00 19/09/2007 08:39
(segue)


Aveva immerso entrambe le coperte nell'acqua quando si ricordò che il bucato andava
battuto. Non c'era una sola roccia in vista.
Serrando le coperte gocciolanti e il resto degli indumenti contro il petto, il tenente Dunbar,
novello lavandaio, cominciò a discendere il fiume, camminando cautamente a piedi
nudi.
Dopo circa mezzo miglio trovò un affioramento superficiale che poteva servire da ripiano.
Inumidì il sapone fino a fare una bella schiuma e lo strofinò alquanto esitante su una
delle coperte.
A mano a mano che procedeva acquistò abilità, insaponando, battendo e sciacquando
con sempre maggior sicurezza a ogni nuovo indumento, e verso la fine il tenente Dunbar
svolgeva rapidamente il suo lavoro con la decisione, se non con la precisione, di una
provetta lavandaia.
In due sole settimane passate laggiù aveva coltivato una nuova passione per i dettagli e,
sapendo che i primi pezzi del bucato erano stati lavati in modo un po' raffazzonato,
li rilavò.
A metà del pendio vi era una quercia stentata e appese il suo bucato ai rami. Era un
buon posto, esposto al sole e non troppo ventoso. Ma ci sarebbe comunque voluto un
po' perché si asciugasse il tutto e lui aveva dimenticato la sua borsa di tabacco.
Il nudo tenente decise di non aspettare.
Si incamminò per tornare al forte.


Uccello Saltellante aveva udito delle storie sconcertanti circa il loro numero. In più di una
occasione aveva sentito dire che erano più numerosi degli uccelli, e questo gli creava
una sgradevole sensazione nel fondo della mente.
Eppure, sulla base di quanto lui stesso aveva visto, gli uomini con la faccia coperta di peli
ispiravano soltanto pietà.
Sembravano una razza triste.
Quei poveri soldati del forte, così ricchi di cibo e di cose e così poveri di tutto il resto. Usavano
male i loro fucili, cavalcavano male i loro cavalli grossi e lenti. Avrebbero dovuto essere
i guerrieri dell'uomo bianco, ma non erano né svelti né agili. E si spaventavano facilmente.
Prendere i loro cavalli era stato facilissimo, come cogliere delle more da un cespuglio
di rovi.
Per Uccello Saltellante, questi uomini bianchi erano un grande mistero. Non riusciva a pensare
a loro senza che la sua mente si confondesse.
I soldati del forte, per esempio, vivevano senza le loro famiglie e vivevano senza i loro grandi
capi.. Il Grande Spirito era evidente dappertutto, perché tutti lo potessero vedere, e loro
adoravano delle cose scritte sulla carta. Ed erano anche sporchi. Non si tenevano neanche
puliti.
Uccello Saltellante non riusciva a immaginare come potessero provvedere a se stessi
persino per un anno. Eppure, si diceva che prosperavano. Non lo capiva.
Stava facendo queste considerazioni quando pensò di avvicinarsi al forte: Era certo che
se ne fossero andati, ma avrebbe comunque dato un'occhiata. E ora, in groppa al suo
pony, guardando attraverso la prateria, poteva notare al primo sguardo che il posto aveva
un aspetto migliore. Il forte dell'uomo bianco era pulito. Un grosso riparo di stoffa ondeggiava
al vento. Nel recinto vi era un cavallo: un bel cavallo. Non vi era nessun movimento, nemmeno
un rumore. Il posto avrebbe dovuto essere morto. Ma qualcuno lo aveva mantenuto vivo.
Uccello saltellante avanzò lentamente con il suo pony.
Doveva vedere più da vicino.


Mentre ritornava camminando lungo il fiume, il tenente Dunbar indugiò. C'erano tante cose
da guardare.
Stranamente e ironicamente si sentiva molto meno vistoso senza i suoi vestiti. Forse era
così. Ogni piccola pianta, ogni insetto che ronzava sembrava attirare la sua attenzione.
Ogni cosa era straordinariamente viva.
Vide un falco dalla coda rossa volare davanti a lui, con uno scoiattolo che gli pendeva fra
gli artigli.
A metà percorso sostò all'ombra di un pioppo per osservare un tasso che scavava la sua
tana poco più sopra della linea dell'acqua. Ogni tanto, il tasso lanciava una rapida occhiata
al tenente, ma continuava a scavare.
In vicinanza del forte, Dunbar si fermò nuovamente per osservare gli intrecci di due innamorati.
Un paio di serpenti d'acqua si avvoltolavano estaticamente nelle pozze di acqua bassa del
fiume e, come tutti gli amanti, ignari di tutto ciò che li circondava, persino quando l'ombra
del tenente passò sopra l'acqua.
Risalì estasiato il pendio, sentendosi forte come qualunque altra cosa laggiù, sentendosi
come un vero abitante della vasta prateria.
Nello stesso istante scorse la figura che scivolava nell'ombra sotto il riparo a tenda.
Un secondo dopo la figura riapparve alla luce del sole e Dunbar si acquattò, infilandosi in
una fenditura subito al disotto del bordo del promontorio.
Rimase accovacciato con le gambe diventate improvvisamente molli, le orecchie tese come
una corda, talmente concentrato ad ascoltare che l'udito sembrava essere il solo senso che
possedesse.
La sua mente galoppava. Negli occhi chiusi del tenente ballavano delle immagini fantastiche.
Pantaloni frangiati. Mocassini ornati di perline. Una scure da cui pendeva del pelame. Un
pettorale di lucide ossa. I capelli folti e lucenti che arrivavano a metà schiena. Gli occhi
scuri e infossati. Il grosso naso. Pelle del colore della terracotta. La penna mossa dal vento
dietro la sua testa.
Sapeva che si trattava di un indiano, ma non si era mai aspettato niente di così selvaggio e
la sorpresa lo aveva intontito come se avesse ricevuto una botta in testa.
Dunbar restò accucciato al disotto del bordo, con le natiche che sfioravano il terreno e con
la fronte imperlata di gocce di sudore. Non riusciva a comprendere ciò che aveva visto e
aveva paura di guardare nuovamente.
Sentì un cavallo nitrire e, raccogliendo il coraggio, sbirciò lentamente al disopra del bordo.
L'indiano era nel recinto. Si stava avvicinando a Cisco. In mano aveva un pezzo di corda
con un cappio.
A quella vista, lo stato di paralisi del tenente Dunbar svanì di colpo. Smise completamente
di pensare, balzò in piedi e scavalcò l'orlo del promontorio. Lanciò un urlo, rompendo il
silenzio come un secco colpo di fucile.
<< Fermo! >>


Uccello Saltellante balzò letteralmente in aria.
Quando si girò in direzione della voce che lo aveva spaventato a morte, lo stregone comanci
si trovò faccia a faccia con la cosa più strana che avesse mai visto.
Un uomo nudo. Un uomo nudo che marciava deciso attraverso lo spiazzo con i pugni chiusi,
la mascella serrata e con una pelle così bianca da far male agli occhi.
Uccello Saltellante incespicò all'indietro, guardando con orrore quella visione, si raddrizzò
e invece di saltare la palizzata del recinto vi si scagliò direttamente contro, uscendo
dall'altra parte. Attraversò correndo lo spiazzo, saltò sul suo pony e partì al galoppo come
se avesse il diavolo alle calcagna.
Non si voltò a guardare nemmeno una volta.


(continua)


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_________Aurora Ageno___________