma, la guerra, Shangai
sotto un modesto sole.

Dopo l'asciutta storia di Firenze
e le tragedie vane
ritrovo l'ore fuor d'adolescenze,
solitarie, qui, e umane.


gennaio 1946



GRAZIADIO


Coi grandi occhi trasparenti
neri, per vedere nell'ombra,
stai sotto la lampada e senti
il tempo vuoto che t'ingombra.

Nel tempo vuoto pazienti
misurando angelico l'inferno
al batter rosato dei cigli
di trina, tu, gufo reale.

Ma se apri araldico l'ale
alle sbarre dove ti impigli,
allora tu stringi gli artigli
in un pugno crudele e fraterno.


febbraio 1946



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