Shelley, Percy Bysshe - Poesie e Biografia

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auroraageno
00venerdì 19 ottobre 2007 08:00
Shelley, Percy Bysshe - Biografia


Percy Bisshe Shelley, poeta inglese, nacque a Field Place, Sussex, il 4 agosto 1792.
Nato in una famiglia facoltosa e figlio primogenito di Timothy Shelley e di Elizabeth Pilford,
a sei anni fu mandato in parrocchia a seguire lezioni di latino.
La sua prima poesia conosciuta, A Cat in Distress, fu scritta quando Shelley aveva circa
dieci anni e ne rimane un esemplare copiato e llustrato dalla sorella Elizabeth.
Nel 1802 entra alla Sion House Academy di Brentford dove passò la maggior parte
del tempo a leggere in solitudine romanzi neo-gotici, essendo la scuola, per lui, "un
perfetto inferno".
Dal 1804 al 1810 (che fu il più lungo periodo di residenza stabile che Shelley abbia conosciuto
nella vita) viene educato a Eton, dove gli studi vertono soprattutto sulla lettura del latino
e del greco e sulla composizione di versi in quelle lingue. E' particolarmente colpito da alcune
lezioni del Dr. Adam Walker sull'elettricità e sul magnetismo, a causa delle quali sviluppa
un forte interesse per la sperimentazione scientifica. Legge per la prima volta William
Godwin, che influenzò profondamente il suo pensiero. Pubblica un primo volume di versi
che contiene liriche sentimentali, ballate neo-gotiche e traduzioni dal tedesco e dall'italiano,
inoltre, epistole in versi della sorella Elizabeth.
Nell'ottobre nel 1810 entra all'University College di Oxford, che anche la figlia del rettore
giudica un luogo "nel quale il vero significato della parola educazione sembra non essere
minimamente compreso".
Stringe profonda amicizia con Thomas Jefferson Hogg.
Scrive romanzi, raccolte poetiche, libelli. Si interessa di politica e ne è entusiasta.
Nel 1811 sposa a Edimburgo Harriet Westbrook, di sedici anni.
Fin dal gennaio del 1812 soffre di "attacchi nervosi" che placa con dosi di laudano.
Con la moglie e la cognata Eliza si reca in Irlanda e distribuisce agli angoli delle strade
copie di due libelli; il primo, scritto in linguaggio semplice invita alla sobrietà, al lavoro, alla non
violenza, per l'ottenimento delle libertà politiche e la giustizia economica; il secondo è invece
indirizzato a un pubblico più colto. A Dublino è profondamente colpito dalla miseria dei
lavoratori.
Tornato in Inghilterra prosegue la propria campagna radicale e scrive in difesa della libertà
d'espressione. Incontra lo scrittore Thomas Love Peacock.
Dal 1813 al 1816 si aggravano le sue condizioni di salute, si intensifica il suo rapporto con
Godwin, attraversa una forte crisi matrimoniale e notevoli difficoltà finanziarie. Pubblica
privatamente Queen Mab, a Philosofical Poem, perché nessun editore vuole pubblicarlo
per non incorrere nel rischio della pena di morte, poiché è troppo contrario ad ogni istituzione
esistente.
Nasce la figlia Eliza Ianthe. Avrà anche altri figli nati più tardi sia dalla moglie che dall'amante Mary.
Infatti conosce un'irrequieta e sofferta vita sentimentale, incontra Mary, la figlia sedicenne di
Godwin, se ne innamora e minaccia di suicidarsi quando la giovane, per l'intervento della moglie
del poeta, cambia proposito.
Shelley incontra Byron e fra i due poeti si stabilisce un'affettuosa amicizia. Mary scrive un romanzo:
Frankenstein, che le darà una notorietà imprevedibile.
Due lutti si abbattono sulla vita del poeta. La sorella di Mary e di Jane (amante di Byron), Fanny,
si suicida e si uccide anche la moglie Harriet. A Shelley è negata la custodia dei figli.
Dal 1817 al 1822: nasce la figlia di Jane e di Byron, cui viene dato il nome di Alba, ma il padre
deciderà di chiamarla Allegra.
Shelley incontra John Keats. Fra alterne fortune, anche per la censura dell'editore che dovrebbe
farne la pubblicazione, scrive libelli e poemi.
Rotti ormai tutti i rapporti con la famiglia, e con la salute che va peggiorando, Shelley lascia
l'Inghilterra con Mary e i due figli. Attraversa la Francia, raggiunge Torino, poi Milano, Pisa e
Venezia, dove trascorre molto tempo in compagnia di Byron. Visita Ferrara, Bologna, Spoleto
e Roma; raggiunge Napoli. Mary annota: "una sofferenza fisica, continua e intensa lo tormentava"
e "i suoi pensieri, ombrati dalla malattia, si facevano cupi - allora si rifugiava nella solitudine, e nei
versi, che mi nascondeva per timore di ferirmi..." Stanzas Written in Dejection, near Naples, è tipica
dell'umore di Shelley in questo periodo.
Continua a scrivere. Si stabilisce a Pisa e la sua produzione letteraria continua.
Nel febbraio del 1821 muore John Keats, in sua memoria in breve tempo Shelley scrive Adonais.
1822 - Scrive alcune delle sue più belle liriche per Jane Williams, dalla quale è molto attratto.
Decide di farsi costruire una barca e intanto si trasferisce a San Terenzo (Lerici) dove affitta una casa, Casa Magni.
Il piccolo yacht fatto costruire a Genova è pronto e Shelley, sempre più in cattiva
salute, il 1° luglio salpa con l'Ariel. Con lui navigano Hunt e Byron e si trattengono fra Livorno
e Pisa per cinque giorni. Il giorno 8, insieme a Edward Williams e a un marinaio di nome Vivian,
il poeta riprende il mare in direzione di Lerici. In prossimità di Viareggio l'Ariel è travolto da
una tempesta, e solo dieci giorni dopo i corpi quasi irriconoscibili dei tre uomini furono restituiti
dal mare, (il corpo di Shelley fu riconosciuto per la presenza di una copia delle poesie di Keats
nella tasca della giacca).
Secondo la legge sulla quarantena, le autorità disposero che i corpi fossero arsi. In un primo tempo
le ceneri di Shelley furono sepolte nel Cimitero protestante di Roma. Il cuore fu dato a Hunt, che
dopo un litigio lo diede a Mary. Molto tempo dopo fu sepolto a Bournemouth accanto al figlio Percy.




