Un giorno a Milano.

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florentia89
00giovedì 11 giugno 2009 12:08
Ovvio, un giorno speciale, come lo vedo io.
Divagazioni mediolanensi
Oggi è stata giornata dura ma di soddisfazione, l’ho dedicata alla mia Milano di lavoro, vita, città che amo quasi al pari della Roma insostituibile (un briciolo di preferenza consentitemelo). Va bene, non sono più un operativo pur se resto attivo, me lo dimenticassi ci sono miriadi di rilevatori a rammentarmelo, a parte la carta di identità. C’è però che quando mi trovi in Lombardia, cosa frequente visto che gli specialisti ospedalieri di Gallarate, ove ho la figlia medico, hanno preso a benvolere il mio cuore, non manco mai di rivivere un po’ dell’esistenza passata nelle aree lombarde in particolare e il centro settentrione in genere. Così eccomi a dedicare un giorno alla Mediolanum che mi accolse, senza rammarichi per stanchezza e altro, pur se qualcosa di Metrò e Taxi cercheranno di darmi una mano.
I punti per me istituzionali non sono molti ma rinverdiscono la mente e l’illusione d’un tempo immobile. E allora ecco il Duomo vetusto di storia e arte che mi riaccetta amico, il sacello di Schuster, le rimembranze di Carlo Borromeo, Ambrogio, Agostino, degli artisti che lo eressero nei secoli, a partire dalla prima basilica oggi ipogea, sino al tempo di ieri, di oggi.
Esco appagato di spirito e anima e mi concedo un passeggio nell’immensa piazza per poi sostare in luogo sempre specifico dell’aria ambrosiana, cioè l’insieme dei bar – restaurant nel terrazzato della Rinascente, dirimpetto la Madonnina dorata che svetta nel cielo, col rammarico che lo stupendo restaurant della Motta sovrastante i portici, il quale ci accolse discreto e gratificante, sia oggi sostituito da più affollati e spicciativi Self-Service.
Poi una pausa e un passaggio nella Galleria che mi riceveva nel Biffi e altre prestigiosità, ove non manco mai di riaffacciarmi alla grande libreria Rizzoli nel cui salone ricevetti la specializzazione in Comunicazioni e l’accettazione all’albo professionale. Altrettanto per gli uffici comunali di rappresentanza coi plastici della nuova Milano del ventunesimo secolo.
Pochi passi e sono di fronte la Scala che mi ha accolto e deliziato più volte nel palco a noi riservato e, di fronte, ecco la sede di Palazzo Marino e quella classica della Banca Commerciale, la prima privata italiana. Modesto spostamento e giungo a Piazza del Liberty, finezza architettonica per intenditori e amanti del bello, ove avevo uffici e foresteria nel grattacelino moderno sul fondo, con la mia stanza relax dalle cui pareti in cristallo la Madonnina del Duomo sembrava tendermi la mano. A seguire la Galleria De Cristoforis che giornalmente ci offriva diletto e ristoro; proseguo per Corso Venezia coi suoi negozi delizia per mia moglie, assieme alla Rinascente, e croce per me. Stop a piazza San Carlo che rammento rasa al suolo dalle bombe americane, infine Piazza San Babila, che mi vide alle riunioni ANIA nel suo palazzo direzionale.
Giro per via Lata ove un prestigioso locale, oggi banale panineria, ci serviva incomparabili risotti con osso-buco alla milanese e vini pavesi d’élite, che solo a Milano riuscii ad apprezzare nella loro eccellenza. Pochi passi e c’è Piazza Fontana con la sua vicenda oscura di strage e dinamite assassina, di Valpreda e altri, di vivi e di morti. Infine il retro Duomo, l’Arcivescovado che vide Schuster e Mussolini, il Palazzo vicereale asburgico con le mostre odierne che mi reimmette in Piazza del Duomo. E come non prendere il rettilineo di Via Dante che, con l’ausilio pietoso di un taxi, mi conduce al Castello Sforzesco e all’Arco Trionfale Napoleonico, tante volte visitati e apprezzati? Il Metrò mi agevola poi per la zona ex Fiera di San Siro, ove fui presente e partecipe per una lunga serie di anni. Ritrovo Largo Cherubini nella quale il Commissario Calabresi giacque in una pozza di sangue (ci portai poche ore dopo anche mia moglie) nonché gli uffici di polizia di via Fatebenefratelli ove un anno dopo Bertoli compi l’ennesima strage con quattro morti e quaranta feriti. E ho di fronte il cortile ove Pinelli precipitò dando avvio ad una serie di fatti oscuri ancora non chiariti.
Sfioro anche la Milano operosa coi suoi stabilimenti oggi dismessi e trasformati spesso in degradati Centri Sociali, osservo le mura romane, il complesso che accoglie il Cenacolo di Leonardo, la zona di Brera ove acquistammo gli eccellenti quadri di Defendi, Caressa e altri che oggi sono in casa. Il “tour” della rimembranza, assistito di nuovo dal taxi, tocca l’Università di figlia e figlio, la Basilica di Sant’Ambrogio, la Torre Velasca, uno dei grattacieli del dopoguerra ove ebbi i primi rapporti di lavoro, il Piccolo Teatro di Strehler, Piazza San Sepolcro col Covo ove nacque il fascismo, il palazzo del Popolo d’Italia del Duce, Piazzale Loreto col suo strascico di infamità e quanto potrei proseguire! Non posso poi omettere il prestigioso ristorante “Il Conte Ugolino” che ci accoglieva discreto e ospitale con l’eccellenza dei cuochi, sommellier, ambienti raffinati. Aggiungo nella mélange il Politecnico delle professioni, ove avrei dovuto insegnare e la lontana sede universitaria di informatica che frequentò mio figlio. Però con questi ultimi siti ho terminato il girovagare. Tornerò presto, come di consueto, e non potrò che rivisitarla sia pure con passaggi apparentemente superficiali, sufficienti però per chi, come me, ne conosce le particolarità ed ha la città scolpita nell’anima. Così riecco Varese, che per anni fu la base della mia famiglia e una delle principali del lavoro. Gambe, piedi e polpacci sono doloranti malgrado l’ausilio del Metrò e Taxistico.
