Storia spicciola 1945. Non è male la conosciate.

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florentia89
00mercoledì 25 novembre 2009 19:43
La fine della guerra coma la vissi a Roma
Capitolo 9 Ragazzi di Portoria
La fine della RSI - Come la vissi a Roma

Anche se ce lo aspettavamo non pensavamo che tutto accadesse in cosi breve tempo. I tedeschi smobilitano, si sganciano, in qualche posto fanno degli accordi di resa e si allontanano. Le truppe della RSI si volatilizzano.
Poche formazioni, fra le quali reparti della “Decima” di Junio Valerio Borghese resistono, si barricano nelle caserme e attendono gli alleati. Poi il crollo. Tutto in una settimana, col Duce e i suoi appesi a Piazzale Loreto.
L’Italia rossa si scatena, la nostra non c’è più, siamo angosciati. Mi sposto col discorso dal nord a Roma, da quasi un anno occupata dagli americani. Siamo alla fine di Aprile e il palazzo in cui vivo coi miei, un complesso di ferrovieri, centottanta appartamenti, è uno svolazzare di bandiere rosse, ben peggio di quando e quanto sarà con le bandiere variopinte della cosiddetta pace che in tempi recenti ci hanno subissato.
I capifamiglia sono al novantacinque per cento comunisti. Niente socialisti, repubblicani, azionisti, senza dire democristiani o liberali, comunisti e basta. Viene da loro occupata la sala del Consiglio della grande cooperativa edilizia, ricavata da due appartamenti seminterrati, e vi installano una loro cellula permanente, come un centro decisionale e parvenza di tribunale per esaminare chi ritenuto sostenitore in qualche modo del regime passato.
Lo fanno ora che la guerra è finita; prima esistevano divieti e mancavano ordini, prima ancora portavano tutti la camicia nera. Oltre la massa dei mariti ci sono altrettante mogli le quali, per convinzione, obbligo, conformità, agiscono e la pensano altrettanto. Quanto ai loro figli e figlie idem, scatenati e scatenate più dei padri.
In questo clima vivo una fase difficile. L’ideale sarebbe mi allontanassi per qualche mese, riparando magari dai miei parenti umbri, ma ciò non è possibile in quanto perderei il lavoro, poi i due zii sui quali contavo di più sono stati prelevati dai carabinieri e spediti a Coltano, in campo di concentramento, in quanto erano stati dei modesti federali locali (il maresciallo gli dirà che lo facevano per il loro bene in quanto, nella già fascista Umbria, trasformatasi subitaneamente in rossa, potevano essere pure accoppati dagli ex camerati).
Così decisi di restare anzi, se ci penso, non ritenei mai di andarmene. Se la situazione doveva essere affrontata l’avrei fatto come sempre, a viso aperto,con prudenza e non strafottenza, senza rinunciare al passato. Gli amici d’un tempo, compagni di gioco, scuola, GIL, che formavano mezza legione e mezza fanfara dei balilla, ora mi guardano storto e cercano di farmi capire che il sole dell’avvenire sta in altre parti, quelle cupe orientali come affermato dai genitori. Il mio inquadramento passato è ora chiaro per tutti. Mentre mio padre aveva svicolato più volte dicendo che i tedeschi mi avevano inserito nel lavoroTodt, ed entro certi limiti ci credeva pure lui, alcuni operai dello stabilimento occupato dalla Wehrmacht, ove eroanch’io, avevano detto quale fosse la mia posizione.
Venni invitato una sera nella sala riunioni trovandomi a fronteggiare una commissione semi ufficiale di colleghi di lavoro di mio padre e di comune abitazione, un po’ simile a quelle russo-bolsceviche di rieducazione politica, almeno come le avevamo in mente nella Gioventù del Littorio. Mi dicono:
