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L'UOMO CHE GUARDAVA - racconto

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    auroraageno
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    00 08/05/2011 21:31

    L'uomo che guardava


    - racconto -




    Era domenica pomeriggio e i Giardini brulicavano di bambini che correvano e giocavano, mentre dei loro genitori alcuni giocavano con i figli, spingendoli sull'altalena, e altri sfogliavano il giornale seduti su una panchina, oppure chiacchieravano fra di loro. Wanda era senza fiato, aveva rincorso Albertino lungo i vialetti e per i prati, mentre il bambino sfrecciava con la sua biciclettina a quattro ruote. Rideva, Albertino, divertendosi un mondo nel vedere la mamma trafelata che cercava di raggiungerlo senza riuscirci. Il bimbo aveva tre anni e mezzo ed era sempre in movimento. La sua mamma cercava di seguirlo meglio che poteva nei suoi giochi, ma quel pomeriggio un po' per il caldo, un po’ perché da quasi un'ora correva con lui per i Giardini, fingendo di incespicare per non prenderlo, era ormai senza fiato.

    - Perché non giochi un po' con quei bambini nella sabbia? - propose al figlioletto, indicando alcuni bambini che stavano felicemente pasticciando nella grande vasca di sabbia.

    - Oh, sì..! - rise Albertino dopo averli osservati per qualche istante e, abbandonata la biciclettina piombò nella sabbia accanto agli altri che lo accolsero volentieri.

    Wanda sedette su una panchina miracolosamente libera. I Giardini erano affollati alla domenica, ma lei non poteva condurvi il bimbo se non in quel giorno, perché lavorava.

    Con un sospiro di sollievo, trasse dalla borsetta una cartolina e cominciò a ventilarsi.

    Volse lo sguardo attorno, osservando un po' tutti e tutto, soprattutto senza perdere d'occhio Albertino. E si accorse che c'era una persona che si comportava in modo diverso dagli altri adulti. Non giocava a pallone sul prato, non faceva volare un aquilone assieme al suo bambino, non spingeva un piccino sull'altalena. Non stava nemmeno parlando con altri e non sfogliava un giornale.

    Era un uomo e se ne stava immobile, poco lontano dalla vasca di sabbia, osservando con interesse i bambini che giocavano e schiamazzavano.

    Lo guardò distrattamente all'inizio ma, dopo un po', si mise ad osservarlo con più attenzione.

    Si era avvicinato ad Albertino e, piegato su di lui, gli stava parlando indicando qualcosa nella sabbia. Vide il piccolo annuire, raccogliere una palettina e porgerla all'uomo.

    Vide questi accosciarsi accanto al bimbo e cominciare a scavare una buca nella sabbia con la palettina. Poi vide che si levava di tasca qualcosa e stendeva la mano verso Albertino, con il palmo in su.

    Vide il bimbo esitare e poi allungare una manina verso la mano aperta dell'uomo.

    Non aspettò altro, saltò in piedi e corse verso il suo bambino.

    - Albertino, Albertino! - gridò concitata, - non prendere nulla dal signore. -

    Il piccolo si girò verso la madre e le mostrò una caramella che teneva stretta nella manina.

    - Calamella... - le disse.

    - Albertino, ti ho detto tante volte che non devi accettare nulla da chi non conosci! - Wanda, molto agitata, si girò verso l'uomo che si era sollevato diritto in piedi e aspettava tacendo.

    Lei si sarebbe quasi aspettata che se la fosse già squagliata, invece no. Era lì e la guardava tristemente.

    Allora gli si rivolse direttamente.

    - Non voglio che mio figlio accetti caramelle da chiunque. Mi scusi... ma cosa sta facendo lei, qui? - chiese ed il sospetto si leggeva chiaramente nei suoi espressivi occhi grigi. Poi, dispiaciuta di essere stata così brusca, cercò di calmarsi e disse ancora:

    - Lei ha tutto il diritto di stare ai Giardini come chiunque altro, per quanto ne so, non volevo offendere... ma... -

    - Ma vedendo un uomo solo che offre una caramella al suo bambino ha avuto dei sospetti. Ed è naturale... non si preoccupi. Capisco bene. - rispose lo sconosciuto, pacatamente.

