Missione mixata

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florentia89
00domenica 25 gennaio 2009 19:20
Colma di pericoli d'ogni sorta ...
[SM=g7340] Missione mixata

Serata d’autunno avanzato. Fuori e’ buio, è freddo. Sono gli anticipi dell’inverno che cominciano a far capolino. Parlo con mia figlia:
…“Senti, stanotte parto, vado al nord per un giro un po’ complicato e starò via una settimana, spero non più”…
…”pà, ho capito, mamma non sa niente e saranno tragedie. Devo aiutarti, bene? Glie lo diciamo alle dieci ma tu trova un’éscamotage, che sia però una realtà e non promessa da marinaio. Dagli un appuntamento a Venezia e promettigli qualche giorno di stasi lagunare. Se non fai così finisce che mamma a Venezia ci torna da sola e per sempre, è o no la sua città? l’ha detto cento volte e una lo farà sul serio, non ha affatto tutti i torti!”…
…”Possibile che il tuo impegno ti porti tanto fuori di casa? il Direttore non capisce che hai famiglia? E se non bastasse ci sono poi gli altri aggiunti, come “Monsignore” e il “Comandante” i quali rompono con stranezze che ho l’idea non siano nemmeno innocue”..
Mia figlia, signorinella più che matura per la sua età (veramente lo è sempre stata) è la mia amichetta-complice e mi aiuta, nei casi di partenze e assenze più o meno improvvise, ad ammorbidire una situazione già tesa con mia moglie che ogni volta ne fa una tragedia e minaccia decisioni drastiche, per fortuna verbali, che farebbero male a entrambi, in quanto sono certo che ci amiamo profondamente. Stavolta l’assenza non sarà dei soliti due – tre giorni, ma di una settimana, augurandomi di riuscire a smaltire sia il mio lavoro, sia una incombenza a Trieste commessami dal “Comandante” in persona.
La figlia ha avuta però la trovata geniale di suggerirmi un prolungamento di relax assieme alla mamma, che si farà trovare a Santa Lucia o al Marco Polo mentre lei, donnetta responsabile, gestirà per qualche giorno la sorellina e il fratellino, coadiuvata dai miei genitori e dalla zia Anita, la pioniera d’Abissinia ormai tornata fra noi.
Sono le dieci serali: …”mà, io e papy dobbiamo dirti una cosa”…
…”ma no! stai calma! Possibile che ogni volta sia un problema?”…
…”no cara, non è per domani o dopodomani, è per stasera, devo partire col letto che passa per Genova e mi scende a Milano. Così avrò risparmiato una giornata di assenza e una notte in albergo. Però stavolta ho una novità, sono già d’accordo coi miei e la zia: tu mi raggiungerai a Venezia e passeremo qualche giorno in città, alloggiando nell’albergo del lido che ben conosci. I figli saranno seguiti con cura da loro, come altre volte”…
L’idea di mia figlia ha funzionato e mia moglie si è un po’calmata, pur promettendomi i soliti abbandoni del tetto coniugale, cosa questa chimerica solo fino a un certo punto, o di affrontare vis-a-vis il Direttore Generale, amico di famiglia, cosa questa più che possibile.
Comunque la mia valigia e borsa da lavoro, già in parte approntate, si riempiono di qualcosa di indumenti e cose minori, oltre carte, documenti, un libro, e la trousse da toilette che sempre mi segue.
Alle ventidue e trenta un taxi mi porta a Termini e alle undici sono in pigiama in una delle quattro cuccette di un vagone di prima. Non avevo trovato la consueta cabina letto singola e ciò l’avevo taciuto a mia moglie. Sono con un signore di media età riservato e cortese e posso dire che la notte, con due cuccette oltretutto vuote, sarà per me una delle più confortevoli degli ultimi spostamenti. Sosta notturna a Genova, rumori di stazione, freni, movimento di vagoni, tutto soft, e poi il convoglio, senza fretta, punta al capoluogo lombardo ove giungerà alle otto e qualcosa, dopo più di nove ore di tragitto, quasi doppio del consueto essendo un treno-notte.
