Cronistoria italica anni quaranta

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florentia89
00lunedì 21 dicembre 2009 19:26
Non sostanzialmente vera, ma vera, verissima in tutto.
Francesco Mancini - Dicembre 2009

Lino, cronistoria di vita reale
Lino era mio compagno di scuola, palazzo, balilla, parrocchia. Insomma un amico. Era un ragazzo di pari età anche se per alcuni mesi figurasse di un anno maggiore. Lo invidiavamo perché era il figlio del titolare di una ditta, al tempo modesta, pur sempre una società, ove il padre trattava olio di oliva e semi di varie qualità di base, senza gli attributi odierni di vergine, non vergine, sansa, italiano, mediterraneo, doc e a seguire. Di olio di oliva ne aveva di due tipi, uno migliore per benestanti, l’altro normale che compravamo tutti. Quanto a quello di semi ce n’era una qualità e basta e c’è da dire che lo accettavano in pochi. Era di semi e stop. Aggiungo che la maggior parte degli oli era commercializzata sfusa e non nelle infinite bottiglie oggi presenti nei supermercati.
Ciò comportava che per questa attività familiare, in tempi oltretutto di tesseramento e carestia, Lino disponesse sempre di colazioni scolastiche più robuste delle nostre e soprattutto .. ben condite.
Io conoscevo la sua famiglia, mamma, papà, una sorella e poi Lino, il cui nome era il finale diminutivo di uno dei tanti espressi in forma completa (anche se ci fu un Papa Lino). Egli in effetti si chiamava .Natale, trasformato in Natalino in età infantile e quindi, con appropriata aferesi, ecco Lino che gli rimarrà per la vita.
Il papà aveva rapporti e cointeressenze con dei frantoi marchigiani, regione di provenienza della famiglia, oltre con produttori e grossisti di oli di semi, così riforniva il suo magazzino ove controllava le qualità, ne ricavava miscele opportune e confezionava il tutto, oltre in poche bottiglie, in contenitori capienti in lamiera o anche latta per i minori, che finivano nei negozi, con gli acquirenti che portavano loro le bottiglie, riempite dal negoziante estraendo l’olio dai pozzetti di banco con un’asta ove era fissata la misura di un litro, mezzo, un quarto.
Ho parlato di olio sia perché non è negativo conoscere le realtà degli anni trenta-quaranta, sia per qualche riflesso di cui dirò, nonché per la mia attività futura in quanto nel dopoguerra, e per alcuni anni, mi dedicai alla rappresentanza dell’olio del papà di Lino il quale, pur anziano, mi restò sempre amico finché, in data non molto remota, se ne andrà a trattare oli col Padreterno e divenire magari addetto agricolo dell’Angelo incaricato a ciò.
Forse l’attività celeste si sarà dimostrata troppo impegnativa per un solo spirito operante così, qualche anno ancora, e il papà chiamerà a collaborare con lui pure il figlio Lino.
Torno al mio amico. Egli era un buon alunno, un discreto balilla e divenne capo-squadra prima di me. Ho detto discreto in quanto nulla gli si poteva imputare ma l’entusiasmo non era eclatante. Il motivo era che il papà fosse di indirizzo socialista, anzi proprio comunista, partito al quale diede collaborazione e fiducia sin dai primordi della fondazione nel 1921. Attività politica non ne svolgeva e forse non la svolse mai, però le idee erano quelle.
C’è da dire che non fosse del tutto ostile al Duce affermando più volte, con me e altri, che Mussolini (evitava Duce) era pur sempre un socialista, un compagno, uno dei loro pur se deviato nella real-politik dal Re, Papa, agrari, industriali, gente che si sarebbe dovuta tenere lontana e combattere con determinazione.
A confermare una velata acquiescenza all’attività del Duce c’è che non ostacolò il figlio dal frequentare la GIL, d’altro canto obbligatoria, accettando pure che divenisse caposquadra cosa questa che Lino, volendo, poteva evitare senza conseguenze. Comunque per queste idee, ignoro altre motivazioni, la polizia l’aveva schedato come sovversivo ed ebbe a dargli fastidi sino all’epoca di cui scrivo, il 1943, quando in Italia le cose andavano male.
