00 16/08/2008 18:38
Ho finalmente definito la versione in metrica di questa poesia anche negli ultimi versi e nell'ultima riga della prima strofa, che avevo lasciato in verso libero...






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Figlio




Ti partorivo, figlio, senza doglie
tu eri il mio divino, più bel Cristo,
smentivi - illuminando - il non sapere
tu, figlio senza sangue, senza carne
- respiro in questo corpo dell’assurdo -
così irreale eppure così vivo

Nel grembo accarezzavi la mia voce,
o forse proprio tu mi generavi,
dal nulla fui la goccia tutta-luce
l’alone della lampada sul muro,
miraggio dentro l'anima sospesa,
miracolo inatteso della sera...

perché lo sai, non servono le stelle,
e in cielo anche la luna può dormire
se nasce dentro, l'astro che sorride:
soffusa, consapevole bellezza
nel palpito di tutto il firmamento














Rosanna


[Modificato da Versolibero 16/08/2008 18:56]


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"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
(citazione di EEFF)