Vado cercando il pericolo d’accidia,
battimento e risonanza in lascivia
che si sparge cavalcando un refolo
sulle orme biascicate che noi, incerti,
trasciniamo nel deserto del pensiero.
Seppellivo l’ultimo eroe
con i pugni stretti e chiusi,
la vanga livellava sabbia
sui lineamenti del riposo
che solo sindone conserva
quando un bagliore,
da non so quale minareto,
proiettò fenici argentate
deflorando i gesti circolari
con un irregolare taglio,
aperto sulla fronte.
Ho colto sfumare la distanza tra i due abissi
su quelle tinte di rosso bevute avidamente
affinché la farfalla potesse scorgere l’eterno,
volando con le ali nottambule d’un pipistrello.
E’ testamento olografo al Tempo
questo nostro precorrere attimi,
distanze che mal conosciamo,
le distanze tra due baci,
quelle che dilatano l’attesa
d’una ineluttabile resa:
io,
al contempo
erede e legatario.