Sono disteso e fresco, i rumori notturni non mi hanno impedito il riposo, né ci siamo infastiditi fra noi due occupanti in quanto nessuno ha avuto problemi di respiro pesante. Alle sette siamo svegliati dal capo-treno che ci porta il caffè, mi sistemo, uno sguardo al finestrino mi dice che fuori è foschia, grigiore, poca luce mattutina. Mi attendono in stazione, poi l’auto di servizio mi porta al Jolly ove nel pomeriggio terrò un mix di conferenza-lezione sulla prevenzione rischi industriali nel campo metalmeccanico, nell’ambito di un meeting di più ampia trattazione, già avviato al mio arrivo.
Faccio uno squillo a casa per confermare che tutto era andato ottimamente e per rassicurare mia moglie che la notte l’avessi passata niente male.
Preciso, ce ne fosse bisogno, che allora non esistevano cellulari, cordless, PC portatili, PC interni. Le avanguardie del momento erano i farraginosi Telex, le mastodontiche calcolatrici meccaniche Olivetti, apparivano i primi fax, le prime copiatrici che non fossero un complicato catafalco, mentre parecchi di noi, me compreso, avevano con se le “Lettera” portatili, le slim come le definivamo, per le nostre missive e appunti, che usavamo anche in treno come oggi coi Personal. Disponevamo poi di calcolatrici mini (per modo di dire) le quali di norma facevano solo addizioni e sottrazioni. Insomma era una specie di età della pietra tecnologica rispetto oggi; in compenso avevamo la mente più versatile, eravamo più elastici e possibilisti nell’operare.
Quindi niente male se la mettiamo sull’applicazione e, perché no? sulla … bravura e preparazione individuali. Io devo parlare il pomeriggio, passo perciò la mattina sia per un veloce affacciarmi ai lavori in atto, sia per una revisione al testo dell’intervento non tanto per la parte verbale, dato che sono uso esprimermi a getto, quanto per i dati e le statistiche che dovrò esporre.
Veloce lunch alle tredici, sosta caffè con persone che conosco o mi presentano, poi sono introdotto dal relatore e avvio il mio intervento.
Questo racconto non è un testo tecnico, evito pertanto di entrare in dettagli, dico solo che svolgerò il tema della organizzazione tecnica e dei rischi gestionali con riguardo al settore macchinari al quale il meeting è dedicato. Mi dilungo, espongo, stringo, rispondo, concludo, e due ore se ne vanno con un certo gaudio del relatore successivo il quale, essendomi io dilungato più del previsto, soprattutto per le code di interventi altrui, esporrà il suo tema e le conclusioni in tempi più ridotti dei miei. Nella pausa intermedia, mentre caffè, analcolici, alcolici, bevande, scorrono notevoli ed io parlo con un nome di spicco venuto dalla Liguria (le presenze Top sono parecchie, anche perché la conclusione verrà svolta dal capo confindustriale del settore) noto una signora che mi osserva, sorride, s’avvicina. Mi scuso con l’interlocutore e anch’io accenno due passi, sembrandomi che qualcosa di lei mi sia nota. Mi è nota infatti, e come! Ci riconosciamo entrambi (veramente lei non ne aveva avuto bisogno) e, in men che si dica, mi trovo calorosamente abbracciato, sia pure in forma consona al luogo e momento, ricambiando l’effusione ricevuta.
… “Frà, allora sei proprio tu, la brochure indicava il tuo nome ed io ho pensato: e se fosse Frà in persona? Chiaro che al convegno avevo deciso di venire, ma la prospettiva d’incontrarti non me lo sarei fatta scappare!”…
… ”Denise, sono stupito! Quanto tempo! E sei sempre la stupenda giovane di allora che mi fece … perdere la testa, tirare il collo, e poi si, e poi forse, si di nuovo, infine no e la scelta finale non fu per me”…
… “Ma io trovo stupendamente anche te, gli anni non ti passano? Sarà che all’età gli abbiamo dichiarato guerra come facevamo per le cose della nostra giovinezza bistrattata! La mia scelta fu per Giuliano, si, il tuo amico di operazioni speciali, ma tu perché non hai cercato di importi con più grinta?”..
…”Deny, Giuliano era per me un amico vero, nemmeno dico camerata. Ci siamo aiutati più volte e di grane ne passammo parecchie. Io vidi che per lui eri tutto e per te altrettanto allora, solo per questo, feci un passo indietro. Poi ci siamo persi tutti di vista, non di cuore”.
