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Santa Messa del giorno 5

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2013 11:54
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10 NOVEMBRE
XXXI SETTIMANA DEL T.O. ANNO PARI - SABATO
SAN LEONE MAGNO (m)
Papa e Dottore della Chiesa
MESSALE


Antifona d'Ingresso Cf Sir 42,24
Il Signore ha stabilito con lui un'alleanza di pace;
lo ha fatto principe del suo popolo
e lo ha costituito suo sacerdote per sempre.

Qo 45,30 Státuit ei Dóminus testaméntum pacis, et príncipem fecit eum, ut sit illi sacerdótii dígnitas in ætérnum.

Colletta
O Dio, che non permetti alle potenze del male di prevalere contro la tua Chiesa, fondata sulla roccia di Pietro, per l'intercessione del papa san Leone Magno fa' che resti salda nella tua verità e proceda sicura nella pace. Per il nostro Signore...

Deus, qui advérsus Ecclésiam tuam, in apostólicæ petræ soliditáte fundátam, portas ínferi numquam prævalére permíttis, da ei, quæsumus, ut, intercedénte beáto Leóne papa, in tua veritáte consístens, pace contínua muniátur. Per Dóminum.


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Fil 4, 10-19
Tutto posso in colui che mi dà la forza.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fratelli, ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione.
Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza.
Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Lo sapete anche voi, Filippési, che all’inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedònia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli; e anche a Tessalònica mi avete inviato per due volte il necessario.
Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio.
Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 111
Beato l’uomo che teme il Signore.

Beato l’uomo che teme il Signore
e trova grande gioia nei suoi comandamenti.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza dei giusti sarà benedetta.

Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.
Egli non vacillerà in eterno:
il giusto sarà sempre ricordato.

Sicuro è il suo cuore, non teme;
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua potenza s’innalza nella gloria.

Canto al Vangelo 2Cor 8,9
Alleluia, alleluia.
Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi,
perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Alleluia.

Vangelo Lc 16, 9-15
Se non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».

Sulle Offerte
Accogli, Signore, le offerte del nostro servizio sacerdotale e fa' risplendere sulla santa Chiesa la tua luce, perché in ogni parte della terra il gregge progredisca sulla via del bene e docili alla tua guida, i pastori siano graditi al tuo nome. Per Cristo nostro Signore.

Oblátis munéribus, quæsumus, Dómine, Ecclésiam tuam benígnus illúmina, ut et gregis tui profíciat ubíque succéssus, et grati fiant nómini tuo, te gubernánte, pastóres. Per Christum.

Antifona alla Comunione Mt 28,20
«Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
sino alla fine del mondo», dice il Signore.

Mt 16,16 Mt 18
Dixit Petrus ad Iesum: Tu es Christus, Fílius Dei vivi. Respóndit Iesus: Tu es Petrus, et super hanc petram ædificábo Ecclésiam meam.


Dopo la Comunione
Guarda con paterna bontà, Signore, la tua Chiesa, che hai nutrito alla mensa dei santi misteri, e guidala con mano potente, perché cresca nella perfetta libertà e custodisca l'integrità della fede. Per Cristo ...

Refectióne sancta enutrítam gubérna, quæsumus, Dómine, tuam placátus Ecclésiam, ut, poténti moderatióne dirécta, et increménta libertátis accípiat, et in religiónis integritáte persístat. Per Christum.

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Sabato 10 novembre
Lc 16,9-15

Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole


Non è la mancanza di tempo in quanto tale che ci assedia e ci inquieta, e neppure la molteplicità degli impegni che sembrano gravare su di noi o la complessità dei problemi da risolvere. E’ piuttosto la percezione del fatto che il senso della nostra esistenza dipende strettamente dal tempo. Noi sentiamo – in qualche momento come una fitta dell’animo – che il nostro vivere consiste proprio nell’avere tempo, e non averne più significa morire. D’altra parte, nulla di ciò che di buono riusciamo a compiere o ad ottenere, riesce a fermare il tempo, a trattenerlo in modo stabile e definitivo nella nostra vita. Tutto infatti, non appena è raggiunto, di nuovo deve affrontare il tempo che passa: con le sue incognite, con il declino che lo accompagna.
Il denaro anzitutto. Se il tempo è denaro, l’accumulo del denaro e la libertà di spenderlo mi convincono di essere padrone del tempo: del mio e di quello degli altri. E posso arrivare a pensare che il mio tempo vale molto, solo perché costa molto denaro; o che il tempo degli altri vale poco, solo perché io posso comprarlo per il mio vantaggio.
Anche l’ambizione del dominio, inteso come esasperazione della forza, della riuscita, del successo in ogni campo della vita, è un modo illusorio di possedere il tempo. Il potere, per esempio quello politico, coltivato come fine a se stesso, come ebbrezza della propria potenza e del proprio dominio sull’altro, genera l’impressione di poter durare a dispetto del tempo, prolunga la fantasia di attraversarne il logorio senza esserne travolti.
Infine, la spasmodica ricerca del godimento in ogni forma, mira a neutralizzare il tempo, è una sfida alla sua caducità. Riempire il giorno e la notte di eccitazioni, concentrarsi puntigliosamente nella cura del proprio piacere corporeo, del proprio benessere fisico e psichico, significa aggrapparsi alla vita biologica, pensando che il tempo del suo godimento sia tutto il bene di cui possiamo disporre.

