00 26/09/2007 10:50
(segue)


Per due notti il tenente Dunbar fu soltanto un soldato, dormendo con un orecchio aperto.
Ma i giovani indiani che vennero al forte non erano dei burloni in cerca di un’avventura
eccitante. Erano dei ragazzi comanci ed erano impegnati nell’impresa più seria delle
loro giovani vite.
Il tenente Dunbar non li sentì arrivare.
Furono il rumore di zoccoli di cavalli al galoppo e le grida di guerra dei ragazzi a svegliarlo,
ma quando arrivò incespicando alla porta della baracca, non erano ormai che dei suoni
che svanivano nella vastità della notte della prateria.


I ragazzi galopparono veloci come il vento. Tutto era andato alla perfezione. Era stato
facile prendere il cavallo e, ancora meglio, non avevano neanche visto il dio bianco.
Ma non volevano correre rischi. Gli dei potevano fare delle cose fantastiche, soprattutto
quando erano incolleriti. I ragazzi non si fermarono certo ad aspettare che qualcuno
desse loro una pacca sulle spalle. Continuarono a galoppare decisi a non rallentare
finché non avessero raggiunto il villaggio e non fossero stati al sicuro.
Non erano però nemmeno a due miglia dal forte, quando Cisco decise di far valere la
propria idea. E la sua idea era di non voler andare con quei ragazzi.
Erano in piena corsa quando Cisco scartò bruscamente di lato, allontanandosi da loro.
Il figlio di Corno-di-toro venne strappato dal suo pony come se fosse stato disarcionato
da un ramo basso.
Dorso-di-rana e Faccia Sorridente cercarono di buttarsi all’inseguimento, ma Cisco continuò
a correre, trascinando dietro di lui la lunga corda che lo aveva trattenuto. Era molto veloce
e quando la velocità veniva meno, era la sua resistenza a subentrare.
I pony indiani non lo avrebbero raggiunto nemmeno se fossero stati freschi.


Il tenente Dunbar aveva appena preparato il bricco del caffè e stava seduto assorto presso
il fuoco quando Cisco apparve trotterellando nella luce tremolante.
Il tenente fu più sollevato che sorpreso. Essersi fatto rubare il cavallo lo aveva reso furioso,
ma Cisco era già stato rubato altre volte, due per l’esattezza, e come un cane fedele
aveva sempre trovato il modo per ritornare.
Il tenente Dunbar raccolse la corda comanci che era servita a trattenerlo, controllò che il
cavallo non fosse ferito e mentre il cielo a Est si stava tingendo di rosa, lo condusse giù
per il pendio per abbeverarlo al fiume.
Mentre sedeva sulla riva, il tenente Dunbar osservò la superficie dell’acqua. I piccoli pesci
che sguazzavano nel fiume cominciavano a catturare i minuscoli insetti che si posavano
sull’acqua, e improvvisamente il tenente si sentì inerme come una effimera.
Gli indiani avrebbero potuto ucciderlo con la stessa facilità con cui gli avevano rubato
il cavallo.
L’idea di morire lo disturbava. Potrei essere morto entro questo pomeriggio, pensò.
Ciò che lo disturbava ancora di più era la prospettiva di morire come un insetto.
Decise lì per lì che, se doveva morire, non sarebbe certo stato mentre era a letto.
Sapeva che qualcosa stava per succedere, qualcosa che lo rendeva vulnerabile a tal punto
da fargli sentire un brivido gelato lungo la spina dorsale. Poteva essere un abitante della
prateria, ma questo non significava che fosse stato accettato. Era il nuovo scolaro della
classe. Tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di lui.
Sentiva ancora dei fremiti lungo la schiena, mentre riconduceva Cisco su per il pendio.


Il figlio di Corno-di-toro si era spezzato un braccio.
Venne affidato a Uccello Saltellante non appena il terzetto di futuri guerrieri, sporchi e
sudati per la lunga cavalcata, arrivarono al villaggio.
I ragazzi avevano cominciato a preoccuparsi dal momento in cui il figlio di Corno-di-toro
si era reso conto di non poter muovere il braccio. Se nessuno si fosse ferito, avrebbero
potuto tenere segreta la loro incursione. Ma subito ci furono delle domande e i ragazzi,
anche se avrebbero potuto essere propensi a mascherare i fatti, erano comanci. E ai
comanci riusciva parecchio difficile mentire. Persino a dei ragazzi comanci.
Mentre Uccello Saltellante si occupava del suo braccio e suo padre e Dieci Orsi stavano
ad ascoltare, il figlio di Corno-di-Toro raccontò la verità su quanto era realmente successo.
Non era insolito che un cavallo rubato sfuggisse a chi l’aveva catturato e tornasse a casa,
ma poiché era possibile che avessero a che fare con uno spirito, la faccenda del cavallo
assumeva grande importanza e gli anziani interrogarono a fondo il ragazzo.
Quando disse loro che il cavallo non si era spaventato, ma che si era allontanato
volontariamente, sui visi degli anziani comparve un’espressione preoccupata.
Venne nuovamente riunito il consiglio della tribù.
Questa volta tutti sapevano di che cosa si trattasse, perché la storia della disavventura
dei ragazzi si era sparsa per l’intero accampamento e tutti ne parlavano. Qualcuno fra
i più impressionabili del villaggio si fece prendere dalla paura quando apprese che nelle
vicinanze poteva aggirarsi uno strano dio bianco, ma quasi tutti continuarono ad occuparsi
delle loro faccende con la convinzione che il consiglio di Dieci Orsi avrebbe escogitato
qualcosa.
Tuttavia erano tutti preoccupati.
Solo una persona, fra loro, era veramente terrorizzata.


(continua)


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_________Aurora Ageno___________