… ” Già, l’Argentina, il Brasile, è tutto un altro mondo, altre Italie!”.
… “Un po’ di te lo sapevo, sai? Tuo papà che produceva quegli accrocchi da cui usciva la carta paglia per i fornai, poi lui se ne andò, vennero la tua conduzione aziendale, macchine più sofisticate, l’Argentina, ma del ritorno a Milano non sapevo.E’ un ritorno part-time? Bene! Sono felice rivederti”…
…”Frà, non prendere impegni stasera, ceniamo insieme al Gallia ove alloggio, rifacciamo una panoramica dei nostri tempi, dei nostri amici”…
Così disdico l’impegno al Conte Ugolino, già previsto col “Cavaliere”, il vicedirettore e mio superiore aziendale il quale, col suo spirito semi-libertino e comprensivo, capisce le mie motivazioni e rimanda ciò di cui dovevamo trattare ad un momento più opportuno, augurandomi un “in bocca al lupo!”, senza credere affatto che la soirée con una bella signora potesse essere di affetto non più velleitario. In Hotel mi cambio in abito scuro, mi striglio a dovere, mi faccio condurre al Gallia. Attendo poco nella resting-room ed ecco giungere una Denise ancor più trasformata. Dismesso l’abito serioso da convegno, indossa ora un elegante demi-soir che pone ancor più in risalto le linee sinuose e sempre fresche del suo corpo.
Evita il baciamano e stavolta c’è un accenno di bacio più caloroso per entrambi, senza strafare perché, dato il luogo, ci atteniamo a quella etichetta ed equilibrio che ci ha pervasi da sempre, noi ex ragazzi e ragazze dell’era del Duce e del dopo Duce. Un aperitivo avvia l’indimenticabile sera e un menu eccellente ci delizia con le raffinatezze dello chef del Gallia. E noi sfioriamo di tutto, senza rinunciare ad alcunché e parliamo, ci guardiamo, ci teniamo per mano, torniamo i giovani che credevano in troppe cose e troppe persone, insomma a troppo, i quali per i loro ideali fecero di tutto, rischiando la vita, la galera, tanti equilibri personali e familiari. Mi parla di se, di Giuliano, che ora è un affermato industriale medio, di lei che dirige l’azienda paterna, delle cose della Società, del Sud America, non più l’Eldorado degli anni cinquanta, di due figli di età tipo i miei, della vita che conduce con soddisfazione e il desiderio di rientro in Italia, cosa per ora non fattibile in quanto i suoi pargoli, ormai radicati nella nuova patria, non accetterebbero una nuova vita in un paese da loro amato si, ma sostanzialmente sconosciuto.
Poi però, quando sistemati e preso il volo, chissa?
Io gli dico del dopoguerra ultimo, difficile più del primo che lei conobbe. Gli parlo del lavoro, degli studi torinesi, della militanza formale e informale con due “neri” diversi. Accenno al “Comandante”, al “Monsignore”, all’Azienda attuale, legata ad una centrale britannica della quale, nella limitata realtà italiana, sono anche Director e socio con una modesta quota minoritaria.
Gli confermo che … ho sposato la “Miss” come lei sapeva (oggi Lady D), così veniva e viene chiamata mia moglie nel nostro ambito in quanto si diceva, in relazione al suo stile e portamento, che sua mamma per crearla avesse di certo fornicato con qualche nobile occulto e non col padre, pur valente capomastro edile.Gli dico dei figli, delle speranze, dei traguardi, che si susseguono per loro e per me. Della eccellente casa appena acquistata nel quartiere EUR di Roma, quello del Duce, da me sempre agognato e ben conosciuto anche da lei, specie per quando di notte facevamo entrambi la guardia all’obelisco di Marconi che i rossi volevano distruggere.
Parliamo anche di Lui, del Capo al quale demmo l’anima e il corpo, dei suoi uomini, di chi non c’era più sia per essersene andato da ragazzo, sia successivamente da adulto, del “Comandante”, del “Generale”, di “Monsignore”, delle azioni svolte. Lei aggiunse …”pensa Frà, una cosa non hai mai saputo, non ce ne fu il tempo con ciò che accadde, ma tu avesti la promozione a tre stelle, capisci? La sottoposi io al “Comandante”, lui la firmò, me la rese ma …. avvennero cose che coinvolsero tutti e quella nomina è rimasta in qualche cassetto, magari della polizia che sequestrò un bel po’ di materiale. Eppure non ci era nemica la polizia, vero?”…
