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La « volontà del Padre? » L'amore che libera


Domenica 1 giugno 2008

Testi liturgici:

Libro del Deuteronomio 11, 18. 26 -- 28, 32
Lettera di san Paolo ai Romani 3, 21 -- 25a.28
Vangelo secondo Matteo 7, 21 - 27


La « volontà del Padre? » L'amore che libera

La gente ascoltava Gesù e capiva. Capiva che per entrare nel suo sogno (il regno dei cieli è il mondo come lui lo sogna) non servivano lunghe preghiere, né i riti e le formule esatte dei dottori della Legge (« Signore, Signore... »). Che bastava percorrere una strada più libera e più viva: « la volontà del Padre ».
La gente ascoltava il giovane Rabbi e capiva che la volontà del Padre non era come gliel'avevano sempre descritta. Aleggiava tristezza quando i farisei evocavano la volontà di Dio. Era la giustificazione di tutte le tragedie, di malattie e dolori, di torri rovinate addosso ai costruttori, di sangue versato dai romani nelle mille rivolte di Giudea. Nasceva pace e fiducia quando la presentava Gesù: volontà del Padre è che nessun uomo sia solo, che fiorisca a immagine di Dio, che abbia compagni d'amicizia e di festa, che sia creativo e ostinato nell'amore. Non una spada minacciosa, ma l'annuncio che gli occhi dei suoi figli, Dio li vuole pieni di dolce speranza.
« In quel giorno » ci sarà folla davanti alle porte chiuse. Quanta gente straordinaria è lasciata fuori: profeti con parole di luce, gente che cacciava demoni, grandi taumaturghi! Ma è questo ciò che il Vangelo chiede? E' dalle cose eccezionali che riconosceranno i suoi discepoli? No. Ma « se avrete amore gli uni per gli altri ». Nel nostro servizio non contano i risultati, ma quanto amore metti in ciò che fai (Madre Teresa di Calcutta). Sulla soglia dell'eterno, l'amore cerca in te qualcosa in cui specchiarsi, l'unica cosa che valga a dire Dio. Nella parabola delle due case, la differenza tra quella che rimane salda e quella che va in rovina è tutta in un verbo solo: mettere in pratica o non mettere in pratica le parole ascoltate.
Non nelle appartenenze o in belle liturgie, non in profezie o prodigi, la differenza sta nel « fare » le sue parole, nel ricrearle in me. E' la crisi del « dire ». La gente ascoltava Gesù e capiva che c'è un combaciare profondo tra l'uomo e la volontà di Dio, più profondo delle parole, più delle confessioni di fede, ed è in chiunque « ha creduto all'amore » (1 Gv), e non conta se dentro e fuori le sinagoghe e le chiese. Ascolta e tieni salda la sua parola, anche se non la capisci, lascia che entri nella tua memoria come seme nel terreno: darà come frutto il combaciare con Dio, una esistenza nella consistenza.





(don Emilio)



_________Aurora Ageno___________