Ostentare ricchezza, potere, sicurezza, salute, attivismo, sono tutti espedienti per esorcizzare l’angoscia del tempo che ci sfugge dalle mani. Parlo di “cosmesi” della morte, appunto perché noi cerchiamo di abbellire il consumarsi del tempo, che della morte è il simbolo, esaltandoci nel consumo di beni illusoriamente duraturi. L’esorcismo funziona come un “trucco” escogitato per prolungare la nostra partita con la morte; eppure sappiamo che la partita non potrà durare all’infinito, e la morte avrà l’ultima mossa.

Ma è possibile che proprio sotto questa verità, che alimenta la nostra angoscia, si nasconda anche un’altra verità capace di liberarci? è pensabile che in quell’affanno che ci spinge a percorrere strade illusorie, ci sia una provocazione salutare che dovremo portare coraggiosamente allo scoperto? In altre parole: siamo così sicuri che la morte sia sotto ogni aspetto la fine del tempo?

“State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra” (Lc 21, 34 ss).

C’è però un altro modo di affrontare il problema. Tra l’illusione di possedere il tempo e la disperazione per il suo venirci meno sta un atteggiamento completamente diverso, evocato con il termine vigilare.

Vigilare è la capacità di ritornare a prendersi il tempo necessario per aver cura della qualità non puramente clinica e commerciale della vita. Il tempo per imparare a riconoscere il significato delle nostre emozioni impulsi, tensioni per non rimuoverle troppo in fretta anestetizzando l’eventuale disagio che ci procurano, e rendendo così sterile la profondità dell’esperienza nella quale esse potrebbero introdurci. L’abitudine al consumo superficiale dei sentimenti ci rende fragili; assegnare all’occasionale immediatezza delle emozioni un ruolo decisivo per la nostra identificazione e la nostra condotta (“io adesso mi sento così, faccio così decido così”) ci espone al grave rischio di conferire alla pressione delle circostanze un potere assoluto sul nostro destino. Se non siamo vigili, saranno i nostri riflessi condizionati, e non il nostro io, a decidere per noi. Compito incongruo con la dignità dell’uomo e curiosamente contraddittorio nei confronti della gelosa difesa della libertà individuale, che segna irrevocabilmente la nostra cultura.

Dalla sterilità delle emozioni e dall’illusione alla quale si espone una vita sentimentale priva di discernimento, ci protegge la vigile cura del tempo vissuto. Si può tuttavia dire che tutti i modi di vegliare, che esemplificano le qualità essenziali del vigilare, sono come momenti particolari di quella grande veglia che è l’esistenza umana di fronte al tempo definitivo che viene: il tempo della vita eterna con Dio, che è come la “grande festa” della vita, alla quale ogni uomo che viene nel mondo è destinato, in attesa di esservi formalmente invitato non appena è in grado di prendere da solo la propria decisione.

Espressione della dimensione vigiliare del tempo vissuto è l’attesa cristiana del Signore che viene: nel fluire del tempo, per riscattare il desiderio dell’uomo e restituirlo alla propria libertà; alla fine del tempo, per sigillare il tempo dell’attesa e la reciproca speranza di una comunione irrevocabile.

Vigilare è perciò disponibilità a coltivare, senza censurarne l’emozione che prima o poi sfiora ogni uomo, il presentimento di una profondità della vita e del tempo, dei gesti e delle cose, del corpo e dell’anima, che risuona alla nostra coscienza come una promessa. Una verità del tempo vissuto, che non ci proietta semplicemente “al di là”, oltre le opere e i giorni che scandiscono i ritmi della nostra vita quotidiana, bensì percorre la loro trama con il filo prezioso di delicati trasalimenti e di folgoranti intuizioni.

Molti eventi, certo, battono alla mia porta: per tante cose mi è chiesto di avere tempo e in tanti modi mi viene offerto di condividerlo e di cederlo. Se però rimango vigile, e cerco di tenere desti i sensi e lo spirito di fronte a tutto ciò che il tempo conduce in prossimità della mia casa, nei colpi che risuonano alla porta potrò riconoscere la voce del Signore, e distinguerne il tono amico che chiede a ogni istante di poter entrare. L’angoscia del futuro e della morte allenterà così la sua stretta mortale, e l’ansia del presente si scioglierà nell’emozionante tensione dell’attesa.


Carlo Maria Martini









_________Aurora Ageno___________
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