Giunse infine un incidente diciamo di lavoro. Il grande emporio olio-vino di via Taranto, vicino ove abitavamo, venne incriminato dalla polizia annonaria per delle adulterazioni riscontrate nell’olio d’oliva sfuso, miscelato abbondantemente con oli di semi di cui uno pure dannoso per la salute (colza).
Dai controlli ne venne che pressoché tutto il prodotto provenisse dalla ditta del papà di Lino il quale poteva pure restarne fuori, visto che le forniture non prevedevano miscelature, ma ne venne che ci fu un suo dipendente il quale collaborò con l’emporio per effettuare i miscugli adatti nonché la polizia si ricordasse fulmineamente del suo passato rosso e non andarono coi guanti di velluto nemmeno con lui.
Si prese qualche denuncia, con o senza seguito, delle ammende e il magazzino venne temporaneamente chiuso.
Così il papà, anche per l’aria finale che tirava, preferì lasciare Roma con la famiglia e tornare al suo paese e ai frantoi marchigiani. C’è da dire che per lui ed i suoi ciò si rivelò un intervento salvifico e protettivo di qualcuno dell’al di là, infatti il 19 Luglio 1943 Roma venne bombardata dal cielo e il suo magazzino, assieme al palazzo sovrastante, nel quartiere San Lorenzo, sparirono colpiti in pieno dalle bombe assassine.
A seguire vennero la caduta e l’arresto del Duce, l’armistizio, l’Italia spaccata in due fra Sud e centro-nord, così Lino, papà, tutti, al momento non tornarono. A Roma risorsero i gagliardetti neri, stavolta senza condizionamenti di Re, Papa e altri, un po’ come avrebbe voluto il papà di Lino per il Mussolini dei primordi, solo che erano di colore nero intenso e non rosso smagliante.
Poi, con la guerra ancora in corso fra americani, tedeschi e italiani fra di loro, ecco che incontro Lino a Roma.
…”Ciao, allora siete tornati? … Ah no! sei qui per ritirare delle carte dalla casa dei tuoi nonni e poi ripartirai?
… Come stai? … Come state? … Che fai al paese? … Visto il casino successo? … E la bomba che ha centrato palazzo e magazzino? …”Ah! appena possibile il papà ne aprirà un’altro? … Noi siamo in condizioni che non puoi figurarti, beati voi che vi trovate nelle Marche”…
Così si avviò un colloquio che toccò un po’ il remoto, passato e recente. Poi fu Lino a entrare in alcuni dettagli.
… “Frà, Mi hanno detto di te, ma che c..zo ci fai a Roma coi nazi, sei ammattito?... Ah!, ti sei offerto alla Repubblica e per cause strane sei finito nei servizi di sussistenza Whermacht? … per via dello sbarco a Nettuno? … Ma è una pazzeria ugualmente! … Poi sai, ehm, nelle Marche oggi mio padre, come dirlo, comanda un nucleo della resistenza, insomma partigiani, della sua parte ovviamente, comunisti … Ah, non ti meravigli, però ce n’è un’altra Frà … i tempi sono cambiati, tutto è cambiato, anche nelle Marche fascisti e tedeschi hanno fatto puttanate e, a parte mio padre, c’è una cosa che riguarda me … Tu bene o male, anzi malissimo, stai coi crucchi, mio padre ha ritrovato il suo Stalin e, insomma, sono partigiano anch’io … Non coi comunisti però, quelli mi stanno sulle palle e mio padre lo sa … sono con un piccolo gruppo dei repubblicani di Pacciardi, nelle Marche ce ne sono e, se vuoi sorridere ma non è il caso, sono caposquadra come negli avanguardisti … In zona c’è qualcuno comandato addirittura da ufficiali del Re e pochi altri che parlano dei fratelli Rosselli quelli accoppati in Francia, si dicono Giustizia e Libertà. Chi saranno? Boh! … Insomma un gran casino per tutti col Duce, Graziani, Borghese, Kesselring e altri e un gran casino per noi coi fazzoletti al collo rossi, verdi e magari bianchi per qualche banda democrista, insomma la bandiera italiana … Da noi però con la resistenza non c’è stato molto da fare, anche se qualcosa è avvenuta, al nord invece è tutt’altro discorso …
