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La Parola commentata della S. Messa del giorno-1

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    00 01/10/2011 18:33

    Sabato 1 ottobre 2011

    XXVI Tempo Ordinario



    + VANGELO (Lc 10,17-24)

    Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.



    + Dal Vangelo secondo Luca

    In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei Cieli». In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono». Parola del Signore




    Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro

    La premessa che fa Gesù prima di esaltare i piccoli del Vangelo, riguarda i nomi dei giusti scritti in Cielo. Questa sua precisazione ci fa conoscere il vero trionfo della vita per ciascuno di noi. La scena di questo mondo passa, la vita eterna non finirà mai. E in Cielo si vive in una condizione diversa, non c’è più la necessità di mangiare o vestirsi, di dormire o rivaleggiare con altri, c’è solo la pace e la gioia dei salvati.

    Non ha prezzo entrare nella vita eterna del Paradiso, altro le vicende umane e la ricerca della ricchezza.

    È Gesù l’unica e perenne ricchezza, trovarlo e frequentarlo ogni giorno in Chiesa, permette di ricevere quella Grazia che calma l’agitazione e l’istinto, la pace interiore e il controllo dei sensi interni ed esterni. Non c’è nulla al mondo paragonabile alla Grazia di Dio.

    Gli Apostoli erano felici per il potere che esercitavano facilmente sui demoni invocando il Nome di Gesù, ma il Signore li riporta sul piano soprannaturale e precisa che nulla è paragonabile alla salvezza eterna. “Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei Cieli”.

    Questa frase portava una consolazione anche a Gesù, si accorgeva che i primi seguaci cominciavano a vivere la conversione che Lui predicava. È una gioia infinita quella che prova Gesù quando vede che un’anima lascia l’affetto verso il peccato e si rivolge con sincerità a Lui. È venuto per questo nel mondo, il fine della sua instancabile predicazione è la conversione dei peccatori.

    Non sono solo quelli che rifiutano Dio, anche molti cristiani necessitano di una sana conversione.

    Gesù non si accontenta di vedere i cattolici in Chiesa o i Sacerdoti che celebrano, chiede una vita e una mentalità nuova, che si attuano esclusivamente nel momento in cui ci si distacca affettivamente ed effettivamente dal peccato. Non bisogna volere il peccato, se poi si cade c’è per questo la Confessione. E lì si incontra la misericordia del Signore. Ma rimanere in uno stato mediocre, senza alcuna volontà di cambiare mentalità, non fa gioire certamente Gesù.

    Il Vangelo lo ha rivelato per i piccoli, ma Egli perdona anche quanti non riescono a farsi piccoli e desiderano sicuramente e sinceramente il suo perdono. Gesù è pieno di gioia quando un’anima entra nella Via della piccolezza spirituale, come fece Santa Teresina di Gesù Bambino.

    Ella morì a ventiquattro anni, dopo avere vissuto diversi intensi anni in monastero, con un atteggiamento interiore basato sul Vangelo: amava. Dopo le lotte contro se stessa, ottenne il dominio dei sensi e la capacità di amare senza limiti né condizioni. Visse la piccolezza e nessuno quasi se ne accorgeva, infatti la piccolezza evangelica non strombazza a voce alta, non manifesta di “avere dei doni”, né di restare in intima comunione con Dio.

    La piccolezza è umiltà, nascondimento, amore e perdono verso tutti.

    Santa Teresina di Gesù Bambino divenne dopo circa cinquant’anni dalla morte un modello, anche Padre Pio leggendo negli anni ’20 l’autobiografia della monaca non ancora canonizzata, disse: “È una grande Santa in Cielo”. Invece le monache che vivevano accanto a lei non avevano compreso la vera via della santità.

    Farsi piccoli, vivere il Vangelo con semplicità, praticare sempre la dolcezza e la sincerità, avere un’idea bassa di se stessi, non giudicare inutilmente ma amare tutti e desiderare il bene di tutti. Sorridere e gioire interiormente, questa è la pazienza dei Santi.

    Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.



    Proposito

    Cercherò oggi di fare tutto il bene che posso, dando gratuitamente a chiunque abbia bisogno. Specialmente, mi sforzerò di essere fedele alla mia coscienza per non diventare un lupo che cerca i suoi propri interessi, dimentico del prossimo.



    Pensiero

    La grande gloria della Chiesa è di essere Santa con dei membri peccatori. (J. Maritain)



    Messaggio della Madonna a Medjugorje del 25 settembre 2011

    Cari figli, vi invito affinché questo tempo sia per tutti voi il tempo per testimoniare. Voi che vivete nell’amore di Dio e avete sperimentato i Suoi doni, testimoniateli con le vostre parole e con la vostra vita perchè siano gioia ed esortazione alla fede per gli altri. Io sono con voi e intercedo incessantemente presso Dio per tutti voi perché la vostra fede sia sempre viva, gioiosa e nell’amore di Dio. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.


    _________Aurora Ageno___________
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    00 02/10/2011 00:46

    Domenica 2 ottobre 2011
    27a del Tempo Ordinario

    Parola del giorno
    Isaìa 5,1-7; Salmo 79,9.12-16.19-20; Lettera a i Filippési 4,6-9; Vangelo di Matteo 21,33-43

    Antifona e Salmo Salmo 79,9.12-16.19-20
    La vigna del Signore è la casa d’Israele.

    9 Hai sradicato una vite dall’Egitto,
    hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.
    12 Ha esteso i suoi tralci fino al mare,
    arrivavano al fiume i suoi germogli.

    13 Perché hai aperto brecce nella sua cinta
    e ne fa vendemmia ogni passante?
    14 La devasta il cinghiale del bosco
    e vi pascolano le bestie della campagna.

    15 Dio degli eserciti, ritorna!
    Guarda dal cielo e vedi
    e visita questa vigna,
    16 proteggi quello che la tua destra ha piantato,
    il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

    19 Da te mai più ci allontaneremo,
    facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
    20 Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,
    fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.


    Vangelo di Matteo 21,33-43


    In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «33 Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
    34 Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35 Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36 Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
    37 Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!” 38 Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!” 39 Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
    40 Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?»
    41 Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
    42 E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? 43 Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».


