Turoldo, David Maria - Biografia e Ultime Poesie

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auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:41
TUROLDO, DAVID MARIA - sacerdote e poeta, dei Servi di Maria

"David Maria Turoldo (1916-1992) sacerdote, frate dei Servi di Maria.
Dopo la laurea in filosofia, visse quindici anni presso i Padri di San
Carlo, partecipando alla Resistenza con il gruppo de "L'Uomo" e tenendo
la predicazione domenicale in Duomo dal 1943 al 1953. Alternò poi la sua
dimora tra San Carlo al Corso a Milano e Fontanella, la frazione di Sotto
il Monte, dove diresse il Centro Studi Ecumenici Giovanni XXIII.


"Attraverso varie collaborazioni a giornali, riviste e televisione, la voce
di Turoldo ha accompagnato a mo' di coscienza critico-profetica le vicende
politico-sociali del nostro paese.

"Notevole il suo numero di opere saggistiche, teatrali e poetiche.
Soprattutto sotto quest'ultimo aspetto la sua figura appare un vertice
imprescindibile.

"....................". (Dal libro "Inquietudine dell'Universo",
a cura di Elena Gandolfi Negrini, edito dalla PIEMME Editrice


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David Maria Turoldo (Coderno di Sedegliano, Udine,
22 novembre 1916 - Milano, 6 febbraio 1992), religioso italiano dell'Ordine
dei Servi di Maria, è stato un poeta, un saggista ed uno dei più
rappresentativi esponenti del rinnovamento del cattolicesimo della seconda
metà del '900, il che gli valse il titolo di "coscienza inquieta della Chiesa".

Padre David Maria Turoldo, come si intuisce leggendo le sue biografie e,
ancor più, le sue opere, non è stato un uomo qualsiasi nè un sacerdote facile.
Non lo è stato per se stesso, non lo è stato per la Gerarchia (nè quella
socio-politica, nè quella ecclesiastica), non lo è stato per quanti lo
frequentavano. Uomo forte, tenace, convinto; friulano di famiglia contadina
poverissima, nono di dieci fratelli, dove ha ricevuto una fede intensa, severa,
incrollabile.
Anima sempre tormentata, combattiva, accesa al fuoco dello Spirito Santo,
Servo di Maria sempre, fino all'ultimo istante della sua esistenza.

"Padre David", ha scritto Carlo Bo, "ha avuto da Dio due doni: la fede e la poesia.
Dandogli la fede gli ha imposto di cantarla tutti i giorni". E David Maria Turoldo
ha continuato a cantare, fino all'estremo....".
(Dal libro " David Maria Turoldo - Ultime poesie (1991-1992)", edito da Garzanti.

La fine

Affetto ormai da anni da un tumore al pancreas, dopo un itinerario in vari luoghi
di cura, morì all'ospedale "San Pio X" di Milano il 6 febbraio 1992;
il 2 febbraio, al termine della messa domenicale, si era congedato dai fedeli con
la frase: «la vita non finisce mai!». I suoi funerali videro la partecipazione di
oltre tremila persone, gente semplice e intellettuali, che si mescolavano
attendendo per ore di arrivare alla sua bara.

Presiedette le esequie il cardinale Carlo Maria Martini, che qualche mese prima
della morte, aveva consegnato a padre Turoldo il primo "Premio Giuseppe Lazzati",
affermando la propria opinione secondo la quale «La Chiesa riconosce la profezia
troppo tardi». Un secondo rito funebre venne celebrato nella sua Casa a
Fontanella di Sotto il Monte, nel cui piccolo cimitero fu sepolto.



