Friedrich Hölderlin

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ormedelcaos
00sabato 8 dicembre 2007 11:03


L’11 settembre 1807, a seguito di una nuova crisi, Hölderlin viene ricoverato nella clinica psichiatrica del professor Ferdinand Autenrieth a Tubinga, ma le sue condizioni non migliorano. Viene allora affidato nell'autunno del 1807 alla famiglia del falegname Ernst Zimmer, uomo di buona cultura che aveva anche letto il suo romanzo Hyperion: il poeta occupa una stanza all'ultimo piano, nel retro a forma circolare della casa dello Zimmer, e per questo motivo chiamata "la torre": ha una vista bellissima del fiume Neckar e della sua valle. Qui Hölderlin trascorrerà tutti gli ultimi trentasei anni della sua vita.



La sua figura di poeta folle comincia ad assumere contorni mitici e molti vengono a fargli visita. Fra di essi è lo studente Wilhelm Waiblinger che scriverà qualche anno dopo il saggio Vita, poesia e follia di Hölderlin, pubblicato postumo nel 1831.

«Si esita dubbiosi prima di bussare a quella porta, dominati da un interiore inquietudine; infine si bussa e una voce forte e veemente invita ad entrare. Si entra e al centro della stanza appare una magra figura che si inchina profondamente e si produce in complimenti eccessivi, con gesti che sarebbero pieni di grazia se non esprimessero un che di spasmodico. Le poche espressioni di circostanza vengono accolte con le più cortesi riverenze e con discorsi del tutto privi di senso, che sconcertano l’estraneo. L’estraneo si sente apostrofare "Sua Maestà", "Sua Santità", "Gentile signor Padre".


A volte Hölderlin si sedeva di fronte alla finestra aperta e magnificava il panorama con parole comprensibili. Notai anche che quando era immerso nella natura, aveva un rapporto sereno con se stesso [...] In un modo o nell’altro, a meno che non si trovasse in uno stato di completa apatia, egli era perennemente occupato con se stesso, ma se un visitatore andava a trovarlo, le circostanze più fortuite potevano renderlo chiuso e inaccessibile. Quando è stimolato da ricordi dolorosi, cerca con amarezza di ridurre la sua stanzetta, che per lui è l’intero mondo, a uno spazio ancora più limitato, come se così si sentisse più sicuro, meno inquieto, e potesse sopportare meglio il dolore. Allora si mette a letto».


Nel febbraio 1828 muore sua madre, che non visitò mai il figlio; dieci anni dopo muore Ernst Zimmer e del poeta si prende cura la figlia Lotte. Hölderlin comincia a firmare con il nome di "Scardanelli" le sue poesie, apponendovi date fantasiose. Il 18 aprile 1843, in un saggio di Gustav Schwab, Hölderlin viene considerato tra i maggiori poeti tedeschi; poche settimane dopo, 12 maggio 1843, muore la sua prima anfitriona, Charlotte von Kalb.

Nei primi giorni del giugno 1843 scrive la sua ultima poesia, La veduta, firmata Scardanelli e datata 24 marzo 1671:

« Riluce il giorno aperto agli uomini d'immagini,
quando traspare il verde dai più lontani piani,
ed al tramonto inclini la luce della sera,
bagliori delicati fan mite il nuovo giorno.
Appare spesso un mondo chiuso ed annuvolato
dubbioso interno all'uomo, il senso più crucciato,
la splendida natura i giorni rasserena,
sta la domanda oscura del dubbio più lontana
»


Malato di polmonite, alle 23 del 7 giugno Hölderlin muore.



ormedelcaos
00sabato 8 dicembre 2007 11:11
Da quando siamo un colloquio



Molto ha esperito l’uomo.
Molti Celesti ha nominato,
Da quando siamo un colloquio
E possiamo ascoltarci l’un l’altro
.

Holderlin





Il linguaggio è un possesso dell’uomo. Egli ne dispone per poter partecipare agli altri esperienze, decisioni e stati d’animo. Il linguaggio serve per intendersi. ..Ma (la sua) essenza…non si esaurisce nel suo essere mezzo per intendersi… Il linguaggio non è solo uno strumento che l’uomo possiede accanto a tanti altri…. Il linguaggio è un Bene in un senso più originario. Esso concede il benestare – e questo significa: esso è la garanzia che l’uomo possa essere un ente storico, ossia aperto ad un destino.
…Ciò che altrimenti intendiamo con “linguaggio” è “lingua”, cioè un fondo di termini e di regole per la loro connessione, è solo un suo aspetto esteriore. Ma che significa allora un “colloquio”? Evidentemente, il parlare insieme di qualcosa. E’ in tal modo che il parlare rende possibile l’incontro. Ma Holderlin dice: da quando siamo un colloquio e possiamo ascoltarci l’un l’altro. Il poter ascoltare non è una conseguenza del parlare-insieme, ma ne è piuttosto, al contrario, il presupposto. Ma anche il poter-ascoltare è in sé, a sua volta, orientato in relazione alla possibilità della parola, e di essa ha bisogno. Poter-discorrere e poter-ascoltare sono cooriginari. Noi siamo un colloquio, e questo vuol dire: possiamo ascoltarci l’un l’altro. Noi siamo un colloquio, il che significa al contempo e di volta in volta: noi siamo un solo colloquio…


Heidegger


ormedelcaos
00sabato 8 dicembre 2007 11:20
Preghiera di perdono



O sacro essere! turbato ho l’aurea
Tua divina quiete, e del più occulto,
Più cupo dolore della vita
Molto appreso hai tu da me.

