Pavese, Cesare - Biografia e Raccolta poesie "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi"

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auroraageno
00venerdì 1 febbraio 2008 08:13
Pavese, Cesare - Biografia e Raccolta poesie "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi"
Biografia


Cesare Pavése, scrittore, nacque a S. Stefano Belbo , Cuneo, nel 1908; morì a Torino nel 1950.
Si formò a Torino, alternandovi il soggiorno con quello delle Langhe natali, che sono tanta parte della sua narrativa e della sua lirica. Studioso acuto delle letterature inglese e americana, dopo una breve esperienza di insegnamento, divenne traduttore e dirigente della casa editrice Einaudi.
Già il suo primo volume di versi, Lavorare stanca (1936), preannuncia, attraverso il suo ritmo arioso e narrativo, la poetica e i modi del prosatore (Paesi tuoi, 1941). Seguono, con risultati sempre più persuasivi, le pagine di Feria d'agosto (1946), de Il compagno (1947), dei Dialoghi con Leucò (1947), di Prima che il gallo canti (1949), di La bella estate (1949), nelle quali si coglie il singolare incontro tra la sua sensibilissima passata esperienza di lettore di letteratura americana e una personale ispirazione lirico-drammatica di sfondo regionale.
Fissò la sua dolorosa biografia interiore (morì suicida) nel diario, Il mestiere di vivere (1952), apparso postumo come i successivi volumi, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951), Notte di festa (1953), Fuoco grande (1954) e Le lettere (1966).

Le 10 poesie di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (8 in italiano e 2 in inglese) per Constance Dowling, scritte (probabilmente tutte a Torino) tra l'11 marzo e l'11 aprile 1950, sono state trovate alla morte di Pavese in una cartella nella scrivania del suo ufficio nella casa editrice Einaudi. Dattiloscritte, portavano titoli e date di pugno dell'autore, come pure di pugno dell'autore era il frontespizio: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi | 11 marzo - 11 aprile 1950. Sono state pubblicate nel volume postumo omonimo (Einaudi, Torino 1951) insieme a La terra e la morte.

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Le poesie di Verrà la morte non attingono alla vena epica di Lavorare stanca. Dall'oggettivazione narrativa fanno ritorno al soggettivismo lirico, ma trascendono l'antico limite della confessione e dello sfogo nella sottile sapienza d'un linguaggio poetico che si fa numero, immagine, valore musicale.

Massimo Mila



Tutte le opere di Pavése (1908-50) sono state pubblicate da Einaudi.



CESARE PAVESE

VERRA' LA MORTE
E AVRA' I TUOI OCCHI


Raccolta poesie


Giulio Einaudi Editore








auroraageno
00venerdì 1 febbraio 2008 08:16
1. La terra e la morte



Terra rossa terra nera,
tu vieni dal mare,
dal verde riarso,
dove sono parole
antiche e fatica sanguigna
e gerani tra i sassi -
non sai quanto porti
di mare parole e fatica,
tu ricca come un ricordo,
come la brulla campagna,
tu dura e dolcissima
parola, antica per sangue
raccolto negli occhi;
giovane, come un frutto
che è ricordo e stagione -
il tuo fiato riposa
sotto il cielo d'agosto,
le olive del tuo sguardo
addolciscono il mare,
e tu vivi rivivi
senza stupire, certa
come la terra, buia
come la terra, frantoio
di stagioni e di sogni
che alla luna si scopre
antichissimo, come
le mani di tua madre,
la conca del braciere.



27 ottobre 1945





auroraageno
00venerdì 1 febbraio 2008 08:18


Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate.



29 ottobre 1945






auroraageno
00venerdì 1 febbraio 2008 08:20



Anche tu sei collina
e sentiero di sassi
e gioco nei canneti,
e conosci la vigna
che di notte tace.
Tu non dici parole.

C'è una terra che tace
e non è terra tua.
C'è un silenzio che dura
sulle piante e sui colli.
Ci son acque e campagne.
Sei un chiuso silenzio
che non cede, sei labbra
e occhi bui. Sei la vigna.

