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LA MIA ESPERIENZA IN INDIA - 1972 - (parte seconda)

Ultimo Aggiornamento: 23/06/2008 18:18
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19/06/2008 12:44

LA MIA ESPERIENZA IN INDIA - 1972 - (parte seconda)

MADRE TERESA - il coinvolgimento

Premessa:
Molte volte mi sono chiesto come ho fatto a farmi coinvolgere. Non sono riuscito a darmi una risposta, un giorno lo saprò, di questo ne sono certo.
Tutti i muri di difesa che un uomo si erge intorno, timori, pregiudizi, paure, ossessioni, egoismi, rancori, incomprensioni .. (di cui anch'io ne ero ben fornito) ad un certo punto crollano, così, come uno schiocco di dita.
*******************

20 luglio:
Arrivammo in un villaggio appena fuori Calcutta, alcune costruzioni di pietra e fango erano circondate da tende capanne e ricoveri vari. Molte tende, di grande capacità avevano stampate ai lati bandiere di vari stati, Inglese, Francese Italiana, Statunitense... e altri.
Le costruzioni in pietra erano dipinte di bianco e sembravano le più pulite e ci fermammo davanti ad una di queste con il vecchio camion sferragliante. Sopra la porta, dipinta di rosso, c'era una grossa Croce, ne dedussi che fosse una specie di ospedale anche per il continuo andirivieni di gente che ne usciva in qualche modo bendata.
Scaricammo la barella ed entrammo per una piccola porta di lato, ci si fece incontro un uomo, doveva essere un medico, in camice bianco, parlottò prima con lo sherpa poi con la signora, e ci indicò dove appoggiare la barella.
Durante la medicazione della donna, malata e denutrita, e del piccolo, che finalmente si convinse di lasciare, io Bruno e Franco fummo informati dallo sherpa di chi fosse l'anziana signora.
Madre Teresa di Calcutta! Le nostre menti si aprirono all'improvviso. Mentre ci guardavamo l'un l'altro stupiti, io ed i miei amici capimmo tutto.
Avevamo sentito di lei alla televisione e letto sui giornali, ma i nostri "impegni di vita moderna" avevano soffocato l'attenzione verso queste cose.
I nostri "bisogni" erano prioritari! Non avevamo tempo da perdere.
Dovevamo giornalmente pianificare la serata in pizzeria, la domenica al mare o in montagna, l'andare al cinema, come uscire e dove portare le ragazze, il contestare il genitori dal pensiero antidiluviano, non avevamo tempo per altro! La nostra vita era impegnatissima!
Chi ci badava a queste cose? Che ce ne fregava a noi dei poveri, dei malati? Lebbra? Fame? Povertà? Non erano nei nostri pensieri.
Bene ora c'eravamo dentro, caduti per caso o tirati dal destino? Me lo sono e me lo sto chiedendo ancora. Che il padre di Bruno avesse pianificato il tutto? No impossibile. Anzi quando Bruno, al ritorno, gli disse cosa aveva intenzione di fare, rimpianse la sua idea... ma questa é un'altra storia...

Eravamo spaesati, come eravamo finiti in questa vicenda non lo riuscivamo a capire, ci arrovellavamo per trovare una spiegazione a tutto e soprattutto ci chiedevamo come avemmo fatto a ritornare al nostro albergo, senza guida, senza conoscere la strada, insomma ci sentivamo persi.
Fu lei la nostra ancora, ci venne incontro mentre eravamo seduti in un angolo immersi nei nostri pensieri.
Ci squadrò tutti e tre con i suoi occhi profondi, quello sguardo mi rilassò immediatamente:
- Ormai è un po' tardi per farvi accompagnare al vostro albergo. - Il suo sguardo era accompagnato da un largo e luminoso sorriso.
- Siamo nelle sue mani - rispose Bruno con un tono speranzoso ma pacato.
- Bene, allora facciamo così, vi faccio dare qualcosa per cena, poi, se volete, facciamo un giro del posto così vedete cosa facciamo qui e passerete la notte con noi. Domani vi faccio accompagnare al vostro albergo.
Accettammo all'unisono, vuoi perché da soli non sapevamo che fare, vuoi che eravamo curiosi del luogo, ma soprattutto perché quella figura vestita di bianco e azzurro mi e ci affascinava.

