Prévert, Jacques - Biografia e Poesie

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auroraageno
00lunedì 19 novembre 2007 10:10


Nato nel 1900 a Neuilly, nella periferia di Parigi, Prévert fa esperienza di tutto: jazz, alcoolici,
cultura delle più diverse origini.
Legato al movimento surrealista, pur senza identificarvisi, debutta nel '30 su varie riviste, prima
di riunire le sue prime poesie nella raccolta «Parole» (1946). Scrive contemporaneamente per il
Teatro Operaio, sceneggiature cinematografiche per l'amico regista Jean Renoir e, più tardi, il
soggetto del film «Porto delle nebbie», interpretato da Jean Gabin. Compone nel frattempo
anche i testi di alcune canzoni musicate da Joseph Kosma, che Juliette Gréco e Yves Montand
contribuiranno a rendere famose nel mondo.
Il volume «Storie e altre storie» (1963) è il suo ultimo lavoro.
Muore l'11 aprile 1977 di cancro al polmone.


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Come un motivo fischiettato e mai dimenticato, la poesia di Prévert si è mischiata alla gente, l'ha
cantata e subito conquistata, imponendo il suo autore come uno tra i pochi poeti veramente
popolari; non poeta-vate o eroe, ma vero uomo che appartiene alla folla, come vi appartennero a
loro modo Jean Gabin o Maurice Chevalier.
Non capita spesso, del resto, di veder coesistere in un solo individuo un poeta, un uomo di
cinema, un autore di parole per canzoni di successo.
Anticonformista dichiarato, per istinto e educazione surrealista, Prévert fonde nella sua poesia
simboli, oggetti e evocazioni che ricreano in modo diretto l'atmosfera di certi quartieri della
capitale francese. E, per improvvisa magia, vena satirica e polemica si sposano alla favola e
all'elegia; l'ateo blasfemo fa da contrappunto al prete e al bigotto, il renitente al gregario,
l'anarchico al fascista, chi fa l'amore contento a chi triste non lo fa.
Nelle sue poesie a sfondo sociale, le prime parti son sempre tenute dall'estro, che ora si traduce
in acuta invettiva contro i costumi, la mentalità, le istituzioni; ora in umorismo ombreggiato
d'irrazionale che esplode in magistrali tiritere, nonsensi, giochi di parole. No, Prévert non è un
poeta come gli altri. Ha rinnovato l'aria, ha immesso il respiro della strada nei corridoi della
poesia del suo tempo. E' suono oltre a essere stile, parla a seconda della parola che gli sale alla
bocca, scrive come si parla camminando. Perché la poesia di Prévert, stilisticamente perfetta, è
una poesia parlata, fatta d'incastri e composizioni come scatole cinesi, falsi proverbi, esilaranti
sentenze... e di Parigi, riscoperta, celebrata, denudata nella sua strafottente modernità. E'
calore, ambiente, libertà di giudizio, vita quotidiana; è anticonformismo, a volte anarchia, amore.
E' gioia che stenta a farsi largo e si fissa nella smorfia dei vagabondi, o guizza rada nelle
immagini semplici di fiori, bambini, belle ragazze.


da "Jacques Prévert - Poesie -" ed. Euroclub 1995




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QUESTO AMORE



Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura come un bambino quando è buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che faceva paura
Agli altri
E li faceva parlare e impallidire
Questo amore tenuto d'occhio
Perché noi lo tenevamo d'occhio
Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Perché noi l'abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Quest'amore tutt'intero
Così vivo ancora
E baciato dal sole
E' il tuo amore
E' il mio amore
E' quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l'estate
Sia tu che io possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognarci della morte
Ringiovanire
E svegli sorridere ridere
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Saldo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire
E io l'ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti quelli che si amano
E che si sono amati
Oh sì gli grido
Per te per me per tutti gli altri
Che non conosco
Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov'eri un tempo
Resta dove sei
Non muoverti
Non te ne andare
Noi che siamo amati noi t'abbiamo
Dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvvisa
Tendici la mano
Portaci in salvo.











auroraageno
00lunedì 19 novembre 2007 10:12
Il giardino


Mille anni e poi mille
non possono bastare
per dire
la microeternità
di quando m'hai baciato
di quando t'ho baciata
un mattino nella luce dell'inverno
al Parc Montsouris a Parigi
a Parigi
sulla terra
sulla terra che è un astro.




auroraageno
00lunedì 19 novembre 2007 10:13
Canzone



Che giorno è
E' tutti i giorni
Amica mia
E' tutta la vita
Amore mio
Noi ci amiamo noi viviamo
Noi viviamo noi ci amiamo
E non sappiamo cosa sia la vita
Cosa sia il giorno
E non sappiamo cosa sia l'amore.




auroraageno
00lunedì 19 novembre 2007 10:14
Alicante




Un'arancia sulla tavola

il tuo vestito sul tappeto

e nel mio letto tu

dolce presente del presente

freschezza della notte

calore della mia vita.





auroraageno
00lunedì 19 novembre 2007 10:15
Sabbie mobili




Demoni e meraviglie

venti e maree

lontano di già si è ritirato il mare

e tu

come alga dolcemente accarezzata dal vento

nella sabbia del tuo letto ti agiti sognando

demoni e meraviglie

venti e maree

lontano di già si è ritirato il mare

ma nei tuoi occhi socchiusi

due piccole onde son rimaste

demoni e meraviglie

venti e maree

due piccole onde per annegarmi.





