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LIPIKA - Biglietti dall'India - di Rabindranath Tagore

Ultimo Aggiornamento: 01/11/2009 09:35
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31/01/2008 06:55



Lo stesso gioco




1


Quel giorno le notizie sulla guerra non erano favorevoli. Il re, preoccupato, andò a passeggiare in giardino. Vicino al muro di cinta, sotto un albero, vide giocare un bambino e una bambina.
Il re chiese: « A che cosa state giocando? ».
« Giochiamo a Rama e Sita in esilio » risposero. Il re si mise a sedere.
Il bambino disse: « Questa è la nostra foresta di dandak (*) e qui stiamo costruendo una capanna ». Aveva raccolto rami spezzati, stecchi e frasche, ed era tutto affaccendato.
La bambina cucinava senza fuoco con un giocattolo; pensando che Rama avrebbe voluto mangiare, Sita non aveva un momento da perdere.
Il re disse: « C'è quasi tutto, ma non vedo l'orco », e il ragazzo dovette riconoscere che la loro foresta di dandak non era perfetta.
Il re allora propose: « Va bene, farò io la parte dell'orco ».
Il ragazzo l'osservò attentamente, poi disse: « Ma dovrai avere la peggio ».
« Sono abituato ad avere la peggio! Proviamo. »
Quel giorno l'orco fu ucciso con tanto entusiasmo che il ragazzo non voleva lasciar partire il re. Egli dovette morire la morte di dieci o dodici orchi, finché fu stanco.
Quel giorno nel boschetto cantavano gli uccelli come secoli prima avevano cantato nella foresta di Panchabati (**). E le luci del mattino danzavano come una tenera musica sulle foglie verdi degli alberi.
Il re dopo il gioco diventò allegro. Quando tornò a palazzo fece venire il ministro e gli chiese: « Di chi sono quei bambini? ».
» La bimba è mia figlia e si chiama Rucira. Il piccolo invece è Kousik, figlio di un brahmano povero, che vive facendo il sacerdote » rispose il ministro.
« Quando saranno grandi voglio che si sposino » esclamò il re allegramente.
Al ministro mancò il coraggio di replicare e non gli rimase che chinare la testa.


2


Il re mandò Kousik a studiare presso il più grande sapiente del reame, i cui discepoli erano tutti di nobile origine. Anche Rucira, la figlia del ministro, andava a scuola da lui.
Il maestro non fu molto contento che Kousik frequentasse la sua scuola perché i suoi compagni si vergognavano di lui. Ma si piegò al desiderio del re.
Anche Rucira aveva grandi problemi: gli studenti bisbigliavano tra loro additandola, e allora il suo viso arrossiva di vergogna e lacrime di rabbia cadevano dai suoi occhi.
Se qualche volta Kousik le porgeva un libro, lei lo respingeva, se le parlava di studio, non rispondeva. L'affetto del maestro per Rucira era sconfinato e voleva che ella superasse Kousik in tutte le discipline scolastiche.
Anche Rucira lo voleva, e la cosa sembrava facile, perché Kousik non si applicava allo studio: nuotava, andava nelle foreste, cantava e suonava.
Il maestro lo rimproverava: « Bada allo studio ».
« Amo non solo lo studio, ma molte altre cose » rispondeva lui.
« Dimenticale » intimava il maestro.
« Ma così perderei anche l'amore per lo studio » replicava Kousik.


3


Così trascorse del tempo. Un giorno il re chiese al maestro: « Chi è il migliore dei tuoi discepoli? ».
« Rucira ».
« E Kousik? »
« Mi sembra che abbia imparato poco. »
« Ma io desidero che si sposino. »
Il maestro sorrise: « Sarebbe come il matrimonio dell'alba con il crepuscolo ».
Il re chiamò il ministro e gli disse: « Non indugiare più, concedi in sposa tua figlia a Kousik ».
Il ministro rispose: « Signore, mia figlia non desidera questo matrimonio ».
« E' forse possibile sapere ciò che le donne desiderano da quello che dicono? »
« Ma il suo pianto testimonia pur qualcosa. »
« Forse ritiene Kousik indegno di lei come sposo? »
« Sì, è proprio così. »
« Va bene, voglio che sostengano gli esami al mio cospetto. Se Kousik vincerà la gara si sposeranno. »
Il giorno seguente il ministro comunicò al re che la proposta era gradita a sua figlia.