Opere

Canti ultimi - Milano, Garzanti, 1992.
Anche Dio è infelice - Piemme, 1991
O sensi miei ... : (Poesie 1948-1988) - (note introduttive di Andrea Zanzotto e
Luciano Erba) Milano, Rizzoli, 1990.
Alla porta del bene e del male - Milano, A. Mondadori, 1978


Saggi

Diario dell'anima - (prefazione di Gianfranco Ravasi) Cinisello Balsamo,
San Paolo, 2003.
Il dramma è Dio: il divino la fede la poesia - Milano, Biblioteca Universale
Rizzoli, 2002.
Dialogo tra cielo e terra - (a cura di Elena Gandolfi Negrini) Casale Monferrato,
Piemme, 2000.
Ultime poesie: canti ultimi - Mie notti con Qohelet - Garzanti, 1999.
Oltre la foresta delle fedi (a cura di Elena Gandolfi) - Casale Monferrato,
Piemme, 1996.








auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:47
Ultime poesie - (Canti ultimi - Mie notti con Qohelet)

Nota dell'Autore:

Non credo inutile avvertire il lettore
a) che il colloquio con il Tu necessario, cioè con Dio, è quasi sempre affidato alle minuscole. Però nel colloquio anch'io m'interrogo, magari nello spazio di una stessa lirica;
b) che in maiuscola a volte esprimo i termini simbolici come «Notte», «Tenebra», «Luce», «Nulla». Specialmente il «Nulla» mi preme che sia capito bene: il «divino Nulla», il «Vuoto santo».



auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:48
DAVANTI AL PORTALE

La vita che mi hai ridato
ora te la rendo

nel canto.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:50
In muta attesa


Parole, e segni, e immagini,
ringhiere alle nostre solitudini:

maschere di depistaggio
dalla strada verso il nudo
Essere:

certo, neppure da nominarsi,
appena da invocare
in silenzio:

là tu permani
oltre lo stesso Dio:

e io di qua
in muta attesa...


* * *


Se almeno ti fossi lasciato
- non dico dai sensi -
possedere dall'anima,
mia galassia di desideri,

ora anch'io oserei
cantare un nuovo Magnificat

in nome di tutti gli amanti
non più delusi,

nel nome di una terra
ancora vergine.


auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:52
Introito


Se nessuna forma bellezza incorpori
e di un suono almeno la stessa
mente non avverta una eco
e ancora, il pensiero un riverbero
di luce non colga: non certo
dalla Fonte -, non colga dico
appena un riflesso sul <<miro gurgite>>,
se corpo nessuno vi sia, anche là
a riparo dall'abisso, già ora
la più nera oscurità ti divora.

E' assoluta
la necessità dell'Immagine!
Il corpo: scialuppa che ti salva
sull'oceano del Nulla.


***

Dio e il Nulla - se pure
l'uno dall'altro si dissocia -
senza voce sono nell'assenza.

Cristo, corpo di Dio, coscienza
della Terra, figlio
della Bellissima, nostro
ultimo esistere!


***

Anche la morte sarà
un emigrare di forma in forma
nel grande corpo dell'universo.

Corpo, spirito che si condensa
all'infinito:

nostro corpo
cattedrale dell'Amore,

e i sensi
divine tastiere...


auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:54
Straniero nel tuo villaggio


Sono le parole strade
di un paese che tu solo
percorri con l'illusione
di conoscere, e di essere
conosciuto da sempre:

ti camminano avanti
suoni d'alfabeti prenatali,
luci spaziano come fari
all'orizzonte:

tu credi
di andare per liberi campi

invece qui abiterai
per sempre!


***

Mai che si giunga al centro!

Tu non sai il gioco
delle circostanze:

sempre a girare intorno
in girotondo <<intorno a un fico d'India>>:

mentre solo
batte
il cuore.


auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:55
Inutile anche il cantare?


Né che tu riesca a dire quanto
di te s'involi nell'oscurità

e torni a dire, a ridire in attesa di capirti

avanti ancora d'essere capito

se pure mai
ciò sia accaduto.

E' la ragione del mio cantarti
Verbo, unica sostanza...

cantato dunque
senza speranza?


auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:56
Esagono


I

Se appena uno sguardo rivolgo verso di te
già il dove mi rimane impervio
e ugualmente ignoto il punto
donde parmi avvertire il richiamo.

