Due secoli di Storia.

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florentia89
00domenica 29 marzo 2009 15:23
Prosegue il mio dire sull'Unità d'Italia
Secondo me Due secoli di storia

Dopo quanto dissi delle esperienze che ebbi con mio padre e il nonno paterno, sono stato invitato a parlare nuovamente di storia recente e esprimere meglio il pensiero dando, se possibile, qualche ragguaglio in più.
Affronto così di nuovo una panoramica degli ultimi due secoli, di cui più di settanta anni di essi con me presente (salto la primissima infanzia), mentre per gli altri come li appresi in diretta dai miei, a cui si aggiungeva quanto riportato loro dai miei bis e tris nonni, dei quali alcuni ebbero vita longeva.
Infatti fra la mia esperienza, quella paterna, del nonno, degli avi, sono giunto a stabilire un punto di avvio abbastanza certo sulla conoscenza esistenziale di famiglia, databile agli inizi del 1800, grazie per l’appunto a me, ai ricordi di famiglia, e quelli che il nonno conservava. Un bel traguardo.
Analoga panoramica l’ho tentata con l’altra metà di me stesso, quella della parentela numerosa umbra e materna. Questi due secoli di ambo le parti li considero non asettici e non lontani, bensì un po’ cronaca, un po’ storia vicina, sentita, partecipata. Infatti per i miei anni di “diretta” (comincerò a ricordare qualcosa di concreto dai cinque-sei anni, prima sarebbe ridicolo) considero il periodo sempre aperto, quindi da inquadrare più come cronaca epocale. Per i precedenti del secolo scorso siamo però nella storia vera.
Non è poco abbia potuto indietreggiare cognitivamente di tanto, è stato difficile ma non impossibile, occorre ci siano un padre, madre, nonni di menti buone, disponibili a colloquiare, a fare marcia indietro nella vita, e figli e nipoti curiosi, disposti a collaborare, armati di pazienza.
Mio nonno paterno diceva risultargli che nella campagna napoleonica di Russia, alla quale aveva partecipato un suo nonno, forse bisnonno, giovane volontario, era normale per le truppe del generale Kutuzov fucilare i prigionieri francesi, o chi per loro, o eliminarli lasciandoli all’addiaccio a trenta gradi sotto zero. Quanto al far fuori i prigionieri anche i francesi non scherzavano, quindi entrambi si comportarono con la barbarie di sempre, anche odierna. Mi parlò della ritirata e del rientro dei reparti, che si suddivisero per nazionalità poi, man mano che il rientro si concretava, per regioni, provincie, città. Pare che il mio tris o quater nonno sia rientrato ad Anagni accodandosi ad un gruppo di reduci campani, vivendo in questo ritorno di sotterfugi, ruberie, animali abbattuti, donne prese senza consenso. Insomma, guarda caso, nessuna novità rispetto i tempi attuali.
E che dire della difesa di Roma, ai tempi di Mentana, vista dalla parte di Pio IX? Ci partecipò sicuramente un mio bisnonno.
Garibaldi veniva chiamato “Garibaldo”, “brigante”, e quando si pronunciava il suo nome non erano pochi quelli che si facevano il segno della croce, come fosse il demonio. Disse il nonno che il governo pontificio, per affrontare le matterie di Garibaldi, ebbe informazioni proprio dai sabaudi, che non vedevano bene la Repubblica romana di Mazzini, Armellini, dei facinorosi in camicia rossa, anticipanti i partigiani di un secolo dopo.
E poi i Francesi di Oudinot, con la loro arma segreta, il fucile a retrocarica Chassepot, che fece pensare avresse impedito ogni guerra futura pena la distruzione dell’umanità. Accennava il nonno che nella casa di Anagni girava, in tempi non arcaici, qualche cimelio di allora, un cappello garibaldino, una giacca pontificia, un copricapo dell’Armée, tutti spariti quando decise di trasferirsi nella Roma capitale del regno, non più della chiesa.
E il Papa Pio IX che emanò, primo fra gli altri italici, un atto strano chiamato “Costituzione”, che in Anagni generò entusiasmo, pur se pochi sapevano si e no cosa fosse, coi preti poi per i quali era opera del diavolo, pur se fatta dal Papa. Poi mio nonno parlava di un parente andato nel 1848 con le truppe pontificie ad aiutare Carlo Alberto nella guerra d’indipendenza, dalla quale avrebbe dovuto sorgere un regno del nord (furono 17.000, niente male per lo Stato della Chiesa). E che dire della disperazione, sua e di molti, quando Roma fu tolta al Papa? Lui aveva meno di dieci anni ma l’evento fu così scioccante da ricordarlo nei dettagli che coinvolserol’Anagni papalina e la provincia tutta. I preti, furiosi, negavano sacramenti, matrimoni, funerali, a chi simpatizzasse per il re. Ci volle il Papa per far cessare ciò.