Le opere poetiche di P. B. Shelley:

Original Poetry; by Victor and Cazire, London 1810
Posthumous Fragments of Margareth Nicholson, Oxford 1810
St. Irvyne; or, the Rosicrucian, London 1811
The Devil's Walk; a Ballad (stampato privatamente), 1812
Queen Mab; a Philosophical Poem (stampato privatamente), London 1813
Alastor; or, The Spirit of Solitude, Weybridge, Surrey, 1816
Laon and Cythna; or, The Revolution of the Golden City, London 1818; subito ristampato con
il titolo The Revolt of Islam, idem
Rosalind and Helen, A Modern Eclogue, London 1819
The Cenci, London 1819
Prometheus Unbound, London 1820
Oedipus Tyrannus; or, Swellfoot the Tyrant (stampato privatamente), London 1820
Epipsychidion, London 1821
Adonais, Pisa 1821
Hellas, London 1822











auroraageno
00venerdì 19 ottobre 2007 08:02
STANZE - Aprile 1814


Via! Sotto la luna la brughiera è fosca,
rapide nubi hanno bevuto l'ultimo
pallido raggio della sera: via!
i venti che si adunano richiameranno il buio,
e la notte più fonda con il suo sudario
ammanterà le luci serene del cielo.

Non ti fermare! Passato è il tempo! Ogni voce
grida: Su via! Più non tentare
con un'ultima lacrima la ritrosia della tua compagna:
l'occhio della tua amante, così vitreo e gelido,
non osa chiederti di rimanere; dovere e abbandono
ti riconducono indietro nella solitudine.

Via, via! Alla tua casa triste e silenziosa;
versa lacrime amare sul suo desolato
focolare ed osserva le ombre
che vanno e vengono incerte come spettri,
le strane reti complesse che si intessono
in una malinconica allegria.

Le foglie dei boschi d'autunno già spogli
volteggeranno attorno alla tua testa,
e i bocci della primavera rugiadosa
risplenderanno ai tuoi piedi, ma l'anima
o questo mondo un giorno svaniranno
nel gelo che avvince anche i morti,
prima che l'occhio severo della mezzanotte
possa incontrare il sorriso del mattino,
prima che tu e la pace possiate incontrarvi.

L'ombre rannuvolate della mezzanotte
qui finalmente trovano riposo,
sia perché i venti ormai deboli tacciono,
sia perché anche la luna è ormai precipitata
nel proprio abisso; e perfino l'oceano conosce
una tregua al suo moto irrequieto, e qualunque
cosa si muova o s'affatichi o si lamenti,
ora anch'essa si concede il sonno.

Tu solo nella tomba avrai riposo - e tuttavia
finché i fantasmi non fuggano, che un tempo
ti resero caro il giardino, la casa e la brughiera,
i tuoi ricordi e il tuo pentimento, e le tue
meditazioni profonde non saranno liberi
dalla musica di due voci, dalla luce di un dolce sorriso.



auroraageno
00venerdì 19 ottobre 2007 20:42
Sulla morte


Il sorriso freddo, pallido e lunare
che il raggio di una meteora di una notte senza stelle
versa su un'isola solitaria e cintata dal mare,
prima della luce indubitabile del sorgere del giorno,
è la fiamma della vita tanto instabile e languente
che aleggia intorno ai nostri passi finché la forza è finita.

O uomo! resta saldo nel coraggio dell'anima
attraverso le ombre tempestose della tua strada terrena,
e i turbini di nuvole che ti rotolano intorno
dormiranno nella luce di quel meraviglioso giorno,
quando Inferno e Paradiso ti lasceranno libero
nell'universalità del destino.

Questo mondo è la nutrice di ogni cosa che conosciamo,
questo mondo è la madre di ogni cosa che sentiamo,
e l'arrivo della morte è un colpo spaventoso
per un cervello che non sia racchiuso dentro nervi d'acciaio;
quando tutto quello che sappiamo, o sentiamo, o vediamo,
come un mistero irreale scomparirà.

Le cose segrete della tomba sono dove,
dove tutto meno questa struttura certamente sarà,
se anche la meraviglia raffinata dell'occhio e dell'orecchio
non sarà più vivente per ascoltare o per vedere
tutto quello che è strano e tutto quello che è grande
nel regno sconfinato del mutamento infinito.

Chi racconta il racconto della morte che non parla?
Chi solleva il velo di quello che deve venire?
Chi dipinge le ombre che sono sotto
le vaste spire delle caverne della tomba abitata?
O unisce le speranze di quello che sarà
con le paure e l'amore di quello che vediamo?




auroraageno
00sabato 20 ottobre 2007 15:03
La terra fredda dormiva al di sotto


I.
La terra fredda dormiva al di sotto;
sopra splendeva freddo il firmamento:
e tutto intorno, con un suono gelido,
da caverne di ghiaccio e campi di neve,
il respiro della notte scorreva come la morte
sotto la luna calante.

II.
Era nera la siepe rigida
e l'erba verde non si vedeva:
gli uccelli giacevano sul corpo nudo
del biancospino, le cui radici
oltre il sentiero si univano, tra le fenditure
che vi erano state aperte dal ghiaccio.

III.
I tuoi occhi splendevano nel riverbero
della luce morente della luna:
e come un raggio di fuoco fatuo su una corrente pigra
luccica debolmente, così risplendeva la luna,
lasciando chiarori dorati sui tuoi capelli corvini,
scossi dal vento notturno.