E se la mente non più che l'intento
riveli di chiedere chi sei
ecco montare sul mondo la tenebra
e farsi Notte altissima:

e anche il giorno si fa notte
e non un rottame che galleggi

sull'oceano.


II

Se invece sei tu che mi guardi
subito sfoderi dall'occhio una luce
uguale a spada acutissima
e sempre più luce effondi e ferisci:

luce che denuda i corpi
luce che mette in fuga le ombre
luce che ti passa da parte a parte
e ti inghiotte dentro il suo mare:

no, non ci sono per te mai tenebre
e più chiara è la notte del giorno...


III

Tu sempre più muto:

silenzio che più si addensa
più esplode:

e ti parlo, ti parlo
e mi pento

e balbetto
e sussurro sillabe
a me stesso ignote:

ma so che odi e ascolti
e ti muovi
a pietà:

allora
anch'io mi acquieto
e faccio silenzio.


IV

E sempre più remoto stai
nel tuo maniero,
unico segno
il tuo silenzio:

silenzio più alto
del silenzio astrale...

- ma non è il tuo silenzio
che più mi affligge,

è il mio non tacere,

o Silenzio!


V

Già per avere osato dire
perdono ti chiedo:

anche se sarò recidivo

e vedrò le parole cadere
come foglie.

***

Rabbrividite parole
ancor prima di raggiungere un suono:

frantumi
sul pavimento del tempio:

e non un frammento
almeno di vetro

che riluca.



VI

Tu non sei il fiume
ma ti nascondi nel fiume,

non sei la foresta
ma sei nascosto nella foresta,

non sei il vento
sei il vento del vento:

e senza, non c'è tempo,

perciò viviamo

e saremo eterni.


auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:57
Fosse la perla rara


I

Mio pane è l'ambizione
questo quotidiano orgoglio
di cantare: e fosse
un canto mai udito,

fosse la perla rara
che il cercatore scopre e va:

- venduta ogni cosa onde
comperarne il campo; -

perla che lo scriba trae
dal suo tesoro:

cose inaudite
dalla fondazione del mondo.



II

Più alto mira
o mente mia
oltre
le artefatte bellezze

e canta per gli umili
e sia più radiosa la terra.

Canta perché non puoi non cantare!

E non macchiarti di un'avarizia
che la povera gente mai

ti perdonerà.



III

E poi calarti giù nell'abisso
come esploratore dentro il cratere;

e dire e non dire il dramma di Dio
quanto sia in pena per l'uomo:

l'immensamente debole
e condizionato Iddio,

infelice per la nostra sorte.

Per finire nel Fuoco incandescente:

il resto è illusione.


auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:58
In cambio del tuo perdono


I

Tu lo potevi: bastava
fare di me
il tuo giardino,
l'eden ove goderti beato,

e io non finire
randagio
e straccione.



II

Ora che arrotolato mi hai
come il pastore fa con la tenda
alla fine dei pascoli,
lascia che ti canti

come mai ti ho cantato
e più non pianga
inutili pianti.


auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 10:59
Solo una grazia chiedo


I

Ma tu, Amica,
quando verrai
sarà sempre tardi:

e Lui sa perché.



II

Pur certo di emigrare
di vita in vita

sapere di dissolversi è triste

anche il corpo delira
di te, o Deità.



III

Solo una grazia chiedo:
che là
almeno
non ci facciamo
più male.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:16
Almeno dal pubblicano

<< Il pubblicano, invece, fermatosi
a distanza... >> (Lc 18, 13)




I

Non chiedo che tu mi guarisca:

offesa sarebbe la domanda
che esaudire non puoi:

chiedo che tu mi salvi
che non mi lasci per sempre
soggiacere a questa
quotidiana morte:

chiedo che il Nulla non vinca
e io non abbia più
a incenerirmi di desideri

e viva infelice anche là
come ora, qui,
solo e lontano.



II

Tu sapessi cosa mi costi in rimorsi
e quanto io a te costi per grazia:

che la gara non si interrompa:

Io a pentirmi
e tu a usarmi pietà

pure se necessità è per me
il fallire

e per te,
continuare a perdere.



