LA MIA ESPERIENZA IN INDIA - 1972 - (parte quarta) Il Ritorno

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lucky_luke
00venerdì 27 giugno 2008 12:07
LA MIA ESPERIENZA IN INDIA - 1972 - (parte quarta) Il Ritorno


MADRE TERESA - Il Ritorno


Cerchiamo oggi di riflettere sull'amore che Dio riserba per voi e per me.
Il suo amore è così tenero; il suo amore così grande, così tangibile,
così vitale che Gesù venne proprio a insegnarci... come amare.
L'amore non è qualcosa che si fossilizza, ma qualcosa che vive di continuo.
Le opere di amore e che attestano amore sono una via per la pace.
E dove comincia questo amore?
Proprio nei nostri cuori.
Dobbiamo sapere che siamo stati creati per cose più grandi,
non per essere un numero qualsiasi nel mondo;
non per conseguire lauree e diplomi, questa o quella carriera.
Siamo stati creati per amare e per essere amati.
L'amore ha un orlo al suo vestito, che sfiora la polvere,
spazzando via le macchie dalle strade e dai vicoli e poiché può, deve farlo.
L'amore, la forza della vita, il motore del mondo, qualsiasi tipo di amore, cominciando dall'Amore verso Dio e di conseguenza quello versi i propri cari, verso la persone che ci sono vicine, l'amore verso il prossimo, chiunque esso sia, non si ama solo chi ci ama ma si ama, anzi, si deve amare anche chi non ci ama, chi soffre, chi è abbandonato, perseguitato, afflitto.
Ma soprattutto l'amore passa attraverso di noi, pulendoci, spazzandoci, illuminandoci per poi essere riversato su tutto ciò che ci circonda, su tutto il creato, uomini, animali, piante, perché tutto ciò che esiste, fu creato con e per Amore.

Quando Madre Teresa parlava dell'amore, si illuminava, quasi si trasfigurava. Quella piccola e anziana donna aveva dentro di sé una voglia immensa di amare; lo dimostrava con i fatti, giorno per giorno, attimo per attimo, e contagiava chi gli stava accanto.
Oh quale contagio fu meno evitato di questo, quale malattia che io e i miei amici non volemmo curare; come ci ammalammo volentieri della voglia di amare, malattia che ci faceva svolgere i nostri lavori quotidiani senza farci sentire la fatica, se non quella fisica che passava con una notte di sonno, anzi l'amore che imparammo a donare si auto alimentava, sgorgava continuamente, ci imbeveva e ci dava forza.

I giorni passavano, fra bambini malnutriti che trovavamo nella periferia di Calcutta, uomini e donne ridotti a scheletri, abbandonati o allontanati perché malati, arrivavano anche da paesi e città vicini, dalle campagne.
La rete intessuta da Madre Teresa era ampia, ma per lei era sempre poco.
Avevo imparato, anche non conoscendone la lingua, a consolare gli animi degli afflitti, bastava l'atteggiamento, l'espressione del viso, per riuscire a rasserenarli e magari strappare loro un leggero sorriso, riuscirci era la mia più grande ricompensa.

Il giocare con i bambini, che solitamente erano raggruppati in un'area predisposta anche per fare un po' di scuola ai più grandicelli, era il mio riposo. Anche Bruno e Franco venivano a giocare. Eravamo riusciti a procurarci qualche pallone e artigianalmente costruimmo delle altalene e degli altri giochi, e ai maschietti insegnammo un po' di calcio.
Una sera riuscimmo ad organizzare perfino una partitella con tanto di pubblico e tanto di trofei, fatti in legno da un intagliatore che viveva al campo. Fu una festa, per un'ora tutti, piccoli e grandi dimenticarono le loro pene. I bambini correvano, a piedi nudi, come onde dietro al pallone, vociando allegramente, i grandi facevano il tifo per l'una o per l'altra squadra.
Io e Franco eravamo i due portieri mentre Bruno faceva l'arbitro. La fine fu un abbraccio collettivo, valanghe di gol (presi apposta con goffaggine) fecero ridere sia i tifosi che i giocatori.