IV.
La luna rendeva pallide le tue labbra, amore -
e il vento ti raggelava il petto -:
la notte lasciava cadere rugiada di ghiaccio
sul tuo viso, e tu giacevi
dove il respiro amaro del cielo nudo
poteva visitarti a suo piacere.


auroraageno
00domenica 21 ottobre 2007 08:47
Inno alla bellezza intellettuale


I
L'ombra paurosa di una Potenza invisibile
aleggia fra di noi, - visitando
questo variato mondo con ala incostante
come di fiore in fiore serpeggiano i venti d'estate, -
come raggi lunari che inondano i pini
della montagna, con sguardo incostante
visita ogni sembianza e cuore umano;
come colori e armonie della sera, -
come nuvole sparse al chiarore stellare, -
come ricordo di musica svanita, -
come qualcosa che per sua grazia sia
cara, e tuttavia più cara per il suo mistero.

II
Spirito della Bellezza, che consacri
coi tuoi colori pensiero e forma umana
su cui risplendi, dove sei fuggito? Perché
ti dilegui e abbandoni il nostro regno, l'immensa
cupa valle di lacrime, vuota e desolata?
Mi chiedo perché il sole non tessa in eterno
i suoi arcobaleni su quella corrente montana,
perché ogni cosa rivelata debba svanire e morire,
perché paura e sogno e morte e nascita
rendano cupa la luce diurna di questa
terra con tali tenebre, - e perché
abbia l'uomo in destino amore e odio, sconforto e speranza.

III
Nessuna voce da un mondo più sublime
ha mai dato risposta a sapiente o poeta -
per cui i nomi di Dèmone, Spirito e Cielo,
restano i testimoni del loro sforzo vano,
fragili sortilegi - la cui magia non vale
a disgiungere da ciò che udiamo e vediamo,
il dubbio, il caso e la mutevolezza.
La tua luce soltanto - come nebbia sospinta verso i monti,
o musica emanata dal vento notturno
di fra le corde di un silenzioso strumento,
o luce lunare sul fiume a notte alta,
dona grazia e verità al sogno inquieto della vita.

IV
Amore, Orgoglio e Speranza sono nuvole vaganti
a noi concesse solo per qualche attimo incerto.
L'uomo sarebbe immortale e onnipotente se tu
sconosciuto e tremendo quale sei prendessi
dimora nel suo cuore col tuo spirito glorioso.
Tu messaggero di tutti gli affetti
che nascono e svaniscono negli occhi degli amanti -
tu, nutrimento del pensiero umano
come la tenebra alla fiamma morente!
Non andartene così come venne la tua ombra,
non andartene - affinché la tomba non sia,
come la vita e la paura, un'oscura realtà.

V
Quand'ero ancora ragazzo cercavo gli spettri e fuggivo
per le stanze in ascolto, gli anfratti e le rovine,
e i boschi sotto le stelle, inseguendo con passi timorosi
speranze di discorsi illuminati coi morti scomparsi.
Mi appellavo ai nomi velenosi di cui si nutre la giovinezza;
non mi udivano - non li vedevo
allorché assorto meditavo sul destino
della vita nell'ora dolce in cui il vento corteggia
ogni essere vivente che si ridesta per recare
notizie d'uccelli e di fiori, -
improvvisa su me la tua ombra scendeva;
urlavo, e congiungevo in estasi le mani!

VI
Giuravo che avrei dedicato a te e alle tue forze
le mie - non ho tenuto fede alla promessa?
Col cuore palpitante e gli occhi in pianto, perfino ora
invoco i fantasmi d'innumerevoli ore,
ciascuno dalla sua tomba muta: in dimore piene di visioni
di meditato zelo e d'amorose gioie
hanno vegliato con me vincendo l'invidiosa notte -
essi sanno che mai gioia illuminò il mio ciglio
disgiunta da speranza che tu potessi liberare
questo mondo dalla sua tetra schiavitù,
che tu - o tremenda bellezza,
potessi dare ciò che le mie parole non sanno dire.

VII
Il giorno diviene più solenne e più sereno
appena il meriggio è passato - c'è armonia
nell'autunno, e splendore nel tuo cielo,
che durante l'estate non si ode o non si vede,
come se non esistesse, come se mai fosse esistito!
Fa' dunque che il suo potere, come verità
della natura discesa sulla mia giovinezza
passiva, doni alla mia vita futura
la sua calma - a colui che venera te,
e ogni forma che ti contiene,
a colui che tu, nobile spirito, con i tuoi incanti
hai costretto a temere se stesso, e ad amare tutti gli esseri umani.



auroraageno
00domenica 21 ottobre 2007 08:49
Frammento: Amor Aeternus


Ricchezze e signorie scompaiono nella massa
del grande mare del giusto e dell'ingiusto umano,
quando è la volta che il nostro possesso scada;
ma l'amore, anche se maldiretto, è tra quelle
cose che sono immortali, e sorpassano
tutta quella fragile materia che saremo - o siamo stati.




auroraageno
00martedì 23 ottobre 2007 09:35
Ozymandias


Incontrai un viaggiatore, veniva da un'antica
terra e mi disse: Due immense gambe di pietra
s'ergono nel deserto, senza tronco... Vicino, sulla sabbia,
giace a metà sepolto un viso smozzicato, e il cipiglio,
le labbra corrugate e il suo ghigno di freddo comando
dicono come esattamente lo scultore
abbia letto passioni che ancora sopravvivono, impresse
in quelle cose morte, alla mano che un tempo
le interpretò, e al cuore
che le nutrì: sul piedistallo appaiono
queste parole: "Il mio nome è Ozymandias, re dei re:
guardate alle mie opere, o Potenti, e disperate!"
Nient'altro resta. Attorno alle rovine
di quell'enorme relitto, le nude e sconfinate
sabbie deserte e piatte si stendono lontano.

auroraageno
00martedì 23 ottobre 2007 09:39
Esortazione


Si cibano d'aria e di luce
i camaleonti; il cibo dei poeti
sono la fama e l'amore. Se in questo
ampio mondo di pena i poeti potessero
trovare il loro con tanto scarso affanno,
muterebbero forse il colore, come fanno
i camaleonti volubili,
adattandolo al minimo raggio di sole
perfino venti volte al giorno?

Su questa gelida terra i poeti
sono come sarebbero i camaleonti, nascosti
fin dalla prima nascita in una caverna
sotto la superficie del mare; dove esiste luce
tutti i camaleonti mutano; dove non è l'amore
si mutano i poeti; la fama
altro non è che amore travestito; e poiché sono pochi
coloro che li incontrano, non giudicate strano
che i poeti si affannino a cercarli.