III

Così ti penso: un Dio
sempre esposto a follie,
ad accontentarsi di come siamo,
a perdere sempre:

o Luce incandescente
e pietosa

se tu sopporti
ciò che io sono
anch'io per te sopporto
di non sparire.



IV

Ti prego, non lasciarmi
nell'angoscia:

tu sai che nulla
di questi inganni
mi soddisfa:

che sono inganni lo so,
e tutti e due sappiamo
che non posso
non ingannarmi.



auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:17
Lui non potrà non amarti


I

Inquieti e sereni
andiamogli incontro:

se di tanta grazia riveste
i gigli del campo e l'erba
che al mattino fiorisce
e a sera è già arsa,

non può non usarti pietà:

anche tu gli sei necessario
- per ragioni certo diverse -
quanto lui a te.



II

Ma lui non potrà non amarti

e sarà annullato l'inferno:

se perduto,
anche lui non potrà
non soffrire...



III

Questo mio poetare
è ancora un gioco di farfalle
in volo senza direzione

e tutte cadono a terra
con le ali bruciate.



IV

Anche quando tu pensi
a un sole mai visto
a un implacabile sole
a un sole che della terra
faccia una sola fornace
di calce,

nulla è
a confronto
del suo ardore

che fa di te un deserto
di cenere.



V

Un'alba in abito da sposa:

sta forse per sorgere
il nostro giorno?

Tutti e due usciamo insieme,
Signore, dalla Notte.



auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:19
APPENA VARCATA LA SOGLIA


Nel fittissimo buio sento
il tuo sguardo sul cuore
come di falco appollaiato sul nido.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:20
Ma tu sempre


Tu sempre m'intendi
pur se mormoro o grido:

tu l'Ineffabile

perfino Tenebra luminosa!...

Così varcherò l'ultima soglia
l'anima danzando...



auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:21
Conosco la tua tristezza


Conosco la tua tristezza:
di non poter riversare
in tutto il creato
la tua plenitudine:

- così ti sei fatto
uno di noi, noi stessi,
ragione della tua follia -

tristezza di sapere che noi
- noi soli nell'intero
creato - possiamo
farci del male:

e non perché ti offendi
ma perché ami...



auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:22
Non sei tu l'offeso


Almeno di te mi basti il timore
che mi salvi dall'offenderti,
sai che è inevitabile:

e non tanto perché possa,
pure se grave, colpa ferirti
quanto ferire me stesso.



auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:23
Certo è che unico sei



Se un fastidio che ti sia pari
tu senti quando
con labbra tremanti osiamo
non dico invocarti
ma sussurrare appena
qualche tuo nome, allora

certo è che unico sei
o Divino.



auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:24
Ma senza né tu né io


Vivo io non vivo io
viviamo insieme
Tu ed io: certo

senza possibilità
di invertire:

se non insieme,
né tu né io
saremo.


auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:25
Questo solo bramire


Altri, sì, altri
scavalchino la siepe, altri

godano il dolce naufragio
nell'infinito mare

a me questo solo
bramire di cerva

tra
le petraie.





auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:27
Anche peccare


Respirare è respirarti

vivere è rivelarti

amare è amarti...

pur certo che senza di te
anche peccare mi è negato.



auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:28
Non so quando spunterà l'alba



Non so quando spunterà l'alba
non so quando potrò
camminare per le vie
del tuo paradiso

non so quando i sensi
finiranno di gemere
e il cuore sopporterà la luce.

E la mente (oh, la mente!)
già ubriaca, sarà
finalmente calma
e lucida:

e potrò vederti in volto
senza arrossire.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:29
Ultima versione



Ma Tu sei senza volto
non hai nome
ti sei donato a noi
e tutto in me ti ripeti.

Chiamato a vivere
in questa cavalcata
mondana:

a sopportarti,
e tu a portarmi,

dove?


