Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

ULISSE di JAMES JOYCE

Ultimo Aggiornamento: 31/07/2009 19:20
OFFLINE
Post: 9.939
Post: 737
Registrato il: 06/06/2004
PdL
Utente Senior
23/07/2009 22:00

ULISSE di JAMES JOYCE

In gioventù ho letto pochi libri, l'unico che mi prese e che richiese l'impegno di Sisifo, è stato Dedalus, un labirinto interessantissimo da non trovar l'ultima pagina...

Voglio riscoprirlo a puntate, e far partecipe i lettori al mio calvario d'AMORE...

1)
Solenne il prelato Buck Mulligan:
Introibo ad altare Dei.

-Vieni su, Kinch. Vieni su, pauroso gesuita. Maestosamente avanzò e ascese la rotonda di tiro e con gravità benedisse tre volte la torre,la campagna circostante e i monti che si destavano. Poi, avvedutosi di Stephen (che lui chiamava Kinch), Dedalus, contrariato e sonnolento, appoggiò i gomiti sul sommo della scala e guardò con freddezza la tentennante e gorgogliante faccia che lo benediceva, cavallina nella lunghezza (Socrate/Platone: le cose reali non sono che un imitazioni delle idee...).
-Rientra in caserma, disse severo. Poi con tono da predicatore: perché questo, o miei diletti, è il genuino Cristino: corpo e anima e sangue e angue (serpente).
Che canzonatura, disse gaio. Quel tuo nome assurdo, da greco antico.

Stephen lo seguì stancamente sull'orlo della piazzola continuando a guardarlo, Buck Mulligan continuò: -Anch'io ho un nome assurdo: Màlachi Mùlligan, Z due dattili(poesia, un verso composto). Ma ha un certo qual suono ellenico, vero?- Saltellante e solare proprio come un cerbiatto. -Dobbiamo andare ad Atene. Ci vieni se riesco a far sborsare venti sterline alla zia?-
-Verrà lo sparuto gesuita?-
-Senti, Mulligan, disse piano Stephen.-
-Parla, amor mio.-
-Quanto tempo starà ancora Haines in questa torre?-
-Dio, ma quello è tremendo, no? disse con franchezza. Un sassone ponderoso. Non
ti considera un gentiluomo. Dio, questi dannati inglesi. Crepano di quattrini
e di indigestione. Perché lui viene da Oxford. Sai, Dedalus, tu hai tutto il
tono di Oxford. Non arriva a capirti. Oh, ma il nome che ti ho dato è ideale:
Kinch, lama di coltello.-
-Ha delirato tutta la notte di una pantera nera, disse Stephen. Dov'è la fonda
del suo fucile?-
-Un miserabile pazzo, disse Mulligan.-

Stephen con energia e con crescente paura:
-In un posto simile al buio con un uomo che non conosco, che delira e geme tra sé di sparare a una pantera nera.
Tu hai salvato uomini che stavano per affogare. Ma io, non sono un eroe. Se resta qui lui me ne vado io.-
Buck Mulligan: -taglia la corda, gridò con voce spessa.
Percorse con lo sguardo la baia di Dublino, i biondi capelli querciapallida lievemente mossi.
Il mare è proprio come dice Algy: una dolce madre grigia, no?
Il mare verdemoccio. Il mare scrotocostrittore. Epi oinopa ponton.
Ah, Dedalus, i Greci. Ti devo erudire. Li devi leggere nell'originale. Thalatta!
Thalatta! E' la nostra grande dolce madre. Vieni a vedere.-

Stephen si alzò e si accostò al parapetto. Abbassò lo sguardo
sull'acqua e sul postale che usciva dall'imboccatura del porto di Kingstown.
-La madre nostra possente, disse Buck Mulligan.
Girò bruscamente i grandi occhi indagatori dal mare al viso di Stephen.
-La zia pensa che tu abbia ucciso tua madre, disse. Per questo non vuole che
io abbia a che fare con te.

-Qualcuno l'ha uccisa, disse Stephen con mestizia.-
-Ti potevi inginocchiare, Kinch, porca miseria quando tua madre te l'ha chiesto
in punto di morte, disse Buck Mulligan. Sono iperboreo(popolo favoloso dell'antica grecia) quanto te. Ma pensare a tua madre che con l'ultimo respiro ti supplicava di inginocchiarti a pregare per lei. E tu hai rifiutato. C'è qualcosa di sinistro in te...-
Ma un meraviglioso mimo, mormorò a se stesso. Kinch, il più meraviglioso dei mimi.-



Stephen, una sofferenza, gli rodeva il cuore. Silenziosamente, in un
sogno era venuta a lui dopo la morte, il corpo consunto nel molle sudario
scuro di ceneri bagnate, spandeva un sentore di cera e di legno di rosa...
Egli guardava il mare che la ben pasciuta voce al suo fianco salutava come grande dolce madre.
Presso il suo letto di morte posava un bacile di bianca porcellana contenente la verde bile vischiosa che con accessi di vomito alto-gemente ella aveva divelto al fegato in putrefazione.
Mulligan: - Ah povero corpo d'un cane, disse con voce gentile. Ti devo dare una camicia e che ne è delle brache di seconda mano?-
-Mi vanno abbastanza bene, rispose Stephen.-
-Che canzonatura, disse soddisfatto, si dovrebbero chiamare di seconda gamba.
Dio sa quale sifilitico le ha smesse. Io ne ho un bel paio con un righino,
grige. Con quelle farai faville. Non sto scherzando Kinch. Fai un figurone
quando ti vesti bene.-
-Grazie, disse Stephen. Non le posso portare se sono grige.-
-Non le può portare, Buck Mulligan disse alla sua faccia guardandosi nello specchio.
L'etichetta è l'etichetta. Ammazza la madre ma non può portare pantaloni grigi.

Stephen girò lo sguardo dal mare alla faccia paffuta dagli occhi azzurrofumo.
-Quel tale che era con me al Ship ieri sera, disse Buck, dice che tu hai la
p.g.a. Lui è a Cretinopoli con Conolly Norman. Paralisi generale degli alienati.
Rise di gusto al raggiante sole-mare...

-Guardati, disse, o tremendo bardo.
Stephen si chinò in avanti e scrutò lo specchio a lui offerto, rigato da
un'obliqua incrinatura, ritti i capelli. Come mi vedono lui e gli altri. Chi mi
ha scelto questa faccia? Questo corpo d'un cane da spidocchiare. Lo domanda
anche a me.
-L'ho pizzicato nella stanza della sguattera, disse Buck Mulligan. Per lei va
benissimo. La zia tiene sempre serve brutte per Milachi. Non lo indurre in
tentazione. Si chiama Orsola.
Tornato a ridere sottrasse lo specchio agli occhi scrutatori di Stephen.
- O rabbia di Calibano ( Calibano è un essere grottesco e deforme, padrone dell'isola in cui cerca rifugio il mago Prospero nella Tempesta di Shakespeare) perché non si vede la faccia in uno specchio, disse. Ci fosse ancora Wilde a vederti.
Tirandosi indietro e puntando il dito, Stephen disse con amarezza: - E' un simbolo dell'arte irlandese. Lo specchio incrinato d'una serva.-


Improvvisamente Buck Mulligan allacciò il braccio a quello di Stephen e si
mise a passeggiare con lui attorno alla torre.
- Non sta bene tormentarti così vero Kinch? Disse bonariamente. Lo sa Dio che
vali più di tutti loro.

-Fa un'altra parata. Teme la lancetta della mia arte come io temo quella della sua. Il freddo acciaio della penna.-

- Specchio incrinato di una serva. Diglielo a quel bue del piano di sotto e
prova a cavargli una ghinea. Puzza di soldi lontano un miglio e dice che non
sei un gentiluomo. Il suo vecchio ha fatto il gruzzolo vendendo scialappa (erbacea messicana da cui si ottiene la droga) agli Zulu o con qualche altro porco imbroglio del genere. Dio mio, Kinch, basterebbe che io e te lavorassimo insieme, potremmo far qualcosa per la nostra isola. Ellenizzarla.
Pensare che devi chiedere la carità a questi porci. Io sono il solo a sapere
quel che vali. Perché non mi dai più fiducia? Che cos'è che ti fa torcere il
naso contro di me?
Haines?
Se fa tanto di piantare baccano qui, porto giù Seymour e gli diamo una lezione peggio di quella che hanno appioppata a Clive Kempthorpe.

