L'altra faccia della luna

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florentia89
00venerdì 26 giugno 2009 17:14
Il Gay - Pride
L’altra faccia della Luna (prima stesura)

Metà di Giugno, Sabato. Io e mia moglie siamo bloccati da un inaspettato Gay Pride. La notizia della manifestazione l’avevamo notata sui giornali pensando di non esserne coinvolti. In città tutti i giorni, specie poi il Sabato e Domenica, è vietata la circolazione delle auto, così per spostarci ci eravamo serviti del mezzo pubblico.
L’autista del Bus, imprecando contro la solita manifestazione che gli complicava il servizio, ed oggi include nientemeno l’orgoglio del mondo gay, ci scodella giù prima del capolinea, gira e torna indietro. Per noi, ormai a terra e in assenza di altri mezzi e taxi, questi spariti in quanto straimpegnati dai passaggi rfichiesti, non resta che il cosiddetto tram di San Francesco, cioè scarpe, piedi, gambe.
Allora: Scartiamo Piazza Venezia pensando di evitare il corteo dei trans e puntiamo su corso Vittorio per tentare di giungere a Piazza Navona e Pantheon. E’ una scarpinata che le nostre primavere, specie le mie, dovrebbero sconsigliare ma che si può vietare a chi la gioventù se la sente dentro pur se tale non è? Allora via, rammentando che il Gay-Pride lo incrociammo anche un paio di anni prima in via Merulana, uscendo dall’esperienza alquanto sconvolti e perplessi.
Giungiamo in Corso Vittorio per cadere dalla padella nella brace e finire frammisti al fiume di “particolari” che finisce per avvolgerci e intralciare i tentativi di svicolare e passare oltre. Si dice siano trecentomila, c’è comunque che una massa così l’avevo vista poche volte salvo i raduni del Duce o Berlusconi. Non posso dire del Partito Democratico di Veltroni e Franceschini in quanto loro le piazze, almeno al momento, non riescono più a riempirle.
In attesa di passare sostiamo in un angolo e per molti minuti ecco sfilarci dinanzi il mondo dell’altra faccia della luna, variopinto, trasgressivo, blasfemo, serioso, scandaloso, accompagnato da immensi carri riproducenti le estrosità del popolo che pretende l’accettazione della propria forma di vita. Polizia e Carabinieri sono presenti a iosa in più parti del percorso (evito i loro commenti, da oltraggio alla morale), signori e signore cosiddetti normali allibiti e increduli, mare di gente imbufalita per essere stata abbandonata dai bus e non sa come raggiungere le loro destinazioni.
Aggiungo che la via è coperta da coriandoli, carte, lattine, bottiglie, schifezze d’ogni genere. Devo dare però atto al Comune dell’efficienza del servizio di nettezza in quanto, a poco più di duecento metri dal termine del corteo infinito, seguono vari mezzi dell’AMA e molti operatori che in un batter d’occhio ripuliranno accettabilmente il tutto..
Mia moglie è sconvolta: “ma sono così tanti Frà?, stanno diventando tutti così, uomini e donne Frà? possono fare tutto questo caos senza divieto Frà? che vogliono Frà? Le mie risposta banali ed ovvie la soddisfano poco mentre, profittando di un momento di attenuazione del flusso traversiamo il Corso e ci avviamo verso Piazza Navona.
Siamo però stanchi entrambi e, anche se è ancora presto per la cena, almeno per noi, decidiamo di fermarci ad un ristorante-pizzeria chic anticipando di un po’ l’orario del break serale. Il proprietario mi conosce, esprime commenti pesanti sulle persone strane che circolano, felicitandosi che almeno noi dei nostri tempi, che conosce da mezza vita, non abbiamo cambiato frontiere (calma, qualche disillusione potrebbe venire).
Il break spicciativo viene fuori, frittura mista vegetale, filetti baccalà, fiori di zucca, supplì, poi due pizze robuste, una bottiglia di rosso dei Castelli, un dessert. E la cena completa è servita, anzi potrebbe trattarsi di una supercena.