***


Non so se pensarti grande
o come il granellino di perla
che riluce sul pavimento
del coro, nell'abside:

quando, nel fissarti,
mi muore sulle labbra
anche il salmo della cerva.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:31
Mia necessità



So di ferirti pur quando t'invoco
con il nome più dolce:

che almeno il canto indori
la nostra solitudine:

mia necessità è cantarti
quanto per te

usarmi pietà.


***


Di te nulla mi importa,
so di cosa ti fai
ragione e segno:

o miseria
fiordo della mia speranza
sola moneta di scambio!

Quando al mio quotidiano
franare corre
a fare argine


Amore.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:32
Siamo il tuo divertimento



Tu non puoi non pensare a noi,
e non amarci.

E amandoci
rivelarti
ed espanderti
e deliziarti:

siamo il tuo divertimento.


***


E inabissarmi
nel mare che non ha sponde

e più non esistere...




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:33
Nostra vicenda



No, in misura massima e modo alcuno
a noi è dato raggiungerti:
sei tu che devi scendere e perderti
tu, pastore di costellazioni.

Tua natura non è la divina Indifferenza,
anche se presunzione che altera la mente
e fede inquina e devia, è credere
che umana colpa per quanto orrenda

ti possa offendere.

Tua natura è di essere Amore
inesauribile fonte
di ogni amore:

Amore che te rovina
e noi redime...


***


Io sento i tuoi passi inseguirmi
di deserto in deserto, passi
infaticati e discreti
per non impaurire:

Tu, divino Inquieto
che rompe gl'incanti
e distrugge le paci
e non concede tregue...


***


E come peccato non te ma noi
- solo noi! - ferisce a morte
e tua pietà scatena, così

non vi è contrizione che valga
- pure se a cuori che piangono
ancor di più con noi tu piangi
d'un pianto che lava la terra -
e solo grazia ci salva!

A noi chiedi appena
volontà d'essere salvati:

il miracolo
di lasciarci amare.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:34
Ogni nome ti annulla



Lo so, dovrei impormi il silenzio
bandire ogni accento

spegnere anche il più tenue
bisbiglio mentale

cancellare perfino il ricordo
di questi alfabeti, e là

tutto l'Io si dissolva dove
il Silenzio genera:

ti avrei raggiunto, allora,
e saremo insieme...




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:35
CANTI ULTIMI


Ieri, all'ora nona



Ieri all'ora nona mi dissero:
il Drago è certo, insediato nel centro
del ventre come un re sul trono.
E calmo risposi: bene! Mettiamoci
in orbita: prendiamo finalmente
la giusta misura davanti alle cose;
con serenità facciamo l'elenco:
e l'elenco è veramente breve.

Appena udibile, nel silenzio,
il fruscio delle nostre passioncelle
del quotidiano, uguale
a un crepitare di foglie
sull'erba disseccata.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:36
Ti sento, Verbo



Ti sento, Verbo, risonare dalle punte dei rami
dagli aghi dei pini, dall'assordante
silenzio della grande pineta
- cattedrale che più ami - appena
velata di nebbia come
da diffusa nube d'incenso il tempio.

Subito muore il rumore dei passi
come sordi rintocchi:
segni di vita o di morte?
Non è tutto un vivere e insieme
un morire? Ciò che più conta
non è questo, non è questo:
conta solo che siamo eterni,
che dureremo, che sopravvivremo...

Non so come, non so dove, ma tutto
perdurerà: di vita in vita,
e ancora da morte a vita
come onde sulle balze
di un fiume senza fine.

Morte necessaria come la vita,
morte come interstizio
tra le vocali e le consonanti del Verbo,
morte, impulso a sempre nuove forme.




auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 11:37
La sentenza



La sentenza che ora tu sai
nulla di nuovo aggiunge a quanto
già doveva esserti noto da sempre:
tutto è scritto. Di nuovo
è appena un fatto di calendario.

Eppure è l'evento che tutto muta
e di altra natura
si fanno le cose e i giorni.

Subito senti il tempo franarti
tra le mani: l'ultimo
tempo, quando
non vedrai più questi colori
e il sole, né con gli amici
ti troverai a sera...

Dunque, per quanto ancora?




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