Giovani urla di voci danarose nella stanza di Clive Kempthorpe.
Visipallidi: si tengono la pancia dal ridere, sorreggendosi a vicenda, da crepare! Recale la notizia con riguardo Aubrey! Qui io muoio! Con la camicia ridotta a fettucce staffilando l'aria saltabecca e brancola intorno al tavolo, i pantaloni calati alle calcagna, rincorso da Ades di Magdalen con le cesoie da sarto. Faccia di vitello sgomento dorata di marmellata d'arance. Non voglio essere messo a culo nudo! Non fate gli stupidi con me!
Dalla finestra aperta un gridìo che sconcerta la sera nel cortile.
Un giardiniere sordo, in grembiule, mascherato con la faccia di Matthew Arnold, spinge la falciatrice nel prato in ombra aguzzando le ciglia verso lo svolio dei fili d'erba...

- Che resti pure, disse Stephen. Niente da ridire sul suo conto eccetto di
notte.-
- Allora che c'è? domandò Buck Mulligan spazientito. Sputa fuori. Io con te parlo chiaro. Che cos'hai adesso contro di me?-

Si fermarono, guardando verso il capo smussato di Bray Head che si stendeva
sull'acqua come il grugno d'una balena addormentata.
Stephen liberò piano il braccio.
- Vuoi che te lo dica? domandò.-
Sì, che c'è? rispose Buck Mulligan. Io non ricordo nulla.-

Scrutava Stephen in faccia così parlando. Una lieve brezza gli passò sulla
fronte, sventagliandogli mollemente i biondi capelli spettinati e
suscitandogli argentei luccichii d'ansia negli occhi.
Stephen, avvilito dalla propria voce, disse: Ti ricordi il primo giorno che sono venuto a casa tua dopo la morte di mia madre?-
Di colpo Buck Mulligan si accigliò e disse:
- Che cosa? Dove? Non mi ricordo di niente. Ricordo soltanto idee e sensazioni.
Perché? Che cosa è successo in nome di Dio?-

Stavi facendo il tè, disse Stephen, ed io ho attraversato il pianerottolo per
prendere un altro po' di acqua calda. Tua madre uscì dal salottino con qualcuno
ch'era venuto a trovarla. Ti domandò chi c'era in camera tua.
- E allora? disse Buck Mulligan. Che cosa ho detto? Non me ne ricordo.
Hai detto, rispose Stephen, Oh, è soltanto Dedalus a cui è morta bestialmente
la madre.-
Un rossore che lo fece apparire più giovane e attraente salì alla guancia di
Buck Mulligan.
- Ho detto così? domandò. Be? che male c'è?
Si scrollò nervosamente di dosso il proprio impaccio.
- Che cos'è mai la morte, domandò, quella di tua madre o la tua o la mia? Tu non
hai mai visto morire che tua madre. Io li vedo crepare ogni giorno al Mater o al
Richmond e tagliati a lasagne in sala anatomica. E' una cosa bestiale, e
nient'altro. Non ha importanza, ecco tutto. Tu non hai voluto inginocchiarti a
pregare per tua madre sul letto di morte quando lei te l'ha chiesto. Perché?
Perché c'è in te quella maledetta vena di gesuita, solo che è iniettata a
rovescio. Per me non è che una canzonatura, e bestiale. I suoi lobi cerebrali
hanno smesso di funzionare. Lei chiama il dottore Sir Peter Teazle a cogliere
ranuncoli (fiori che spuntano) dalla coperta imbottita. Assecondala finché dura. Tu hai contrariato la sua ultima volontà in punto di morte e adesso mi tieni il broncio perché non metto su una mutria (faccia) da piagnone presa a nolo da Laluette. E un'assurdità. Magari l'ho anche detto. Non volevo offendere la memoria di tua madre.-
Via via che parlava si era imbaldanzito. Stephen, facendo schermo alle ferite
aperte nel suo cuore da quelle parole, disse molto freddamente:

- Non mi preoccupo dell'offesa fatta a mia madre.-
- Di che cosa allora? domandò Buck Mulligan.-
- Dell'offesa fatta a me, rispose Slephen.-
Buck Mulligan girò sul calcagno.
Oh, che uomo impossibile! Esclamò.-

Si allontanò veloce costeggiando il parapetto. Stephen rimase al suo posto,
vagando con lo sguardo sul mare tranquillo verso il promontorio. Mare e
promontorio adesso si offuscavano. Gli occhi gli pulsavano, velandogli la
vista, e si sentiva la febbre alle guance.
Una voce da dentro la torre urlò:
- Sei lassù, Mulligan?-
il Poeta
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
24/07/2009 08:33

.... non vorrei interferire, lo faccio solo in questo punto, forse tu, Lorenzo continuerai a postare da qui, vero? O farai un altro post per la prossima puntata? Spero da qui.
Comunque volevo dirti solo questo: ho acquistato Ulisse di Joyce e relativa Guida alla Lettura anni fa. Sai che non l'ho mai letto? Adesso per merito tuo lo leggerò. Grazie!
Un bacio.

aurora


_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 9.939
Post: 737
Registrato il: 06/06/2004
PdL
Utente Senior
24/07/2009 15:43

2)

- Vengo, rispose Mulligan.-
Si voltò verso Stephen e disse:
- Guarda il mare. Che cosa gliene importa delle offese? Pianta Loyola, Kinch, e
vieni giù. Il sassone reclama le sue trance mattutine di bacon.-
La sua testa tornò a fermarsi per un momento in cima alla scala al livello del
tetto.
- Non mugugnarci sopra tutto il giorno, disse. Io parlo a vanvera. Desisti da
codeste ruminazioni.-

La testa scomparve ma il bombito della sua voce discendente emergeva rombando
dalla cima delle scale:

Non appartarti più per ruminare
Sull'amaro mistero dell'amore
Poi che Fergus governa i bronzei cocchi.-

Ombre silvane attraversavano fluttuando silenziose la pace mattutina dalla
cima della scala verso il mare dove egli teneva fisso lo sguardo. Sulla
spiaggia e più al largo biancheggiava lo specchio d'acqua sommosso da piedi
frettolosi dai leggeri calzari. Bianco seno di fosco mare. Vocaboli paralleli,
a due a due. Mano che pizzica le corde dell'arpa congiungendo gli accordi
paralleli. Bianche dosi appaiate parole baluginanti sulla fosca marea.
Una nuvola cominciò a coprire lentamente il sole, ombreggiando la baia di verde
più fondo. Era alle sue spalle, bacino d'amare acque. La canzone di Fergus: la
cantavo da solo in casa, tenendo in sordina i lunghi cupi accordi. La porta
della sua camera era aperta: lei voleva sentire la mia musica. Silenzioso di
sgomento e pietà mi avvicinai al suo capezzale. Piangeva nel suo letto
sciagurato. Per quelle parole, Stephen: amaro mistero dell'amore.
E ora dove?
I suoi segreti: vecchi ventagli di piume, carnet di ballo con le nappe,
incipriati di muschio, un fronzolo di chicchi d'ambra nel cassetto chiuso a
chiave. Una gabbia da uccelli era appesa alla finestra soleggiata di casa sua
quand'era bambina. Aveva sentito il vecchio Royce cantare nell'operetta di Turko
il terribile e riso con gli altri quand'egli cantava:

-Sono io il bimbo
Possessor del nimbo
Che lo fa invisibile.

Fantomatica gioia, piegata e messa via: profumata di muschio.