Abbiamo appena iniziato che, inaspettatamente per entrambi: …”Dottore, signora, come state? Vi ho riconosciuti dopo tanti anni di Milano, ah, siete a Roma adesso! Grazie del sedermi con voi visto che sono stanco. Abbiamo passato la notte in viaggio sa? E indovini chi c’è oggi, anche Nick (Nicola) e quel ragazzino di Italo (beh! di sessanta anni). Che ne dice se li chiamo al cellulare e ci facciamo un saluto in questo locale? Si? Qual è l’indirizzo?”.
…”Max (Massimo) anch’io sono felice d’averti rivisto e altrettanto sarà per Nick e Italo, ma stavate anche voi a fare i pagliacci in quel casino che ha riempito Roma? Ah! a parte gli estrosi molti sono persone presenti solo per manifestare la loro presenza? Ed è per questo che portate al collo quel nastro bianco con pendaglio per farvi conoscere e riconoscere? Dai, un bicchiere e un brindisi agli anni milanesi!”.
Poco dopo ecco Nick e Italo, abbracci, effusioni, allegria, c’è poi che con loro sono un accompagnatore uomo e una donna, tutti rigorosamente con nastro bianco e tutti a sedere sul tavolo che viene raddoppiato dal titolare che mi guarda perplesso (ho modo di sussurargli: “Carlo, io e mia moglie siamo dei normali in tutto, capisci? Speriamo solo che, vista l’aria che tira, non si divenga noi degli anormali). Così l’imbarcata Gay si riversa sulla nostra tavola e allora fritti a volontà, bruschette, pizze strane, bucatini all’amatriciana e vino tosto allietano la tavola, con molti avventori che commentano sottovoce la nostra presenza confondendo ovviamente anche me e mia moglie con la truppa trans. Alfine ci salutiamo con promessa, più o meno da marinaio, di risentirci a breve o alla prima occasione.
E’ fermo il mio intendimento a non condannare il mondo trans che nella mia non indifferente lunghezza di vita ebbi modo di conoscere e anche stimare come correttezza di persone e comportamenti (non così è per mia moglie, più ortodossa di principi e intendimenti) resta però che l’incontro Gay 2009 mi ha riportato indietro negli anni, tanti, e allora eccomi a fare un break mentale a partire addirittura dalla scuola elementare. Allora vedo di parlare un po’ di tre esperienze, ovviamente non le uniche ma, tutto sommato, quelle che concretamente più mi interessarono:
Prima di tre – Nicolino, o Nicola, poi Nick per compagni ed amici.
Nicolino, il più anziano dei tre (ahi! È mio coetaneo) mi è stato compagno, camerata, amico da una vita nel vero senso del termine. Abbiamo svolto insieme le elementari, poi le commerciali, la prima minimaturità (non c’è più, l’ho detto).
Siamo stati assieme balilla, moschettieri, avanguardisti, abitavamo nello stesso palazzo, andammo per anni nelle colonie delle ferrovie e della Gioventù del Littorio. Infine Nicolino, divenuto nel frattempo Nick, partì volontario a diciassette anni finendo per quasi due anni in una fureria del nord prima, e in campo di concentramento poi. Infine nel primo dopoguerra svolse assieme a noi anche un paio di operazioni che definisco particolari. Si può essere più compagni, camerati, amici di così? Inoltre mi preme precisare che l’essere compagni e camerati è un fenomeno collettivo, di gruppo, mentre il divenire amici è una specie di fratellanza che accomuna a livello molto maggiore delle altre realtà. Per Nicolino-Nick l’amicizia era ed è il sentimento preminente.