La serata s’inoltrava e noi accantonammo il colloquiare nostalgico per dedicarci a noi con tatto, garbo, direi signorilità. Io ero in uno stato di eccitazione e apprensione notevoli, in quanto conscio che una vita non si cancella e non si ricostruisce facilmente. Anche lei era visibilmente emozionata. Mi dice che m’aveva amato e compreso per me era la stessa cosa, pur se sembrava che la mia passione fosse per la sua amica Luisa. Poi la vita decise diverso, sia per lei con Giuliano, sia per me con la “Miss”, con entrambi innamorati dei nostri partner. Ci dilungammo su ciò che sarebbe stata una nostra vita comune, su ciò che potevamo esserci perso, sui figli che avremmo avuto, anche se i miei e suoi erano delle creature eccezionali.
La invitai ad alcuni giri di danza con una musica accennata di una mini orchestra discreta che in Hotel accompagna ogni sera gli ospiti, fluttuando armonicamente come fossimo in una nube che ci avvolgeva e inglobava. Azzardai un bacio sul collo, non rifiutato, mentre lei poggiò il capo sulla mia spalla. Io percepivo il suo corpo che fremeva, lei s’avvide altrettanto di me, non potevo occultare nulla. Chiusi i giri sfiorando le sue labbra con un bacio impercettibile, quasi immaginato. Tornammo al tavolo e lei, accantonando una mia proposta similare e un bel po’ osé, prese l’iniziativa di finire la serata nella sua suite, ove s’ammirava la bellezza della Milano che amavamo.
Salimmo e in ascensore, tenendola per mano, il cuore mi batteva a più non posso. Nel flat percepivo il profumo inconfondibile di lei.
Ci accomodammo qualche attimo in poltrona, un goccio di qualcosa e … ci gettammo le braccia al collo, stretti, avvinti, riuniti l’un l’altro.
Ci sono cose che non possono descriversi e io non lo faccio, le lascio immaginare a chi legge e rivedere mentalmente a me che scrivo.
Quanto siamo rimasti così? non potrò mai saperlo! quanti sussurrii corsero fra noi? Quante bramosie represse per una vita si saranno manifestate in entrambi? Il pensiero mio, e penso il suo, aveva già imboccato, o lo stava facendo, strade inconsuete, mi azzardo a dire concrete, avvincenti, più o meno censurabili. Un giaciglio ampio, disponibile, invitante, ci osservava soffuso di complicità. Poi le mani, dopo aver sfiorato ogni sinuosità dei nostri corpi, tornarono un attimo libere e anche la mente ebbe un lampo di pausa.
…”Denise, sediamoci, guardiamoci negli occhi, mani nelle mani”…
…”si Frà, è stato bellissimo, ti ho sempre amato lo sai, non me ne voglia Giuliano che ho amato e amo anche lui, e credo sia stato altrettanto per te con la tua e nostra cara ”Miss””…Devo però chiederti una cosa immensa; ah! anche tu? bene, diciamola, anche se mi pesa non puoi immaginare quanto!”…
…”Ecco, non roviniamo tutto, non siamo in crisi personale né io né te, affatto. Siamo felici con le nostre famiglie, non sarebbe giusto comportarci diverso dai principi nei quali siamo cresciuti. Restiamo senza ombre coi nostri partner. Frà, è stato fantastico ma smettiamo qui, subito, brindiamoci con un Perignon, Ciò volevo dirti”...
…”Denise, io credo alla lettura del pensiero, è la cosa che potevi sentire da me, pur se non immagini quanto mi sia altrettanto pesante. Consentimi un abbraccio e un bacio, stavolta sulla fronte. Cin cin Denise, al passato, al nostro amore, agli ideali, agli amici; grazie per aver anticipato il comune pensiero”…
Rientro al Jolly, ho un nodo in gola, ho tremore, mi sento male in ogni senso. Entro di me è un turbinio di sensazioni, emozioni, reminiscenze, rimpianti, oltre l’insoddisfazione di una tensione fisica spezzata, insoddisfatta. Nel contempo è presente l’appagamento di aver evitato l’imbocco di un percorso difficile per entrambi, che avremmo saputo dove iniziasse, non ove e come finisse. La notte è agitata, tormentata, insonne.