Non appartarti più per ruminare

Piegata e messa via nella memoria della natura con i suoi balocchi.
Ricordi gli assalivano il cervello rimuginante. Il bicchier d'acqua del rubinetto di cucina quando s'era accostata al sacramento. Una mela svuotata, piena di
zucchero caramellato, a rosolarsi per lei sul focolare in una buia sera
d'autunno. Le sue unghie affusolate rosse del sangue di pidocchi strizzati
sulle camicie dei bambini.
I suoi occhi invetriati, fissi da oltre la morte, per scuotere e piegare la mia
anima. Su me solo. La candela fantasma a illuminare la sua agonia. Luce
spettrale sul viso tormentato. Il forte respiro rauco rantolante d'orrore,
mentre tutti pregavano in ginocchio. I suoi occhi su di me per abbattermi.
Liliata rutilantium te confessorum turma circumdet: jubilantium te virginum
chorus excipiat.
Lemure (spettro)! Masticatore di cadaveri!
No, mamma. Lasciami stare e lasciami vivere.
- Oh issa Kinch!-
La voce di Buck Mulligan, cantava ripetendo il richiamo. Stephen, ancora tremando al grido della sua anima, udì un caldo scorrere di luce solare e parole amiche nell'aria alle sue spalle.

Dedalus, scendi, da bravo marmocchio. La colazione è pronta. Haines fa le sue scuse per averci svegliati la notte scorsa. Tutto è in regola.-
- Vengo, disse Stephen volgendosi.-
- Forza, per amor di Gesù, disse Buck Mulligan, per amore di me e per amore di
tutti noi.-
La sua testa sparì e riapparve.
- Gli ho detto del tuo simbolo dell'arte irlandese. Dice che è molto ben
trovato. Spremigli una sterlina, ti va? Una ghinea, piuttosto.-
- Mi pagano stamattina, disse Stephen.-
- Quel casino di scuola? disse Buck Mulligan. Quanto? Quattro sterline?
Prestacene una.-
- Se ti serve, disse Stephen.-
-Quattro sovrane splendenti, gridò Buck Mulligan con gusto. Faremo una
grandiosa bevuta da sbalordire i druidi (sacerdoti degli antichi celti).
Quattro onnipotenti sovrane.-
Agitò le braccia in aria e caracollò giù per gli scalini di pietra, cantando
stonato con accento londinese:

Che bella festa, che bel festino
Con whisky, birra e vino
Quando è il dì
Il dì dell'Incoronazione
Che bella festa, che bel festino
Il dì dell'Incoronazione!

Calda solarità in festa sul mare.
Nel fosco tinello a cupola della torre la sagoma di Buck Mulligan in vestaglia
andava e veniva arzilla al focolare, nascondendone e scoprendone il giallo
barbaglio. Due fasci di morbida luce mattutina piombavano dagli alti barbacani
sul pavimento lastricato: all'incrocio dei loro raggi una nuvola di fumo di
carbone e vapori di grasso fritto aleggiava, mulinando.
- Finiremo asfissiati, disse Buck Mulligan. Haines, apra quella porta, le
spiace?-
Un'alta figura si levò dall'amaca dove stava seduta, andò alla bussola e spalancò i battenti interni.
-Ha la chiave? domandò una voce.-
-L'ha Dedalus, disse Buck Mulligan. Mondo cane, soffoco.
Berciò senza alzare gli occhi dal fuoco: Kinch!-
- E' nella toppa, disse Stephen, venendo avanti.-
La chiave stridette due volte aspramente e, quando la pesante porta venne
socchiusa, entrarono gradita luce e aria vivida.
Haines rimase nel vano, guardando fuori.
Stephen trascinò fino al tavolo la sua valigia volta all'insù e sedette in attesa.
Buck Mulligan spadellò il fritto sul piatto.
Poi portò al tavolo il piatto e una gran teiera, li mise giù pesantemente e
dette un respiro di sollievo.
- Mi sto sciogliendo, fece, come disse la candela quando... Ma zitti. Non una
parola di più su questo argomento. Kinch, sveglia. Pane, burro, miele. Haines,
s'accomodi. Il rancio è pronto. Benedici noi, o Signore, e questi tuoi doni. Dov'è lo zucchero? Cribbio non c'è latte.
Stephen andò a prendere dalla credenza la pagnotta e il vasetto del miele e la
vaschetta del burro. Buck Mulligan si sedette con improvvisa stizza.
- Che casino è questo? disse. Le avevo detto di venire dopo le otto.
- Possiamo prenderlo scuro, disse Stephen. C'è un limone nella credenza.-
- Al diavolo te e le tue manie parigine, disse Buck Mulligan. Voglio latte di
Sandycove.-

Haines, il più vicino alla porta, disse tranquillamente: -Sta salendo quella donna col latte.-
- Haines, Iddio la benedica, gridò Buck Mulligan saltando su dalla seggiola. Versi il tè. Lo zucchero è nel sacchetto. Forza, ne ho abbastanza di
giostrare con queste uova della malora. Trinciò in lungo e in largo la
frittata nel piatto e la sbatté su tre piattini, dicendo:

In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.

Haines si sedette per versare il tè.
- Vi do due zollette a testa, disse. Ma dico, lei Mulligan, lo fa forte il tè,
vero?-
Buck Mulligan tagliando spesse fette dalla pagnotta, disse con una voce da
vecchietta smancerosa: - Quando faccio il tè faccio il tè, come diceva nonna
Grogan. E quando faccio acqua faccio acqua.
- Per Giove, questo è tè, disse Haines.-
Buck Mulligan continuò a tagliare e a parlare smanceroso.
- Proprio così, Mrs Cahill, dice lei. Perdinci signora, dice Mrs Cahill, Dio vi
conceda di non farli nello stesso vaso.-

Tese via via a ognuno dei suoi commensali una spessa fetta di pane, impalata
sul coltello.
- Questa è gente per il suo libro, Haines, disse con grande serietà. Cinque
righe di testo e dieci pagine di note sul popolo e gli dèi-pesci di Dundrum.
Appo (Dizionario) stampato: Fatali Sorelle nell'anno del gran vento.
Si voltò verso Stephen e domandò con tornita inflessione dubitativa, alzando i
sopraccigli:
- Ti sovviene, fratello, che il vaso del tè e dell'acqua di nonna Grogan si trovi menzionato nel Mabinogion (enciclopedia) ovvero nelle Upanishad (1656)?-
- Ho i miei dubbi, disse gravemente Stephen.-
- Davvero? disse nello stesso tono Buck Mulligan. E le tue ragioni, di grazia?-
- Immagino, disse Stephen mangiando, che non sia mai esistito né dentro né fuori
del Mabinogion.
Nonna Grogan era, si suppone, consanguinea di Maty Ann.-

Il viso di Buck Mulligan sorrise di piacere.
- Incantevole, disse con voce da preziosa, mostrando i denti bianchi e
strizzando amabilmente gli occhi. Credi proprio? Incantevole davvero.
Poi, rannuvolando d'un tratto tutta la faccia, grugnì con voce roca e rasposa
mentre tornava ad affettare vigorosamente la pagnotta:

- Perché la vecchia Mary Ann
Non gliene frega niente.
Ma, alzando le gonnelle...

Si riempì la bocca di fritto e masticò e mugolò.
Il vano della porta fu oscurato da una figura che entrava.
- Il latte, signore.-
- Avanti, signora, disse Mulligan. Kinch, prendi il bricco.
Una vecchia si fece avanti e si fermò accanto a Stephen.
- E' una bella giornata, signore. disse. Sia gloria al Signore.-
- A chi? disse Mulligan, dandole un'occhiata. Ah sì, naturalmente.-
Stephen si sporse all'indietro e prese il bricco del latte dalla credenza.
- Gli isolani, disse Mulligan a Haines come di passata, parlano spesso
dell'esattore di prepuzi.-

- Quanto, signore? domandò la vecchia.-
- Due pinte, disse Stephen.-
La guardò mentre versava nel misurino e di lì nel bricco il pingue latte
bianco, non il suo. Vecchie mammelle avvizzite. Ne versò un'altra misura colma
e una giunta. Vecchia e segreta era entrata da un mondo mattutino, forse una
messaggera. Vantava la bontà del latte, nel versarlo. Accoccolata presso una
vacca paziente all'alba nel pascolo lussureggiante, strega sul suo fungo
velenoso, dita grinzose alacri sui capezzoli sprizzanti. Muggivano intorno a
lei che ben conoscevano, le bestie seriche di rugiada. Seta delle mucche e
povera vecchietta, nomi che le si davano nei tempi andati. Una vegliarda
errante, umile forma di un'immortale che serve chi la sedusse e chi
allegramente la tradì, loro druda (amante) comune, messaggera del segreto mattino. Se per servire o per rampognare, lui non avrebbe saputo dirlo: ma sdegnava di sollecitarne i favori.