E' una terra che attende
e non dice parola.
Sono passati giorni
sotto cieli ardenti.
Tu hai giocato alle nubi.
E' una terra cattiva -
la tua fronte lo sa.
Anche questo è la vigna.

Ritroverai le nubi
e il canneto, e le voci
come un'ombra di luna.
Ritroverai parole
oltre la vita breve
e notturna dei giochi,
oltre l'infanzia accesa.
Sarà dolce tacere.
Sei la terra e la vigna.

Un acceso silenzio
brucerà la campagna
come i falò la sera.



30-31 ottobre 1945






auroraageno
00venerdì 1 febbraio 2008 08:22



Hai viso di pietra scolpita,
sangue di terra dura,
sei venuta dal mare.
Tutto accogli e scruti
e respingi da te
come il mare. Nel cuore
hai silenzio, hai parole
inghiottite. Sei buia.
Per te l'alba è silenzio.

E sei come le voci
della terra - l'urto
della secchia nel pozzo,
la canzone del fuoco,
il tonfo di una mela;
le parole rassegnate
e cupe sulle soglie,
il grido del bimbo - le cose
che non passano mai.
Tu non muti. Sei buia.

Sei la cantina chiusa,
dal battuto di terra,
dov'è entrato una volta
ch'era scalzo il bambino,
e ci ripensa sempre.
Sei la camera buia
cui si ripensa sempre,
come al cortile antico
dove s'apriva l'alba.



5 novembre 1945








auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 06:58




Tu non sai le colline
dove si è sparso il sangue.
Tutti quanti fuggimmo
tutti quanti gettammo
l'arma e il nome. Una donna
ci guardava fuggire.
Uno solo di noi
si fermò a pugno chiuso,
vide il cielo vuoto,
chinò il capo e morì
sotto il muro, tacendo.
Ora è un cencio di sangue
e il suo nome. Una donna
ci aspetta alle colline.



9 novembre 1945




auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 06:59




Di salmastro e di terra
è il tuo sguardo. Un giorno
hai stillato di mare.
Ci sono state piante
al tuo fianco, calde,
sanno ancora di te.
L'agave e l'oleandro.
Tutto chiudi negli occhi.
Di salmastro e di terra
hai le vene, il fiato.

Bava di vento caldo,
ombre di solleone -
tutto chiudi in te.
Sei la voce roca
della campagna, il grido
della quaglia nascosta,
il tepore del sasso.
La campagna è fatica,
la campagna è dolore.
Con la notte il gesto
del contadino tace.
Sei la grande fatica
e la notte che sazia.

Come la roccia e l'erba,
come terra, sei chiusa;
ti sbatti come il mare.
La parola non c'è
che ti può possedere
o fermare. Cogli
come la terra gli urti,
e ne fai vita, fiato
che carezza, silenzio.
Sei riarsa come il mare,
come un frutto di scoglio,
e non dici parole
e nessuno ti parla.



15 novembre 1945





auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 07:00



Sempre vieni dal mare
e ne hai la voce roca,
sempre hai occhi segreti
d'acqua viva tra i rovi,
e fronte bassa, come
cielo basso di nubi.
Ogni volta rivivi
come una cosa antica
e selvaggia, che il cuore
già sapeva e si serra.

Ogni volta è uno strappo,
ogni volta è la morte.
Noi sempre combattemmo.
Chi si risolve all'urto
ha gustato la morte
e la porta nel sangue.
Come buoni nemici
che non s'odiano più
noi abbiamo una stessa
voce, una stessa pena
e viviamo affrontati
sotto povero cielo.
Tra noi non insidie,
non inutili cose -
combatteremo sempre.

Combatteremo ancora,
combatteremo sempre,
perché cerchiamo il sonno
della morte affiancati,
e abbiamo voce roca
fronte bassa e selvaggia
e un identico cielo.
Fummo fatti per questo.
Se tu od io cede all'urto,
segue una notte lunga
che non è pace o tregua
e non è morte vera.
Tu non sei più. Le braccia
si dibattono invano.