    Frutti


    Chi meglio di lui? Chi meglio di lui può in poche parole semplici, quanto simboliche, chiare e precise rivelarci chi è l’ideatore, il progettista, l’architetto, il costruttore, il creatore, il Signore di tutta la creazione e di ogni forma di vita? Chi meglio di lui può rivelarci come tutto è stato creato e perché, il senso stesso della creazione e dell’esistenza, il fine e il compimento della vita, di ogni vita, lo scopo stesso di tutto ciò che esiste? Chi meglio di lui?
    L’uomo della parabola è Dio Padre. Il terreno che possiede è il creato stesso e il fatto che lo possiede non solo indica che è di sua proprietà, ma ne sottolinea la divina potenza creativa. Tutte le cose sono di Dio dal di dentro, perché lui stesso le ha create e le sostiene. Piantare la vigna, la vigna che produce vino, è simbolo del desiderio e della precisa, inequivocabile, meravigliosa volontà del Padre che, nella sua opera creativa, ha preordinato tutto e assolutamente alla lussureggiante e sovrabbondante abbondanza di ogni bene, armonioso piacere, grazia, benessere, felicità e ricchezza. La vigna è la turgida potenza di vita e di splendore che il Padre ha seminato in ogni cosa creata ma rappresenta in questo caso specifico la peculiare creazione della nostra terra. La siepe di cui è circondata la vigna-terra è ogni protezione che Dio fornisce alla terra contro il male e contro ogni pericolo distruttivo: per esempio, a livello astrofisico, la magnetosfera e, a livello spirituale, la potenza del perdono e dell’amore. La buca scavata per il torchio è simbolo che la vigna-terra e la vita stessa sulla terra hanno uno scopo ben preciso. Lo scopo della vigna è progredire fino a giungere a maturazione per poi essere vendemmiata. Solo per ignoranza e arroganza si legge in questa cosmica vendemmia stagionale la stagione gelida del giudizio e della condanna divini, ed è questa errata e spregevole convinzione che, nella mente della gente, disegna il volto di Dio come un essere severo e inquisitore. La torre costruita ai confini della vigna indica che nella provvidenza divina la vigna-terra è sempre costantemente, benevolmente, efficacemente difesa, sorvegliata, protetta da divini e angelici custodi.
    Siepe per la difesa e torchio per raccogliere i frutti – così che i contadini ne godano i benefici e, traducendoli in festa, magnifichino la gloria divina –, torre per le sentinelle e custodi divini, possono dare un’idea della cura e dell’amore, della gentilezza innominabile con cui tutto è stato fatto e creato e con cui siamo stati posti su questa terra.
    La vigna viene data in affitto a dei contadini. L’affitto indica che il Padre non crea per trattenere e possedere, ma per donare e moltiplicare la bellezza, la gloria, lo splendore della vita, attraverso la compartecipazione delle scelte e delle azioni dei suoi figli, gli uomini. L’affitto indica il dono della vigna-terra agli uomini ma, al tempo stesso, indica che mai e in nessun modo la proprietà della vigna-terra potrà cambiare proprietario. I contadini sono gli uomini, il genere umano a cui tutto questo bene e questa meraviglia dalle infinite e stupefacenti possibilità e prospettive sono stati donati. L’accenno che il padrone della vigna poi se ne va lontano non indica che Dio Padre ama lasciarci da soli ma, certamente, liberi e potentemente autonomi nelle nostre scelte e nelle nostre azioni riguardo la gestione dei suoi beni. Come in natura è stato prestabilito lo scadere delle stagioni per la raccolta dei frutti della terra e del lavoro umano, ed è un momento bellissimo e straordinariamente importante per la