- Proprio così, signora, disse Buck Mulligan, versando il latte nelle tazze.-
- Lo assaggi, signore, disse lei.-
Egli bevve al suo invito.
- Se soltanto potessimo vivere di cibo buono come questo, le disse a voce
piuttosto alta, non avremmo il paese pieno di denti guasti e budella marce. Si
vive in una palude infetta, si mangia cibo da pochi soldi con strade
lastricate di polvere, merda di cavallo e sputi di tisici.
- Lei studia per medico, signore? domandò la vecchia.-
-Sì, signora, rispose Buck Mulligan.

Stephen ascoltava in sdegnoso silenzio. Quella china la vecchia testa a una
voce che le parla forte, il suo conciaossa, il suo stregone: me mi sdegna.
Alla voce di colui che la confesserà e che ungerà per la tomba tutto quel che resta di lei salvo i lombi immondi di donna, di carne d'uomo non fatta a somiglianza di Dio, preda del serpente. E alla voce alta che ora le impone di tacere con occhi stupiti incerti.
- Capisce quel che le dice? domandò Stephen.-
- Parla francese, signore? disse la vecchia a Haines.-
Haines tornò a parlarle, un più lungo discorso, sicuro di sé.
- Irlandese, disse Buck Mulligan. Mastica il gaelico lei?-
- Mi pareva che fosse irlandese, disse lei, dal suono. Lei è dell'ovest,
signore?-
- Sono un inglese, rispose Haines.-
- E' inglese, disse Buck Mulligan, e pensa che dovremmo parlare irlandese in
Irlanda.-
- Certo che dovremmo, disse la vecchia, e io mi vergogno di non parlarlo. Mi
dicono quelli che se ne intendono che è una gran lingua.-
-Grande non è la parola, disse Buck Mulligan.
E' semplicemente meravigliosa. Versaci un altro po' di tè, Kinch. Ne gradisce
una tazza, signora?-
- No, grazie, signore, disse la vecchia, infilandosi il manico del bidone
nell'avambraccio e disponendos ad andarsene.
Haines le disse: - Ha portato il conto? Sarebbe meglio pagarla, vero, Mulligan?
Stephen tornò a riempire le tre tazze.-

-Il conto, signore? disse lei, fermandosi. Dunque, sono sette mattine una pinta
a due pence fa sette volte due fa uno scellino e due pence e queste tre
mattine due pinte a quattro pence fa sei pinte che fa uno scellino e uno e due
che fa due e due, signore.-
Buck Mulligan sospirò e riempitasi la bocca di una crosta di pane
generosamente imburrata da tutte e due le parti allungò le gambe e cominciò a
frugarsi nelle tasche dei pantaloni.
Paghi col sorriso sulle labbra, gli disse Haines gaiamente.-

Stephen riempì una terza tazza, il denso ricco latte colorandosi debolmente
d'una cucchiaiata di tè. Buck Mulligan cavò fuori un fiorino, lo rigirò tra le
dita e gridò: -Miracolo!-
Lo fece passare lungo la tavola verso la vecchia, dicendo: - Non mi chieda più
altro, tesoro. Tutto quello che posso darle le do.
Stephen le depose la moneta nella mano passiva.
- Dobbiamo ancora due pence, disse.-
-C'è tempo, signore, disse la vecchia prendendo la moneta. C'è tempo.
Buongiorno, signore.-
Fece la sua riverenza e se ne andò, seguita dalla tenera cantilena di Buck
Mulligan:

Cuor del mio cuore, se più ce ne fosse,
Più ne sarebbe messo ai tuoi piedi.

Si voltò a Stephen e disse:
-Sul serio, Dedalus. Sono all'asciutto. Fa una corsa a quel casino della tua
scuola e portaci un po' di soldi. Oggi i bardi devono bere e sollazzarsi. In
questa giornata l'Irlanda si aspetta che ognuno faccia il suo dovere.-

- A proposito, disse Haines, alzandosi, ho da fare una visita alla vostra
biblioteca nazionale oggi.
- La nostra nuotata prima di tutto, disse Buck Mulligan.-
Si voltò a Stephen e domandò soavemente:
- Questo è il giorno del tuo lavacro mensile, Kinch?-
Poi disse a Haines:
- L'immondo bardo si picca di farsi il bagno una volta al mese.-
-Tutta l'Irlanda è bagnata dalla corrente del golfo, disse Stephen facendo
gocciare il miele su una fetta di pane.-

Haines dall'angolo in cui stava placidamente annodando una sciarpa sul colletto
floscio della camicia da tennis disse:
- Se mi consente vorrei fare una raccolta dei suoi detti.-
- Parla a me. Si lavano e si invascano e si fregano. Agenbite of inwit.
Coscienza. C'è ancora una macchia qui.-
Quello sullo specchio incrinato di una serva come simbolo dell'arte irlandese è
maledettamente buono.-
Buck Mulligan diede un calcio a Stephen sotto la tavola e disse con molto
calore:
-Aspetti a sentirlo parlare di Amleto, Haines.-
-Be, parlo sul serio, disse Haines sempre rivolto a Stephen. Ci stavo giusto
pensando quando è arrivata quella povera vecchia.
- Potrei farci quattrini? domandò Stephen.-
Haines rise e, prendendo il cappello di feltro grigio dal piolo dell'amaca,
disse:
-Non saprei, davvero.-

Si avviò verso la porta d'uscita. Buck Mulligan si chinò verso Stephen e disse
con ruvida energia:
- Hai sfasciato tutto con le tue zampe adesso. Perché l'hai detto?-
- Be? disse Stephen. Il problema è di far soldi. Da chi? Dalla lattaia o da lui.
Testa o croce, mi pare.
- Io ti faccio la piazza, disse Buck Mulligan, e poi arrivi tu con quel tuo
schifoso sogghigno e i tuoi lugubri scherzi da gesuita.
- C'è poco da sperare, disse Stephen, sia dall'una che dall'altro.-
Buck Mulligan sospirò tragicamente e posò la mano sul braccio di Stephen.
- Da me, Kinch, disse.-
Poi con tono improvvisamente cambiato soggiunse:
- Per dirti la sacrosanta verità credo che tu abbia ragione. Non servono a un
accidente d'altro. Perché non te li giostri come faccio io? Il diavolo se li
porti. Usciamo da questo casino.-
Si alzò, solennemente discinto si spogliò della vestaglia, dicendo rassegnato:
- Ecco Mulligan senza i suoi paramenti.-
Vuotò le tasche sul tavolo.
-Ecco il tuo fazzolettino sporco, disse.-
E mettendosi il colletto duro e la cravatta ribelle parlò a loro,
rampognandoli, e alla catena dell'orologio ciondolante. Le mani si affondarono
e frugarono nel baule mentre reclamava un fazzoletto pulito. Agenbite of
inwit. Dio, non rimane che vestirsi in carattere.
Ho bisogno di guanti color pulce e di stivali verdi. Contraddizione. Mi contraddico? Benissimo, sì mi contraddico. Mercuriale Màlachi. Un missile floscio e nero partì in volo dalle sue mani parlanti.
- Ed ecco il tuo cappello da Quartiere Latino, disse.
Stephen lo raccattò e se lo mise. Haine li chiamò dalla soglia:
- Venite, giovanotti?
- Io sono pronto, rispose Buck Mulligan, andando verso la porta. Vieni, Kinch.
Hai mangiato tutto quel che abbiamo lasciato, immagino. Rassegnato uscì con
gravità di parole e di incedere, dicendo, quasi con dolore:
- E sceso in campo s'imbatte in Butterly.-
Stephen, prendendo il bastone di frassino dal luogo d'appoggio, li seguì e,
mentre scendevano la scala a pioli, si tirò dietro la lenta porta di ferro e
chiuse la serratura. Mise la grossa chiave nella tasca interna.
Ai piedi della scala Buck Mulligan domandò:
-Hai preso la chiave?-
-Si, disse Stephen, precedendoli.-
Camminò avanti. Sentiva dietro di sé Buck Muligan percuotere con un pesante
asciugamano le cime più alte delle felci o delle erbe.
-Giù, cuccia. Come ardisci, canaglia?-
Haines domandò:
-Pagate l'affitto per questa torre?-
-Dodici sterline, disse Buck Mullian.-
-Al ministro della guerra, aggiunse Stephen voltando la testa.-
Si fermarono mentre Haines contemplava la torre finché disse:
- Piuttosto desolata d'inverno, direi. Martello la chiamate?-
- Le ha fatte costruire Billy Pitt, disse Buck Mulligan, quando i francesi
correvano il mare. Ma la nostra è l'omphalos (Pietra d'Apollo).
- Qual è la sua idea di Amleto? domandò Haines a Stephen.
- No, no, gridò Buck Mulligan dolorante. Non sono all'altezza di Tommaso d'Aquino e delle cinquantacinque ragioni che ha inventato per sostenerla. Aspetti che mi sia messo qualche pinta in corpo.-
Si voltò verso Stephen, dicendo mentre si tirava giù con cura le punte del
panciotto color primula:
Non ce la faresti con meno di tre pinte, vero, Kinch?-
- Ha aspettato tanto, disse Stephen noncurante, che può aspettare ancora.-
- Lei stuzzica la mia curiosità, disse amabilmente Haines. Si tratta di un
paradosso?-
-Puah! disse Buck Mulligan. Ci siamo svezzati da Wilde e dai paradossi. E'
semplicissimo. Dimostra con l'algebra che il nipote di Amleto è nonno di
Shakespeare e che lui stesso è il fantasma di suo padre.-