auroraageno
00lunedì 19 novembre 2007 10:17
Confessione pubblica - (Tombola critica)




Abbiamo fatto d'ogni erba un fascio
diciamocelo pure
Abbiamo approfittato della Pentecoste per appendere le uova
di pasqua di San Bartolomeo all'albero di natale del
Quattordici luglio
La cosa non è piaciuta
Le uova erano troppo rosse
La colomba è scappata
Abbiamo fatto d'ogni erba un fascio
diciamocelo pure
mischiando i giorni con gli anni i desideri coi rimpianti il
latte col caffè
Nel mese di Maria che è dicono il più bello abbiamo
piazzato il Venerdì tredici e la Superdomenica dei
Cammelli il giorno della morte di Luigi XVI l'Anno
del terrore l'Ora del pastorello e cinque minuti di
sosta ristoro

E senza buone ragioni senza belle magioni senza allegre
prigioni ci abbiamo aggiunto la settimana lunga delle
quaranta ore e quella dei quattro giovedì
Senza contare, se non vi dispiace,
un minuto di buona confusione
Un minuto di grida di gioia di canzoni di risate e di rumori
e lunghe notti per dormire d'inverno con qualche ora in
più per sognare che è estate e lunghi giorni per far l'amore
e fiumi per fare il bagno e gran sole per asciugarci
Abbiamo dilapidato il nostro tempo
diciamocelo pure
ma era un tempo così schifoso
Abbiamo spostato in avanti le lancette dell'orologio
strappato le foglie morte al calendario
Però alle porte non abbiam suonato
diciamocelo pure
Ci siamo limitati a scivolare sulla rampa di scale
e a sussurrare di giardini pensili
mentre per voi era già questione di fortezze volanti
ci mettete meno voi a radere una città che un barbiere di
paese a radere il suo paese la domenica mattina
Rovine garantite in ventiquattro ore
anche il tintore ci resta
Come potete pretendere che ci vestiamo a lutto.





Agosto 1940, Jurançon







auroraageno
00sabato 14 giugno 2008 04:39
STORIA DEL CAVALLO



Brava gente ascoltate il mio lamento
ascoltate la storia della mia vita
è un orfano che vi parla
che vi racconta i suoi piccoli guai
su, vai!
Un generale un giorno
o meglio una notte
un generale ebbe dunque
due cavalli uccisi sotto di lui
questi due cavalli erano
su, vai!
come è amara la vita
erano il mio povero padre
e la mia povera madre
che si erano nascosti sotto il letto
sotto il letto del generale che
che si era nascosto nelle retrovie
in una cittadina del Mezzogiorno.
Il generale parlava
parlava da solo di notte
parlava in generale delle sue piccole noie
ed è così che mio padre
ed è così che mia madre
su, vai!
una notte sono morti di noia.

Per me la vita di famiglia era già finita
uscendo dal comodino
al gran galoppo me la filo
me la filo verso la grande città
dove tutto brilla e tutto riluce
in moto arrivo a Zarigi in Poccoli
scusatemi parlo cavallo
un mattino arrivo a Parigi in zoccoli
chiedo di poter vedere un leone
il re degli animali
mi arriva un colpo di stanga
proprio su una frogia
poiché c'era la guerra
la guerra che continuava
mi attaccano i paraocchi
eccomi dunque mobilitato
e siccome c'era la guerra
la guerra che continuava
la vita diventava cara
diminuivano i viveri
e più diminuivano
più la gente mi guardava
con uno sguardo strano
mentre battevano i denti
mi chiamavano beefsteak
credevo fosse inglese
su, vai!
tutti quelli che erano vivi
e che mi accarezzavano
volevano vedermi morto
per abbuffarsi di me
dritto, vai!

Una notte in scuderia
una notte che io dormivo
mi capita di sentire un rumore strano
una voce conosciuta
quella del vecchio generale
il vecchio generale che tornava
con un vecchio comandante
e credevano che dormissi
e parlavano piano piano
Ne abbiamo abbastanza di riso in bianco
vogliamo mangiare un po' di carne
basterà che gli mettiamo nell'avena
qualche puntina di grammofono.
Allora il sangue mi fece un tuffo
come la corsa di un cavallo di legno
e uscendo dalla stalla
me la diedi a gambe nel bosco.

La guerra adesso è finita
ed è morto il vecchio generale
è morto nel suo letto
morto della sua bella morte
ma io sono ancora vivo ed è ciò che conta
buonasera
buonanotte
buon appetito generale.








auroraageno
00sabato 14 giugno 2008 04:41
LA BELLA STAGIONE



A digiuno sperduta assiderata
Tutta sola senza un soldo
Ferma in piedi una ragazza
Età sedici anni
In Place de la Concorde
il quindici agosto a mezzogiorno.






auroraageno
00sabato 14 giugno 2008 04:46


PER TE AMORE MIO


Sono andato al mercato degli uccelli
E ho comprato degli uccelli
Per te
amore mio
Sono andato al mercato dei fiori
E ho comprato dei fiori
Per te
amore mio
Sono andato al mercato dei rottami
E ho comprato catene
Pesanti catene
Per te
amore mio
Poi sono andato al mercato degli schiavi
E ti ho cercata
Ma senza trovarti
amore mio.








lucky_luke
00martedì 23 settembre 2008 14:01
I ragazzi che si amano


I ragazzi che si amano
si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano
li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo
le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano
non ci sono per nessuno
Essi sono altrove
molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore
del loro primo amore.

Jacques Prévert
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