    - Ho visto il suo bambino giocare con la sabbia e mi sono avvicinato perché desideravo sentire la sua voce, stavo per chiedergli il nome, avrei voluto dargli un dolcetto....al mio bimbo piacevano tanto..! - la voce dell'uomo s'incrinò. - Mi scusi - sussurrò.

    - Non avevo alcuna intenzione di fargli del male, signora. Amo i bambini... una volta ne avevo uno anch'io. - la voce sembrava soffocata, ora. - Quanti anni ha suo figlio?Tre, quattro anni? Il mio ne aveva quattro... -

    Wanda era attonita. Cercò di rispondere "tre e mezzo", ma le uscì un balbettio indistinto.

    L'uomo, accorgendosi dell'emozione che stava provando quella giovane mamma, all'improvviso disse:

    - Mi perdoni, almeno mi presento. Mi chiamo Luca Mantovani, abito da poco in questo quartiere della città. Vengo ai Giardini da qualche giorno, ma solo oggi ho visto il suo bambino... Come si chiama? -

    - Albertino... Alberto. - rispose lei.

    - E' alto come il mio, ed anche biondo come lui... Quando l'ho visto ho provato un'emozione molto forte, signora. Perdoni se l'ho spaventata. -

    Wanda lo guardava in volto e, ascoltandolo, lo scrutava. Non poté non notare l'espressione triste dei suoi occhi scuri, del viso.

    Il suo istinto le disse che avrebbe dovuto deporre i sospetti e invitare quell'uomo a sedere con lei, sulla panchina, rimasta ancora libera.

    Decise di seguire quel nuovo impulso... dopo tutto si era certamente insospettita per niente e quell'uomo, senza alcun dubbio, stava soffrendo.

    - Vuole che sediamo lì? - chiese indicando la panchina a pochi passi. Con un cenno del capo l'uomo acconsentì e si avviò mentre lei si rivolgeva al figlioletto.

    - Gioca ancora, Albertino. Mamma siede sulla panchina con questo signore a parlare. Non mi allontano, sai? -

    Il piccolo sorrise ed impugnò la palettina cominciando a dare grandi colpi decisi alla sabbia per fare una buca.



    Seduti fianco a fianco vi fu un momento di silenzio. Poi Luca la guardò in viso e disse:

    - Non sono solito avvicinare i bambini, signora e nemmeno le loro mamme. Mi rendo conto d'averla messa in ansia e vorrei riparare. Vede.... -

    Si fermò e Wanda lo vide respirare a fondo e prepararsi a parlare. Lei, turbata, si dispose ad ascoltare.

    - Avevo un bambino anch'io. Si chiamava Giorgio. Giorgino... Il suo me lo ricorda molto, gli assomiglia per l'età, per il colore dei capelli, per l'altezza... Anche a Giorgino piaceva molto pasticciare con la sabbia e io giocavo con lui, ogni volta che potevo. -

    Tacque, assorto nei suoi ricordi e Wanda distolse lo sguardo per continuare a controllare il figlio. Stava giocando tranquillo con altri due bambini, sembrava divertirsi...

    Riportando l'attenzione sull'uomo seduto al suo fianco, chiese:

    - Che... che è successo? Il suo bambino... -

    - E' morto, signora. - la sua voce era roca dall'emozione, dal dolore ancora vivissimo.

    - Sono morti tutti e due. Anche mia moglie. Un incidente d'auto. Non c'è stato nulla da fare... -

    All'improvviso fu come se ogni rumore fosse cessato, all'intorno, più nessun grido, o risata, o richiamo. Solo il silenzio dell'immenso dolore dell'uomo che aveva perso la sua famiglia.

    - Mi... mi dispiace molto! - mormorò Wanda, turbatissima. Luca annuì e scosse piano il capo.