Dimentica, perdona! Come le nuvole
Davanti alla placida luna io passo, e a splendere
Tu tranquilla riprendi
Di tua bellezza, o dolce luce!




ormedelcaos
00sabato 8 dicembre 2007 11:24
dei poeti in tempo di povertà



Il linguaggio è la casa dell’essere,
nella sua dimora abita l’uomo.
I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora.

…Ma intanto spesso mi chiedo
Se non sia meglio dormire che starsene così, senza compagni,
in attesa, e non so che fare intanto
e che dire, e perché dei poeti in tempo di povertà?






ormedelcaos
00mercoledì 12 dicembre 2007 14:32




Ma a noi
Non è dato trovare luogo in nessun luogo.
Soffrendo, gli uomini passano,
Cadono alla cieca da un’ora all’altra,
Come acqua gettata da scoglio a scoglio,
Per anni, giù nell’Incerto.


Holderlin






Ciò significa due cose. Da un lato, che ogni cosa dipende dal cammino, e cioè dal fatto di trovarlo e di restare su di esso, vale a dire del sapersi “mantenere in cammino”.
I cammini del pensiero della localizzazione hanno di caratteristico il fatto che, mantenendoci in cammino su di essi, siamo più vicini al luogo di quando ci mettiamo in testa di esservi già giunti per insediarci in esso; il luogo, infatti, è nella sua essenza, del tutto diverso da un sito o da una semplice posizione nello spazio. Ciò che noi chiamiamo luogo [nel nostro caso il luogo d’origine dell’ethos] (…) è ciò che raccoglie in sé l’essenziale di una cosa.
Tutto sta nel cammino – significa dall’altro lato: tutto ciò che bisogna scorgere si mostra sempre e soltanto cammin facendo. Ciò che va scorto sta nel cammino. Entro il campo di visione che il cammino schiude, e attraverso cui conduce, si raccoglie ciò che, dal cammino è, di volta in volta, visibile.


Heidegger





ormedelcaos
00mercoledì 12 dicembre 2007 14:40


Ernest Zimmer alla madre di Holderlin, 2 marzo 1813









Illustrissima Signora Consigliera,
Vi prego di perdonarmi se rispondo solo adesso al Vostro scritto, comunque abbiamo ricevuto tutto giusto, soldi e biancheria, e per i regali che ci avete spedito assieme Vi ringraziamo di cuore, benché a noi dispiaccia di cuore che Voi facciate sempre spese ancora più grandi del necessario, che tanto noi siamo certo contenti anche senza di questo.
Holderlin è davvero bravo e sempre molto allegro. I fornelli della pipa, che avete avuto la bontà di mandare, lo hanno fatto contento. Li ha riconosciuti subito e ha detto: “Li ho comprati a Francoforte”. Poi ha aggiunto: “A Francoforte ho speso molti soldi, ma durante i miei viaggi non ne ho spesi tanti”. Succeda quel che succeda. Voi potete essere sicura di noi, che in ogni caso ci prendiamo cura del Vostro amato figlio. Le sue calze non sono ancora così strappate da essere necessario rifarle. Non saprei neanche di cos’altro avrebbe bisogno.
I miei omaggi alla Signora Professoressa.

Rimango sempre il Vostro fedele servitore
Ernest Zimmer

Ho chiesto a Holderlin se vuole scriverVi qualcosa anche lui, ma pare non ne abbia voglia.







In realtà Holderlin scriverà queste righe sul retro della lettera: “Il signor Zimmer mi consente di aggiungere i miei saluti. Mi raccomando alla Vostra gentile memoria. Se poteste, carissima madre, farmi di nuovo felice con una lettera, un cuore grato sarebbe pronto ad accoglierla”.





auroraageno
00giovedì 13 dicembre 2007 09:19
Non ho parole per ringraziarti di questo tuo post, Walter!

Non conoscevo questo grandissimo poeta e pensatore.

Sono profondamente commossa della sua tragica vita: la sua malattia,
la sua estrema sensibilità; penso alla solitudine, alla madre che non
andò mai a trovare quel figlio ammalato; certamente le sarà stato penoso...
si interessò a lui, a quanto leggo qui sopra, provvide al suo necessario,
ma non fu capace di dargli la sua vicinanza, la consolazione della sua
presenza reale...

Grande uomo. Sofferente e nella sua sofferenza, così acuto e profondo!

Grazie con tutto il cuore, Walter..!

aurora

auroraageno
00venerdì 14 dicembre 2007 09:26
Un piccolo contributo

Questo grande poeta, tormentato dalla sua malattia e dalla sofferenza nella sua vita, ha scritto,
nella sua grande produzione letteraria, anche le seguenti poesie, qui riportate.

_______________________



Nel 1835 Hölderlin scrive una poesia su se stesso, dalla quale si comprende che è consapevole del suo stato mentale:


“Non tutti i giorni al meglio son per quello
che tornar brama alle ore liete in cui
era da amici amato dove gli uomini
sul giovane vegliavano benigni.”


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Alcune poesie, come già detto sopra da ormedelcaos (il caro Walter), hanno la firma Scardanelli e anche date alquanto improbabili; la seguente è del 1841, ma il poeta la data al 1778:


“Quando là cede il fior di primavera,
ecco l’estate aggirarsi per l’anno,
e come scorre il rio giù nella valle,
così il fulgor del monte è attorno effuso.
Campo che appar massimamente fulgido
È come il giorno che al tramonto inclina:
l’anno fugge e così fan l’ore estive
e di natura all’uom svanite immagini”


24 Maggio 1778 Scardanelli.




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