-Cosa? disse Haines, abbozzando un cenno verso Stephen. Lui stesso?-
Buck Mulligan si buttò l'asciugamano attorno al collo a mo' di stola e,
piegandosi in una aperta risata, disse all'orecchio di Stephen: - Oh, ombra di
Kinch il vecchio! Giafet in cerca di un padre!-
- Al mattino siamo sempre stanchi, disse Stephen a Haines. Ed è un discorso un
po lungo.-
Buck Mulligan, tornando ad avviarsi, alzò le mani.
- Solo la sacra pinta può sciogliere la lingua di Dedalus.-
- Voglio dire, spiegò Haines a Stephen mentre si rincamminavano, che questa
torre e questa scogliera mi ricordano un po Elsinore. Che strapiomba sulla
sua base nel mare, non è vero?-
Buck Mulligan si voltò repentinamente per un attimo verso Stephen ma non
parlò. In quello splendido attimo di silenzio Stephen vide la propria immagine
in misere polverose gramaglie tra i loro vestiti vivaci.
-E' una storia meravigliosa, disse Haines facendoli fermare un'altra volta.
Occhi, pallidi come il mare che il vento aveva rinfrescato, più pallidi, fermi
e prudenti. Signore dei mari, guardava a sud attraverso la baia, vuota con
solo il pennacchio di fumo del postale, vago sulla linea luminosa
dell'orizzonte, e una vela che bordeggiava dinanzi ai Muglins.

- Ne ho letto in qualche posto un'interpretazione teologica, disse meditabondo.
L'idea del Padre e del Figlio. Il Figlio che tenta di riconciliarsi col Padre.
Immediatamente Buck Mulligan assunse un volto lieto dal largo sorriso. Li
guardò, la ben modellata bocca aperta giovialmente, gli occhi, dai quali aveva
fatto scomparire a un tratto ogni accento di furbizia ammiccanti di folle
gaiezza. Ciondolava in qua e in là una testa da pupazzo, con la tesa del
panama che palpitava, e cominciò a salmodiare con voce quieta beata sciocca:

Sono il più gran fenomeno di cui si sia mai detto.
Ho per mamma un'ebrea, per babbo un uccelletto.
Per Beppe il Falegname son di parer contrario.
Perciò beviamo a tutti, discepoli e Calvario.

Alzò un indice ammonitore.

A chi non crede ancora nell'esser mio divino
Non darò a bere gratis quando farò del vino
Ma dovrà bere l'acqua e chiaro gli sarà
Che faccio, quando il vino in acqua tornerà.
i compreso il mio sforzo d'AMORE grazie...
il Poeta
OFFLINE
Post: 9.939
Post: 737
Registrato il: 06/06/2004
PdL
Utente Senior
26/07/2009 17:01

3) Dette un vispo colpetto di commiato al bastone di Stephen e, correndo verso un ciglio della scogliera, e salmodiò:

Addio, cari. Scrivete quello che ho raccontato
E dite a Tizio e a Caio che son resuscitato.
Data la mia ascendenza certo volerò anch'io,
E sul monte Oliveto c'è vento... Addio, addio.

Saltabeccò davanti a loro giù verso il Balzo dei Quaranta Piedi, sventolando
le mani come ali, con agili salti, il pétaso (cappello a falda larga) di Mercurio palpitante nella fresca brezza che portava loro le sue brevi strida d'uccello.

Haines, che aveva cautamente riso, sempre camminando accanto a Stephen, gli
disse:
- Non dovremmo ridere, forse. É piuttosto blasfemo. Non che io sia credente,
intendiamoci. E poi in ogni caso la sua allegria toglie alla cosa ogni
malizia, vero? Come l'ha chiamato? Beppe il Falegname?
- La ballata di Gesù Giullare, rispose Stephen.-
- Oh, disse Haines, l'aveva sentita altre volte?-
- Tre volte al giorno dopo i pasti, rispose seccamente Stephen.
- Lei non è credente, vero? domandò Haines. Voglio dire credente nel senso
ristretto del termine. La creazione dal nulla e i miracoli e un Dio personale.
La parola ha un solo senso mi sembra, disse Stephen.-

Haines si fermò per tirar fuori un lucido astuccio d'argento su cui brillava
una pietra verde. Fece scattare la molla con il pollice e lo porse.
- Grazie, disse Stephen, prendendo una sigaretta.-
Servitosi, Haines ne riabbatté il coperchio. Lo rinfilò nella tasca laterale
ed estrasse dal taschino del panciotto un acciarino di nichel, fece scattare
anche questo e, dopo aver acceso la sua sigaretta tese a Stephen l'esca
fiammeggiante nella conchiglia delle mani.
- Sì certo, disse, mentre proseguivano. O si crede o non si crede, vero ?
Personalmente non potrei mandare giù quell'idea di un Dio personale. Lei non
l'accetta, immagino.
- Lei contempla in me, disse Stephen con un ostico disgusto, un orribile esempio
di libero pensiero.
Seguitò a camminare, aspettando che gli si rivolgesse la parola e
trascinandosi dietro il bastone. Il puntale lo seguiva leggermente sul
sentiero squittendogli alle calcagna. Il mio spirito familiare, dietro di me,
che chiama Steeeeeeeephen. Una linea ondulata lungo il sentiero. Ci
cammineranno sopra stasera, venendo qui al buio. Vuole quella chiave. É mia, ho
pagato io l'affitto. E ora mangio il suo pane che sa di sale. Dagli anche la
chiave. Tutto. La chiederà. Questo era nei suoi occhi.