E tuttavia non osate macchiare
con ricchezza o potenza la libera
mente divina d'un poeta; se gli splendidi
camaleonti dovessero nutrirsi
con un cibo diverso dai raggi o dal vento,
presto diventerebbero terreni
come le loro sorelle lucertole. Figli
di una stella assai più sfolgorante,
spiriti che giungete da oltre la luna,
oh, rifiutate una simile grazia!



auroraageno
00martedì 23 ottobre 2007 09:42
Serenata indiana


I
Nel primo dolce sonno della notte
mi risveglio dai sogni in cui tu appari,
quando sospira lievemente il vento
e splendono le stelle luminose:
mi risveglio dai sogni in cui tu appari,
e uno spirito allora mi ha condotto,
chissà come, vicino alla finestra
della tua camera, o dolcezza mia!

II
Le arie vagabonde illanguidiscono
lungo il ruscello oscuro e silenzioso -
i profumi del Champak svaniscono
come dolci pensieri in un sogno;
muore il lamento dell'usignolo sul cuore
della diletta, proprio come me
destinato a morire sul tuo,
o tu che sei la mia amata!

III
Oh, ti prego, sollevami dall'erba!
Muoio e mi sento debole e languido!
Oh, che il tuo amore piova in mille baci
sulle mie labbra e sulle smorte palpebre.
Ahimé, le guance sono fredde e pallide,
ed il mio cuore batte impetuoso e forte!
Oh, stringilo al tuo cuore nuovamente,
dove alla fine si dovrà spezzare!



auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:36
Frammento: "E' forse che in qualche più lucente sfera"


E' forse che in qualche più lucente sfera
ci separiamo dagli amici che qui troviamo?
O noi vediamo passare il Futuro
oltre il vetro affumicato del Presente?
O che cosa è che ci porta a comporre
uno con l'altro i frammenti di un sogno,
parte dei quali diventa vera, e parte
batte e ci trema in cuore?



auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:38
Frammento: "Non ridestare la serpe"


Non ridestare la serpe - potrebbe non sapere
in quale direzione allontanarsi;
lei che si giace ancora addormentata
lasciala insinuarsi in mezzo all'erba folta
del prato! Non un'ape
l'udrà avanzare strisciando,
nessun insetto effimero del maggio
si desterà nell'azzurra campanula
che lo culla oscillando, e nemmeno
la luce delle stelle, mentre la serpe scorre
in mezzo all'erba e scivola in silenzio.



auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:39
Frammento: "Il vino delle fate"


Sono ubriaco del vino mielato
dell'eglantina dischiusa dalla luna,
che le fate raccolgono in coppe di giacinto.
I pipistrelli, i ghiri, e le talpe
dormono nei muri o sotto le zolle di prato
del cortile vuoto del castello;
e quando è versato sulla terra estiva
o i suoi fumi salgono tra la rugiada,
sono pieni di allegria i loro sogni lieti,
sussurrano nel sonno la gioia; perché poche
delle fate sopportano queste coppe nuove!


auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:42
La nascita del piacere


Alla creazione della terra
il Piacere, la nascita più divina,
si levò dal suolo del Paradiso,
avvolta in dolci e selvagge melodie -
come un'esalazione che sale in spire
al suono dell'aria che soffia lieve
attraverso i pini eolii, che sono
ombra e riparo per il lago
donde si alza tenera e lenta;
le sue membra con il respiro della vita
fluivano nell'armonia divina
di una linea sempre continua
che avvolgeva la sua forma perfetta
di una bellezza calda e luminosa.



auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:44
Frammento: Anime gemelle


Sono come uno spirito
che nell'intimo del suo cuore ha dimorato,
e le sue sensazioni ha percepito, e i suoi pensieri
ha avuto, e conosciuto il più profondo impulso
del suo animo: quel flusso silenzioso che al sangue solo
è noto, quando tutte le emozioni
in moltitudine descrivono la quiete di mari estivi.
Io ho liberato le melodie preziose
del suo profondo cuore: i battenti
ho spalancato, e in esse mi sono rimescolato.
Proprio come un'aquila nella pioggia del tuono,
quando veste di lampi le ali.


auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:45
A.- "Temo i tuoi baci, fanciulla gentile, ma tu"


I
Temo i tuoi baci, fanciulla gentile, ma tu
non hai motivo di temere i miei;
troppo profondamente il mio spirito è oppresso
perché io possa opprimere anche il tuo.

II
Temo il tuo viso e la tua voce e i gesti, ma tu
non hai motivo di temere i miei;
la devozione del cuore con la quale adoro
il tuo cuore, sii certa, è innocente.



auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:46
Autunno: lamento funebre

I
Il sole caldo declina, il vento lugubre geme,
i rami nudi sospirano, i pallidi fiori
stanno ormai per morire, e già l'Anno si giace ravvolto
in un sudario di foglie insecchite
sopra la terra suo letto di morte. Venite,
Mesi, venite, da Novembre a Maggio,
col vostro ornamento più triste, seguite
la bara dell'Anno già freddo, vegliate
come ombre fioche accanto al suo sepolcro.

II
Cade la gelida pioggia, il verme lento striscia
infreddolito e si gonfiano i fiumi,
il tuono batte all'Anno i suoi rintocchi funebri;
sono volate lontano le rondini felici, e le lucertole
sono tornate alle loro dimore. Venite,
Mesi, venite vestiti di bianco,
vestiti di grigio e di nero, lasciate
i vostri allegri fratelli giocare - seguite
la bara dell'Anno già freddo, e lacrima su lacrima
fate che la sua tomba rinverdisca.




auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:48
I pellegrini del mondo


I
Tu Stella dimmi, che ali di luce
ti sospingono rapida a un volo di fiamma,
dentro quale caverna della notte
si chiuderanno ora le tue piume?

II
E tu Luna che vai, pallida e grigia
pellegrina del Cielo, per vie senza riparo,
in quali abissi del giorno o della notte
stai ora ricercando il tuo riposo?

