Valentina

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florentia89
00giovedì 2 aprile 2009 17:31
L'eterea del Circeo
Valentina

Spiaggia di San Felice, due passi da Terracina, Sabaudia, Latina.
Le sommità dei monti disegnano il profilo della maga che Odisseo incontrò.
Sono nello stabilimento balneare del mio albergo. Già dell’esercito, della GIL, della POA. Ne ho parlato nell’inserto precedente.
Steso sul lettino, all’ombra, leggo “la fine di Gerusalemme”, di Lion Feuchtwanger, sulla vita del popolo ebraico e le vicende dello storico ebreo-romano Giuseppe Flavio. Mi giro e nel lettino accanto prende il sole una stupenda ninfa della terra e del mare. Mi sorride, anzi ci sorride, perché fianco a me ci sono moglie e figlia, e il sorriso-saluto è pure per loro.
E’ la sosia in tutto della Valentina di Guido Crepax, o è proprio lei? In effetti il nome è diverso, Daniela, sempre un bel nome però.
E’ di una finezza e gentilezza particolari, rari. E’ intelligente, aperta, alta, flessuosa. Ci parla un po’ di se, milanese, appena laureata in lettere-scienze della comunicazione, in stage presso una grande azienda cosmetica, figlia unica coi conseguenti problemi del padre un po’ lontano e della madre apprensiva, eccellente pittrice in soggetti femminili al liberty e all’esoterico tipo Blake e Adamsky. Niente fratelli e sorelle con cui confidarsi, amici e amiche pochi, speranza d’occuparsi a Roma nel Parlamento. Chiede:
…”L’ho vista scrivere parecchio, sta lavorando a qualche libro?”…
Gli parlo un po’ dei miei progetti, dei miei testi, del Forum al quale sono collegato, dei giovani che mi seguono, degli editori poco disponibili. Gli prometto una copia del volume Fiaccole di Gioventù e, quando sarà pronto, di Ragazzi di Portoria Si avvia una discussione partecipata che si prolunga e tocca problemi psicologici, filosofici, esistenziali, personali. Mi esprime il suo pensiero di ragazza giovane e mi lascia perplesso, mi fa prendere atto di una realtà che avevo forse finto di ignorare. Cioè mi sono sentito un “fuori epoca”, un “fuori giro”, un “anziano”. Lei fa presente che quanto gli ho esposto l’ha trovato di suo interesse, però a fine storico, lontano. Sono passati quasi settanta anni e li considera eventi di una esistenza lontana, da riferire solo a suo padre, che definisce avanti di età, ma di anni ne ha dieci meno di me.
Per quanto la riguarda i suoi indirizzi di vita politica non mi sembrano più i nostri tradizionali, cioè destra, sinistra, centro, fascismo, comunismo, papismo, ma una moderna forma di liberismo ragionato, esistenziale (non ho detto liberalismo) e di un nascente indirizzo svincolato dai referenti neri, rossi, bianchi. Un po’ quella che sarà la forma di governo in un futuro non vicino, ma non eccessivamente lontano, la razionale e fredda “tecnocrazia”.
Gli espongo un racconto che inserirò nel forum e noto sempre il suo interesse non complice, non avverso, non entusiasta. Eppure mi ha seguito attenta, non per compiacermi. Poi mi dice: …”interessante, mi piace come si esprime, dice cose che ne avevo lette solo accenni, però quel mondo non c’è più, è cambiato, penso in meglio. Quel “non c’è più” è espresso in forma definitiva, direi tombale (termine da condoni fiscali). Eppure lei che così si esprime è sveglia, istruita, di livello sociale, piena di speranze e interessi.
Mi spinge così ad alcune considerazioni.
Penso a quando mio padre mi parlava del Kaiser Guglielmo e dell’imperatore Francesco Giuseppe, come se i fatti del 15–18 sulla Germania e Austria-Ungheria fossero attuali e non di ventanni prima. Per me però, a parte il gradimento per la narrazione paterna, si trattava di eventi senza importanza attuale, ed erano passati solo una ventina d’anni. Le cose si aggravavano se mi riferisco a mio nonno il quale mi parlava del re Umberto ucciso da Bresci (1900), di un parente morto a Adua (fine 800), nonché di quando Roma fu tolta al Papa (1870), e anche lui ricordava dei particolari come fosse del giorno prima, non dimenticando che in famiglia erano stati tutti papalini, pur se finì per accettare la Roma sabauda, trasferendovisi dalla rimpianta Anagni, anch’essa terra di Pontefici e sede papale.
Inutile dire che i suoi racconti mi interessavano sempre ma, tutto sommato, erano per me medioevo, e non erano passati i settanta anni ai quali oggi mi sono riferito. Però mio nonno non si limitava a questo, mi parlava anche del padre che combatté contro Garibaldi, e di un avo il quale aveva combattuto in Russia con … Napoleone. Ebbene quanto diceva non è che mio nonno lo avesse letto da racconti terzi e lontani, ma l’aveva vissuto o gli era stato riferito dai suoi di prima mano, senza interposte persone. Per me se le vicende di mio nonno parvero medioevo, le precedenti erano da antica Roma.
Tornando a Valentina ho notato in lei lo stesso mio interesse distaccato di allora. Insomma aveva sentito da me racconti da “anziani”, solo per illudermi del contrario non dico da vecchi, pur se non mi sogno di essere l’uno o l’altro.
Mi sorge allora il quesito: per i ragazzi più o meno ventenni che mi seguono come viene preso il mio parlare dei tempi del Duce, relativi a un’epoca che parte proprio da ottanta anni fa? Sono forse considerato un “fuori tutto”, un fissato coi tempi andati, uno dei decotti che vedono buone tutte le persone purché siano defunte, ciò a valere anche per tempi e fatti? Non sarà applicato anche per me il principio che le persone, diciamo anziane, è bene ed educato siano tollerate, non contraddette, anche se alla fine possano stufare?
Ovviamente sarei grato a chi mi desse una risposta sincera. Assicuro che non me la prenderò per qualsiasi cosa esternata.
A Valentina sono grato per i dubbi instillatimi e per il soggiorno gradevole di alcuni giorni assieme a noi. Al Duce stavolta dico poco, meglio niente, potrebbero esser confermate le mie perplessità e rimanerci forse male io e lui.

