Il Miglio Verde (visto da me...)
Regia: Frank Darabont
Ho guardato il Film in Videocassetta con un occhio... ora vi racconto le mie impressioni:
"Sono evidenti i paralleli con Cristo e tutte le altre figure simili a Cristo nella letteratura e nel cinema.
Forse uno dei nostri bisogni psicologici più forti è l'illusione che da qualche parte, in una stalla di Betlemme o sul grande schermo di un cinematografo, esista un individuo con qualità trascendenti e quasi perfette.
La caratteristica più importante di un eroe del cinema è il fatto di non essere come noi.
È libero dall'egoismo e dalla cupidigia degli uomini, dalle pulsioni più meschine che contraddistinguono il lato oscuro dell'uomo. Di conseguenza, nel mezzo di quella che forse è l'età più nera della storia americana - la Grande Depressione - Allen mostra come gli idoli dei film ci offrano la speranza che esista un regno trascendente dove un giovane e una giovane possano incontrarsi, innamorarsi e ballare in una stanza in modo favoloso sulle note di Cheek to Cheek" (Glen O. Gabbard, Krin Gabbard, Cinema e Psichiatria, Raffaello Cortina Editore).
I due autori citati, recensivano contemporaneamente il film di Woody Allen, La Rosa Purpurea Del Cairo e, senza immaginarlo, Il Miglio Verde di Frank Darabont. I più scettici, i meno profetici, vi leggano semplicemente le tematiche ricorrenti di centinaia di film.
La figura di Cristo è espressa dal gigante nero John Coffey (Michael Clarke Duncan), il quale arriva misteriosamente sulla terra (il medico afferma che del suo passato non si hanno tracce, ed è come se fosse piovuto dal cielo).
Coffey commette un delitto, violenta ed uccide due bambine, ma si capisce subito che non è lui l'assassino, piuttosto la vittima delle apparenze.
Coffey compie dei miracoli: guarisce il capo guardia Paul Edgecomb (Tom Hanks) colpito da una violenta infezione urinaria semplicemente apponendo le mani sul bacino del malato. Ed è solo l'inizio. Coffey è destinato al sacrificio per redimere l'uomo dal Male. Il regista Frank Darabont elabora ancora un romanzo di Stephen King.
Curiosamente, ma non può trattarsi di una coincidenza, i temi sono analoghi: la contrapposizione tra un bianco e un nero, e lo spazio scenico ambientato in una prigione.
Il nero Coffey e il bianco Edgecomb sono i principali protagonisti, come nel precedente Le Ali Della Libertà il bianco Tim Robbins era opposto al nero Morgan Freeman. Si tratta probabilmente dei livelli psichici sui quali Jung basa il principio di individualizzazione della personalità, dove "il nero è considerato come il lato oscuro della personalità, una delle prime tappe da superare.
Il bianco sarebbe al contrario il termine dello sviluppo nel senso della perfezione" (Jean Chevalier, Alain Gheerbrant Dizionario dei simboli alla voce "negro"). Su tale meccanismo si baserebbe la dinamica "di liberazione", il sacrificio di Coffey produce un sentimento di redenzione dal peccato.
Il tema della prigionia è nondimeno fondamentale. Paul Schrader in "Transcendental Style in Film" definisce la metafora della prigione endemica nel pensiero occidentale. Metafora legata alla dicotomia corpo-anima. E a livello di immagini le sbarre della prigione fanno riferimento generalmente alla segregazione dell'anima.
Nei film di Bresson, Un Condannato A Morte È Fuggito e Pickpocket, le sbarre rispettivamente aprono e chiudono il film. Anche i due film di Darabont si concludono con due facce della stessa metafora.
In Le Ali Della Libertà la fuga, nel Miglio Verde ancora la fuga dalla prigione, ma attraverso l'esecuzione (che in Bresson ci porta dritto a Giovanna D'arco e al suicidio).
Tutto ciò si complica con il tema della predestinazione. Coffey appare sia come predestinato, ma d'altra parte anela al sacrificio.
Ambigua anche la simbologia che oppone il gigante Coffey - i giganti erano creature che combattevano contro gli Dei, ma soprattutto rappresentavano la parte peggiore dell'uomo, gli istinti bestiali - al topolino, anche quest'ultimo creatura che rappresenterebbe l'aspetto nascosto della comunicazione col sacro. Per non parlare della croce di San Cristoforo donata dalla donna guarita dal tumore a Coffey: San Cristoforo è colui che porta Cristo, dunque in qualche modo lo annuncia, o lo consacra definitivamente di fronte agli altri, magari miscredenti.
Dal punto di vista linguistico Darabont rispetta il senso dei messaggi simbolici.
È chiaro che la sedia elettrica è correlata alla croce e più generalmente al martirio e non a idiote discussioni sull'esecuzione capitale, per quanto le scene truculente accendino l'indignazione.
La rappresentazione del braccio della morte corrisponde, nella sua incredibile ospitalità e gentilezza dei secondini, a una sorta di limbo, uno spazio sospeso, quasi metafisico dove le forze del Bene e del Male si scontrano, ma dove la visione religiosa, missionaria, del lavoro carcerario fa apparire l'insieme ipocrita, o forse solo "buonista".
Forse l'ho visto troppo diverso, ma meditandoci con calma, l'ho interpretato così.
Ciao
G.
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Oh Uomo! conosci te stesso! (Oracolo di delfi)