In una grande tenda c'era una specie di mensa. Una lunga fila di uomini donne e bambini procedeva lentamente verso i tavoli dove veniva distribuito del cibo a tutti, ci mettemmo in coda.
Guardavo la gente che mi precedeva, persone zoppicanti, di tutte le età. donne con bambini per mano, molti avevano degli arti bendati, anche qualche ragazzo era bendato o ad una mano o ad una gamba, uomini e bambini magrissimi, ci si potevano contare le costole che sporgevano dalla pelle del torace nudo.
Mi venne un senso di colpa, io, bello pasciuto fare la coda per mangiare, la coscienza mi diceva:
“come puoi togliere un pasto a quelle persone?” Mi passò l'appetito, ma rimasi in fila.
Un piatto di zuppa di verdure e riso, mezza pagnotta di uno strano pane fu tutto quello che ricevemmo.
Ci sedemmo assieme a Madre Teresa ed allo sherpa che la accompagnava ovunque. Notai, passando in mezzo alla gente, come questi poveretti la guardassero, un immenso rispetto traspariva dai loro volti. Lei aveva un sorriso per tutti, una carezza per i bambini, dalla sua personcina alta un metro e sessanta, traspariva sicurezza, serenità, da come la guardavano sembrava che per loro fosse alta due metri.
Guardai il piatto, ci galleggiava anche un pezzo di pollo, intinsi il pane e sbocconcellai lentamente.
- Vi devo ancora ringraziare per l'aiuto. - Ci disse Madre Teresa, - é raro che qualcuno si fermi, molti e specialmente quelli delle alte caste scappano quando ci vedono, come ha fatto la vostra guida.
- Scusate se la cena non é una gran cosa, proseguì, ma, come vedete, abbiamo molti ospiti da sfamare.
Davanti a me notai una ragazzo di circa dodici anni che aveva finito la zuppa e che stava mangiando lentissimamente quasi briciola per briciola il suo pezzo di pane.
Bruno, che lo aveva notato come me, gli chiese in inglese come mai mangiasse così piano, il ragazzo non capiva, allora lo sherpa tradusse la domanda di Bruno in lingua locale.
Poi tradusse la risposta del ragazzo:
"Ho paura, perché quando finirà io avrò di nuovo fame".
Sentii una stretta al cuore e, senza pensarci, porsi la mezza zuppa della mia ciotola al ragazzo, mi guardò con due occhi immensi ma non si mosse, poi guardò Madre Teresa la quale fece un lieve cenno con la testa.
Il ragazzo, con mano tremante accettò e sempre con lentezza con lo sguardo fisso nella zuppa riprese a mangiare, alzò gli occhi verso di me con un largo sorriso.
Una soave musica mi avvolse, non so da dove venisse, ma sentii lo sguardo indagatore di Madre Teresa su di me, lo avvertivo come attraversare il mio corpo per scrutare nella mia anima, fu una sensazione stranissima, mi sentivo come nudo.

Cominciava a calare il sole, il rossore diffuso che dell'imbrunire creava uno strano effetto in quel luogo, mi faceva pensare a ferite, al sangue di migliaia di ferite. La seguimmo e lei entrò in una capace tenda bianca con la bandiera francese impressa nei lati.
All'interno una decina circa di pagliericci con della gente sdraiata, delle lampade a petrolio, o almeno credo, rischiaravano la scena, quando mi abituai alla poca luce notai che erano tutti bambini e ragazzi fra i sei e i dieci anni.
Si avvicinò ad un pagliericcio dove un'altra donna vestiti nel suo stesso modo era seduta a fianco di quella che noi avevamo portato dalla città, la suora, molto più giovane di Madre Teresa si voltò e disse:
- Si salveranno, la lebbra è ad uno stadio iniziale, però ha la febbre alta, mentre il bambino, che credo non mangiasse da giorni, sta riposando il dottore dice che lui è sano ma bisogna nutrirlo un po' alla volta, il suo stomaco non accetterebbe troppo latte in un volta sola. Mentre informava di questo Madre Teresa la suora continuava a cambiare dei pezzi di stoffa, che bagnava in un secchio d'acqua, sulla fronte della donna.
Madre Teresa accarezzò la fronte della donna e del bambino che dormiva accanto a lei mormorando una preghiera a fior di labbra.
Poi, rivolgendosi alla suora le chiese se aveva cenato, al diniego di quest'ultima le disse di andare, la suora ringraziò e uscì. Madre Teresa si voltò verso di noi e disse:
- Qualcuno di voi vuole fermarsi ad assistere questa donna? - il suo sguardo profondo ci squadrò uno ad uno in attesa di una risposta e si fermò su di me.
- Resto io - risposi senza pensare.
Le parole mi erano uscite da sole, non saprei dire come, le mie orecchie sentirono la mia voce ma la mia mente non aveva pensato a quell'offerta di prestazione, ci arrivò con un attimo di ritardo, ma a soffocare il timore delle malattia che mi era balenato ci pensò lei:
- Non aver paura, la lebbra é una malattia che colpisce i denutriti, quelli che vivono nella sporcizia, è una malattia dei poveri. Se vuoi riposare, nell'angolo c'è un materasso con due coperte potrai dormire qui questa notte. Più tardi tornerà la sorella.