    - Tutto finito. Tutto perduto in pochi momenti. - disse e Wanda non aveva ancora mai udito tanta tristezza in una voce. - Tre anni fa. -

    Lentamente l'uomo si alzò in piedi e la guardò. Accennò un sorriso, ficcò la mano in tasca ed estrasse una manciata di caramelle.

    - Le avevo portate per darle ai bambini. Non avevo riflettuto che si tratta di un gesto che può venire frainteso. Vuole darle lei ad Albertino? - chiese offrendole le caramelle.

    - Sono troppe... - mormorò lei con gli occhi nei suoi.

    - Potrebbe dargliene un po' ogni giorno, fino.... Quando riporterà Albertino ai Giardini, signora? -

    Senza staccare lo sguardo dal suo Wanda rispose con sincerità.

    - La domenica pomeriggio. Durante la settimana lui è alla scuola materna e io al lavoro. -

    - Pensa che potrei incontrarvi domenica prossima? -

    Lei esitò. Poi sollevò la testa e scosse i capelli biondi in un gesto deciso.

    - Sì, - rispose - domenica verremo qui. -

    - Porterò altre caramelle. -

    Tacquero, guardandosi, poi con il medesimo pensiero si volsero entrambi verso Albertino e sorrisero vedendolo impegnato nel gioco con gli amichetti.

    Lui le tese la mano e lei posandovi la sua disse, serenamente:

    - Io mi chiamo Wanda. Wanda Tassilli. -

    - Piacere... - rispose lui. Diede ancora uno sguardo ad Albertino e le sorrise.

    - A domenica, allora. -

    - Sì. A domenica - rispose lei. E si chiese perché mai c'era in lei quel senso di aspettativa...







    ______________F i n e_____________



    di Aurora Ageno


    << Dal libro "Luce e Ombra" >>





    [Modificato da auroraageno 19/06/2012 11:25]

    _________Aurora Ageno___________
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    auroraageno
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    Registrato il: 02/08/2007
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    Utente Gold
    00 09/05/2011 18:41

    Riporto un commento ricevuto da un amico scrittore, Fulvio Musso, che, in altro momento, ha scritto anche lui su questo tema:

    "Un bel proclama contro la caccia. Alle streghe.

    Come dico nel mio recente brano "L'oca che si gratta": Chi colpisce l’infanzia fa due categorie di vittime: i bambini e tutti noi che non possiamo più comportarci da persone normali e pulite.

    La capacità di discernimento deve far parte del nostro bagaglio. Se non c'è dobbiamo saperla acquisire. E comunque parte dal cuore oltre che dal cervello. Questo l'insegnamento del tuo brano."







    _________Aurora Ageno___________
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    loshrike
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    PdL
    Utente Junior
    00 14/05/2011 21:23
    Se hai dei figli non puoi fare a meno di comportarti come la protagonista del tuo racconto, che trovo molto bello e ben scritto, io stesso mi trovo sempre piu' spesso nella situazione da te descritta. E' difficile non pensare male di fronte ad una situazione come quella da te narrata.
    Mi sono pero' trovato anche nella parte di Luca, dovendo lavorare lontano da casa e dalla mia famiglia ho sentito molto la mancanza dei miei bambini e ogni volta che passavo davanti ad un asilo e vedevo i bambini giocare non potevo fare a meno di vedere in quei volti estranei quello dei miei due bambini.
    Non mi sono mai soffermato piu' di tanto perchè ho sempre avuto paura che qualcuno potesse interpretare male la mia presenza.
    E' un mondo marcio fino al midollo quello in cui viviamo ma non bisogna perdere la speranza che qualcosa di buono c'è ancora nell'anima della gente.
    Come diceva il grande Faber in una sua canzone: "... dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori."
    Un complimento per il tuo racconto e per la speranza che ancora puo' dare.

    Losh
    [Modificato da loshrike 14/05/2011 21:25]
    _____________________________________________
    Siamo realisti, esigiamo l'impossibile (Ernesto Che Guevara)
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    auroraageno
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    Utente Gold
    00 15/05/2011 20:00

    Ti ringrazio tanto Losh, per tutto ciò che hai scritto!

    Un carissimo saluto

    aurora



    _________Aurora Ageno___________