Poi il difficile avvio del nuovo regno, tasse strane e gabellieri odiosi, la coscrizione obbligatoria di due-tre, anche quattro anni, che toglieva braccia alle campagne, lo scatenamento anticlericale, col sequestro di conventi, monasteri, istituti, scuole religiose, e una miriade di suorine che rientrarono spaventate in un mondo considerato ormai preda di Satana.
Mio nonno mi parlava ora in diretta, non più per cose riportate.
Le nostre mire in Abissinia, come se ci fossero mancati i problemi in casa; Baratieri, Galliano, Massaia, altri, che causarono danni a non finire, con soldati nostri e indigeni uccisi, prigionieri, mutilati.
Ad Adua ci morì un suo parente, non so chi, che le donnine di casa pensavano addirittura mangiato da quei cannibali dei neri.
Poi sulla fine del 1800 ecco lo scandalo della Banca Romana, da far impallidire gli odierni, che per il nuovo regno era pari al crollo di Wall Street di trenta anni dopo e alla crisi odierna del duemilanove. Un mare di gente ci si rovinò. I miei ci rimisero un sacco di soldi. Il figlio del fondatore del Pastificio Pantanella, ove ci finirò con la sussistenza tedesca nel 1944 e poi lavorerò per 25 anni, cioè il signor Pantanella junior, rovinato dal crack, si suiciderà sparandosi un colpo in testa. Iniziò infine una emigrazione selvaggia verso USA, Brasile, Argentina, Venezuela, america in genere.
Con la differenza, rispetto oggi, che noi, pur trattati peggio degli extracomunitari di oggi, entravamo in paesi da popolamento, di tipo occidentale, con maggioranze presenti anglosassoni, iberiche, lusitane.
Gli emigranti avevano l’odioso passaporto giallo, il passaporto “canarino”, che consentiva la partenza ma escludeva il ritorno.
E la tassa sul macinato, che mio nonno ben conosceva gestendo un piccolo molino a pietra. Ricordava quando vennero i finanzieri e misero il contagiri alla macina. Questa tassa e altre minorità generarono la rivolta milanese per fame, risolta dal generale Bava Beccaris a cannonate.
Da questa sommossa ne verrà il regicidio di Umberto I, ammazzato a Monza da Bresci, nonché l’arrivo di un nuovo re piccolino, rachitico, che era in viaggio di nozze con una moglie slava alta un paio di palmi più di lui (gli Aosta li chiameranno Curtatone e Montanara). Mio nonno, già papalino, accettò i Savoia sia per legalità, sia perché l’altezza del re, mi pare m. 1,55 circa, era la stessa sua, quindi gli passerà ogni complesso di inferiorità e farà anche il militare, che col Papa non avrebbe assolto in quanto, a parte che la coscrizione era volontaria, i limiti dell’altezza per l’arruolamento erano superiori di poco. A seguire, mentre l’emigrazione non rallentava,i nuovi padroni d’Italia pensarono di rompere le scatole ai Turchi invadendo la Libia, allora veramente uno scatolone di sabbia. Seguiranno in loco venti anni di guerra e guerriglia perché potessimo controllarla decentemente.
Ci vollero il Duce e Balbo per pacificarla, e mai del tutto, specie dopo che Graziani l’aveva fatto alla militare, con fucilati, impiccati, deportati.
Mio nonno mi parlava degli anarchici, che mi figuravo truculenti e incappucciati, oltre della mano nera, dei massoni, degli scontri fra repubblicani, socialisti, guardie regie, di scioperi, di povertà immensa.
Qui il nonno smetteva e cominciava mio padre. La sua specialità era la guerra 1915-18 e il primo fascismo. Io non sapevo che nel 1914 eravamo alleati dei tedeschi e austriaci e nel 1915 ci schiereremo contro di essi.
E poi la guerra, il piemontese generale Raffaele Cadorna, figlio del Cadorna della presa di Roma, e padre del Cadorna CLN 1945, getterà il nostro esercito in azioni sanguinose, già arretrate quando i prussiani vinsero la Francia. Poi tutto crollò con Caporetto e Cadorna ne affibbiò la colpa ai fanti infidi, sempre pronto però ad assegnarsi i meriti di quanto andato a buon fine. Per fortuna il re e il comando Alleato ne decisero la sostituzione col napoletano Armando Diaz, il quale in seguito entrerà pure nel governo del Duce. Mio padre mi parlava, e mostrava foto di monti che saltarono con mine sotterranee, della sua scuola sciatori, di quando una granata scoppiò nelle vicinanze e lui che, sbalzato in aria, si ruppe una gamba più qualche costola. Così finirà la sua guerra in quanto, alla dimissione dall’ospedale militare, verrà trasferito a Milano in una fabbrica di proiettili.