Mi avvicinai alla donna e cominciai a cambiare le pezze bagnate sulla sua fronte, un turbine di pensieri mi frullava per la mente. Che ci faccio qui? Perché sono qui? Non riuscendo a darmi risposte mi concentrai sulla donna.
Aveva un viso minuto e smunto di un colore ambrato, gli zigomi le sporgevano e dalla magrezza quasi si poteva delinearne la scatola cranica. Due occhi infossati, che teneva chiusi mentre ansimava per la febbre. La coperta che la avvolgeva sembrava vuota, non credo pesasse più di trentacinque chili, in Italia, pensai, un ragazzino di 10 12 anni avrebbe pesato di più. Il nero dei capelli lunghi e sparsi sul pagliericcio aveva dei riflessi che passavano dal blu al verde scuro. Due o tre piccole escrescenze le gonfiavano le fronte, e al labbro superiore un piccolo accenno di lebbra le storceva un po' la bocca.
Nonostante le sue condizioni, era una bella donna, anzi più un ragazza di circa vent'anni.
Mentre continuavo a cambiare le pezze bagnate sulla sua fronte, un piccolo vagito mi riportò alla realtà, il fagottino al suo fianco si mosse leggermente ed emise un secondo vagito, immediatamente la donna aprì gli occhi girandosi, ma la sua debolezza le permise solo di muovere la testa verso il piccolo. Capii la sua intenzione e con la massima cautela avvicinai il piccolo a lei.
Il lembo della coperta che gli copriva il viso scivolò di lato, mi sentii mancare alla vista di quell'esserino. Aveva il viso magrissimo e il fisico pelle e ossa sembrava uno scheletrino.
La madre cominciò a dondolarlo leggermente e mentre li guardavo mi sentii toccare una spalla. Il tocco mi voltai e vidi un medico in camice bianco accompagnato da Madre Teresa, il medico si chinò, auscultò il piccolo con lo stetoscopio, gli girò la testolina a destra e a sinistra e gli fece piegare le braccia e le gambe, tastò un po' il piccolo ventre e poi voltandosi disse:
- E' molto denutrito, ma può riprendersi bisogna nutrirlo un po' alla volta e spesso.
Il medico se ne andò, Madre Teresa estrasse da sotto l'abito una bottiglietta di vetro con del latte, sopra c'era un piccolo biberon di gomma, me la porse, poi, poi parlando con la donna, che non lo aveva lasciato un attimo, si fece dare il piccolo, me lo appoggiò in braccio e mi disse:
- Saprai dare un ciuccio ad un piccolo, daglielo piano, e toglilo dalla bocca ogni tre o quattro poppate altrimenti si soffoca.
Presi il bambino, sembrava non pesasse, credo che le coperta in cui era avvolto pesasse più di lui, avevo paura di rompergli qualche ossicino ma lei me lo appoggiò fra le braccia con delicatezza.
Avvicinai il biberon artigianale alla sua bocca, quando una goccia di latte tiepido bagnò le sue labbra, la spalancò girando la testolina e destra e a sinistra come un passerotto che aspetta il cibo dalla madre.
Gli misi il biberon in bocca, succhiò con un'energia di cui non lo credevo capace, aveva voglia di vivere e una gran fame. Seguii le istruzioni togliendo e rimettendo il biberon in quella piccola bocca fino a quando la bottiglietta rimase vuota.
Alzai gli occhi dal piccolo e vidi due paia di occhi neri che mi guardavano, la madre del piccolo, che era stata alzata per poter mangiare un po' di zuppa, e Madre Teresa, che la stava imboccando con la ciotola in mano.
Due paia d'occhi profondi, la madre mi fece un sorriso sofferto ma sincero, sentii un ringraziamento anche se non detto. Anche Madre Teresa sorrideva, ma il suo era un sorriso diverso, sembrava contenesse una piccola punta di divertimento, mi sentii arrossire, ed il piccolo, forse per darmi un ringraziamento anche lui, fece il suo ruttino di soddisfazione.
Adagiammo madre e bambino nel pagliericcio, la febbre era scesa e si addormentarono tutte e due.