Risponde un amico
Non ho mai risposto, sino ad oggi, ai tuoi bei racconti che ho avuto il piacere di leggere ed apprezzare nel loro svolgimento lucido, quasi commovente, perché non ho mai ritenuto utile farlo. Un mio commento sarebbe superfluo. Cosa avrei potuto dirti, cosa avrei potuto esprimere se non un grande e sentito "grazie"? Mi rendo conto però, soffermandomi sulle tue ultime righe, che dietro un asettico monitor, dietro numeri, codici, dietro alla apparente spersonalizzazione che i moderni "media" ci impongono come unico "modus comunicandi", ci sono ancora persone vere, che una gratitudine vera, seppur semplicemente verbale, la meriterebbero.

Siamo i fantasmi di una guerra che non abbiamo fatto. Per aver aperto gli occhi su di un mondo disincantato siamo, più di qualsiasi altro, i figli dell’assurdo. In certi giorni il non-senso del mondo ci pesa come una tara. Ci sembra che Dio sia morto di vecchiaia e noi esistiamo senza uno scopo. Non siamo inaciditi: partiamo dallo zero. Siamo nati fra le rovine. Quando siamo nati, l’oro si era già trasformato in pietra [P. Van Den Bosch].

Inizio così, con una citazione. Potranno apparire fuori luogo, ma penso che queste parole siano in grado di dipingere il ritratto di più di una generazione.
Chi crede oggi in un'ideale come quello per il quale i nostri padri hanno vissuto e che tu, con le tue parole, ci narri da testimone, non può che definirsi "figlio dell'assurdo". Oggi la norma è un'altra. Le giovani generazioni, figlie di un mortale impoverimento dello spirito a favore della materia, vivono la propria conformità come un valore. Il benessere personale come unico fine. Il denaro e le comodità come metro di giudizio. E non me la sento di dare loro del tutto torto: in una società come quella che si è andata delineando nel corso degli anni successivi al secondo conflitto mondiale, guidata dalla cultura-non-cultura imposta al cosiddetto "occidente" dagli USA, ciò non è altro che una naturale reazione di adattamento. Il consumismo, la "tecnocrazia", il benessere, la "libertà", anche quella di fare del male a se stessi ed agli altri, sono catene facili da accettare. Anche a costo di sacrificare la libertà di pensare, di proteggere ed amare la propria gente e la propria cultura, senza essere etichettato come persona retrograda, intollerante, obnubilata da tendenze antisociali o misantropiche, da parte del buonista di turno; la libertà di dare, senza preoccuparsi di avere; la libertà di essere. Insomma, Valentina è una ragazza intelligente, del tutto normale. E non so bene se dire "adeguata ai tempi" lei, o "folli paranoici" quei giovani che ancora oggi vedono il mondo con gli occhi dello spirito. Quanti giovani, oggi, parlerebbero di "buona morte"? Quanti, durante la propria infanzia, sarebbero stati disposti a vivere un'esperienza comunitaria lontani dall'agio domestico, magari in una colonia, senza anteporre il disagio di non poter disporre di un televisore e di una camera indipendente, ai valori formativi di comunione, sacrificio, lavoro, che in luoghi come quelli un tempo si inculcavano a ragazzini certo non sani come quelli d'oggi? Sempre meno, ed è nella natura delle cose.
Ti posso assicurare, però, che c'è ancora chi, sebbene si trovi ogni giorno, spesso anche con voluttà ed ignavia, a giovarsi delle comodità e degli agi di questa società sempre meno "vera", lotta con tutte le forze per ricostruire la propria vita sulle basi dello spirito. Per rispondere con la conoscenza della propria identità, della propria storia, dei valori della propria civiltà, alla falsa cultura dell'oro, dei riflettori, delle troppe "fattorie", "isole", "grandi fratelli". Per rispondere con una serata tra amici, in una semplice, povera osteria discorrendo dei massimi sistemi, calice in mano, alla logica della disumanizzante teledipendenza, alla cultura dello "sballo. C'è ancora chi crede in quella idea, ancora così moderna, valida, avvincente, da terrorizzare i più alti vertici mondiali. Caro Francesco, i tuoi racconti sono ciò che di più prezioso un giovane possa sperare di ricevere e costituiscono parte di quell'inestimabile patrimonio umano, in parte già irrimediabilmente perduto, che dovremmo sentirci orgogliosi di tutelare ed arricchire.
Senza i racconti tuoi e di quelle persone che la storia l'hanno vissuta, domani non potremmo fare altro che inchinarci alla storia dei vincitori.
Non potremmo fare altro che accettare di buon grado la fama di ignoranti, visionari, indottrinati, che le élites culturali costruiscono attorno a chi, ai loro occhi, si macchi, anche velatamente, di revisionismo. I tuoi scritti mi riempiono di gioia. Come mi riempiono di gioia le ore passate a conversare con qualche anziano con cui posso trascorrere qualche serata. C'è ancora chi si ricorda di Lui, e di tutto l'amore che donò alla gente. C'è ancora chi ringrazia Iddio per essere cresciuto sano e forte, nonostante fosse nato in una famiglia contadina, ed un solo modesto reddito dovesse bastare a crescere sei pargoli.
Ogni estate, tutti a dimenticare le nebbie e le risaie padane, con la loro malsana umidità, sulle auree spiagge della Liguria, senza che il modesto salario paterno fosse decurtato di un solo centesimo! C'è ancora chi ricorda l'ordine e la pulizia delle strade pavesi che, accanto al rifiorire dei gioielli artistici che le costellano, vedevano sorgere nuove dimore a misura d'uomo, moderne e preziose nelle forme e nella funzionalità, assieme a nuovi solenni monumenti. C'è ancora chi ricorda che il Tricolore non è un simbolo di pochi, ma dell'intero Popolo Italiano. Il dubbio è cosa buona e giusta, Francesco, e credo che nulla ci possa aiutare maggiormente a migliorarci, ma non dubitare mai del valore che per un giovane i tuoi ricordi possano avere.
Sono per me, e credo per molti altri, testimonianza, esempio, memoria. Nulla di più prezioso, e di questo ti ringrazio di cuore!

