DIARIO DI UN CURATO DI CAMPAGNA di GEORGES BERNANOS – 1888/1948

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il Poeta 1
00venerdì 28 agosto 2009 22:03


DIARIO DI UN CURATO DI CAMPAGNA di GEORGES BERNANOS – 1888/1948

- La mia parrocchia assomiglia alle altre, la noia la fa da padrone e non possiamo farci niente; il bene e il male deve equilibrarsi; senonché, il centro di gravità è collocato in basso...
Quel villaggio dalle parti di Saint-Vaast, così ammucchiato, tanto miserabile sotto l'odioso cielo di novembre... sembrava essersi addormentato là, nell'erba ruscellante, come una povera bestia stracca... Era la mia parrocchia, ma io non potevo far nulla per essa; la guardavo affondare tristemente nella notte, scomparire...-
- Una parrocchia è forzatamente sporca. Una cristianità è ancora più sporca. Aspettate il grande giorno del Giudizio, e vedrete quel che gli angeli dovranno tirar via dai monasteri più santi, a palate “che vendemmia!”-

- Giuda era il banchiere dei dodici... “Nostro Signore” conosceva benissimo il potere del denaro e ha fatto accanto a sé un posticino al capitalismo: “S.P.A Vaticano”...
Certo, l'uomo è dappertutto il nemico di se stesso... il male dovunque buttato, germina quasi sicuramente...-
- Ricordo una frase del signor curato di Torcy: < Non sei fatto per la guerra d'usura> e qui è proprio guerra d'usura!
Non ho perduto la fede, perché Dio s'è degnato custodirmi dall'impurità...-



- Un filosofo comodamente assiso nella propria biblioteca avrà naturalmente in proposito un'opinione diversa da quella d'un prete di campagna...
La città antica è morta, è morta come i suoi dei. E gli dei protettori della città moderna, li conosciamo, pranzano in città e si chiamano banchieri... in Occidente non c'è posto né per la patria né per il soldato; e le vostre indegne compiacenze presto avranno finito per lasciar disonorare l'una e l'altro!-

-Al mio letto di morte non vorrei altro curato che voi. E m'ha baciato, al modo dei bambini, sulle due gote.
- Nel nostro ambiente si ripete volentieri: < Non bisogna cercar di capire>...
- Prima che avesse terminato la sua frase, io non ero già più che un morto tra i vivi.

Libro scorrevole, attuale ancor oggi che fa riflettere e Amare la vocazione d'AMORE...

Lorenzo Pontiggia
il Poeta 1
00sabato 29 agosto 2009 11:04
Devo dire che avevo iniziato a leggerlo anni fa poi non ricordo perchè lo interruppi, ma è uno di quei libretti grigi della BUR che tengo in scaffale insieme a molti altri citati dal nostro suggeritore letterario e sono tutti buoni suggerimenti. Naturalmente accade per i cosiddetti classici che sono libri di cui si parla spesso senza averli letti ( ad es. il celeberrimo Castello di Kafka) e confesso che pur essendo vorace lettore alcuni li conosco solo per titolo e magari li ho pure in libreria da anni.
Mi sembra che su questo forum in parallelo il "poeta" ed io, senza conoscerci nè metterci d'accordo, ci siamo messi a parlare di una serie di libri che hanno fatto il novecento, secolo che ho vissuto e dove mi ci trovavo bene, assai meglio che in questo duemila caratterizzato da un pensiero tecnologico o come direbbe Heidegger un pensiero calcolante che non mi appartiene.
Sono cresciuto con un'anima di carta, imparando i sentimenti sui libri prima ancora che nelle esperienze di vita e questo forse manca oggi alle giovani generazioni e non vorrei generalizzare ma considero la vera cultura non quella cinematografica o musicale ma quella umanistica.
Dunque complimenti al "poeta" che ci invita a (ri)leggere alcuni testi fondamentali come questo Bernanos ( e dico il libro non il film di Bresson pur bello) che insegna il dolore, la fede, la solitudine fino al termine quando il curato-fanciullo muore, lontano dalla parrocchia in casa di un amico, sacerdote spretato, anch’egli lambito dalla morte (che grazie a lui si riconcilia forse con Dio), al quale dice le sue ultime sublimi parole: «Che cosa importa? Tutto è grazia.».
Ecco a me amante del mondo greco, viene da fare un parallelo tra la visione cristiana della sofferenza e qualla classica: per l'uomo cristiano la sofferenze è salvezza ed in questo c'è una speranza futura (criticamente Kant dice che i cristiani non sono etici perchè se fanno il bene lo fanno per guadagnare qualcosa) mentre per i greci la vita è solo questa, non altra; tutto è regolato da una natura che ubbidisce alla regola della "necessità" (ananke) , una natura di una innocente crudeltà che non punisce per qualche colpa o per guadagnarsi il paradiso e dunque insegna ad accettare la sofferenza in quanto appartiene alla legge di natura, la sofferenza si "sopporta" e ci si astiene da atteggiamenti sia eroici sia di lamentazione sempre con quella giusta misura (katametròn) che è uno di quegli insegnamenti "classici" di cui dovremmo ricordarci, noi uomini mediterranei.
Bene, ora vado a prendere Bernanos, tolgo la polvere e forse questa volta lo leggo tutto.

Zio Fred
auroraageno
00domenica 30 agosto 2009 08:19

Dev'essere proprio un bel libro..!

Grazie di cuore, Lorenzo!

Felice Domenica nell'Amore..!

aurora

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