Sono stanco, non potrebbe essere diverso, comunque eccomi sempre pronto a ripetere l’excursus cittadino un po’ come l’operativo d’un tempo, col mio apprezzamento sempre presente e supportato dalla Madonnina del Duomo che mi proteggeva. Domani rientrerò a Roma, volevo trattenermi di più ma stavolta la mia assenza per assistenza, controlli e cure, si è protratta oltre il previsto. Così dopo qualche reminiscenza con mia figlia mi distendo nell’auspicio di un riposo confortevole. Sono però talmente stanco che, come avviene in questi casi, non riesca a prendere sonno. E allora la mente spazia nell’immensa area nord che conobbi in tempi remoti. Ecco allora le sedi del mio lavoro e interessi, come Varese, la città giardino prealpina, la Gallarate ove nacque la prima nipote e vede mia figlia dirigere la ginecologia ospedaliera, ecco la Busto Arsizio dei tanti opifici tessili oggi dismessi, con la Malpensa vicina e l’Agusta che sforna elicotteri per l’Italia e il mondo. A seguire Vergiate, Venegono, Sesto Calende, Calcinate, ove nascevano e nascono aerei e elicotteri Macchi, Savoia, Silvercraft e base del volo a vela che amavo. Qui raggiunsi quasi il brevetto di volo, cessato per la minaccia di mia moglie di fare le valige e tornarsene a Roma. Poi la Legnano del Carroccio, Castelseprio con le sue basi romane e barbariche, Arcumeggia, il paesino dei Murales, ove ebbi un impatto con uno squilibrato sordomuto armato di coltello, per motivi a tutt’oggi occulti; a seguire Angera l’austriaca, Sesto con le sue palafitte, ove Garibaldi sbarcò per una delle sue imprese guerrigliere. Seguono Luino, Gaggiolo, Brogeda, Ponte Chiasso delle frontiere elvetiche, Le ville traboccanti di verde opulento e curato, i tanti laghi e laghetti delle prealpi che frequentai e frequento, Lago Maggiore, di Como, d’Orta, di Monate e altri, con l’Arona lombarda e la Stresa piemontese che si osservano e le isole borromee che fanno da corollario. Tutto ben visibile dalle vette varesine del Sacro Monte e dell’Osservatorio astronomico, che spaziano nelle aree sottostanti sino alla lontana Locarno svizzera. La mente serale vaga in altri siti di impegno e diletto. Alla Novara degli ascensori, ai Comitati di Genova e Torino, città che mi affascinarono per i loro acquario e museo egizio, le sedi prestigiose liguri e sabaude, panorami incantevoli ed i miei studi quinquennali in Scienze Aziendali. Giunsi fino alle Aosta e Cuneo di confine, alla Pavia e Voghera della pelle, pellicce e calzature, base di un’altra mia foresteria, navigo mentalmente nella Como setiera, nella Lecco del ferro, Sondrio del legno e, a scendere, alla Mantova e Cremona del latte, formaggi, delle eccelse mostarde di cui rifornivo la casa. Puntate di lavoro mi videro anche nella Vicenza veneta, ove aiutai qualcuna a ritrovare se stessa, alla dogana di Trieste e alla stupenda Venezia in cui avevo base in un palazzo patrizio sul Canal Grande. Il muovermi di pensiero rientra alla Brescia del cuoio e di Piazza Fontana, alla Bergamo manifatturiera, per giungere alle emiliane Ferrara, Piacenza e la Modena della Maserati di De Tomaso, nostra apprezzata cliente. Come omettere un flash per i locali particolari sul Po vogherese e pavese, ove conobbi l’eccezionalità di un “vero” piatto di asparagi e uova come solo loro sanno fare, assieme alla Cantello varesina? E quella delle mostarde cremonesi e locali? Eccomi poi nella Rovereto dei prefabbricati occorrenti nei tanti interventi per calamità e terremoti, con le sue campane e sacrario dei caduti che generano fascino e coinvolgimento.
Sfioro Castelfranco e Conegliano ove, sempre parlando di tavola, conobbi l’eccellenza dei bolliti veneti completati dalle mostarde locali. Rientro nell’area lombarda. Il viaggio virtuale è al termine e riparte dalla Varese dal tempo terso per giungere alla Busto ove, come sempre, c’è una coltre di nebbia che impedisce di vedere. La stessa si espande su me concedendomi finalmente il sonno dovuto. Suggestioni, sensazioni di una vita che ha arricchito me e i miei. Tutte uniche e irrepetibili pur se io mi illuda diversamente. Ho parlato meno della componente umana in quanto quella, come nella mia Roma, oggi è inquinata dalle masse variegate di colore, di cultura, di tutto. Comunque i veri lombardi e i romani doc, pur pochi, sono quella comunità che creò la storia, il benessere e le opere, l’Italia insomma.
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auroraageno
00giovedì 11 giugno 2009 14:13
Leggerti vuole dire viaggiare e attraverso i tuoi occhi e i tuoi ricordi ammirare, gustare.... Ti ringrazio carissimo!
Felice che tutto sia andato bene, così almeno mi par di capire. Ben tornato!

Un forte abbraccio

aurora

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