Madre Teresa, che aveva assistito, alla fine ci abbracciò tutti e tre e ci disse:
- Per raggiungere il cuore delle persone dobbiamo agire: l'amore si dimostra, si mostra con i fatti. La realtà é più avvincente dell'idea astratta. Voi questa sera avete raggiunto i cuori della gente, avete dato loro una risata e gli avete fatto dimenticare la sofferenza, la fame e i disagi, vi voglio bene perché avete un cuore grande.
Piangemmo, non so ancora il perché, ma tutti e tre ci siamo messi a piangere come dei bambini, le lacrime, era gioia? Era soddisfazione? Era uno sfogo di tensione? Non lo so! Ma sgorgarono come un fiume in piena e nessun sforzo riuscì ad arginarle.
Lei non disse nulla, forse sapeva il perché, ci accarezzò e ci lasciò sfogare.

Madre Teresa riservava le sue attenzioni ai bisognosi ed ai sofferenti sia fisicamente che moralmente.
La sua vocazione le impediva chiaramente di mettere momentaneamente da parte gli esseri umani per concentrarsi ad elaborare manovre economiche da suggerire ai politici che incontrava: non poteva fare tutto Lei.
Non si stancava di ripetere che bisogna completarsi a vicenda: quello che non fanno gli uni lo facciano gli altri.
Per quanto riguarda i rapporti con politici che magari non riconoscevano certi diritti umani, ricordava sempre che Gesù frequentava ogni sorta di gente, soprattutto quella lontana dalla morale cristiana:
- Il medico esiste per i malati, non per i sani. Era solita ripetere.

Madre Teresa non diffuse un'immagine negativa di Calcutta, anche perché non amava mostrarsi ai media.
Per la religione cristiana, come per Madre Teresa, la vita è il primo valore.
Non aveva vanità, non pretendeva di essere ascoltata in conferenze, non amava le platee.
L'attenzione che i media le riservarono misero semplicemente in luce i disagi della gente del territorio di Calcutta dove lei operava.
Fu, per il suo lavoro, anche criticata: alcuni ritenevano che la sua personalità fosse troppo forte e che quindi le consorelle non godessero di sufficiente autonomia.
Altri l'hanno accusata di non combattere la povertà alla radice, ma soltanto tamponando, in senso assistenzialista, ma Lei era sempre e comunque dolce ed amorevole con le consorelle, con gli ammalati e con chiunque incontrasse.

Prima di tutto venivano loro, non smetteva mai di ricordarlo. Le opere arrivano sempre prima delle parole, e alle suore diceva sempre:
- La Missionaria della Carità deve dare, ma soprattutto deve darsi.
A chi le faceva notare il fatto che Lei e le consorelle lavorassero a contatto con credenti di diverse religioni rispondeva:
- Non abbiamo assolutamente alcuna difficoltà a lavorare in paesi con diverse fedi religiose. Trattiamo tutti come figli di Dio. Sono nostri fratelli e mostriamo per loro grande rispetto. Ognuna delle nostre opere, se fatta col cuore, avvicina chi la fa e chi la riceve a Dio.

Alla sera era consuetudine fermarsi a dialogare con Lei, Le piaceva ascoltare gli accadimenti della giornata, era sempre attenta agli umori dei suoi collaboratori e, molte volte anche Lei raccontava degli episodi accadutegli.
- Oggi un bambino di Calcutta festeggiava il suo compleanno, e chiese ai genitori di dare a Me il denaro che avrebbero dovuto spendere per il suo regalo. Sono venuti a portarmelo, ma da quello che i genitori mi hanno dato, credo che la richiesta del loro figlio abbia fatto aumentare la loro spesa.
- Quel bambino insegnò l'amore ai suoi genitori.
Era un piacere ascoltarla.