Già alle elementari Nicolino, di lineamenti fini, gentile, moderatamente riservato, studioso, era un superperfetto, un superpulito, un supervestito, con la conseguenza di essere più volte snobbato dagli altri alunni ben più ruspanti, spicciativi, ordinari. C’era poi che mentre tutti noi, malgrado l’età semi infantile, cercavamo di importunare le ragazzine delle classi femminili lui no, non solo rifiutava questo agire, ma le “femmine” non le vedeva proprio, almeno come tali, considerandole invece in pochi casi amiche né più, né meno come fossero maschi. Ciò portò a che qualcuno di noi, ormai grandicelli, ebbe a dirgli: “ma che sei un frocetto?”, termine diciamo gentile quanto agli altri ben più orripilanti.
Al tempo fra noi ragazzi non si conoscevano i termini odierni come Gay, Omosex, Bisex, trans ecc,
Nelle superiori l’indirizzo di Nick si accentuò ulteriormente senza sfociare, almeno per quanto mi risulta, in comportamenti diciamo trasgressivi. Anche nella Gioventù del Littorio, specie come moschettiere, venne alquanto contestato dai cameratini che, anziché “frocetto” lo appellavano come “checca o checchetta”.
Comunque arrivò il quarantatre e Nicolino-Nick, fervente pro-Duce come noi, fece il gran passo e anche lui scappò di casa per arruolarsi nella Guardia Nazionale Repubblicana ove, notata evidentemente la sua tendenza, pensarono di non destinarlo a reparti operativi ma in un ufficio ove vide giungere il 25 Aprile, la morte del Duce, la resa, l’inoltro a Coltano. Insomma la sfangò. Nel dopoguerra cominciarono a girare voci di un suo agire comportamentale più accentuato e noi lo accettammo così com’era, senza crearci problemi.
Una volta ebbe a dirmi: …”ti sei fatto un bel giovane Frà, lo sai vero?”’’ ed io di rimando …”fanculo Nick, non rompere le balle e restiamo amici” … e così sarà. C’è da dire che di lui, tendenze a parte, tutto era perfetto, Fu sempre un allievo da invidiare, educato, gentile, altruista, disposto a fare e ricevere piaceri, con un parlare ricercato che gli invidiavamo se rapportato al nostro dialetto rudimentale. Inoltre ebbe a svolgere coi nostri gruppi un paio di azioni particolari che comportarono un bel po’ di rischi. Poi il mio trasferimento al nord, anni di Veneto, Piemonte, Liguria, Lombardia ove, ormai milanese e quale direttore di una finanziaria industriale dovetti acquistare un auto direzionale di pregio. Il mio “vice” precisa: …”nessun problema, abbiamo ottimi rapporti con la concessionaria X che ci farà pure un’ottimo sconto, conosco il titolare, Nicola XX, che farò venire in ufficio e glie lo presenterò” Faccio un sobbalzo, Nicola XX? Nome e cognome coincidono al mio Nicolino, con la differenza che lui era ubicato a Roma, e mai saputo si trovasse a Milano. Allora senza attendere altro mi reco alla concessionaria e …”Nick, allora sei tu! Che sorpresa! Sono felice di averti rincontrato, ma come sei a Milano? Ah! dopo una prima esperienza romana ti sei trasferito nella filiale principale prima gestita dal tuo Socio ed ora hai fatto con lui una solida realtà commerciale. Ah, anche una realtà di vita? Che intendi? Ho capito, vita, vita. E bravo Nicola, contento tu contento anch’io, e adesso cedimi a metà prezzo l’auto che il mio vice vi ha chiesto! Il Nicola di un tempo non era cambiato affatto, affettuoso, gentile, educato, disponibile (metà prezzo no, mi farà un super-sconto) persona da invidiare in ogni senso salvo la sua freddezza per il mondo a noi complementare, quello femminile. Ed oggi ecco, lo ritrovo a Roma col nastro bianco al collo, sempre aitante e forbito malgrado i suoi ottanta (e miei), in salute e attività in essere, pur se ridotta rispetto il passato. Il suo socio no, ha pensato di andarsene ove non si torna. Di nuovo abbracci e baci e promessa di vederci e sentirci, vedremo.