…”senti, di te sappiamo tutto e ci sarebbe chi vorrebbe farti assaggiare un pò di legnate ma, c..zo, c’è tua madre che assiste le malate del palazzo e le riempie di santini, tuo padre non è stato marcia su Roma, anche se non è dei nostri, tuo fratello è militare col re, e poi sembra che sul lavoro tu abbia aiutato qualcuno, perciò abbiamo deciso di lasciarti in pace. Non ti chiediamo di cambiare idea, guarda che molti dei tuoi oggi sono con noi ove hanno trovato il vero socialismo, quello che il Duce aveva mandato a puttane. Ignoriamo le vostre sceneggiate dell’ultima ora, le vere socializzazioni le faremo noi. Tu stai studiando, l’anno prossimo prenderai il diploma. Pensa a venire con noi, ci serve gente, che abbia studiato, che lavori, che sia stata in gamba anche coi fascisti. Non ti chiediamo nulla, ma per mettere una pietra sui tedeschi vogliamo che pensi a quanto abbiamo detto e legga qualcosa di nostro, non siamo quella banda di criminali come ci avete sempre dipinti…”..
Per quanto mi concerne in questa riunione io dissi che loro, e i loro figli, prima del ripensamento generale la pensavano tale a me e ho fatto quello contestatomi con assoluta fede che non intendo ammainare, pur se sono cosciente che dovrò essere, e sarò, un buon cittadino della futura Italia. Questo discorso gli piacque e ad ulteriori richieste sul servizio con la Wehrmacht precisai la pura verità, cioè che la mia richiesta di volontariato era per la RSI, alla quale mi spinse proprio il figlio di uno dei presenti, anch’egli volontario prima di me (il papà tentennò la testa verso gli altri e disse: “visto che razza di danni fecero i fascisti?), ma per alcune imponderabilità, compreso lo sbarco ad Anzio, io fui dirottato al Comando Germanico che mi incluse nei servizi ausiliari di sussistenza.
Aggiunsi che la morte l’avevo rischiata più volte ma in definitiva non avevo ammazzato nessuno e, potendo, feci pure un po’ di piaceri in giro. L’incontro terminò e rimasi a parlare coi coetanei di un tempo i quali proveranno a farmi aderire alla loro gioventù comunista, la cui organizzazione stava per nascere. Gli dico di no, sono sotto shock per quanto accaduto e per l’uccisione del Duce. Allora gli anziani, anche con un po’ di ragione, aggiungono: …”Mussolini non poteva che morire così, di nostra mano, volevi che lo impiccassero gli americani o lo facessero i russi? Era segnato, lo sapeva anche lui, guarda che a morire è un attimo, lo scempio del dopo è ciò che succede quando si scatena il popolo. Perché, il mucchio di partigiani fucilati a piazzale Loreto e lasciati li’ sino a che puzzassero l’hai scordato? Comunque leggi il comunicato del C.N.L. che esprime rincrescimento per lo show di Piazzale Loreto e assicura mai più si verificheranno fatti obbrobriosi come quello”.. Infine mi rifilano qualche opuscolo e libro che parlano di Gramsci, URSS e Marx. Li prendo e li ringrazio per non aver infastidito mio padre per le mie idee. Quanto al futuro è per me tutto da decidere. Leggerò quanto mi è stato dato e poi renderò i libri alla bibliotechina già installata nella Sede. La mia convocazione e il mio “non processo” sono risaputi nel palazzo. Direi anche con una certa dose di stima specie da parte dei e delle giovani che la pensavano ormai diverso. A mio padre diranno che mi ero comportato educatamente, come d’altronde sempre fatto e che se fossi passato dalla loro parte avrei avuto un futuro politico, forse mi avrebbero mandato in URSS per qualche corso di formazione. A mia madre le donne dissero che ero stato dignitoso, si vedeva che avevo studiato e proseguivo a farlo, che ero persona seria, affidabile. Inoltre varie di loro, ponendosi pochi problemi di ordine politico, gli suggerirono di convincere me a “mettermi” con una delle loro figlie, avendo deciso che non tutti i fascisti erano poi dei poco di buono, cioè a dire sarei stato accettato e gradito così com’ero.