Mi sentivo stanco ma appagato, non ero mai stato così in pace, sbadigliai.
- Se vuoi puoi riposarti. - mi disse Madre Teresa, - fra poco ritorna la suora e li veglierà lei.
- Grazie - risposi.
- Una domanda, - proseguì lei, però questa volta in un italiano un po' stentato ma comprensibile.
La guardai stupito ma lei mi spiegò:
- Non stupirti io sono albanese di Skopje e un po' di italiano me lo ricordo, tu capisci un po' di inglese perciò riusciremo a comunicare.
- Si? - risposi.
- Ho notato un velo di tristezza nel tuo animo che ti traspare dagli occhi, qualcosa non va?
Qualcosa in me si aprì, sembrava che lei avesse una specie di scardinatore che apriva tutte le porte, perfino quella blindata dove io avevo chiuso molte cose della mia vita.
Le raccontai di mio padre, della sua caduta, del fatto che avevo dovuto lasciare gli studi. Le parlai della mia crisi religiosa dovuta un po' all'ambiente seminarile ed ai fatti che mi erano accaduti, finii con il racconto della mia ex ragazza che un mese prima mi aveva lasciato, del fatto che avevo perso il lavoro e infine di come i genitori dei miei amici ci avevano offerto il viaggio.
- Non ti devi crucciare, - mi disse dopo avermi scrutato a lungo - vedi tuo padre sta bene, qualcuno più grande di noi ha deciso di salvarlo, e non fare una colpa agli uomini di chiesa per come ti hanno trattato, certe volte lo fanno perché pensano solo alle cose materiali. Lavori ne puoi trovare sempre e per la ragazza, augurale di trovare la felicità se non l'ha vista in te aveva già gli occhi voltati da un'altra parte. Non preoccuparti so che tu sei un bravo ragazzo e il Signore ti vuole bene anche se non ti ricordi di Lui, però Lui si ricorda sempre di Te.
Poi come stesse pregando disse:
- La vita è bellezza, ammirala. La vita è un'opportunità, coglila. Dio ci ha creati per qualche cosa di immensamente grande: per amare ed essere amati. La vita è un sogno, fanne una realtà. La vita è una sfida, affrontala. Dobbiamo trasformare i nostri focolari in qualcosa di bello per Dio, dove regni la pace, l'amore e la gioia. La famiglia che prega unita resta unita. La vita è una ricchezza, conservala. La vita è preziosa, abbine cura.
"Ti ho disegnato sul palmo delle mie mani" (Isaia 49,16). Ogni volta che Dio guarda il palmo della sua mano, noi siamo lì. In momenti di sofferenza, di solitudine, di umiliazione, di fallimento, ricorda che sei nelle mani di Dio.
La vita è amore, donala. La vita è un mistero, scoprilo. Porta l'amore, la pace e l'allegria in seno alla famiglia. L'amore comincia nel focolare. La vita è promessa, adempila. La vita è tristezza, superala. Dalla croce Gesù ci ama. Le sue mani sono tese, per abbracciarci. La sua testa è inclinata, per baciarci. Il suo cuore è aperto, per accoglierci. La vita è felicità, meritala. La vita è un'avventura, rischiala. Il frutto della Fede è l'amore. E frutto dell'amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace. Non importa quanto facciamo, importa quanto amore vi poniamo.

(Nota : molti anni più tardi trovai queste frasi scritte in un libretto a lei dedicato e leggendole mi sentii come se fossi ancora lì, in India, al suo fianco. Nel libretto avevano come titolo - inno alla vita -.)

Dicendo queste parole mi appoggiò la mano sulla testa come per una carezza. Sentii un'ondata di calore riscaldarmi il corpo e soprattutto l'anima, credo che se mi fossi lanciato in alto sarei volato fuori dal tetto della tenda, una soave leggerezza mi pervadeva, mi sdraiai sul materasso, e mi addormentai cullato da una musica dolce, una ninna nanna, mi sembrava di essere sulle ginocchia di mia madre quando piccolo mi allattava e poi mi addormentava con una tenera cantilena.