Seconda di tre, Max o Massimo
Max o Massimo è un caso diverso. Più giovane di me e Nick di una diecina d’anni divenne mio impiegato per svariati anni comportandosi sempre eccezionalmente bene come comportamento e competenza. Lo assunsi per fare un piacere a un mio Capo di extralavoro, diciamo di indirizzo al nero, che mi disse: …”senti, mi devi fare un piacere. Ho un figlio mezzo sbandato che me ne combina di tutto. Anche la polizia l’ha fermato più volte a San Babila e altrove per tafferugli, schiamazzi, scemenze di giovani. Per fortuna ho il Commissario X che ogni volta mi chiama e mi invita ad andarmelo a riprendere in Camera di Sicurezza senza strascichi e conseguenze. Gli servirebbe una guida di polso, un lavoro che gli piaccia e soprattutto lo impegni. Io non riesco a indirizzarlo. Se puoi fai tu al meglio, te ne sarò grato”…
Aveva ragione, Massimo-Max si adeguò subito ad un trend superimpegnato di lavoro, non protestò per la seconda categoria anziché la prima, non obiettò quando gli feci svolgere mansioni anche da commesso, senza contestare mai la mia linea di comportamento cortese si, ma inflessibile quanto a rendimento, abnegazione, rispetto. Insomma accettò supinamente, troppo, il mio polso duro confermando un sospetto d’inizio. Il papà cioè, il mio capo, non mi aveva detto che il figlio era di accentuata tendenza gay (il termine frattanto era sorto). Devo dire però che il suo stato mai comportò difficoltà nel lavoro societario, ma fuori e sera-notte era altra cosa. Avrò modo di constatarlo.
Una volta sul tardi in Galleria mia moglie dice: … “guarda quella signora tutta lustrini e piume, potrebbe essere la sorella di Massimo!”… Guardo e Massimo un corno, era Massimo in carne e ossa che mi avvicina dinoccolato per dirmi ..”questa non la sapeva Dottore, vero? Mio padre non glie l’aveva detto a quanto vedo dal suo volto, comunque stia tranquillo, faccia solo finta di non avermi visto, domattina sarà assolutamente come sempre”… e si allontanò per raggiungere un altro paio di amici-amiche in pari condizioni. Sul domani era stato sincero, rieccolo solerte, diligente, disposto a ogni incarico, da non potergli addebitare alcunché di discrepanza. Inoltre era e rimase oltremodo gentile, direi fine, premuroso, rispettoso. Un gioiello di ragazzo insomma, a parte le donne aborrite. Lo incontreremo e incontrerò altre volte in tenuta Pompadour, sculettante in galleria e limitrofi, nonché vestito in maniera diversa, orripilante, quasi alla Dario Argento tanto che gli dissi …”sembri la figlia Asia in uno dei suoi film di schifezze sanguigne e necrotiche”. Poi al mattino la trasformazione e tutto tornava ineccepibile. Nel frattempo il padre se n’era andato e Max, dolore a parte (non troppo) ne profittava per infilarsi nel letto della sua venerata mamma, che lo aveva sempre adorato, coccolato e rovinato, e ciò specie in occasioni di temporali e scariche di fulmini che negli inverni milanesi non mancano di certo. Anzi ebbe a dirmi di avere acquistato un disco di effetti sonori teatrali col quale, in particolari serate fredde e lunghe, comunque calme e con madre a letto, faceva partire il fragore delle saette per infilarsi con lei sotto le lenzuola, illudendola e illudendosi del temporale posticcio in essere. Poi mi trasferii in altra nostra sede, al nord, e lui rimase in quella di sempre senza avere un pur minimo rilievo dalla nuova dirigenza che, penso, ignorasse il suo stato comportamentale e fisico, d’altronde perfettamente simulato alla luce del sole.