Insisteva sul discorso delle piccole cose, non sugli atti eclatanti, era refrattaria nei confronti dei media e degli eventi pubblici ai quali era invitata e da questi ne era anche criticata.
Secondo queste critiche, la Madre avrebbe potuto esercitare la sua grande influenza sui politici per convincerli a cambiare la struttura di molte leggi che sfavoriscono i poveri.
Ma i potenti, secondo il suo pensiero, le leggi le dovevano fare su coscienza, non perché le chiedeva qualcuno di influente.
Anni più tardi, furono loro, i potenti della terra, a invitarla e ad aiutare la sua missione.
Un'altra volta ci raccontò:
- Non dimenticherò mai il giorni in cui, camminando per una strada di Londra, vidi un uomo seduto, che sembrava terribilmente solo. Andai verso di lui, gli presi la mano e la strinsi. Lui allora esclamò:
"Dopo tanto tempo, sento finalmente il calore di una mano umana".
Il suo viso s'illuminò. Sentiva che c'era qualcuno che teneva a lui.
Capii che un'azione così piccola poteva dare tanta gioia.
Pendevamo dalle sue labbra, non so se Lei ne fosse consapevole, ma ci osservava attentamente quando parlava, ci si sentiva addosso il suo sguardo penetrante, caloroso e incoraggiante.

Per Lei eravamo dei libri aperti, riusciva a capire come ci sentivamo, ci consolava se ci sentivamo tristi, ci incoraggiava, ci lodava, perché nella nostra tristezza o nel il nostro abbattimento non avremmo consolato chi lo era più di noi.
Una sera, durante una pausa, nessuno parlava, eravamo in silenzio con pensieri che correvano per la testa, così tanti da non riuscire a tirarne fuori uno, Lei, che ci stava osservando attentamente, ruppe il nostro silenzio dicendo:
- Anche se non apro bocca posso parlarvi con gli occhi per mezz'ora buona. Guardandovi negli occhi posso dirvi se nel vostro cuore c'é pace oppure no. Ci sono persone che irradiano gioia e nei loro occhi si scorge la purezza.
Verso la metà di settembre, avevamo perso la nozione dello scorrere del tempo, arrivarono degli aiuti dall'Italia e dalla Svizzera.
Insieme al carico di aiuti alimentari e medici, dall'aereo sbarcarono una dozzina di giovani volontari che volevano prestare la propria opera nei luoghi gestiti da Madre Teresa e dalle suore della carità.
Furono accolti con gioia da tutti, c'era sempre bisogno di aiuti, la notizia fece in breve il giro del campo e al pomeriggio tutti ci affrettammo per aiutare a scaricare i camion ed accogliere i nuovi venuti.

Che sorpresa fu quando fra i nuovi venuti vedemmo il padre di Bruno!
Nonostante avesse un volto preoccupato, ci precipitammo tutti e tre ad abbracciarlo e lo investimmo contemporaneamente di domande, di racconti, di richieste sui nostri parenti.
Sorrise nel sentirsi sommerso di tutto questo e, credo, soprattutto nel vederci sani e salvi.
- E' più di un mese che non sappiamo niente di voi! Ci disse con un po' di enfasi, cominciavamo a preoccuparci.
- Scusa papà - rispose Bruno - ma con tutto quello che c'è da fare qui non ci siamo ricordati di telefonarti.
Il padre di Bruno ci squadrò ad uno ad uno lungamente, lasciandosi andare in un commento sommesso:
- Per stare bene, state bene, siete allegri e pimpanti e pure belli abbronzati; però come siete dimagriti! Ma vi danno da mangiare qui?
- Certo! non abbiamo saltato un pasto - rispose Franco - qualcosa da mangiare lo abbiamo avuto sempre come tutti quelli che vivono qui.
- Avete qualcosa di diverso... non riesco a capire cosa... - mormorò quasi fra sé - il vostro viso... soprattutto i vostri occhi; dovete raccontarmi tutto!
- Ci metteremo giorni! Ne abbiamo una montagna di cose da raccontarle - esclamai.
- Intanto vieni con noi, - disse Bruno prendendo suo padre per mano - dobbiamo farti conoscere una persona.
Trascinammo letteralmente il papà di Bruno verso l'infermeria, dove sapevamo ci fosse Madre Teresa, trovatola glielo presentammo.
Lei gli strinse calorosamente la mano e poi:
- Sono tre bravi ragazzi, - disse rivolta al padre di Bruno - hanno un cuore grande e in questo periodo lo hanno dimostrato prendendosi cura di tutti quelli che ne avevano bisogno.
- Da come li conoscevo io prima che partissero per l'India - rispose il papà di Bruno - sembra che mi stia parlando di tre sconosciuti.
- Sono venuto fin qui - proseguì - perché non avevamo notizie da un mese e fra poco iniziano le scuole.
- Papà - esclamò Bruno - abbiamo imparato più qui in due mesi che in anni di scuola!
- Su, su, - intervenne Madre Teresa - non preoccupatevi, sistemeremo tutto!
Il padre di Bruno aveva alloggiato in albergo a Calcutta e ci chiese se volevamo seguirlo che per la notte avrebbe preso una camera anche per noi.
Al nostro rifiuto ci disse di preparare le nostre cose che ci avrebbe riportato a casa al più presto.