III
Vento ormai stanco, che passi vagabondo
come l'ospite esule del mondo,
possiedi ancora un tuo nido segreto
in vetta a un albero, in mezzo alle onde?



auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:49
Ricordo


I
Più rapida del volo dell'estate,
più del piacere della giovinezza,
più della notte che scorre felice,
rapida sei venuta e sei fuggita -
come la Terra quando ogni foglia è morta,
come la notte che ha perduto il sonno,
come un cuore privato della gioia,
sono rimasto solitario e solo.

II
L'estate rondine ancora ritorna,
la notte gufo riassume il suo regno,
ma quel cigno selvatico che è la giovinezza
fugge lieto con te, altrettanto infedele -
ogni giorno il mio cuore desidera il domani;
perfino il sonno si muta in dolore;
inutilmente il mio inverno vorrebbe vestirsi
rubando ai rami le foglie solatie.

III
I gigli del letto nuziale, le rose
per adornare il capo di una dama, le mammole
per una giovinetta defunta, o le viole
del pensiero saranno i miei fiori:
sulla tomba vivente che io porto in me
spargili pure, e non versare lacrime -
nessun amico, nemmeno il più caro,
sprechi per me un timore o una speranza.



auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:53
Versi: "Quando la lampada è infranta"


I
Quando la lampada è infranta, la luce
si adagia sulla polvere e subito muore;
quando la nuvola s'apre e si sfrangia
si dissolve la gloria dell'arcobaleno;
quando il liuto è spezzato
non si ricorda più la dolcezza dei suoni;
quando le labbra ormai hanno parlato
sono dimenticati gli accenti dell'amore.

II
Come la musica e lo splendore
non vivono più a lungo di lampada e liuto,
così se lo spirito è muto
gli echi del cuore non rendono il canto: -
nient'altro che funebri nenie,
come fa il vento fra le rovine di un carcere,
o l'onda che geme e rintocca
al marinaio morto la campana.

III
Una volta che i cuori si sono congiunti
l'amore è il primo a lasciare quel nido
ben costruito: e il più debole è solo
a sopportare il dolore di ciò che fu suo.
Oh Amore: che piangi
la fragilità delle cose terrene, perché
hai scelto la più fragile
per la tua culla, la casa e la bara?

IV
Le sue passioni così ti culleranno
come bufere che cullano i corvi nel cielo;
ti schernirà la limpida ragione
come fa il sole da un cielo d'inverno;
ti marcirà ogni sostegno del nido,
e la tua casa d'aquila ti lascerà tutto nudo
di fronte alle risa degli altri,
quando le foglie cadono e giungono i venti di gelo.



auroraageno
00mercoledì 24 ottobre 2007 01:56
Versi scritti nel golfo di Lerici


Lei mi lasciò nel tempo silenzioso
in cui la luna ha cessato d'ascendere
l'azzurro sentiero che sale
lungo i pendii del Cielo,
e come un albatro, in sonno, sospeso
in equilibrio sull'ali di luce,
si librava alla notte di porpora
prima di giungere al nido oceanico
nelle sue stanze a occidente.
Lei mi lasciò ed io rimasi solo
pensando a tutte le armonie che il cuore
preso da incanto udiva, anche se erano
al mio orecchio silenti,
simili a note che muoiono nascendo
e tuttavia come spettri frequentano
gli echi della collina; e ancora
sentivo - oh, anche troppo! - la morbida
vibrazione del tocco di lei, come se in quel momento
la sua mano gentile tremasse leggermente
sulla mia fronte; e così,
sebbene fosse assente, la memoria
mi donava di lei tutto quanto
la stessa Fantasia non osa reclamare: -
la sua presenza aveva reso debole, aveva
domato ogni passione, ed io restavo solo
in questo tempo che è nostro;
il passato e il futuro
erano ormai dimenticati, come
non fossero mai stati o dovessero essere.
Ma subito, appena il mio angelo
custode scompariva, ritornava il démone
a riprendersi il trono nel mio cuore fragile.
Io non oso ridire i miei pensieri,
ma così debole ero, e talmente turbato,
che mi sedetti ed osservai le navi
scivolare sul mare luminoso e vasto
come carrozze alate dello spirito
inviate a percorrere un elemento ancora più sereno
per compiere lontano qualche strano officio:
come se veleggiassero a una stella
elisia alla ricerca di qualche filtro magico
per curare un dolore amaro e dolce
simile a quello che io stesso soffro.
Ed il vento che alava il loro volo
giungeva dalla terra fresco e lieve,
e il profumo dei petali alati e la freschezza
dell'ora in cui discende la rugiada
e la dolce calura del giorno
s'effondevano al golfo scintillante.
E il pescatore con lanterna e fiocina
strisciava fra le rocce umide e basse
e trafiggeva i pesci che venivano
a adorare la fiamma ingannatrice.
Troppo felici gli uomini
il cui piacere già appagato estingue
ogni senso e pensiero del rimpianto
che il piacere ci lascia, distruggendo
solamente la vita, non la pace!




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auroraageno
00sabato 8 dicembre 2007 07:16
Luna calante



E come una dama morente che pallida
e smunta ravvolta in un velo
diafano esce vacillando
dalla sua camera, ed è l'insensato
incerto vaneggiare della mente
smarrita che la guida, la luna
sorse nel tenebroso oriente, una massa
deforme che biancheggia.




auroraageno
00sabato 8 dicembre 2007 07:17
Lontano, molto lontano



I
Lontano, molto lontano, oh voi
alcioni della Memoria, cercate
un nido più distante e più sereno
di questo petto abbandonato!
E non portate notizie della vostra
primavera ingannevole all'inverno
di questo cuore: una volta fuggiti
del tutto inutilmente ritornate!


II
Voi avvoltoi, che costruite il nido
là in alto nelle torri del Futuro,
speranze inaridite si dispongono
sulle speranze. E le gioie morenti, soffocate
dalle gioie già morte, serviranno solo
da preda al vostro becco,
per molti giorni ancora.





auroraageno
00sabato 8 dicembre 2007 07:19
La musica, quando



La musica, quando
voci lievi svaniscono, vibra
nella memoria - i profumi,
quando le dolci viole appassiscono,
vivono dentro i sensi che ridestano.

