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AURORA - 2 PARTE (NEBBIE )

Ultimo Aggiornamento: 20/06/2008 00:17
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12/06/2008 15:10

AURORA - 2 PARTE(NEBBIE )

"Sembra di essere dentro una scatola di ovatta".
Pensò Aurora spingendo la testa ancora di più verso il lunotto della macchina che procedeva a velocità ridotta nell'inconsistenza della lanugine nebbiosa.

Come ogni mattina, di buon'ora, si era alzata e stropicciandosi via dagli occhi le briciole di sogni notturni, aveva pigramente indossato gli abiti.
"Innanzi tutto qualcosa di liquido" aveva detto a sé stessa, trangugiando qualcosa che non si era preoccupata di definire con precisione e poi di corsa in macchina per affrontare una nuova giornata di lavoro.
La situazione climatica esterna aveva sollecitato non poco il torpore che ancora l'avvolgeva ad abbandonarla, lasciandola indifesa, prigioniera della ripetitività di quella giornata lavorativa uguale a tante altre.
Ma per quanto tentasse di farsene una ragione non riusciva a digerire quello stato di cose che contribuiva in maniera determinante a metterla di cattivo umore.
"Ci mancava solo la nebbia!" aveva sussurrato a denti stretti sforzandosi di distinguere la strada che miracolosamente usciva da quel muro di inconsistenti vapori.

Fare la rappresentante di bigiotteria non era certo stato il suo sogno da piccola.
Ma si sa il bambino, molto spesso, deve fare i conti con l'adulto che cresce dentro di lui e che, con pazienza certosina, sembra vanificare ogni sua più piccola aspirazione.
E' una lotta impari che non riesce a cancellare i sogni della fanciullezza, ma li esilia da qualche parte, in una zona remota dell'animo.
Quando però l'impeto delle emozioni rende tempestosi i sentimenti, ecco tornare a galla quei relitti del passato restati laggiù sul fondo per chissà quanto tempo. Quel ragazzo... il grande amore che aveva creduto essere... il viaggio in treno con tante speranze e sogni... l'amara delusione... la solitudine... la depressione...
Una cosa del genere era successa a Aurora in quei giorni, nei suoi continui spostamenti si era sorpresa a ripensare a quella ragazzina dai lunghi capelli che sognava di cavalcare le nuvole, di sconfiggere lo spazio ed il tempo facendo l'hostess.
Il cielo non si poteva conquistare, racchiudere entro precisi confini, questa particolarità della coltre celeste l'aveva sempre attratta fino al punto di invaghirsene irreparabilmente.

Col passare degli anni il compromesso con la quotidianità sommato alla fragilità di carattere l'aveva indiscutibilmente inchiodata a terra.
Se si voltava indietro non riusciva a vedere che una vita di tentativi che l'avevano fatta concedere al mondo come chi ha supinamente accettato una parte da comprimaria nella rappresentazione della propria esistenza.

Quella mattina, imprigionata in un paesaggio irreale, ogni tanto si guardava nello specchietto sentendosi sola, sola in compagnia della più grande nemica. Perché era consapevole del fatto di essere lei stessa la causa delle proprie insoddisfazioni.
"Se si alzasse la nebbia, forse con lei svanirebbe anche la depressione che mi sento addosso" pensò facendo un sorriso sarcastico, come se quello stato di cose contribuisse ad aumentare le sue angosce quotidiane.
Nessuna variazione meteorologica sembrava venirle in soccorso, la strada continuava a srotolarsi davanti a lei sbucando molliccia e grigia da quella barriera apparentemente impenetrabile.
Forse distratta dai suoi pensieri o (inconsapevolmente?) conscia di voler modificare la routine quotidiana, si accorse, ad un tratto, di non avere la più pallida idea di dove si trovasse.
Le misere immagini che a fatica riusciva a decifrare dai finestrini dell'auto non le erano di nessun aiuto, anzi quei contorni indefinitamente vacui facevano crescere in lei la sensazione di un totale smarrimento.