sopravvivenza della specie umana, per la distribuzione delle energie e dei beni indispensabili alla vita, così è per i frutti e il progresso spirituale dell’umanità. Ritmicamente stabilito e disegnato dalle orbite e dal movimento perfetto dei corpi celesti, nel viaggio intergalattico del cosmo, l’avvicendarsi delle stagioni cosmiche serve a creare il momento adatto alla raccolta dei frutti di vita delle generazioni, dei regni e degli imperi. Queste stagioni di raccolta non sono i giorni in cui Dio Padre giudica e condanna i suoi figli, ma i giorni in cui, come durante la vendemmia delle vigne, si raccoglie il frutto della vite e del lavoro dell’uomo. In questi giorni il Signore torna a raccogliere i frutti del progresso spirituale, sapienziale, interiore e sociale di una generazione, a gloria del suo nome, per goderne lui stesso la fragranza dei frutti e distribuirne il benessere e lo splendore a tutti sotto forma di una superiore evoluzione.
    È così che, di vendemmia in vendemmia, le generazioni umane possono generare progresso vero, ed evolversi verso il cielo di Dio. Solo l’assoluta stupidità e arroganza di questa generazione umana può considerare questo appuntamento cosmico e questa vendemmia spirituale come un momento terribile, una specie di esame universale, preordinato da un glaciale, pretenzioso, lunatico tribunale celeste o, peggio ancora, come un momento finale, ultimo. Quale uomo potrebbe considerare la vendemmia dell’uva o la mietitura del grano un momento triste, pauroso, spaventoso? Solo l’uomo che non ha raggiunto alcuna evoluzione interiore e che si è reso responsabile della devastazione della sua vigna e delle ceneri del suo campo. Solo questo tipo d’uomo può vivere la stagione della vendemmia come una maledizione e una condanna. È proprio questo tipo di umanità, ignorante quanto superba, impaurita quanto violenta, a non essere mai in grado di sopportare, tanto meno di accogliere, l’amorevole e risvegliante presenza dei servi-profeti, ripetutamente mandati da Dio in suo soccorso. Ed è proprio questa l’umanità che, dopo aver bastonato, lapidato, ucciso senza sosta tutti i servi-profeti mandati dal Padre, riserverà lo stesso trattamento anche al Figlio Gesù, invece che lasciarsi da lui amorevolmente guidare verso un luminoso progresso.
    Noi siamo questa generazione che non solo non porta frutti di reale evoluzione, ma distrugge, inquina la vigna-terra che le è stata affidata, massacra i suoi simili e li riduce alla fame e alla sete, deride e uccide i profeti mandati e il Figlio inviato dal Padre in nostro soccorso. Ora non occorre essere profeti per sapere che per la nostra generazione i giorni della vendemmia non saranno giorni di festa ma giorni terribili in cui ci verrà portato via tutto. Ci verrà portato via tutto quello che abbiamo costruito e tutto ciò su cui abbiamo fatto affidamento nella nostra idolatria perversa. Ci verrà portato via tutto, proprio tutto e molto, molto di più di quello che ora possiamo immaginare e sarà fatto sotto i nostri occhi e non potremo fare nulla, assolutamente nulla. Ci verrà portato via tutto, anzi, per essere corretti secondo la terminologia evangelica, non ci sarà portato via ma ci sarà nullificato tutto. Sì, sarà nullificato tutto di quello che nella vigna-terra è stato costruito senza evoluzione spirituale, senza amore, senza aver portato frutti di reale benessere per tutti. Solo dopo la totale nullificazione, la vigna-terra sarà purificata e rinnovata e affittata-affidata ad altri cuori e menti che sapranno farne la loro casa di benessere e la loro strada per l’evoluzione verso il cielo.