L’ultima volta che lo vidi fu per una festa di San Valentino. Avevo portato mia moglie a cena al Motta in Galleria e lei a farmi notare: … “guarda quella tavolata, sul lato destro non c’è Massimo?”… Era vero. Lo chiamo e lui si precipita verso di me, mi abbraccia, è felice e vuole presentarmi i suoi, che poi erano tre o quattro trans coi loro compagni, perfetta tavolata alla Socrate. Al sentire che io e LadyD, mia moglie eravamo a festeggiare il nostro San Valentino ecco lui a confermarmi che anche loro avevano il medesimo scopo. Dopo lo persi di vista, pur se non totalmente. Ed oggi è qui, senza più fronzoli e piume, cinte e catene, senza trucco sul volto. Anche perché i suoi settanta li ha raggiunti, e in ottima forma. Come faccia ormai senza la mamma lo ignoro, orrore al pensiero di sostituirla con altra presenza.
Tre di Tre – Italo il ragazzino
Conobbi Italo proprio poco più che adolescente, io oltre quarantenne e lui ventenne scarso. Me lo presentò Max in occasione dell’acquisto di un quadro e un mobile importanti per un nuovo vano nell’ufficio milanese acquistati nella galleria che il padre conduceva a Brera, ove erano opere e pezzi di pregio come, età, stile e prezzo..
Italo poco tempo dopo ne diverrà il gestore, malgrado la giovane età ma non certo incompetenza, in quanto il papà si trasferirà in un analogo sito di Montenapoleone, lasciando a lui Brera. Oltre che fornitore divenne nostro e mio giovane amico specie per il suo trasporto artistico in campo di dipinti, arredamento, mostre, esposizioni.
Comunque pur ammirando il lui competenza e formazione, non potevo non notare, né lui lo occultava, uno stato di spiccata omosessualità, senza comunque infastidire noi suoi amici, diciamo più anziani, di cui io potevo essere suo padre. Come tutti i gay era immancabilmente gentile, educato, equilibrato, riservato, elegante, pulitissimo. Insomma un ragazzo ideale da far sposare a chi non so. Già, il matrimonio, ed ecco il fulmine. Italo si innamora o, più verosimilmente, crede di innamorarsi, di una stupenda ragazza che conoscevamo già e lui ci farà apprezzare meglio.
Lei è coscientissima della situazione in atto ma pensa, erroneamente, di riuscire a convertire Italo al mondo etero, ne valgono in merito le perplessità espresse da alcuni di noi. Fatto è che in breve periodo, si e no un anno, si celebra il matrimonio ed Italo e consorte partono per una lunga luna di miele, Caraibi o similari. Tutti noi a felicitarsi e tentennare il capo finché, al ritorno, ecco farsi vivo solo Italo. La moglie aveva preso un’altra strada anticipando addirittura la partenza dal viaggio di nozze. Cosa era successo? Nessuno lo seppe mai, ne Italo intese esprimere in merito una sola parola (altrettanto noi non ne facemmo cenno). Egli si incupì, si invecchiò (termine improprio visti i suoi anni), si isolò alquanto, pur se non del tutto. Verremo poi a sapere che anche lui quale eromene socratico, trovò il suo eraste di riferimento col quale stipulò una unione virtuale apparentemente felice. Ed ora eccolo qui, al tavolo con noi, con la sua sciocchezza di età, sessanta, e che sono? col nastro al collo e tanta voglia di stare assieme.
I due con lui, che non conosco, sono più giovani, sui cinquanta, quindi proprio infanti rispetto la nostra media.
Ecco cosa ha portato il Gay-Pride duemilanove, il precedente duemilasette no, non ci coinvolse. Ho pensato di parlare dei tre casi che in un certo senso mi coinvolsero senza escludere di aver impattato con altri più o meno similari.
Che li approvi o no poco conta (in effetti li tollero, approvarli non me la sento) c’è però che nella generalità trovai sempre persone istruite, composte, inattaccabili in nulla salvo la tendenza che madre natura, o qualche sinapsi cerebrale, gli inculcarono dentro. Ah! le complicanze dell’esistenza umana, già di per se difficile e complicata!
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auroraageno
00sabato 27 giugno 2009 09:16
Caro Francesco, ho letto ieri il tuo racconto...

Sono rimasta molto colpita...

Ti ringrazio tanto, caro amico.

Buona giornata

aurora

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