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LIPIKA - Biglietti dall'India - di Rabindranath Tagore

Ultimo Aggiornamento: 01/11/2009 09:35
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07/01/2008 20:44


La voce



1



L'acqua che cade dal cielo sotto forma di pioggia si unisce alla terra, ma non si sa da dove provenga. Anche con le donne è così: vengono da un luogo sconosciuto per essere prigioniere su questa terra.
All'interno di questi limiti si consuma tutta la loro esistenza, le loro parole, i loro dolori e le loro inquietudini. Ed è per questo che si celano il volto con un velo, ai polsi hanno bracciali e le loro abitazioni sono ben custodite. Esse sono le regine del limite.
Nel quartiere in cui abito è venuta a vivere una ragazza simile a un sorriso scherzoso, sempre preda dell'irrequietezza: sua madre, quando s'arrabbia, la chiama «birbante», suo padre scherzosamente le ha dato il nomignolo di «pazzerella».
Lei è come l'acqua rapida di un ruscello: salta e si prende gioco di ogni dovere. La sua vitalità la fa simile alla foglia sulla cima di un albero di bambù: trema incessantemente al minimo soffio di vento.


2



Oggi ho visto quella fanciulla indomabile appoggiata alla ringhiera della veranda, immobile, silenziosa, ferma come l'arcobaleno dopo la tempesta. Proprio come un uccello bagnato dalla pioggia, che si riposi su un ramo di tamàl.(*)
Non l'ho veduta mai così serena. Come un fiume che raffreni improvvisamente il suo corso e si trasformi in lago.


(*)tamàl: palissandro, molto ricco di fogliame e prodigo d'ombra.


3



Alcuni giorni fa il sole ardeva forte, l'orizzonte era luminoso, e le foglie degli alberi ingiallivano, ormai rinsecchite e spente.
All'improvviso il cielo si coprì di nuvole nere, che si agitavano come la testa arruffata di un pazzo. Un fulmine scattò nel cielo del tramonto, come una spada sguainata.
A mezzanotte sentii cigolare e sbattere le porte a causa del vento. L'uragano aveva afferrato per i capelli la città che dormiva, scuotendola.
Mi alzai e guardai fuori.
Sotto la pioggia battente la luce della strada sembrava l'occhio torbido di un ubriaco.
Dalla chiesa, attenuato dallo scroscio della pioggia, si udì il battere dell'orologio.
Al mattino pioveva ancora a dirotto. Il sole non accennava a mostrarsi.


4



Durante il temporale la fanciulla era sempre rimasta avvinghiata alla ringhiera della veranda, in silenzio.
Era venuta sua sorella per dirle che la mamma la chiamava. Lei aveva solo scrollato la testa, facendo così muovere violentemente le trecce.
Era venuto anche suo fratello con una barca di carta e aveva cercato di tirarla per una mano; lei si era liberata e quando il fratello aveva continuato a tirarla per gioco, lei gli aveva dato uno schiaffo.


5



Continuava a piovere, anche dopo che era scesa la sera. La ragazza era sempre lì, immobile. All'inizio del mondo il primo linguaggio della creazione fu quello dell'acqua e del vento.
Dopo milioni e milioni di anni quella stessa lingua richiamava con la musica della pioggia la fanciulla che, superando ogni limite, si era persa in una dimensione infinita.
Il tempo è interminabile, il mondo è vasto, sulla terra per secoli e secoli si è consumato il dramma della vita.
Attraverso l'ombra delle nuvole e la musica della pioggia, l'Essere Supremo, il Sempre-lontano, oggi contemplava il volto di quella fanciulla impetuosa.
E così lei rimaneva immobile, come un'immagine ultraterrena, con i suoi grandi occhi sbarrati.






[Modificato da auroraageno 07/01/2008 20:47]

_________Aurora Ageno___________
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