La barca sul Serchio
Nota:
Scritta a Pisa nell'estate del 1821. Pubblicata per la prima volta, ma solo parzialmente (versi 1-61 e 88-118), in
Posthumous Poems, apparve nell'attuale versione in
The Complete Poetical Works of P. B. Shelley (1870) a cura di William Michael Rossetti.
I personaggi di Lionello e Melchiorre corrispondono a Shelley e a Edward Williams.
"La nostra piccola barca ci era di grande utilità, ed era priva di ogni pericolo, quando ci muovevamo per i Bagni. Alcuni amici vivevano nel piccolo villaggio di Pugnano, e noi andavamo su e giù lungo il canale, in barca, per vederli. Nutrito dal Serchio, per quanto artificiale il canale era un corso d'acqua ricco e pittoresco, che si apriva fra rive verdeggianti, ombreggiato dagli alberi che tuffavano i loro rami nel mormorio delle acque" (dalla nota di Mary Shelley alle poesie del 1821).
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La nostra barca dorme sulla corrente del Serchio
con le vele raccolte come pensieri in un sogno, e il timone
oscilla ozioso qua e là; il barcaiolo Domenico
ha già portato l'albero, i remi e le vele; ma ancora
la barca continua a dormire, come una bestia inconscia
della sua catena.
Le stelle si spegnevano
nel pallido azzurro dell'aria, e la luna sottile sfioriva
bianca là in alto; alla caverna e alla torre, al crepaccio
come all'albero, il gufo e il pipistrello
sonnolenti volavano. Il giorno aveva acceso
i boschi rugiadosi, le rocce in alto ed il fiume più in basso
e i fluttuanti vapori che s'addensano, e il sudario
di neve estiva degli Appennini, e aveva rivestito con la luce
d'oro impalpabile le nebbie
che nelle loro catene orientali s'aggruppano.
Il giorno
tutte le cose che sono già aveva svegliato, l'allodola e il tordo
e la libera rondine e la canzone della pastorella, la falce
del mietitore e la campana del mattino, e l'ape
di montagna: le lucciole s'erano spente
sulle spighe stillanti di rugiada, e le falene
luminose alle rive del fiume si stavano estinguendo
come le lampade che uno studente abbia dimenticato
di sistemare: anche lo scarabeo s'era dimenticato di soffiare
dentro il suo corno, e i grilli sul campo e sul colle tacevano:
come uno stormo di cornacchie al colpo di fucile di un fattore
i sogni e i terrori notturni fuggivano insieme
dalle menti che sono loro preda nel tempo che va dalla morte
della lampada al raggio del mattino.
Ed ogni casa allora si levava
per ubbidire al compito che a ognuno aveva dato
Colui che ci formò per i suoi fini, non già per i nostri.
A milioni e milioni sorgevano a imparare, e uno solo
ad insegnare quello che mai nessuno seppe, né poteva
essere mai saputo, e molti si destavano
la cui pena era tale che anche la paura
era per loro un desiderio; - Melchiorre e Lionello
non erano fra questi, poiché s'eran tratti in disparte
dalla ressa degli uomini e avevano scelto di vivere
in una casa sui verdi declivi di quella collina
la cui fronte interposta nasconde
Lucca all'occhio invidioso dei pisani, e la pianura
che si distende attorno ondeggiando là in basso
simile a un vasto lago verdeggiante fertile
con prati e ruscelli, con nude paludi, separa
dagli Appennini lontani - isole che si stendono
nell'aria sconfinata.
"Che cosa pensi che sogni la nostra
piccola barca che dorme nella sua verde baia?"
"Se i sogni del mattino sono veri
dovrei pensare che sogni la nostra pigrizia, e le miglia
della via d'acqua che avremmo già dovuto farle correre
a quest'ora del giorno."
"Non importa", disse
Lionello. "Fa' attenzione ai venti, che possono condurla
in quel folto di pioppi che emergono lontano. Non vedi?
Le bianche nuvole vanno allegramente, e le stelle
che stamattina perdemmo saranno più liete stasera
di illuminarci il ritorno. - Come sibila
la lunga chioma nera di Domenico! All'erta,
caro compagno! La brezza è favorevole: ascolta
come canta nell'aria."
"Sta sognando di noi e delle nostre lungaggini", disse
con impazienza Melchiorre, "se posso indovinare le emozioni
di una barca, e di come già avremmo dovuto
essere il diavolo sa dove da due ore almeno."
E in un toscano così transalpino da uccidere
un qualsiasi accademico cruscante,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
E così mentre Lionello secondo i suoi modi intesseva
le sue pigre parole Melchiorre disse: "Sogna
che non ci siamo nemmeno levati dal letto;
noi le daremo un'anima e un cuore che batta
come quello d'una colomba inseguita
da un'altra colomba".
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
"D'accordo,
ma intanto butta fuori la zavorra,
e stiva i viveri a poppa nel loro ripostiglio."
"Ma questo barilotto, non sarebbe meglio
metterlo un po' più in basso?" "No, va bene così."
"Quelle bottiglie
di tè caldo - su, dammi un po' di paglia - non dovrebbero
essere sistemate meglio? come
a Eton dopo le sei quando d'estate
ci si imbottiva le tasche del soprabito,
e insieme alle bottiglie c'erano uova sode, panini e ravanelli,
e poi sdraiati sul fieno rubato in quei rifugi verdi
che i contadini chiamavano fossi e noi studenti pergole
si faceva le otto a banchettare."
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Con una
bottiglia in mano come se avesse l'animo interdetto, Lionello
era rimasto in piedi - quando Melchiorre lo riscosse brusco: -
"Siedi al timone - serra questa vela - pronti!"
E la catena dell'àncora è tratta, le vele spiegate,
il soffio vivo dell'aria che ci spinge è fresco
quando nutrito di rugiada e aurora
giunge ridendo il vento del mattino; - con le vele gonfie
la barca tiene testa alla fiera corrente del Serchio,
poi rallentando a tratti interrompe la corsa
e rimane sospesa sull'onda e fende con la prua
la tempesta del ...
che dalla sua sorgente di montagna giunge
fervida bassa levigata e forte, - rapida
com'è rapido il fuoco, e impetuosamente
sfocia nel mare spaurito; i suoi vortici
s'attorcono al sorriso del mattino, le ondate sfavillano
e battono e ribollono e torturano
la sua luce serena frantumandola
in colonne che fremono e risplendono.
Il Serchio
tortuoso sfociando in mezzo alle barriere
di marmo già spaccate a Ripafratta guida
nel terribile abisso le onde che muoiono
di quella morte che amano gli amanti, vivendo
in ciò che sempre cercavano; come se tale spasimo
non fosse ancora passato, vacillanti,
queste montagne d'acqua s'aggrappano, ma
nel suo pieno entusiasmo la chiara corrente si versa
sulla pianura e vagando da un sentiero limpido
di cristallino fluire invia l'onde superflue, che possano
gettare ai piedi dell'Arno un tributo di grano e di vino;
poi fra deserti selvaggi e malsani
di paludi intricate e di boschi dove il pino è stento
rapidamente si getta nell'oceano.