00 13/09/2011 09:50


COMPAGNI


Nella tradizione araba, il monaco è colui che fugge dal mondo solo per amarlo di più- Il francese compagnon, «compagno», è composto dal latino cum, «con», «insieme», e da pain/panis, «pane». Noi condividiamo lo stesso pane. Ho cercato di correggere alla bell'e meglio queste poche righe che - almeno nella versione italiana - sono molto più approssimative. Il libro è una storia autobiografica, un po' sentimentale, fatta di mistica e di amore, ambientata in Siria, scritta dall'americana Stephanie Saldaña e intitolata La sposa di Damasco (Newton Compton 2010). Mi interessa sottolineare due temi suggestivi. Il primo è legato all'esperienza del monaco, in greco «colui che è solo». In realtà il suo non è un isolarsi dal mondo, ma un essere infitto in esso come una spina nel fianco, attraverso la testimonianza di valori che trascendono la quotidianità, la materialità, la superficialità. È una presenza di fuoco in un mondo tiepido e, in questo senso, tutti - se siamo veri credenti o anche semplicemente autentici uomini e donne - dovremmo essere un po' «monaci». Il secondo tema è legato alla parola «compagno». Lasciamo stare l'eventuale (e forse smarrita) connotazione politica. Il vocabolo è molto bello nella sua etimologia sociale, caritativa, fraterna: «compagni» perché condividiamo lo stesso pane. Abbiamo bisogno di una «compagnia» costante per essere meno soli (in senso negativo) e meno poveri. Pochi sanno che la nostra parola così comune «minestra» deriva dal latino minister, che non è colui che comanda, come succede in politica, ma colui che si fa minus, che diventa piccolo per servire gli altri. «Io sto in mezzo a voi come colui che serve», dirà Gesù durante l'ultima cena (Luca 22,27).


card. Gianfranco Ravasi

"Il Mattutino" - da L'Avvenire



_________Aurora Ageno___________