Fin che ci trema il cuore.
Hanno detto un tuo nome.
Ricomincia la morte.
Come ignota e selvaggia
sei rinata dal mare.



19-20 novembre 1945





auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 07:01




E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto -
noi strappammo le mani
dalla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume -
non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi.



19-20- novembre 1945





auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 07:03




Sei la terra e la morte.
La tua stagione è il buio
e il silenzio. Non vive
cosa che più di te
sia remota dall'alba.

Quando sembri destarti
sei soltanto dolore,
l'hai negli occhi e nel sangue
ma tu non senti. Vivi
come vive una pietra,
come la terra dura.
E ti vestono sogni
movimenti singulti
che tu ignori. Il dolore
come l'acqua di un lago
trepida e ti circonda.
Sono cerchi sull'acqua.
Tu li lasci svanire.
Sei la terra e la morte.



3 dicembre 1945





auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 23:28
2. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (11 marzo - 11 aprile '50)


To C. from C.


You,
dappled smile
on frozen snows-
wind of March,
ballet of boughs
sprung on the snow,
moaning and glowing
your little « ohs »-
white-limbed doe,
gracious,
would I could know
yet
the gliding grace
of all your days,
the foam-like lace
of all your ways-
to-morrow is frozen
down on the plain-
you, dappled smile,,
you, glowing laughter.



11 marzo 1950




In the morning you always come back


Lo spiraglio dell'alba
respira con la tua bocca
in fondo alle vie vuote.
Luce grigia i tuoi occhi,
dolci gocce dell'alba
sulle colline scure.
Il tuo passo e il tuo fiato
come il vento dell'alba
sommergono le case.
La città abbrividisce,
odorano le pietre -
sei la vita, il risveglio.

Stella sperduta
nella luce dell'alba,
cigolìo della brezza,
tepore, respiro -
è finita la notte.

Sei la luce e il mattino.



20 marzo 1950




auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 23:29




Hai un sangue, un respiro.
Sei fatta di carne
di capelli di sguardi
anche tu. Terra e piante,
cielo di marzo, luce,
vibrano e ti somigliano -
il tuo riso e il tuo passo
come acque che sussultano -
la tua ruga fra gli occhi
come nubi raccolte -
il tuo tenero corpo
una zolla nel sole.

Hai un sangue, un respiro.
Vivi su questa terra.
Ne conosci i sapori
le stagioni i risvegli,
hai giocato nel sole,
hai parlato con noi.
Acqua chiara, virgulto
primaverile, terra,
germogliante silenzio,
tu hai giocato bambina
sotto un cielo diverso,
ne hai negli occhi il silenzio,
una nube, che sgorga
come polla dal fondo.
Ora ridi e sussulti
sopra questo silenzio.
Dolce frutto che vivi
sotto il cielo chiaro,
che respiri e vivi
questa nostra stagione,
nel tuo chiuso silenzio
è la tua forza. Come
erba viva nell'aria
rabbrividisci e ridi,
ma tu, tu sei terra.
Sei radice feroce.
Sei la terra che aspetta.



21 marzo 1950





auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 23:30




Verrà la morte e avrà i tuoi occhi -
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.



22 marzo 1950





auroraageno
00sabato 2 febbraio 2008 23:32
You, wind of March



Sei la vita e la morte.
Sei venuta di marzo
sulla terra nuda -
il tuo brivido dura.
Sangue di primavera
- anemone o nube -
il tuo passo leggero
ha violato la terra.
Ricomincia il dolore.

Il tuo passo leggero
ha riaperto il dolore.
Era fredda la terra
sotto povero cielo,
era immobile e chiusa
in un torpido sogno,
come chi più non soffre.
Anche il gelo era dolce
dentro il cuore profondo.
Tra la vita e la morte
la speranza taceva.