Cenammo con poco dalla nonna poi dovetti rientrare nella caserma in via Nomentana e Lino si approntò per partire il mattino successivo. In chiusura dell’incontro, assieme all’impegno di non guastarci l’amicizia e rivederci in momenti migliori, egli ebbe a dirmi: …”Fai attenzione Frà, le cose si sono messe male, fra sei mesi è tutto finito e scordati che i tuoi e i crucchi possano vincere. Sarà dura per tutti Frà, l’Italia, già in pezzi, lo sarà definitivamente e non si risolleverà per almeno mezzo secolo, e poi si scateneranno feroci le vendette di tutti contro tutti, oltre per coloro che hanno collaborato con fascisti e tedeschi, stai attento, non farti illusioni, se puoi sganciati e magari sparisci per un po’ … Peccato però di non trovarci assieme, dalla stessa parte” …
Salvo i mesi di fine guerra che non furono sei, ma almeno il doppio, tutto si verificò come previsto e non lo affronto, l’ho fatto in altri inserti. Però delle due cose che mi disse Lino su una aveva torto, sull’altra ragione.
Aveva torto nel dire che l’Italia non si sarebbe risollevata per mezzo secolo quando, in pochi anni, mercè il lavoro della generazione di prima, già fascista o non fascista, l’Italia venne rimessa in piedi.
Sull’altra degli odi, rancori, vendette ed eliminazioni le ragioni l’aveva in toto. Tutto ciò si scatenò in maniera incontrollabile, irrefrenabile e, oltre una miriade di italiani scomodi per idee, beni, terre cultura, ci saranno stuoli di fascisti e pseudo fascisti che finiranno accoppati in malo modo partendo dall’Emilia-Toscana in su.
Gli accertati dovrebbero essere cinquantamila ma si ipotizza che all’appello ne manchino almeno duecentomila.
Di quella sera, dopo che egli partì, ne verrà che io restai inorridito nel confrontare con me il Lino partigiano, padre idem, coi fazzoletti rossi e verdi, non più gli azzurri della GIL, e Lino inorridito altrettanto, forse di più, vedendomi coi miei indumenti crucchi, non da combattimento ma da lavoro. Però alla fin fine ci volevamo bene e seguitammo a volercene finché, Panta Rei, tutto finisce, male per me e noi RSI, sempre male, per Lino e i suoi.
La famiglia tornerà presto a Roma, la ditta riaprirà, si affermerà, diverrà una delle maggiori odierne, di cui evito il nome, ma il papà ormai non c’era più. Feci il loro rappresentante assieme a Lino per alcuni anni, come fossimo fratelli tali ai tempi della GIL. Il padre poi, nella sua attività olearia nell’empireo dovette dire …”Chi meglio del mio Lino, alias Natale, alias Natalino, potrebbe darmi una mano? ... Così eccoli assieme e magari loro da lassù mi avranno riservato una rappresentanza della loro società, il più tardi possibile ovviamente
C’è poi che di recente, in un grande Centro Commerciale Romano, notai una promozione dell’olio del mio amico. Era una giornata importante e stavano allestendo uno Stand pubblicitario. Osservo e noto un signore sui quaranta-cinquanta che da qualche riferimento, sia pur labile, poteva essere uno della loro famiglia. Così infatti era, si trattava di un nipote che oggi conduce l’azienda, ignoro se solo o con altri. Ci parlo pochi minuti ed egli mi ascolta, forse per curiosità e cortesia, e poi afferma: … Si, mio nonno che ci rompeva con i partigiani e i suoi comunisti (evidente lui non lo fosse), ma che balle guardi, non gli dava più retta nessuno. E anche mio zio (Lino) a romperci con cose che non ci hanno interessato allora e tanto meno oggi. Mi fa piacere comunque che lei li abbia conosciuti e abbia collaborato con la ditta, se vuole mi venga a trovare in ufficio, sa dov’è, e mi permetta di offrirle una confezione del nostro olio migliore (una lattina da cinque litri, un pò il lattone di tanti anni orsono).
Ne deduco che i miei tempi, i nostri, interessino ormai a pochi o nessuno, Lino, papà di Lino e me compresi, figuriamoci per il quanto di positivo svolto dal Duce. Del negativo no, quello se lo ricordano tutti, magari artefatto e ingigantito. Sia ciò di ammonimento per i politici d’oggi .

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auroraageno
00martedì 22 dicembre 2009 09:56

Sei veramente colmo di ricordi, tutti ben freschi e vivi nella tua memoria!

Grazie di parteciparli anche ad altri... E' sempre interessante leggere l'esperienza personale e storica.

Un caro saluto

aurora

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