La situazione sembrò migliorare ma non del tutto. Una sera, ancora con poca luce stradale, fui spintonato da alcuni malintenzionati e nerboruti, non sconosciuti, che mi affrontarono in cinque-sei ma, a parte le maniere e le minacce, non volarono le crocchiate promesse da tempo, e in particolare dal padre di una ragazza che mi faceva il filo il quale, entro poco, avrà necessità di un mio aiuto. Altra sera, rientrando dal lavoro, mi arrivò una sassata diretta alla testa che mi colpì fra il collo e il dorso e mi fece un male boia, poi passò.
Altra volta nella semioscurità giunse un “porco fascista, attento!” e riconobbi la voce.
Sul lavoro nessun problema da parte dello staff direttivo. Mi trovavo col Presidente nipote del Papa, col direttore ebreo che mi aveva “salvato” in precedenza, con Enti di assistenza ecclesiastici di tutti i tipi, riferiti sia alla religione, sia alla politica e alle persone in difficoltà. Mi chiesero di prestarmi per qualcosa di particolare che in quel momento poteva risultare utile. Io accettai, pur con qualche rischio e conscio che del mondo precedente c’era rimasto ben poco, apprezzando però che esso non fosse demonizzato e si aiutassero parecchi di coloro che uscivano dalle vicende belliche. Col personale operaio le cose furono più complicate. Qui le “botte” me l’avevano promesse da tempo, avrebbero voluto farmi pagare chissà cosa. Ci fu però una persona a cui avevo dato una mano, forse salvata, la quale convinse tutti che meritavo rispetto e dovevo essere accettato come ero.
Così, con gradualità, tutti mi tornarono amici, pur rammaricandosi che io, col mio lavoro nella società vaticana, avessi scelto la via dei preti, peggio ancor di più di quella del Duce, anziché aderire alle loro cellule.
Naturalmente ignoravano che col Duce, sia pur accoppato, ero rimasto in contatto in qualche modo anomalo!
Anche varie dipendenti dello stabilimento, fregandosene di questi problemi, mi esternarono la disponibilità ad entrare nella mia sfera personale. Frattanto i mesi passavano e venni sentito anche in sede di polizia; c’era chi aveva riferito qualcosa su di me in quanto nel nostro palazzo un ragazzo disabile, mezzo partigiano, era stato fucilato alle Ardeatine e cercavano risalire a chi l’avesse denunciato, sospetto infondato per quanto mi riguardava.
Venni scagionato (da che?) anche perché quelli che incontrai, compreso un agente la cui figlia non mi dispiaceva, erano stati componenti della milizia e polizia precedenti. Giungerà così il termine del 1945 ed io considererò chiusa la prima emergenza del dopoguerra. Potrò concludere poi gli studi di maturità e eviterò temporaneamente di impegnarmi troppo con ragazze le quali, dato il momento cercavano un fidanzato-marito tutto e subito, meglio se con lavoro fisso e magari istruito. Se poi questi non avesse casa propria nessun problema, era pronta la soluzione allora imperante (ora dimenticata) cioè la coabitazione nelle loro famiglie, ben disposte ad accogliere il nuovo venuto finché non ci fosse stata una nuova dimora o una casa popolare a disposizione o da occupare. Di queste cose ne ho parlato in altre parti e ad esse rimando.
Per ora ho voluto accennare al primo post-guerra e alla fantomatica pace mondiale. Dico fantomatica in quanto scoppieranno subito crisi e guerre a non finire, cortina di ferro, Corea, Viet Nam, Ungheria, Polonia, Cuba, tutte più o meno dichiarate, inoltre sommovimenti in Asia, Africa, America, Europa e, per carità di Dio, non tocco quelle degli ultimi anni, sempre con USA e URSS coinvolte poi, dopo il crollo di quest’ultima e con un’ONU perennemente imbelle, solo con gli Stati Uniti a fare i guardiani del mondo.
Ecco perché la pace l’ho definita fantomatica. Circa il Duce non l’abbandonai, né lui m’abbandonò.

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auroraageno
00giovedì 26 novembre 2009 10:46

Tu sei una vera, preziosa miniera..!

Grazie di cuore, Francesco! Apprezzo davvero tanto quanto doni ai tuoi lettori..!

Ti abbraccio con tanto affetto, caro.

aurora

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