Risponde un altro lettore
Io credo che il problema sia proprio la cara Valentina di cui tu parli.
E Valentina rappresenta il giovane moderno senza o con scarsi ideali per cui combattere, gente che potrà aver tutto, ma non sarà mai felice.
Rappresenta in se il non interesse dei giovani moderni.
Tu vivevi in un epoca grandiosa!! Un epoca in cui la storia più importante non era quella del 1870, ma quella che vivevi giorno per giorno! Oggi noi subiamo il trascorrere degli eventi ma allora, il Duce, faceva ogni giorno la storia! Con questo giustifico il tuo mancato interesse per quegli eventi a te raccontati da padre e nonno! Senza il mio ideale, io chi sarei? A 18 anni, quando veniva fuori in me questo innato spirito ero solo un giovane come molti altri...ma cosa avevo in mente di fare da grande? Che ideali avevo? NESSUNO! Decisi di non andare all'università nonostante avessi altissimi voti. Ma non ne avevo voglia, interesse.
Così presi a lavorare come manovale prima e in un supermercato poi.
Dentro di me però nasceva ogni giorno di più questo sentimento e il Duce di cui tu parli mi ha dato energia, un'ideale, una nuova vita.
Io non smetterò mai di essergli grato, perché sarò folle, ma lui è stato la persona più importante per me, perché mi ha mostrato la strada.
Mi ha fatto diventare una persona intraprendente, muovo i primi passi nella politica, vado all'università, sempre con ottimi voti, e nel tempo che resta continuo a lavorare! Perché il lavoro era ed è alla base della vita. Mi trovavo di fronte a un bivio: Diventare Valentina (90% dei giovani italiani) o un idealista nazionale? Beh! ho scelto la seconda e ne sono felice. E' grazie a te che tutti noi abbiamo un po’ di luce di un periodo in cui le privazioni erano all'ordine del giorno ma ti rendevano uomo! Un'era grandiosa che non tornerà più. Una era che ha forgiato un popolo che ha sopportato le sofferenze della guerra! Immagina se oggi ci fosse una nuova guerra! Oh! tutti questi giovani si suiciderebbero per la paura! Noi no. Questa è la mia risposta.

Francesco Mancini
www.avusroom.blogspot.com
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auroraageno
00venerdì 3 aprile 2009 09:40
I tuoi racconti sono sempre interessanti sotto tutti gli aspetti, sono certa che anche Valentina l'ha pensato.

Solo che è difficile per chi non ha vissuto quegli avvenimenti provare qualcosa di più di un interesse momentaneo. Secondo me è così.

Però i tuoi racconti rimangono nel cuore, perché tu vi infondi il tuo.

Un affettuoso saluto

aurora

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