Ebbi l'impressione, nel sonno, che Madre Teresa passasse per quella tenda altre volte, e, nel sonno? Ero sveglio? Non lo so; mi sembrò di sentire ancora la sua calda mano accarezzarmi.

G. (continua)

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Oh Uomo! conosci te stesso! (Oracolo di delfi)
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Utente Gold
19/06/2008 19:02


Molti anni fa mi prestai per la prima volta a tenere a catechismo dei bimbi delle elementari. Venivo da anni di lontananza dalla Chiesa, avevo accettato quell'incarico perché avevo cominciato un cammino di fede in quella parrocchia e mi ci sentivo in un certo senso spronata... Rivedo ancora un grande ritratto appeso alla parete nella stanzetta dove mi incontrabo con i bambini. Una figura di donna, anziana; sembrava una suora ma non portava un abito da suora che io avessi già visto. Un bambino indicandola mi chiese: "Chi è? E' brutta". Io l'osservai, non la conoscevo, ma pensai che dovesse essere una persona nota nell'ambito della Chiesa; mi vergognai un po' di non poter rispondere al bambino. Non ricordo cosa dissi di preciso, ma certo che non sapevo chi fosse, e che non si doveva giudicarla brutta guardando il suo viso segnato dall'età, guardassimo invece gli occhi... profondi, intensi, stanchi eppure vivissimi.

Ecco, quella fu la prima volta che io vidi un ritratto di Madre Teresa di Calcutta! Nemmeno io me ne ero mai interessata prima.

Tu hai ricevuto un dono di valore incommensurabile, Giuliano caro..!
Ecco come il Signore si è fatto incontrare sensibilmente, da te!
Ti ha portato a "Lei"..!

Basta... ho detto troppo. Non voglio inserirmi più di così in questo spazio benedetto! Solo ti ringrazio, amico mio... Quanto bene stai facendo anche in questo modo, raccontando la tua storia e Lei!

... sono molto commossa...


aurora

_________Aurora Ageno___________
23/06/2008 18:18




Ho conosciuto Dio a 20 anni e da 20 insegno catechismo qai ragazzi; poi altre preparazioni e sono divenuta animatrice dei centri d'ascolto per adulti.
Oltre a ciò sono entrata come socorritrice in Croce Rossa.
I miei problemi erano nulla se paragonati a quello che sentivo nel Vangelo o vedevo tra gli ammalati.
Ho smesso dopo il divorzio, non mi sentivo degna di portare la Parola di Dio, io che avevo trasgredito ad un Suo comandamento, pure se i miei frati mi invogliassero a continuare.
Non era per me che rifiutavo ma per loro, per non creare disagio alla Chiesa già troppo bersagliata da critiche.

Devo dire, Giuliano, che sto piangendo.
Che dono hai ricevuto, sai io avevo un desiderio: passare una giornata intera con Giovanni Paolo II, io e lui, da soli.


VIVI LA VITA

La vita è un'opportunità, coglila.

La vita è bellezza, ammirala.

La vita è beatitudine, assaporala.

La vita è un sogno, fanne realtà.

La vita è una sfida, affrontala.

La vita è un dovere, compilo.

La vita è un gioco, giocalo.

La vita è preziosa, abbine cura.

La vita è una ricchezza, conservala.

La vita è amore, godine.

La vita è un mistero, scoprilo.

La vita è promessa, adempila.

La vita è tristezza, superala.

La vita è un inno, cantalo.

La vita è una lotta, accettala.

La vita è un'avventura, rischiala.

La vita è felicità, meritala.

La vita è la vita, difendila.


Madre Teresa di Calcutta



NON IMPORTA-
Madre Teresa di Calcutta

L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico.
NON IMPORTA, AMALO!

Se fai il bene ti attibruiscono secondi fini egoistici.
NON IMPORTA, FA IL BENE!

Se realizzi i tuoi obiettivi troverai falsi amici e veri nemici.
NON IMPORTA, REALIZZALI!

Il bene che fai verrà domani dimenticato.
NON IMPORTA, FAI IL BENE!

L'onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile.
NON IMPORTA, SII FRANCO E ONESTO!

Quello che per anni hai costruito può essere distrutto in un attimo.
NON IMPORTA, COSTRUISCI!

Se aiuti la gente, se ne risentirà.
NON IMPORTA, AIUTALA!

Da al mondo il meglio di te e ti prenderanno a calci.
NON IMPORTA, DAI IL MEGLIO DI TE!

Madre Teresa di Calcutta












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