Quando la rosa è morta, i petali di rosa
sono raccolti sul letto dell'amata;
quando te ne sarai andata,
con il pensiero di te anche l'Amore
si addormenterà.




auroraageno
00sabato 8 dicembre 2007 07:20
L'aziola



I
"Non senti l'aziola che grida?
Dev'essere vicina", disse Mary
mentre stavamo seduti nel crepuscolo
prima che tutte le stelle si accendessero, prima
che portassero a noi le candele;
e io che immaginavo questa aziola fosse
una donna noiosa domandai:
"Chi è l'Aziola?" Oh come fui felice quando seppi
che non era per nulla cosa umana, né un essere
simile a me da temere e da odiare!
E Mary mi vide nell'animo e rise, dicendo:
"Non ti preoccupare, è solo un piccolo gufo


II
coperto di lanugine". O triste aziola, a sera,
quante volte ho ascoltato la tua musica
vicino a boschi e ruscelli, sui campi, sul fianco
delle montagne o sui prati, nell'ampie paludi, -
una musica tale che voce né liuto, né vento,
né uccello mai commosse la mia anima
come la tua, così diversa eppure
tanto più dolce. O triste aziola, fino
da quel momento ti amo, ed il tuo grido triste.




auroraageno
00sabato 8 dicembre 2007 09:49
Sera: Ponte al mare, Pisa



I
Il sole è tramontato; le rondini dormono,
nell'aria grigia i pipistrelli aleggiano
rapidi e i rospi molli e lenti strisciano
dai loro angoli umidi, e il soffio della sera
vaga qua e là sulle acque tremanti del fiume,
ma dal suo sogno estivo non risveglia un fremito.


II
Non c'è rugiada stasera sull'erba rinsecchita,
non c'è umidore nell'ombra degli alberi;
il vento spira a tratti asciutto e lieve;
e nel moto incostante della brezza
polvere e paglie sono spinte in turbini
per la città lungo le vie selciate.


III
Sopra la superficie del fiume che trascorre
si specchiano le immagini increspate
della città immobilmente inquieta, che sempre
tremano, e non svaniscono mai;
andate..., voi che siete mutati ed ugualmente
la troverete proprio com'è ora;


IV
l'abisso in cui il sole è affondato s'è chiuso
con le barriere oscure d'una cinerea nuvola
simili a un monte ammucchiato su un monte - ma che
crescono e spingono in alto affollandosi, e sopra
uno spazio di liquido azzurro si stende
da cui risplende intensa la stella della sera.






auroraageno
00sabato 8 dicembre 2007 09:51
La barca sul Serchio


Nota:

Scritta a Pisa nell'estate del 1821. Pubblicata per la prima volta, ma solo parzialmente (versi 1-61 e 88-118), in Posthumous Poems, apparve nell'attuale versione in The Complete Poetical Works of P. B. Shelley (1870) a cura di William Michael Rossetti.
I personaggi di Lionello e Melchiorre corrispondono a Shelley e a Edward Williams.

"La nostra piccola barca ci era di grande utilità, ed era priva di ogni pericolo, quando ci muovevamo per i Bagni. Alcuni amici vivevano nel piccolo villaggio di Pugnano, e noi andavamo su e giù lungo il canale, in barca, per vederli. Nutrito dal Serchio, per quanto artificiale il canale era un corso d'acqua ricco e pittoresco, che si apriva fra rive verdeggianti, ombreggiato dagli alberi che tuffavano i loro rami nel mormorio delle acque" (dalla nota di Mary Shelley alle poesie del 1821).


_____________________________





La nostra barca dorme sulla corrente del Serchio
con le vele raccolte come pensieri in un sogno, e il timone
oscilla ozioso qua e là; il barcaiolo Domenico
ha già portato l'albero, i remi e le vele; ma ancora
la barca continua a dormire, come una bestia inconscia
della sua catena.


Le stelle si spegnevano
nel pallido azzurro dell'aria, e la luna sottile sfioriva
bianca là in alto; alla caverna e alla torre, al crepaccio
come all'albero, il gufo e il pipistrello
sonnolenti volavano. Il giorno aveva acceso
i boschi rugiadosi, le rocce in alto ed il fiume più in basso
e i fluttuanti vapori che s'addensano, e il sudario
di neve estiva degli Appennini, e aveva rivestito con la luce
d'oro impalpabile le nebbie
che nelle loro catene orientali s'aggruppano.


Il giorno
tutte le cose che sono già aveva svegliato, l'allodola e il tordo
e la libera rondine e la canzone della pastorella, la falce
del mietitore e la campana del mattino, e l'ape
di montagna: le lucciole s'erano spente
sulle spighe stillanti di rugiada, e le falene
luminose alle rive del fiume si stavano estinguendo
come le lampade che uno studente abbia dimenticato
di sistemare: anche lo scarabeo s'era dimenticato di soffiare
dentro il suo corno, e i grilli sul campo e sul colle tacevano:
come uno stormo di cornacchie al colpo di fucile di un fattore
i sogni e i terrori notturni fuggivano insieme
dalle menti che sono loro preda nel tempo che va dalla morte
della lampada al raggio del mattino.


Ed ogni casa allora si levava
per ubbidire al compito che a ognuno aveva dato
Colui che ci formò per i suoi fini, non già per i nostri.
A milioni e milioni sorgevano a imparare, e uno solo
ad insegnare quello che mai nessuno seppe, né poteva
essere mai saputo, e molti si destavano
la cui pena era tale che anche la paura
era per loro un desiderio; - Melchiorre e Lionello
non erano fra questi, poiché s'eran tratti in disparte
dalla ressa degli uomini e avevano scelto di vivere
in una casa sui verdi declivi di quella collina
la cui fronte interposta nasconde
Lucca all'occhio invidioso dei pisani, e la pianura
che si distende attorno ondeggiando là in basso
simile a un vasto lago verdeggiante fertile
con prati e ruscelli, con nude paludi, separa
dagli Appennini lontani - isole che si stendono
nell'aria sconfinata.


"Che cosa pensi che sogni la nostra
piccola barca che dorme nella sua verde baia?"
"Se i sogni del mattino sono veri
dovrei pensare che sogni la nostra pigrizia, e le miglia
della via d'acqua che avremmo già dovuto farle correre
a quest'ora del giorno."