Ci avviammo verso i nostri dormitori, in silenzio, senza scambiarci una parola, i miei pensieri erano in tumulto e forse anche quelli dei miei amici. Il lavoro da fare, l'assistenza, le medicazioni, non ci avevano lasciato mai in ozio, per questo non c'erano stai pensieri rivolti al mondo "normale" al nostro mondo, eravamo così impegnati che non avevamo pensato, se non raramente, alle nostre case e ai nostri genitori, loro stavano bene, lì invece c'era un'infinità di persone che stava male, che non aveva affetti, che non aveva di che vivere.
Entrando nella tenda fui accolto dai gridolini del piccolo, ormai mi conosceva, sapeva che avrei giocherellato con lui, lo feci anche quella sera. La madre del piccolo, che stava molto meglio e aveva voluto fermarsi a dare il suo piccolo aiuto nel campo, mi fissò, anche la suora che era lì mi guardò, parlarono fra loro, me ne accorsi mentre facevo ridere il piccolo.
Mi voltai verso di loro mentre deponevo il piccolo nel suo giaciglio, le guardai con aria interrogativa, la suora mi disse quasi subito:
- Non hai il solito spirito, anche la madre del piccolo se n'è accorta.
Spiegai gli ultimi avvenimenti, la suora mi ascoltò attentamente traducendo all'indiana quello che dicevo, quando finii mi abbracciò e mi disse:
- Non ti dispiacere, il mondo non è solo qui, nel tuo animo c'è del buono e questo non importa dove lo fai, l'importante è che tu lo faccia con lo spirito sereno.
La notte passò veloce, senza sogni, mi alzai con un dolce senso di pace nel cuore.
Ci mettemmo una giornata, non tanto per preparare le nostre poche cose, ma per salutare gli amici e tutti quelli che avevamo conosciuto nei mesi trascorsi lì. Il mattino dopo, diedi un bacio in fronte al piccolo ancora addormentato, salutai sua madre e la suora.
La madre del piccolo mi disse qualcosa che non capii, la suora intervenne e tradusse:
- Brahma, Shiva e Visnù ti hanno dato un grande cuore, io pregherò la sacra trimurti che ti perseveri e ti assista sempre e andrò a bagnarmi al fiume sacro Gange pregando per te.
Mi commossi, la abbracciai e uscii dalla tenda col cuore in tumulto.
Madre Teresa salutandoci ci disse:
- Non preoccupatevi di quello che dovrete fare, cercate una strada da percorrere nel vostro intimo, se sentite nel profondo del vostro cuore il segno che è quella giusta, quel segno vi verrà inviato da Dio, e allora percorretela senza timore, Lui vi aiuterà.
E ancora:
- Anche se scrivete solo una lettera ad un cieco, o se vi sedete ad ascoltare una persona, o imbucate la sua corrispondenza, o fate visita a qualcuno o gli portate un fiore o gli lavate la biancheria o gli pulite la casa: saranno piccole cose, ma agli occhi di Dio tutto è grande.
Ci abbracciò tutti e tre, avvertii quell'ondata di calore e pace a cui ero abituato, sarei rimasto fra le sue braccia fermando il tempo, se lo avessi potuto fare, ma il ricordo di quella sensazione mi ha seguito per tutta la vita, se chiudo gli occhi mi sembra di riviverla anche ora.
Mentre io, Franco e Bruno ci avviavamo all'auto che ci avrebbe portato all'aeroporto, Madre Teresa si intrattenne con il padre di Bruno per una decina di minuti, non seppi mai cosa gli disse, ma il suo viso mi parve diverso, più rilassato, sereno; ci diede una pacca sulla spalla a tutti e tre e disse solamente:
- Andiamo!