Decise di fermarsi da un lato della strada e alzato il bavero del cappotto aprì energicamente lo sportello scendendo dalla vettura.
Il repentino contatto con l'esterno le provocò un brivido di freddo che le percorse la schiena con una rapidità inusitata, si guardò intorno e niente contribuì a fornirle il minimo indizio sulla località in cui si trovava.
Tutt'intorno solo i fantasmi di un paesaggio celato dal bianco e grigio, più o meno intenso, della foschia.
Niente era distinto, nitido, ogni cosa reale era una creatura partorita dalla fantasia di una natura bislacca: ombre di guerrieri al posto degli alberi, improbabili draghi che si confondevano con i contorni degli edifici, satiri ed elfi che si sovrapponevano alla fisionomia dei cespugli. Una lavagna magica dove tutto poteva essere disegnato senza confini per l'immaginazione.

Poi d'un tratto un pensiero le balenò nella mente vivido, come se qualcuno avesse aperto all'improvviso una finestra in una stanza completamente buia:
"Sembra proprio che il cielo sia sceso sulla terra!!!" gridò ed una calda soddisfazione l'avvolse amorevolmente.
Dimenticò ogni paura e salita in macchina continuò il suo viaggio verso non si sa dove.
Le ruote percorrevano l'asfalto e la sua mente viaggiava nel ricordo sempre più nitido dei suoi sogni delle sue speranze di adolescente con una felicità che cresceva come una marea amica nell'animo.

Ad un tratto si accorse che la nebbia si stava diradando, era entrata in un paese che aveva qualcosa di familiare, di consueto. Non ci volle molto a Aurora per capire che quell'insieme di abitazioni altro non era che il luogo dove era nata.
Non si ricordava neanche Lei quanti erano stati gli anni di lontananza da quel luogo, un periodo lunghissimo che pareva svanire col sollevarsi lento della nebbia ed il riemergere dei ricordi.
Quasi fosse comandata da una forza innaturale l'auto si fermò davanti ad un edificio a due piani, un grosso parallelepipedo che con le sue forme denunciava la nascita nel Ventennio Fascista.
"Questa è la mia scuola" sussurrò scendendo velocemente dal mezzo ed entrando nel giardino che circondava l'edificio.

Le gambe precedevano qualsiasi suo pensiero e senza quasi che se ne rendesse conto si trovò di fronte al vecchio amico di allora: il grande olmo. La pianta adesso le sembrava meno imponente ma le trasmise lo stesso una forte sensazione di affetto, come quando improvvisamente si ritrova un qualcosa di immensamente caro.
Quel vecchio albero tra i suoi rami aveva visto salire ogni pensiero, ogni sogno della bambina di allora, che restandovi impigliati lo avevano fatto divenire il loro custode più geloso.

Aurora non si rese conto di quanto rimase seduta con la schiena appoggiata al suo amico vegetale, ma quando si alzò aveva una luce diversa nello sguardo. Aveva capito che i sogni non si possono "cavalcare" né dimenticare ma si devono portare in tasca, farli divenire parte di se stessi, utilizzandoli ogni qual volta sentiamo di perdere il fanciullo che siamo stati.
Salì in macchina, non c'era più nessun segno di nebbia nel paesaggio circostante e nel suo animo.

Da quel giorno affrontò la vita in modo diverso, non fu sempre una vincente ma sicuramente se stessa.

Giuliano
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Oh Uomo! conosci te stesso! (Oracolo di delfi)
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12/06/2008 19:23


Così vivo questo ritratto di donna! Hai detto, Giuliano, che questa storia ti è stata raccontata proprio da lei, da Aurora...
Sono felice per lei, per come ha trovato se stessa e la propria ragione d'essere! Sono contenta di chiamarmi come lei! [SM=x832013]

Tu sei uno scrittore vero, Giuliano: complimenti di cuore per questo racconto narrato in maniera stupenda! [SM=x832022]

Ti ringrazio tanto, amico caro [SM=x832000]

aurora



_________Aurora Ageno___________
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16/06/2008 12:08

E io ringrazio te, mi stai riempiendo di complimenti...
come potrei a non continuare?? non potrei sopportare i sensi di colpa nel negarti le mie frasucce e raccontini.
Grazie sei tanto cara.
Baci
Giuliano
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Oh Uomo! conosci te stesso! (Oracolo di delfi)
20/06/2008 00:17

Sembra proprio che il cielo sia sceso sulla terra!!!"

gridò ed una calda soddisfazione l'avvolse amorevolmente.

Io che amo la nebbia, sono ammutolita nel leggere questa frase.
E' vero, il cielo scende sulla terra con la nebbia, ed Aurora, tra la poca visibilità ritrova la strada per guarire. [SM=x832028] [SM=x832028] [SM=x832028]



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