Non c'è posto nella locanda... ma... se vogliamo, possiamo cambiare la storia

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auroraageno
00domenica 27 novembre 2011 17:52

Non c'è posto nella locanda... ma... se vogliamo, possiamo cambiare la storia



Guido Purlini aveva 12 anni e frequentava la prima media. Era già stato bocciato due volte. Era un ragazzo grande e goffo ma benvoluto dai compagni. Sempre servizievole era diventato il protettore naturale dei più piccoli.
L'avvenimento più importante della scuola, ogni anno, era la recita natalizia. A Guido sarebbe piaciuto fare il pastore con il flauto, ma la signorina Lombardi gli diede una parte più impegnativa, quella del locandiere, perché comportava poche battute e il fisico di Guido avrebbe dato più forza al suo rifiuto di accogliere Giuseppe e Maria.
La sera della rappresentazione c'era un folto pubblico. Nessuno viveva la magia della santa notte più intensamente di Guido. E venne il momento dell'entrata in scena di Giuseppe, che bussò forte alla porta di legno. Guido il locandiere era là, in attesa.
"Che cosa volete?" chiese Guido, aprendo bruscamente la porta.
"Cerchiamo un alloggio".
"Cercatelo altrove. La locanda è al completo".
La recitazione di Guido era forse un po' statica, ma il suo tono era molto deciso.
"La prego, buon locandiere, mia moglie Maria, qui, aspetta un bambino e ha bisogno di un luogo per riposare. Sono certo che riuscirete a trovarle un angolino. Non ne può più".
A questo punto, per la prima volta, il locandiere sembrò addolcirsi e guardò verso Maria. Seguì una lunga pausa, lunga abbastanza da far serpeggiare un filo d'imbarazzo tra il pubblico.
"No! Andate via!", sussurrò il suggeritore da dietro le quinte.
"No", ripeté Guido automaticamente. "Andare via!"
Rattristato, Giuseppe strinse a sé Maria e cominciò ad allontanarsi con lei. Invece di richiudere la porta, però, Guido il locandiere rimase sulla soglia con lo sguardo fisso sulla miseranda coppia. Aveva la bocca aperta, la fronte solcata da rughe di preoccupazione, e i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime. Tutto ad un tratto, quella recita divenne differente da tutte le altre.
"Non andar via, Giuseppe", gridò Guido.
"Riporta qui Maria". E, con il volto illuminato da un grande sorriso, aggiunse:
"Potete prendere la mia stanza".

Secondo alcuni, quel rimbambito di Guido Purlini aveva mandato a pallino la rappresentazione. Ma per la maggior parte, fu la più natalizia di tutte le rappresentazioni natalizie che avessero mai visto.






(dal foglietto domenicale parrocchiale)


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