Mi mostrava un grosso cipolline Roskoff ammaccato, diceva che una pietra dell’esplosione l’aveva colpito e l’orologio l’avesse in parte protetto. Chiaro, fosse stata una scheggia l’avrebbe ammazzato. In sostituzione comperò un Eberarth-Longines che mi lascerà molti anni dopo.
Mi disse di fucilazioni e decimazioni per soldati e reparti non entusiasti del farsi ammazzare nelle carneficine di Cadorna, poi di Trento, Trieste, Fiume, del difficile dopoguerra, con combattenti offesi, bastonati; dello sciopero generale quando i “borghesi” si misero a spazzare strade e guidare tram, organizzati da un qualcosa chiamato Fascio. Infine il 1922, la marcia su Roma, gli scontri avvenuti nel quartiere ove nacqui, San Lorenzo, che rimarrà un luogo di violenza più rossa che nera, caso forse unico a Roma.
Proseguiva con votazioni plebiscitarie, lista unica, un deputato socialista ammazzato non si sa da chi (si sapeva, si sapeva), della Carta del Lavoro, della pensione che avrebbe preso da vecchio (a sessanta anni) della bonifica Pontina e poi basta, il seguito è mio, ne ho trattato.
Ebbene, questi due secoli che ho nella mente come sono stati trattati nei libri di storia, specie dei figli e nipoti? con poche fredde righe, al massimo una-due paginette. Come possono gli studenti interessarsi a questi eventi vivi, ancora coinvolgenti, se sono poi esposti da far sbadigliare chiunque e dormire chi soffre di insonnia? Si sono creati mostri sacri, Vittorio Emanuele Secondo e Terzo, Garibaldi, Cavour, la resistenza, i partigiani, l’antifascismo, ignorando gli eccidi di casa nostra e da parte degli slavi, le vigliaccate subite nei vari dopoguerra sia dalle popolazioni del sud, dopo il 1860, sia dai reduci del 1918 e dai fascisti e pseudo-fascisti dopo il 1945.
Mai che si parli dei brigatisti supportati dai rossi, che li definirono compagni che sbagliano, affermando:“noi né con lo Stato né contro lo Stato”.
Mi dispiace ma la storia ufficiale è ben diversa da quella che ho in me.
La stessa ricerca l’ho estesa ai nonni di Perugia, e anche quì ne è venuta una panoramica interessante, opposta però alla romana. Infatti non ho trovato più papalini, ma repubblicani accaniti, mazziniani, garibaldini, carbonari, camice rosse dei tempi andati, camice nere per quelli del Duce.
Essi ricordavano, come fosse ieri, quando in un certo Corso e Porta di Perugia il sangue corse a fiumi a seguito dell’attacco papale alla città ribelle.
La ricerca l’ho allargata oltre che ai nonni anche agli altri parenti Perugini, compresi un paio di zii che nel 1914, quando eravamo alleati di austriaci e tedeschi, andarono volontari nella Legione garibaldina a difendere Parigi. Pure qui ho trovato estremismo da camice rosse e soprattutto nere, del fascismo duro, ruspante, da non discutere, che nella Marcia su Roma ebbe uno dei quartieri Generali proprio a Perugia, nell’Hotel Baglioni in Corso Vannucci. E che dire delle squadre fasciste nelle quali militarono i miei sfegatati parenti? Insomma nella terra di mia madre trovavo solo estremisti in qualsiasi parte militassero o colore sfoggiassero.
Caratteristica che poco è cambiata nel tempo, ancor oggi le loro amministrazioni comunali sono talmente rosse che più non si può.
A parte queste note su persone e zone gli eventi da loro ricordati erano più o meno gli stessi evidenziati nel filone romano, solo visti dall’altra “parte”.
Così oltre gli zii camice rosse in Francia ci sarà qualche garibaldino a Mentana e un altro, non ben definito come parentela, che andrà coi mille di Garibaldi. Il padre di mio nonno poi partecipò alla presa di Roma e alla breccia di Porta Pia, con le truppe di Raffaele Cadorna e Nino Bixio.
Duce, so che anche tu eri uno storico attento, che interpretavi la storia passata e recente, ma quanto è stato applicato nelle scuole del dopo Gentile è obbrobrioso. Siamo al dileggio, soppressione di troppe realtà, alterazioni, falsificazioni, coloriture ad arte, specie se si tratti della tua e nostra epoca.
Di figure eccelse ce ne saranno pur state, in tutte le parti e in tutti i tempi, ma la tua linea innovativa, non convenzionale, resta unica Se accostamento con te possa esserci io lo vedo in certa misura con Napoleone primo il quale, grazie al trisnonno paterno, considero figura non passata, come fosse di oggi.
Duce, il tuo ricordo e affermazione storica torneranno, io l’attendo.


Francesco Mancini
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auroraageno
00lunedì 30 marzo 2009 09:31
Sei un grande storico. Ammirevole!

Grazie di cuore Francesco!

Un affettuoso saluto

aurora


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