"Non importa", disse
Lionello. "Fa' attenzione ai venti, che possono condurla
in quel folto di pioppi che emergono lontano. Non vedi?
Le bianche nuvole vanno allegramente, e le stelle
che stamattina perdemmo saranno più liete stasera
di illuminarci il ritorno. - Come sibila
la lunga chioma nera di Domenico! All'erta,
caro compagno! La brezza è favorevole: ascolta
come canta nell'aria."


"Sta sognando di noi e delle nostre lungaggini", disse
con impazienza Melchiorre, "se posso indovinare le emozioni
di una barca, e di come già avremmo dovuto
essere il diavolo sa dove da due ore almeno."
E in un toscano così transalpino da uccidere
un qualsiasi accademico cruscante,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .


E così mentre Lionello secondo i suoi modi intesseva
le sue pigre parole Melchiorre disse: "Sogna
che non ci siamo nemmeno levati dal letto;
noi le daremo un'anima e un cuore che batta
come quello d'una colomba inseguita
da un'altra colomba".
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .


"D'accordo,
ma intanto butta fuori la zavorra,
e stiva i viveri a poppa nel loro ripostiglio."
"Ma questo barilotto, non sarebbe meglio
metterlo un po' più in basso?" "No, va bene così."
"Quelle bottiglie
di tè caldo - su, dammi un po' di paglia - non dovrebbero
essere sistemate meglio? come
a Eton dopo le sei quando d'estate
ci si imbottiva le tasche del soprabito,
e insieme alle bottiglie c'erano uova sode, panini e ravanelli,
e poi sdraiati sul fieno rubato in quei rifugi verdi
che i contadini chiamavano fossi e noi studenti pergole
si faceva le otto a banchettare."
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .


Con una
bottiglia in mano come se avesse l'animo interdetto, Lionello
era rimasto in piedi - quando Melchiorre lo riscosse brusco: -
"Siedi al timone - serra questa vela - pronti!"


E la catena dell'àncora è tratta, le vele spiegate,
il soffio vivo dell'aria che ci spinge è fresco
quando nutrito di rugiada e aurora
giunge ridendo il vento del mattino; - con le vele gonfie
la barca tiene testa alla fiera corrente del Serchio,
poi rallentando a tratti interrompe la corsa
e rimane sospesa sull'onda e fende con la prua
la tempesta del ...
che dalla sua sorgente di montagna giunge
fervida bassa levigata e forte, - rapida
com'è rapido il fuoco, e impetuosamente
sfocia nel mare spaurito; i suoi vortici
s'attorcono al sorriso del mattino, le ondate sfavillano
e battono e ribollono e torturano
la sua luce serena frantumandola
in colonne che fremono e risplendono.


Il Serchio
tortuoso sfociando in mezzo alle barriere
di marmo già spaccate a Ripafratta guida
nel terribile abisso le onde che muoiono
di quella morte che amano gli amanti, vivendo
in ciò che sempre cercavano; come se tale spasimo
non fosse ancora passato, vacillanti,
queste montagne d'acqua s'aggrappano, ma
nel suo pieno entusiasmo la chiara corrente si versa
sulla pianura e vagando da un sentiero limpido
di cristallino fluire invia l'onde superflue, che possano
gettare ai piedi dell'Arno un tributo di grano e di vino;
poi fra deserti selvaggi e malsani
di paludi intricate e di boschi dove il pino è stento
rapidamente si getta nell'oceano.






auroraageno
00martedì 8 gennaio 2008 06:45
A Jane: Il ricordo e Con una chitarra, a Jane (To Jane: The Recollection e With a Guitar, to Jane)



A Jane: Il ricordo e Con una chitarra, a Jane (To Jane: The Recollection e With a Guitar, to Jane), che si presumono scritte nel febbraio del 1822, sono dedicate a Jane Williams, e fanno parte di un gruppo di quattro, la prima in ordine di tempo essendo To Jane: The Invitation e l'ultima To Jane: "The Keen Stars were Twinkling".
Preceduta da The Invitation, The Recollection fu pubblicata per la prima volta in Posthumous Poems nel 1824, e i due testi, considerati una sola composizione, apparvero sotto il titolo The Pine Forest of the Cascine near Pisa, mentre furono dati separatamente, nella forma attuale, in Poetical Works, 1839.
With a Guitar, to Jane fu pubblicata per la prima volta da Thomas Medwin in "The Athenaeum" il 20 ottobre 1832.

"... sono fra le cose migliori ispirate a Shelley dal vagheggiamento della donna. Entrambe... (The Invitation e The Recollection)... sono il frutto di un sogno d'evasione dalla realtà della vita, sogno che si compie nel ricordo trasfigurato di una immagine di donna dentro il quadro di una natura in cui tutte le forme appaiono composte in una perfetta armonia" (E. Chinol, cit.)



auroraageno
00martedì 8 gennaio 2008 06:47
A Jane: il ricordo



I

Ora di molti giorni l'ultimo, e tutti
erano luminosi e belli come te,
il più amabile e l'ultimo è morto, -
e tu Memoria sorgi, e scrivi le sue lodi!
Vieni al lavoro usato e incidi l'epitaffio
della gloria scomparsa, perché ora
la Terra ha mutato il suo volto,
sulla fronte del Cielo c'è una ruga.


II

Noi giungemmo vagando alla pineta
che orla la schiuma del mare,
e la brezza più lieve era al suo nido,
e la tempesta nella sua dimora.
Le onde mormoranti erano ancora
addormentate, e le nubi fuggite in un gioco,
e sul seno profondo del mare
si posava il sorriso dei cieli;
era come se l'ora fosse un'ora
inviata dai cieli oltre il sole,
dai cieli che spargono attorno una luce
di Paradiso.


III

Sostammo fra i pini che svettano
come giganti in quella solitudine,
che le bufere torturano in forme
rudi come di serpi aggrovigliate,
e gli aliti azzurri che spirano
dal cielo placano in dolci armonie
e colori soavi come il cielo;
ora le vette degli alberi dormivano
come le onde verdi sopra il mare,
immobili e serene
come le selve dell'oceano dormono
nei silenziosi abissi.


