dei Poeti in tempo di Povertà
Il linguaggio è la casa dell'essere,
nella sua dimora abita l'uomo.
I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora.
Holderlin
Chi sarebbero mai questi pensatori? e questi poeti? Perché non ci vengono indicati dei nomi? E infine: chi può pronunciare davvero quelle proposizioni? Soltanto un uomo che si sia definitivamente appropriato dell'essenza storica del pensare e del poetare. Ma noi, qui ed ora, possiamo divenire capaci di tanto? Ma ammesso che anche ciò sia possibile, a cosa potrebbe mai servire? Si tratta in ogni caso di una "visione" che sembra andare definitivamente e misteriosamente contro il senso e le autentiche urgenze della nostra epoca di questo tempo di povertà, come lo chiama Holderlin, il quale, appunto, nella settima strofa del Brot und Wein (Pane e Vino), avvertendo la verità del nostro smarrimento, canta:
Ma intanto spesso mi chiedo
Se non sia meglio dormire che starsene così, senza compagni,
in attesa, e non so che fare intanto
e che dire, e perché dei poeti in tempo di povertà?
I poeti custodi della dimora sono pochissimi. Ciò non inorgoglisce nessuno. L'essere senza compagni fa male. Attraverso di loro, la parola rimane espressamente parola, madre di altra parola, figlia-madre di un tempo del destino. Perciò in essa ogni originalità è abbandonata, sono soppressi gli stili, le invenzioni, i gusti, gli autocompiacimenti, le ossessioni
La parola che custodisce è semplice, sebbene la si colga difficilmente e lentamente.
G. Zaccaria -
L'etica originaria