- Dopo tutto, cominciò Haines...-
Stephen si voltò e vide che il freddo sguardo che lo aveva misurato non era
del tutto malevolo.
- Dopo tutto, direi che si è sempre in grado di liberarsi. Si è padroni di se
stessi, mi pare.
- Sono servo di due padroni, disse Stephen, un inglese e una italiana.
- Italiana? disse Haines.-
- Una babilonica sovrana vecchia e gelosa. Inginocchiati davanti a me.
E ce n'è un terzo, disse Stephen, che mi vuole per lavori spiccioli.-
- Italiana? ripeté Haines. Che vuol dire?-
- Il governo imperiale britannico, rispose Stephen, accendendosi in volto, e la
santa chiesa cattolica apostolica romana.-
Prima di parlare, Haines si staccò dal labbro inferiore qualche filo di
tabacco.
- Capisco perfettamente, disse calmo. Un irlandese deve pensarla così, direi.
Noi in Inghilterra sentiamo di avervi trattato piuttosto ingiustamente.
Parrebbe che la colpa sia della storia.-

- Gli alteri, possenti attributi fecero rimbombare nella memoria di Stephen il
trionfo delle loro bronzee campane: et unam sanctam catholicam et apostolicam
ecclesiam: il lento evolversi e mutare del rito e del dogma simili ai suoi
peregrini pensieri, alchimia di stelle. Simbolo degli apostoli nella messa di
Papa Marcello, le voci fuse, ciascuna cantando forte nell'asserzione: e dietro
il loro cantico l'angelo di scorta della chiesa militante disarmava e minacciava
gli eresiarchi. Una torma di eresie in fuga con le mitrie (copricapo cardinalizio) a sghimbescio: Fozio e la genia di schernitori uno dei quali era Mulligan, e Ario, che aveva battagliato tutta la vita sulla consustanzialità del Figlio col Padre, e Valentino, che spregiava il corpo terreno del Cristo, e il sottile eresiarca africano Sabellios che sosteneva che il Padre era Figlio di Se Stesso. Parole che Mulligan aveva detto un minuto prima per canzonatura all'estraneo. Vana canzonatura.
Il vuoto incombe certamente su tutti i nemici che tessono il vento: minacciati, disarmati e sconfitti dagli angeli della chiesa schierati in battaglia dall'armata di Michele, che la difende sempre nell'ora del conflitto, con lance e usberghi(armature di difesa).-

Bene, bravo! Applausi prolungati

-Naturalmente sono un britannico, disse la voce di Haines, e sento da britannico. E non voglio neanche vedere il mio paese cadere in mano di ebrei tedeschi.
Attualmente, è questo il nostro problema nazionale temo.-
Due uomini ritti sull'orlo della scogliera, guardavano intenti: uomo d'affari,
barcaiolo.
- È diretta verso Bullock Harbour.-
Il barcaiolo accennò verso il nord della baia con una certa degnazione.
- Son cinque tese laggiù, disse. Sarà trascinato da quella parte quando salirà
la marea verso luna. Sono nove giorni oggi.-

L'uomo che era annegato. Una vela virava nella baia vuota in attesa che un
gonfio fagotto venisse a galla, rivoltolasse al sole un volto tumefatto,
biancosalino. Eccomi.

Scesero lungo il sentiero serpeggiante fino alla caletta. Buck Mulligan era
ritto su un masso, in maniche di camicia, la cravatta senza fermaglio
sventolante su una spalla. Un giovanotto aggrappato a uno sprone roccioso
vicino a lui muoveva lentamente a guisa di rana le gambe verdi nella fonda
gelatina dell'acqua.
- Tuo fratello è con te, Màlachi?-
- E' giù a Westmeath. Coi Bannon.-
- Ancora là? Ho avuto una cartolina da Bannon. Dice che ha trovato una piccola
dolce pupetta laggiù. Ragazza da foto la chiama lui.
- Istantanea, eh? Posa breve.-
Buck Mulligan si sedette per slacciarsi le scarpe. Un uomo anziano cacciò
fuori dallo sperone della roccia un viso rosso ansimante. Arrancò su per le
pietre, con l'acqua che gli brillava sulla zucca e sulla ghirlanda di capelli
grigi, acqua ruscellante sul petto e sul pancione e sgorgante a fiotti dal
pendulo nero cingilombi.
Buck Mulligan si scostò per lasciare che si arrampicasse e, con un'occhiata a
Haines e Stephen, si fece con calma il segno di croce con l'unghia del pollice
sulla fronte e sulle labbra e sullo sterno.
- Seymour è tornato in città, disse il giovane riafferrando il suo sperone di
roccia. Ha piantato la medicina e si dà alla carriera militare.
- Oh, va con Dio, disse Buck Mulligan.
Parte la settimana prossima per fare la sgobbata. Conosci quella rossa di
Carlisle, Lily?-
- Sì.-
- Filava con lui ieri sera sul molo. Il padre è fradicio di soldi.-
- Si è fatta inguaiare?-
- Bisognerebbe domandarlo a Seymour.-
- Seymour fottuto ufficiale, disse Buck Mulligan.-
Annuì a se stesso mentre si sfilava i pantaloni e, alzandosi in piedi, diceva
adagio:
- Le rosse di pelo cozzano come capre.-
S'interruppe spaventato, palpandosi un fianco sotto la camicia svolazzante.
- La mia dodicesima costola è scomparsa, gridò. Sono l'Uebermensch. Kinch lo
sdentato e io, i super uomini.-


Si districò dalla camicia e se la gettò dietro le spalle dove si ammucchiavano i suoi vestiti.
- Ti butti qui, Màlachi?-
-Sì. Fai posto nel letto.-
Il giovane si spinse a ritroso nell'acqua e arrivò in mezzo alla caletta con
due magistrali bracciate. Haines si sedette su una pietra, a fumare.
- Lei non si butta? domandò Buck Mulligan.-
-Più tardi, disse Haines. Non subito dopo colazione.-
Stephen si volse per incamminarsi.
- Io me ne vado, Mulligan, disse.-
- Dacci quella chiave, Kinch, disse Buck Mulligan, per tenere distesa la
camicia.-
Stephen gli porse la chiave. Buck Mulligan la posò di traverso sul mucchio dei
vestiti.
- E due pence, disse, per una pinta. Buttali lì-
Stephen buttò due monete sul soffice mucchio. Vestirsi, svestirsi. Buck
Mulligan eretto, con le mani giunte davanti a sé, disse solennemente:
- Chi ruba al povero presta al Signore. Così parlò Zarathustra.-
Il suo corpo paffuto si tuffò.
- Ci rivedremo, disse Haines, voltandosi e sorridendo a questi pazzi irlandesi.
Corno del toro, zoccolo del cavallo, sorriso del sassone, mentre Stephen risaliva il sentiero.-

- Al Ship, urlò Buck Mulligan. Mezzogiorno e mezzo.-
- Bene, disse Stephen.-
Si incamminò per l'erta del sentiero zigzagante.

- Liliafa rutilantium.
Turma circumdel.
Jubilantium e virginum.

L'aureola grigia del prete nella nicchia dove si rivestiva pudicamente.
Non dormirò qui stanotte. Neanche a casa posso andare.
Una voce, dolcecanora lo chiamò dal mare. Alla svolta egli sventolò
la mano. Quella chiamò ancora. Una testa bruna liscia, di foca, al largo sul
mare, tonda.
Usurpatore.

Fine prima parte





il Poeta
OFFLINE
Post: 9.939
Post: 737
Registrato il: 06/06/2004
PdL
Utente Senior
28/07/2009 20:04

2 parte) ULISSE

- Lei, Cochrane, che città lo mandò a chiamare?-
- Taranto, professore.-
- Benissimo. E allora?-
- C'è stata una battaglia, professore.
Benissimo. Dove?-

La faccia vuota del ragazzo interrogò la finestra vuota.
Favoleggiata dalle figlie della memoria. E tuttavia in qualche modo ci fu anche un'esclamazione d'impazienza, poi, un tonfo d'ali trasmodanti di Blake.
Odo il rumore di tutto lo spazio, vetro infranto e muratura crollante, e il tempo un'unica livida vampata finale.