4


I professori erano radunati.
Il re si sedette sul trono e Kousik s'inginocchiò ai suoi piedi.
Il maestro giunse con Rucira.
Kousik s'inchinò di fronte a loro, che non lo degnarono di uno sguardo.
Kousik non aveva mai sostenuto una discussione con Rucira secondo le regole della scuola. Neppure gli altri studenti, in segno di disprezzo, gli avevano mai offerto l'occasione per discutere: e così quel giorno il maestro constatò l'ironia pungente del ragazzo e la sua dialettica, simile al bagliore di un fulmine nel temporale: ne fu irritato, ma anche stupito.
Rucira cominciò a sudare e a confondersi e Kousik la mise alle strette.
Il maestro per la rabbia taceva e alla fine Rucira scoppiò a piangere.
Il re disse al ministro: « Fissa il giorno delle nozze ».
Kousik si alzò e disse al re, con le mani giunte: « Perdonatemi, ma non intendo sposarmi ».
Stupito il re gli chiese: « Non vuoi godere del premio della vittoria? ».
« La vittoria mi appartiene, che un altro si prenda il premio! » esclamò Kousik.
Il maestro implorò: « Mio sovrano, concedetemi un altro anno, un nuovo esame ».
« Va bene, si ripeta l'esame il prossimo anno » accordò il re.


5


Kousik lasciò la scuola. A volte, di mattina, lo si vedeva tra le ombre del bosco, altre volte, di sera, sulla cima del colle.
Il maestro si dedicò totalmente all'istruzione di Rucira. Ma dov'era fuggita la sua anima?
Incollerito, il maestro così la esortava: « Studia, sta' attenta, se non vuoi essere umiliata per la seconda volta ».
Ma sembrava destinata a una nuova sconfitta, e volutamente trascurava lo studio.
Apriva svogliatamente e di rado i libri di filosofia e letteratura e furibondo il maestro urlava: « Giuro sul nome di Kapil e Kanad (***) che non accetterò più studentesse. Conosco a fondo i Veda e il Vedanta (****), ma non sono riuscito a comprendere l'anima delle donne ».
Un giorno il ministro si presentò al re e gli disse: « Ho ricevuto una proposta di matrimonio per mia figlia da parte dei Devadatta, una famiglia impareggiabile per stirpe, educazione, ricchezza e fama. Chiedo il vostro permesso per farla finalmente sposare ».
« Cosa dice tua figlia? »
« E' forse possibile comprendere l'anima di una donna dalle parole che dice? »
« Non sai dunque dirmi che cosa testimoniano le sue lacrime? »
Il ministro confuso chinò il capo e rimase in silenzio.


6


Il re andò a sedersi nel giardino, ordinando al ministro: « Chiama tua figlia, falla venire ».
Venne Rucira e salutò il re, che le disse: « Ti ricordi, cara, il gioco di Rama in esilio? ».
Rucira sorrise e rimase in silenzio con la testa china.
« Vorrei partecipare nuovamente a quel gioco: c'è la foresta, c'è anche Rama, ma mi sembra, mia cara, che manchi Sita. Potresti fare ancora la parte di Sita? »
Rucira si coprì il volto in silenzio, s'inchinò e salutò con un cenno del capo il re, senza parole.
Il re disse: « Questa volta però non potrò fare io la parte dell'orco, la farà forse il maestro? ».
Rucira guardò il re con uno sguardo tenero e malizioso.







(*)Dall'albero di dandak, che resiste molto bene alla siccità e può raggiungere anche 50 metri di altezza, esistono vaste foreste in tutta l'India del Nord.
(**)Nella foresta di Panchabati si erano rifugiati nel loro esilio Rama e Sita, protagonisti della classica saga indiana del Ramàyna.
(***)Due filosofi antichi e molto famosi in India.
(****)Libri sacri di filosofia e religione indiana.








_________Aurora Ageno___________
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