IV

Che calma là attorno! - il silenzio
era tenuto prigioniero a una tale catena
che il picchio affaccendato col suo verso
rendeva ancora più fonda la quiete inviolabile;
né i nostri respiri di pace
con lievi moti turbavano
quella serenità che ci cresceva attorno.
Pareva che dal seggio più remoto
della bianca montana solitudine
fino al tenero fiore ai nostri piedi
fosse stato tracciato un cerchio magico, -
e che uno spirito avesse diffuso
una vita fremente e silenziosa, -
ed era per costringere
a momentanea pace la continua lotta
della nostra natura mortale; e tuttavia
io sentivo che il centro di quel cerchio magico
era una bella forma, che colmava
con il suo amore l'atmosfera priva
di una qualsiasi vita.


V

Sostammo accanto agli stagni che giacciono
sotto le fronde della foresta - ed ognuno
sembrava un minuscolo cielo affondato
in un mondo che s'apre più sotto;
un firmamento di luce purpurea disteso
sopra la terra buia, e assai più sconfinato
delle profondità della notte, più puro
della luce del giorno -
in cui le vaghe foreste crescevano
come nell'aria alta, ancora più perfette
per forma e per colore d'ogni altra
che con i rami si allargasse attorno.
Là si stendeva la radura, ed i prati vicini,
e per l'oscuro bosco verdeggiante
il sole bianco brillava come l'alba
fuori da qualche nube maculata.
Dolci visioni che qua nel nostro mondo
raramente si scorgono erano rispecchiate
dall'amore dell'acqua per il verde
di quella bella foresta. E ogni cosa
era soffusa di splendore elisio,
da un'aria dove nulla respirava, e nel profondo
da una più tenera luce meridiana.
Come l'amore della donna amata, la scena
aveva dato al seno delle acque oscure
ogni sua foglia e lineamento, espressi
con molto più di quanto faccia il vero;
finché un vento invidioso non vi scivolò
come un pensiero del tutto inopportuno
che dall'occhio fedele della mente
cancella un'immagine cara. Sebbene
tu sia sempre bella e gentile, sebbene
sempre verde rimanga la foresta,
nell'animo di Shelley la pace si mostra
molto meno di quanto non si scorga
una simile calma sulle acque.







auroraageno
00mercoledì 9 gennaio 2008 08:39
Con una chitarra, a Jane



Ariele a Miranda: - Prendi, ti prego,
questa schiava della musica
per amore dell'uomo che ti è schiavo,
ed insegnale
tutta quell'armonia con la quale tu sola
e tu soltanto sai fare risplendere
lo spirito rapito, così che di nuovo
la gioia smentisca se stessa
e troppo intensa si tramuti in pena;
poiché con il permesso e col comando
di Ferdinando tuo principe il povero Ariele
manda a te questo pegno silenzioso,
un segno di valore assai maggiore
di quanto possa esprimersi a parole;
Ariele il tuo spirito guida che sempre
di vita in vita avrà come unico fine
la tua felicità, e solo in questo modo troverà la sua.
Dalla caverna incantata di Prospero, come
raccontano versi possenti, fino al trono di Napoli egli
ti illuminò il cammino sul mare senza traccia
aleggiando davanti alla tua prua
come una viva meteora.
E quando muori la luna silenziosa
nel suo deliquio interlunare non è mai più triste
nella sua cella che Ariele abbandonato.
Ma quando torni sulla terra a vivere
come una invisibile stella del nascere,
fino dalla tua nascita Ariele ti guida
sul mare della vita. Sono molti
i mutamenti avvenuti da quando
tu e Ferdinando iniziaste ad amarvi,
e Ariele sempre ha seguito i tuoi passi
ed ha servito la tua volontà.
Ora con un destino più umile e felice
nulla di tutto questo è ricordato, ed ora
ahimè il povero spirito è racchiuso
prigioniero in un corpo come in una tomba
per qualche colpa commessa: -
e per i suoi servigi e il suo dolore
solamente da te osa implorare
oggi un sorriso, domani una canzone.
L'artista che a quest'idolo diede una forma
per riecheggiare pensieri armoniosi
abbatté un albero, mentre sul declivio
i boschi erano nel sonno dell'inverno, cullati
in quel riposo divino sui monti
dell'Appennino spazzati dal vento, ed alcuni sognavano
dell'Autunno trascorso, ed alcuni
dei bocci dell'Aprile e delle piogge,
e altri ancora dei canti che s'odono
fra le pergole a Luglio, e sognavano tutti l'amore.
Così quell'albero - e possa
anche la nostra morte essere uguale! -
morì nel sonno e non provò dolore
per vivere di nuovo in più felice forma,
e fu da lui che sotto la più bella
di tutte le stelle del cielo l'artista
creò questa amata Chitarra, e le insegnò a rispondere
a chiunque abilmente la sappia interrogare
in un linguaggio cortese come il tuo:
a mormorare con toni innamorati
dolci segreti di foreste e valli
e venti estivi in recessi silvani; poiché
aveva infatti imparato tutte le armonie
delle pianure e dei cieli, dei boschi e dei monti,
e delle fonti dalle molte voci; e gli echi
più limpidi dei colli e le note più lievi
dei ruscelli precipiti, e le melodie
degli uccelli e dell'api,
il mormorare dei mari nell'estate
e il crepitio della pioggia, e l'alito soave
della rugiada e l'arie della sera; ed aveva
imparato anche il suono misterioso
appena udito che spinto nel cielo diurno
quando fluttua nel giorno senza limiti
lungo il suo corso accende il nostro mondo. -
Sono queste le cose che conosce,
ma non le narra a quelli che non sanno
interrogare lo Spirito che l'abita.
Lei parla solo secondo l'intelletto
di chi le rassomiglia;
e non c'è nulla che possa essere udito,
se già non è stato provato nell'anima,
da quelli che vorrebbero tradisse
questi segreti di un antico giorno:
ma per quanto le sue dolci risposte
possano lusingare le mani anche più abili,
i suoi accenti più alti e benedetti
sono soltanto per l'amata Jane.





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