- Che ci rimane allora?-
- Non ricordo il luogo, professore, 279 a. C.--
- Ascoli Satriano, disse Stephen, dando un'occhiata al nome e alla data sul libro con i suoi sfregi cruenti.-
Sì, professore. E disse: Un'altra vittoria come questa e siamo spacciati.-

Quella frase il mondo se l'era ricordata. Ottusa distensione della mente.
Da un colle a dominio di una pianura cosparsa di cadaveri, un generale che parla ai suoi ufficiali, appoggiato a una lancia. Generale qualunque a ufficiali
qualunque. Porgono orecchio.
- Lei, Armstrong, disse Stephen. Quale fu la fine di Pirro?
- La fine di Pirro, professore?-
- Io lo so, professore. Lo domandi a me, professore, disse Comyn.-
Aspetti. Lei, Armstrong. Sa qualcosa di Pirro?-

Un cartoccio di fichisecchi se ne stava acquattato nella cartella di
Armstrong. Lui li appallottolava ogni tanto tra le palme e quietamente li
inghiottiva. Minuzzoli aderivano alla pelle delle labbra. Fiato addolcito di
ragazzo. Gente benestante, orgogliosi che il figlio maggiore fosse in marina.
Vico Road, Dalkey.
- Pirro, professore? Pireo, un molo.-
Tutti risero sfavorevolmente. Armstrong volse lo sguardo ai compagni, profilo di una stolida gaiezza.
- Tra un momento rideranno più forte, consci della mia scarsa autorità e delle rette che i loro babbi pagano.-
- Allora mi dica, fece Stephen, toccando col libro la spalla del ragazzo, che
cos'è un molo.-
- Un molo, professore, disse Armstrong. Una cosa che sporge tra le onde. Una
specie di ponte. Il molo di Kingstown, professore.-

Alcuni risero di nuovo per ridere, per divertirsi. Due nell'ultimo banco
bisbigliavano. Sì. Sapevano: senza mai aver imparato né mai essere stati
innocenti. Tutti.
Con invidia osservò le loro facce. Edith, Ethel, Gerty, Lily.
Le loro simili, anche loro dai fiati addolciti di tè e marmellata, le risatine
dei loro braccialetti nella zuffa.
- Il molo di Kingstown, disse Stephen. Sì, un ponte fallito.-
Le parole turbarono il loro sguardo.
Come, professore? domandò Comyn. Un ponte scavalca un fiume.-

Per lo zibaldone di Haines. Nessuno qui a sentire.
Stasera con destrezza tra sfrenate chiacchiere e bevute per trapassare la brunita corazza della sua mente.
E allora? Un buffone alla corte del suo signore vezzeggiato e disprezzato, che si guadagna la lode di un clemente signore. Perché avevano scelto tutti quanti quella parte? Non solo per la morbida carezza. Anche per loro la storia era un racconto come tanti altri sentiti troppo spesso, la loro patria un monte di pietà.
Se Pirro non fosse caduto ad Argo per mano di una vecchiaccia, o Giulio
Cesare non fosse stato ucciso a coltellate. Cose che non si possono abolire
col pensiero. Il tempo li ha segnati col suo marchio, e in ceppi dimorano nel
luogo delle infinite possibilità che esse hanno estromesso. Ma possono essere
state possibili dato che non furono mai? O fu possibile solo ciò che avvenne?
Tessi, tessitore del vento.
- Ci racconti una storia, professore.-
- Sì, sì, professore. Una storia di fantasmi.-
- Dove eravamo rimasti, qui? domandò Stephen, aprendo un altro libro.
- Non pianger più, disse Comyn.-
- Avanti lei, Talbot.-
- E la storia, professore?-
- Dopo, disse Stephen. Continui, Talbot.-
Un ragazzo bruno aprì un libro e lesto lo appoggiò dietro il baluardo della
cartella. Recitò sgorghi di versi gettando sguardi in tralice sul testo:

Non pianger più, dolente pastore, non pianger più
Ché Lycidas, tuo duolo, non è morto,
Benché sia sprofondato sotto l'equoreo piano...

Dev'essere un movimento, allora, un'attualità del possibile in quanto possibile.
La frase di Aristotele si formò fra i versi barbugliati e andò alla deriva
fino al silenzio studioso della biblioteca di Sainte-Geneviève dove aveva
letto, al riparo da una Parigi peccaminosa, per sere e sere. Gomito a gomito
un esile siamese compulsava un manuale di strategia. Cervelli pasciuti e
pascentisi intorno a me: sotto lampade a incandescenza, infilzati con un
tenue palpitare delle antenne: e nel buio della mia mente un bradipo del mondo
sotterraneo, riluttante, schivo di luce, che muove le sue squamose volute di drago.
Pensiero è il pensiero del pensiero. Tranquilla luminosità. L'anima è in certo modo tutto ciò che è: l'anima è la forma delle forme. Tranquillità subitanea, vasta, incandescente: forma delle forme.
Talbot ripeteva: -Per la dolce possanza di Colui che camminò sulle onde.
Per la dolce possanza...
- Volti pure, disse tranquillamente Stephen. Io non vedo niente.-
- Che cosa, professore? domandò candidamente Talbot, chinandosi in avanti.
La sua mano voltò la pagina. Si ritrasse indietro e riprese perché proprio
allora s'era ricordato. Di colui che camminò sull'onde. Anche qui su questi cuori vili si stende la sua ombra e sul cuore e sulle labbra di chi lo irride e
sulle mie. Si stende sulle facce bramose di coloro che gli offrirono lobolo
del tributo. A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.
Un lungo sguardo degli occhi oscuri, una frase enigmatica da tessere e ritessere sui telai della chiesa. Sì.

Indovina, indovinala grillo.
Semi da seminar m'ha dato il babbo.

il Poeta
OFFLINE
Post: 9.939
Post: 737
Registrato il: 06/06/2004
PdL
Utente Senior
31/07/2009 19:20


2-2
Stephen si assise silenziosamente dinanzi alla regal presenza.
Incorniciate lungo le pareti immagini di cavalli scomparsi rendevano omaggio, le loro miti teste librate in aria: Repulse di Lord Hastings, Shotover del duca di
Westminster, Ceylon del duca di Beaufort, prix de Paris 1886.
Fantomatici fantini li montavano, attenti al segno. Vide la loro carriera, difensori dei colori regali, e urlò con le urla di folle scomparse.
- Punto-, ordinò Mr Deasy ai tasti. Ma l'immediato dibattito di questa questione
essenziale...
Dove Ganly mi portò per arricchirci alla svelta in cerca di vincitori fra i
carrozzini chiazzati di fango, fra gli ululati degli allibratori sui loro
panchetti e il tanfo della mescita, sul limo iridato. Bel Ribelle alla
pari: dieci a uno gli altri. Giocatori di dadi e di bussolotti cui passammo in
fretta accanto inseguendo gli zoccoli, i berretti e le giubbe in gara oltre
quella donna con la faccia come una scarpa, la madama di un beccaio, che
grufolava assetata il suo quarto d'arancio.
Grida risuonarono stridule dal campo di gioco dei ragazzi e un fischietto
sibilante.
Di nuovo: una meta. Io sono fra loro, fra i loro corpi combattivi nella
mischia, il certame della vita. Vuoi dire quel cocco di mamma dalle gambe
storte che sembra leggermente debole di stomaco? Certami. Il tempo scosso
rimbalza, scossa su scossa. Certami, limo e frastuono di battaglie, la bava
della morte raggelata sugli uccisi, un urlo di lance adescate con
sanguinolente interiora umane.
- Ecco fatto-, disse Mr Deasy, alzandosi.
Si avvicinò al tavolo, fissando insieme i fogli con uno spillo. Stephen si
rizzò in piedi.
- Ho esposto la questione in nuce (progetto)-, disse Mr Deasy. E a proposito dell'afta
epizootica. Ci dia un'occhiata. Non si può avere un'opinione diversa in merito.
Se mi è lecito abusare del vostro spazio prezioso. La dottrina del laissez
faire che tanto spesso nella nostra storia. Il nostro commercio di bestiame.
Al modo di tutte le nostre antiche industrie. La combutta di Liverpool che
mandò in malora il piano per il porto di Galway. Conflagrazione europea.
Rifornimenti di cereali attraverso le anguste acque del canale.
L'imperturbabilità plutoperfetta del ministero dell'agricoltura. Concessa
un'allusione classica. Cassandra. Da una donna dalla condotta non
irreprensibile. Venendo al nocciolo.
- Non ho peli sulla lingua, vero?- chiese Mr Deasy mentre Stephen continuava a
leggere.
Afta epizootica. Noto col nome di preparato di Koch. Siero e virus.
Percentuale di cavalli immunizzati. Pestilenza del bestiame. I cavalli
dell'Imperatore a Murzsteg, nella bassa Austria. Medici veterinari. Mr Henry Blackwood Price.
Cortese offerta di sperimentare. Dettami del senso comune. Questione
essenziale. In tutti i sensi dell'espressione prendere il toro per le corna.
Ringraziandovi per l'ospitalità nelle vostre colonne.
-Voglio che sia stampata e letta, disse Mr Deasy. Vedrà che alla prossima
epidemia metteranno un embargo sul bestiame irlandese. E si può curare. É stato
già curato. Mio cugino, Blackwood Price, mi scrive che viene regolarmente
curato e guarito in Austria da quei veterinari. Si offrono di venir qua. Sto
cercando di trovare appoggi al ministero. Adesso voglio provare la pubblicità.
Sono circondato da difficoltà, da... intrighi, da... congiure di corridoio
da... Alzò l'indice agitandolo in aria come un vecchio prima che la sua voce si
facesse sentire.
- Mi stia bene a sentire, Mr Dedalus-, disse. L'Inghilterra è nelle mani degli
ebrei. In tutte le posizioni più in vista: la finanza, la stampa. Ed essi sono
il sintomo della decadenza di una nazione. Ovunque si radunino divorano la
forza vitale della nazione. L'ho visto venire in questi anni. Come è vero che
noi stiamo qua i mercanti ebrei sono già intenti alla loro opera di
distruzione. La vecchia Inghilterra sta morendo.
Si allontanò rapidamente, gli occhi acquistarono un'azzurra vitalità
nell'attraversare un ampio raggio di sole. Fece dietro front e tornò indietro.
Sta morendo, disse, se a quest'ora non è già morta.