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    Lunedì 3 ottobre 2011
    27a settimana del Tempo Ordinario

    Parola del giorno
    Giona 1,1 - 2,1.11; Salmo: Giona 2,3-5.8; Vangelo di Luca 10,25-37

    Antifona e Salmo Giona 2,3-5.8
    Signore, hai fatto risalire dalla fossa la mia vita.

    3 Nella mia angoscia ho invocato il Signore
    ed egli mi ha risposto;
    dal profondo degli inferi ho gridato
    e tu hai ascoltato la mia voce.

    4 Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare,
    e le correnti mi hanno circondato;
    tutti i tuoi flutti e le tue onde
    sopra di me sono passati.

    5 Io dicevo: «Sono scacciato
    lontano dai tuoi occhi;
    eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio».

    8 Quando in me sentivo venir meno la vita,
    ho ricordato il Signore.
    La mia preghiera è giunta fino a te,
    fino al tuo santo tempio.


    Vangelo di Luca 10,25-37

    In quel tempo, 25 un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» 26 Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?» 27 Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28 Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
    29 Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?» 30 Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36 Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?» 37 Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».


    Fa’ questo e vivrai


    È stato l’errore più devastante, mortale, allucinante mai compiuto dall’umanità. Questo errore perpetrato nei secoli e millenni è la vera, unica, immane fonte, causa, origine di tutti i nostri guai e malattie, guerre e disperazione, ingiustizie e miseria. Nessun altro errore dell’uomo ha conseguenze così gravi e pericolose. In tutta la storia dell’umanità, niente al mondo ha mai causato schiavitù, malattia, pazzia, omicidi e massacro come non accorgersi di questo errore e rimanere in questo errore. L’errore è considerare l’amare o il non amare Dio una questione di confessione religiosa e considerare l’amore o il non amore per il prossimo una questione di comportamento morale.
    Il testo ebraico dice letteralmente: Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente-cuore-parte interna, con tutta la tua anima corporata e con tutto il meglio di te. Ama il prossimo tuo come te stesso. Gesù non dice: fa’ questo e sarai buono, bravo, santo, secondo la tradizione della tua religione, uomo di Dio, moralmente corretto. Gesù dice: fa’ questo e vivrai. Secondo Gesù amare Dio e il prossimo non è sul piano della religione e della morale, ma sul piano della sopravvivenza. Fa’ questo e vivrai, dice Gesù. L’alternativa ad amare Dio e il prossimo non è non amare Dio e non amare il prossimo, non è non appartenere a un contesto religioso o a una costituzione morale, l’alternativa è morire, morire in tutti i sensi e le dimensioni immaginabili e possibili. Amare è per vivere, è per non morire. Amare per vivere è ancora prima di vivere per amare, perché se l’uomo non capisce che per vivere è indispensabile imparare ad amare, non avrà vita e tempo per imparare ad amare. Non amare Dio non è evitare la spiritualità, non amare il prossimo non è rinnegare la morale, ma è intaccare la sopravvivenza stessa, attaccare e combattere la vita, la tua vita, ogni vita. È morire nella mente, nell’intelligenza, nelle emozioni, nel DNA, attraverso malattie, disarmonie, miseria, fame, sete, paura, schiavitù, ingiustizie, orrori e oscurità. Questo è il principio a cui è sospeso tutto ciò che vive. Se ami il Signore Dio tuo con tutta la tua mente-cuore-parte interna, con tutta la tua anima corporata e con tutto il meglio di te, se ami il prossimo tuo come te stesso, vivi e vivrai, se non ami, morirai. Chiaro, evidente, inequivocabile, non interpretabile. La vita o la morte, la salute o la malattia, la fame o il benessere, la guerra o la pace ce la giochiamo dentro l’anima, nella scelta di amare o di non amare quotidianamente, e non a colpi di tradizioni religiose o di appartenenze a sistemi morali. Fa’ questo e vivrai dice Gesù e non è un ricatto, è una procedura di funzionamento, un’istruzione per l’uso, la regina delle informazioni, il principio primo di ogni illuminazione e conoscenza. Fa’ questo e vivrai è una splendida notizia, è la splendida notizia di Gesù, è l’annuncio più gaio mai annunciato e conduce alla felicità vera. Ecco perché tutto il messaggio di Gesù è racchiuso in un testo che si chiama vangelo, da euanghèlion, parola greca che significa appunto buona notizia, felice notizia. Fa’ questo e vivrai è il principio, il fine, il vangelo, è Gesù, è tutto, è sempre, è per sempre.


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    00 03/10/2011 01:11
    Lunedì 3 ottobre ’11 – Lc 10,25-37

    Il dottore della Legge, che interroga Gesù si mostra consapevole del legame fra i due comandamenti e della loro centralità in ordine alla vita; a Gesù, però, che ritiene non abbia compreso la sua domanda, egli spiega che il suo interesse teorico riguarda chi egli deve ritenere come suo «prossimo». Gesù, al contrario, con la sua risposta insiste proprio sull’aspetto «pratico». Non si accontenta, perciò, di narrare una storia, ma insiste sui gesti del samaritano descrivendoli con una dettagliata sequenza. Chi li compie a favore di un uomo lasciato mezzo morto non è un connazionale e un correligionario, ma uno che per la Legge era segnato da impurità cultuale, incapace di fare opere buone meritevoli davanti a Dio. Ma proprio questo «eretico» ha tenuto conto non di ciò che lo distanziava, ma di ciò che lo univa a quel derelitto moribondo. Si trattava di «un uomo» (Lc 10,30). Gesù è interessato non tanto alla questione su «chi è…», ma piuttosto all’altra su cosa significhi «amare il prossimo». Al dottore della Legge che, «volendo giustificarsi», lasciava capire di essere rimasto insoddisfatto dalla risposta, Gesù invece ribadisce che la questione era lì: «Fare questo»! Per ereditare la vita eterna, bisogna viverla.

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