I QUARANTA GIORNI DEL MUSSA DAGH di Franz Werfel

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il Poeta 1
00lunedì 7 dicembre 2009 16:58
I QUARANTA GIORNI DEL MUSSA DAGH di Franz Werfel

Non si può dimenticare che lo stato turco ignori e occulti la nefandezza del genocidio del popolo armeno di circa due milioni di persone avvenuto nel 1915.
Ultimamente i fratelli Taviani, registi, traggono dal libro di Antonia Arslan, “La masseria delle allodole” d'aver il pregio di rendere palese la tragedia degli Armeni...

Gabriele Bagradian è ufficiale ottomano di riserva; dopo ventitré anni d'Europa, di Parigi, rientra portandosi Giuliette e il figlio Stefano.
Vuol vivere in villa a Yoghonoluk, dove è nato e rimasto fino all'adolescenza, ma il governo turco ritira il passaporto a tutti i notabili del paese...

< Vede dunque, lei è militare, pressapoco in stato di congedo. Quindi un teckere per lei non ha alcuna importanza>.
< Ma mia moglie e mio figlio...>
Gabriele ebbe per la prima volta la sensazione soffocante di essere in trappola!...
Prima di offendere il Kaimakan avrebbe dovuto pensare a Giulietta e a Stefano. Ciò nonostante non era del tutto malcontento di sé: < Quei traditori, quegli atei, che distruggono il regno di Dio solo per arrivare loro al potere e alla ricchezza! Quelli non sono turchi né musulmani, sono dei fatui bestemmiatori e arraffatori di denaro. Sulla terra non c'è conciliazione. Si vive nel disgregamento e nell'affermazione autonoma. So solo che gli atei di Istambul hanno bisogno dell'odio nazionale per i loro scopi>.
< Se mi è lecito darti un consiglio, ritorna nella tua casa di Yoghonoluk, rimani là in pace e aspetta!>
- Quando un animale non crede più d'essere in grado di difendersi, va in malora. Così è nella natura e nella storia-.

L'alba avanzava e la linea del Mussa Dagh, che guardava nella camera, cominciava a farsi più nitida. Gli occhi di Gabriele erano fissi alla montagna, intuì la possibilità di salvare non solo la propria famiglia ma anche la comunità.
Il clero era sempre la più grande potenza e l'unica vera organizzazione nel popolo. Il sacerdote era il primo ad essere informato di ogni fatto pericoloso, per vie rapide e segrete: < Veramente arrestati? E chi? É proprio sicuro?>
Ter Haigazun posò sui documenti della scrivania la sua mano languida col grande anello...-
Gabriele tirò fuori gli assi che possedeva che neanche in guerra usò nel mettersi ad organizzare il trasferimento di oltre 5.000 persone sul Mussa Dagh, conoscendolo come rifugio di non facile conquista...
- < In quest'assemblea i comuni debbono scegliere delle persone, nelle quali abbiano fiducia e che assumono la direzione. L'ordine è l'unica arma che ci rimane per riuscire a sopravvivere...>

- L'uomo non sa chi è, prima di essere stato messo alla prova...-

< ...da parecchie settimane ho minutamente esaminato tutte le possibilità che ci rimangono... Sono pieno di speranza... Se Dio ci aiuta non moriremo... Non vi parlo come un pazzo spensierato, bensì come un uomo che ha vissuto la guerra, come ufficiale...>.
< Io sono una donna e parlo per tutte le donne qui! Ho sofferto molto! Il mio cuore è morto tante volte. La morte mi è indifferente da un pezzo, non la guarderò neppure quando verrà. Ma non voglio perire nell'umiliazione, non creperò sulla strada maestra, non imputridirò nell'aperta campagna, io no!...
E se gli uomini sono troppo codardi, noi donne ci armeremo da sole e andremo sul Mussa Dagh... Con Gabriele Bagradian!>.

Romanzo storico assolutamente consigliato...

Pontiggia Lorenzo
il Poeta marylory
il Poeta 1
00lunedì 7 dicembre 2009 19:23
Originalmente inviato da Miskin
La memoria dovrebbe essere coltivata ... sempre
Il silenzio sullo sterminio degli Armeni in qualche modo ispirò lo stesso Hitler che nel 1939, prima di aggredire la Polonia, rispondendo alle incertezze dei suoi collaboratori a proposito dei suoi piani di sterminio, disse loro: "Chi si ricorda più del massacro degli Armeni?"

Rispondo: non solo Hitler, Stalin, Phol Pot, Pinochet... e ancor oggi avvengono...
Grazie...
Lorenzo
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