Il viaggio ci sembrò breve, troppo breve, non riuscimmo a fare una parola, ci siamo guardati negli occhi molte volte. Come me, anche i miei amici si stavano facendo la stessa domanda: "e adesso? Cosa faremo? Che ci succederà?" nonostante le parole di Madre Teresa, mi sentivo come spaesato, preoccupato per il ritorno a casa. Ero ansioso di rivedere la mia famiglia, ma nel contempo provavo una strana sensazione di... vuoto... disagio... non riuscivo a capire cosa mi passava per la mente, era allo stesso tempo vuota e piena di un fascio di sensazioni ognuna all'opposto dell'altra, e il volti dei miei amici, dimostravano i miei stessi sentimenti/preoccupazioni. Il padre di Bruno invece aveva un viso rilassato, un po' assente, mi sembrava fra le nuvole, ma tranquillo. Conoscevo quella sensazione, aveva parlato con Lei e Lei lo aveva conquistato.
Il volo, l'atterraggio, il viaggio in macchina fino a casa, la corsa verso la porta, mia madre sulla soglia, le sono volato fra le braccia.
Mi madre mi ha stretto, e ha subito la stretta del mio abbraccio poi, mi ha allontanato lentamente, mi ha guardato fissamente in viso e poi:
- Devi raccontarmi molte cose, lo vedo dal tuo viso.
- Certo mamma!
Mio padre, che è sempre stato di poche parole, mi ha abbracciato senza parlare, mi ha guardato in viso e mi ha detto:
- Certo che hai fatto una bella dieta, vieni, fra poco è pronto il pranzo, io e tua madre poi abbiamo "fame" di sentire quello che hai da raccontare.
Mio fratello rientrò dal lavoro poco dopo le 12,00, mentre mia sorella rincasò da scuola alle 13,00, fu una festa.
Mia sorella, di sette anni, che mi era affezionata, praticamente da quando è nata le ho fatto da baby sitter, è venuta in braccio a me e ha pranzato senza mai scendere dalle mie ginocchia, mio fratello invece mi osservò attentamente, curioso anche lui di sapere tutto. Chiese a i miei genitori di aspettare la sera, voleva ascoltarmi ma doveva andare al lavoro il pomeriggio.
La sera, dopo cena, sentivo a pelle il desiderio di sapere della mia famiglia, ci sedemmo attorno al tavolo e iniziai a raccontare tutto, nessuno mi fece domande, ascoltarono il fiume che usciva dalla mia bocca, dal mio cuore, dalla mia anima, da tutto me stesso, particolari, sensazioni, tutto quello che trasmettevo. Nessuno guardò l'ora, non avvertimmo il trascorrere del tempo.
Alla fine, nessuno parlò, la mia famiglia mi guardava senza proferire una sillaba, notai gli occhi lucidi di mia madre e, perfino mio padre, lo vedevo commosso. Andammo a dormire in silenzio.

Quella notte sognai Madre Teresa e la sua calda e rugosa mano che mi accarezzava, ero ancora a Calcutta con il mio cuore e la mia anima.


G. (continua)

auroraageno
00venerdì 27 giugno 2008 17:19

Capisco bene il silenzio della tua famiglia, dopo averti ascoltato...

Sto riflettendo come l'amore immenso e provvido di Dio si prenda cura di farsi incontrare, in molti modi... e da una ad una miriade di persone... ciascuna importantissima, preziosa, per Lui!
E ogni modo di cui si serve è sempre una via d'amore.

Grazie, Giuliano! Grazie... Le tue parole mi riempiono il cuore; la tua esperienza non ha ancora finito di fare del bene anche ad altri!

Ti abbraccio forte

aurora

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