Ora ha una voce e un sangue
ogni cosa che vive.
Ora la terra e il cielo
sono un brivido forte,
la speranza li torce
li sconvolge il mattino,
li sommerge il tuo passo,
il tuo fiato d'aurora.
Sangue di primavera,
tutta la terra trema
di un antico tremore.

Hai riaperto il dolore.
Sei la vita e la morte.
Sopra la terra nuda
sei passata leggera
come rondine o nube,
e il torrente del cuore
si è ridestato e irrompe
e si specchia nel cielo
e rispecchia le cose -
e le cose, nel cielo e nel cuore
soffrono e si contorcono
nell'attesa di te.
E' il mattino, è l'aurora,
sangue di primavera,
tu hai violato la terra.

La speranza si torce,
e ti attende ti chiama.
Sei la vita e la morte.
Il tuo passo è leggero.



25 marzo 1950





auroraageno
00domenica 3 febbraio 2008 07:04
Passerò per Piazza di Spagna



Sarà un cielo chiaro.
S'apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell'aria ferma.
I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S'aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l'acqua nelle fontane -
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l'odore della pietra e dell'aria
mattutina. S'aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.

Sarai tu - ferma e chiara.



28 marzo 1950





auroraageno
00domenica 3 febbraio 2008 07:05



I mattini passano chiari
e deserti. Così i tuoi occhi
s'aprivano un tempo. Il mattino
trascorreva lento, era un gorgo
d'immobile luce. Taceva.
Tu viva tacevi; le cose
vivevano sotto i tuoi occhi
(non pena non febbre non ombra)
come un mare al mattino, chiaro.

Dove sei tu, luce, è il mattino.
Tu eri la vita e le cose.
In te desti respiravamo
sotto il cielo che ancora è in noi.
Non pena non febbre allora,
non quest'ombra greve del giorno
affollato e diverso. O luce,
chiarezza lontana, respiro
affannoso, rivolgi gli occhi
immobili e chiari su noi.
E' buio il mattino che passa
senza la luce dei tuoi occhi.



30 marzo 1950






auroraageno
00domenica 3 febbraio 2008 07:07
The night you slept



Anche la notte ti somiglia,
la notte remota che piange
muta, dentro il cuore profondo,
e le stelle passano stanche.
Una guancia tocca una guancia -
è un brivido freddo, qualcuno
si dibatte e t'implora, solo,
sperduto in te, nella tua febbre.

La notte soffre e anela l'alba,
povero cuore che sussulti.
O viso chiuso, buia angoscia,
febbre che rattristi le stelle,
c'è chi come te attende l'alba
scrutando il tuo viso in silenzio.
Sei distesa sotto la notte
come un chiuso orizzonte morto.
Povero cuore che sussulti,
un giorno lontano eri l'alba.



4 aprile 1950






auroraageno
00domenica 3 febbraio 2008 07:09
The cats will know



Ancora cadrà la pioggia
sui tuoi dolci selciati,
una pioggia leggera
come un alito o un passo.
Ancora la brezza e l'alba
fioriranno leggere
come sotto il tuo passo,
quando tu rientrerai.
Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.

Ci saranno altri giorni,
ci saranno altre voci.
Sorriderai da sola.
I gatti lo sapranno.
Udrai parole antiche,
parole stanche e vane
come i costumi smessi
delle feste di ieri.

Farai gesti anche tu.
Risponderai parole -
viso di primavera,
farai gesti anche tu.

I gatti lo sapranno,
viso di primavera;
e la pioggia leggera,
l'alba color giacinto,
che dilaniano il cuore
di chi più non ti spera,
sono il triste sorriso
che sorridi da sola.
Ci saranno altri giorni,
altre voci e risvegli.
Soffriremo nell'alba,
viso di primavera.



10 aprile 1950





auroraageno
00domenica 3 febbraio 2008 07:11
Last blues, to be read some day



'T was only a flirt
you sure did know-
some one was hurt
long time ago.

All is the same
time has gone by-
some day you came
some day you'll die.

Some one has died
long time ago-
some one who tried
but didn't know.



11 aprile 1950






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