Chiudo gli occhi e vedo una Denise desiderabile, disponibile, e immagino un ciclone che tutto vuole, spazza, porta via.
Il mattino lei mi telefona, volevo farlo io ma sono anticipato:
…” Frà, parto in giornata, è stato indimenticabile ieri sera ma è bene come abbiamo deciso di comportarci ed è difficile ci si possa rivedere. Sei stato un gentiluomo, un camerata degno della nostra morale. Porterò i tuoi saluti a Giuliano, che è sempre quello del dopoguerra difficile. Dai per me un abbraccio alla cara “Miss” e abbi una vita felice. Mio marito, tua moglie, i nostri figli, devono esser fieri di noi”..
Riprendo gli impegni. Il “Cavaliere”, da anziano navigato alla D’Annunzio, mi chiede notizie sulla serata, sicuro di una conclusione scontata. Con lui non ho avuto mai segreti, mi apro e gli dico tutto, Denise, il Gallia, la suite, la serata, il Perignon, l’intendimento di fermare passi ostici per i reciproci equilibri e per rispettare, perché no? le persone amiche di un tempo lontano, Giuliano, il mio pari grado (e no! non più, ormai ho saputo delle tre stellette), la “Miss”, la Piccola Italiana unica donna della mia vita. No, dalla serata ne uscivamo a fronte alta o, comunque, non bassa. Le effusioni più o meno accentuate hanno fatto parte della vita di prima, non di oggi.
Il “Cavaliere” mi ascolta stupito, forse ammirato, e dice che ho fatto benissimo a comportarmi così. Lo avrebbe fatto anche lui (ci credo poco, le donne belle e disponibili non gli mancarono mai).
Termino gli impegni a Milano, una puntata a Novara, alla Malpensa, a Pavia e Brescia, ove chiudo la settimana. Percepisco il Veneto vicino, Vicenza, ove saluterò un militare amico, Verona, Padova e infine Venezia. Mia moglie mi preavverte dell’arrivo al Marco Polo.
…” Mi sei mancato Frà, non sai quanto! dobbiamo stare più assieme, ne abbiamo bisogno. Sarebbe ora che mandi a quel paese il tuo Capo che vi ha ficcato in mente che una … sana lontananza dalle mogli rinvigorisce i rapporti. Non è vero, lo faccia lui con la sua, non agli altri! E sarebbe poi ora che tu stessi un po’ lontano anche da quelle due smorfiose delle tue segretarie romana e milanese, disponibili in tutto e per tutto per quanto ti riguarda!”…
…”e magari avrai avuto questi giorni qualche avventura pericolosa!”
…”che dici cara! non farei mai ciò, pure se stavolta una occasione c’è stata, stavo per avere uno splendido imprevisto con una dama misteriosa,” …
…”sei il solito stupido, non scherzarci, andiamo a Venezia!”…
…”Cara, scherzavo fino a un certo punto. Sai chi ho incontrato al Meeting di Milano? Denise. È sempre giovane e stupenda, ti abbraccia e ha abbracciato e baciato anche me, e m’ha voluto con lei a cena al Gallia (così, ipocrita, non gli ho nascosto nulla di nulla). Ha detto siete state fortunate ad aver trovato due dell’organizzazione con le balle, io per te e Giuliano per lei. Ora è in Brasile coi suoi e la sua fabbrica”…
…”andiamo, la macchina ci attende al parking, anzi ho pensato di aggiungere al weekend una bella puntata a Trieste. Torneremo a Miramare, la villa-castello di Rodolfo d’Asburgo che tanto ti ha fatto sognare. Visto che mantengo gli impegni presi? (oltre il dilettevole il dovere, a Trieste vedrò un comandante di mare per conto del Capo romano, per ora lo tengo per me). Finis della missione mixata lombardo-veneta.


auroraageno
00lunedì 26 gennaio 2009 09:53

Gran bella storia. Ci sei andato vicinissimo, Francesco.... ma ti (e vi) ha soccorso l'onestà di base che non ha permesso il fallo.

Grande lealtà, sempre. Grazie di questo racconto.... molto bello e ti si vede uomo.... uomo con un piede vicino al fossato e che poi riprende l'equilibrio e si allontana.

Bellissimo il rapporto con tua figlia e anche l'amore intatto negli anni con la tua dolce metà.

Quell'amicizia, incontrata per alcune ore, non ha perso la freschezza che aveva. Resta un piccolo segreto nel cuore di entrambi: "quasi"....

Un abbraccio affettuoso, Francesco


aurora


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