Grido di prostituta di strada in strada
Intesserà il sudario della vecchia Inghilterra.

I suoi occhi sbarrati alla visione fissarono severi di là del raggio di sole
in cui si era fermato.
- Un mercante, disse Stephen, è uno che compra a poco e rivende a molto, ebreo o gentile che sia, no?
- Hanno peccato contro la luce, disse gravemente Mr Deasy. E si vedono le
tenebre nei loro occhi. Ed è per questo che vanno errando sulla terra fino ad
oggi.
Sui gradini della Borsa di Parigi uomini dalla pelle dorata che indicavano le
quotazioni sulle dita ingemmate. Chiacchiericcio d'oche. Sciamavano rumorosi,
goffi per il tempio, le teste vicine in combutta sotto tubini maldestri. Non
loro: questi abiti, queste parole, questi gesti. I loro tondi occhi lenti
smentivano le parole, i gesti ansiosi e inoffensivi, ma sapevano dei rancori
accumulati intorno a loro e sapevano che il loro zelo era vano. Vana pazienza
di accumulare e tesaurizzare. Il tempo avrebbe tutto disperso. Un tesoro
accumulato al margine della strada: saccheggiato e via. I loro occhi sapevano
degli anni dell'errare e, pazienti, sapevano i disonori della loro carne.
- Chi non l'ha fatto?- disse Stephen.
- Cosa intende dire?- chiese Mr Deasy.
Avanzò di un passo e si fermò accanto al tavolo. La mandibola gli scese di
sbieco aperta indecisamente.
È questa l'antica saggezza? Attende di sentire da me.
- La storia-, disse Stephen, è un incubo da cui cerco di destarmi.
Dal campo di gioco i ragazzi levarono un urlo. Un fischietto sibilante: meta.
E se l'incubo ti tirasse un calcio proditorio?
¨ - Le vie del Creatore non sono le nostre vie-, disse Mr Deasy. Tutta la storia
si muove verso un'unica grande meta, la manifestazione di Dio.
Stephen accennò col pollice alla finestra dicendo:
-Quello è Dio.-
Urrà ! Ahi ! Fiuuuu !
- Che cosa?- chiese Mr Deasy.
- Un urlo per la strada-, rispose Stephen, alzando le spalle.
Mr Deasy abbassò gli occhi e si tenne per qualche tempo le pinne del naso strette fra le dita. Levando di nuovo lo sguardo le liberò.
- Io sono più felice di lei-, disse. Abbiamo commesso molti errori e molti
peccati. Una donna portò il peccato nel mondo. Per una donna dalla condotta
non irreprensibile, Elena, la moglie fuggiasca di Menelao, per dieci anni i
greci fecero guerra a Troia. Una moglie infedele fu la prima a portare gli
stranieri qui sulle nostre sponde, la moglie di MacMurrough e il suo drudo
O'Rourke, principe di Breffni. Fu pure una donna a far cadere Parnell. Molti
errori, molti fallimenti, ma non l'unico peccato. Sono un lottatore ora alla
fine dei miei giorni. Ma mi batterò per la giustizia fino alla fine.


Ché l'Ulster si batterà
E l'Ulster giustizia avrà.

Stephen sollevò i fogli che aveva in mano.
- Bene, signore-, cominciò.
- Prevedo, disse Mr Deasy, che lei non durerà molto a lungo in questo lavoro.
Non è nato per insegnare, mi pare. Forse sbaglio.
- Per imparare piuttosto-, disse Stephen.
- E qui cos'altro imparerà?- Mr Deasy scosse la testa.
- Chissà?- disse. Per imparare bisogna essere umili. Ma la vita è la grande
maestra.
Stephen fece di nuovo frusciare i fogli.
- Quanto a questi-, cominciò.
- Sì-, disse Mr Deasy. Ne ha due copie lì. Se potesse farle pubblicare subito.
Telegraph. Irish Homestead.
- Proverò,- disse Stephen, e le farò sapere qualcosa domani. Conosco un poco due
direttori di giornali.
- Basta così-, disse vivacemente Mr Deasy. Ho scritto iersera all'On. Field. Oggi c'è una riunione dell'associazione dei commercianti di bestiame al City Arms Hotel. Gli ho chiesto di comunicare la mia lettera alla riunione. Veda se può farla pubblicare ne suoi due giornali. Quali sono?
-L'Evening Telegraph...-
- Basta così-, disse Mr Deasy. Non c'è tempo da perdere. Ora devo rispondere a
quella lettera di mio cugino.
- Buon giorno, signore-, disse Stephen, mettendosi i fogli in tasca. Grazie.
- Di nulla-, disse Mr Deasy frugando fra le carte sullo scrittoio. Mi piace
spezzare una lancia con lei, vecchio come sono.
- Buon giorno, signore-, ripeté Stephen, inchinandosi alla schiena curva
dell'altro.
Uscì attraverso il portico aperto e giù per il viale inghiaiato sotto gli
alberi, udendo grida di voci e schiocchi di bastoni dal campo di gioco. I
leoni accosciati sui pilastri nel passare attraverso il cancello: terrori
sdentati. Però lo aiuterò nella sua lotta. Mulligan mi affibbierà un nuovo
nomignolo: il bardo bazzicabovi.
- Mr Dedalus!-
Mi corre dietro. Niente altre lettere, spero.
- Solo un momento.-
- Sì, signore-, disse Stephen, voltandosi sul cancello.
Mr Deasy si fermò, ansimando e deglutendo il fiato.
- Volevo soltanto dire-, disse. L'Irlanda, dicono, ha l'onore di essere il solo
paese che non ha mai perseguitato gli ebrei. Lo sa lei? -No.- E sa perché?
Mostrò un severo cipiglio nell'aria luminosa.
- Perché, signore?- chiese Stephen cominciando a sorridere.
- Perché non li ha mai lasciati entrare-, disse solennemente Mr Deasy.
Un grumo tossicoloso di riso gli balzò dalla gola tirandosi dietro una sferragliante catena di catarro. Si voltò indietro svelto, tossendo, ridendo, agitando in aria le braccia levate.
- Non li ha mai lasciati entrare, esclamò di nuovo attraverso il riso mentre
calpestava con piedi inghettati la ghiaia del viale. Ecco perché.
Sulle sue sagge spalle attraverso la scacchiera delle foglie il sole lanciava lustrini, danzanti monete.

Ineluttabile modalità del visibile: I almeno questo se non altro, il pensiero attraverso i miei occhi. Sono qui per leggere le segnature di tutte le cose, uova di pesce e marame, la marea avanzante, quella scarpa rugginosa. Verdemoccio, azzurrargento, ruggine: segni colorati. Limiti del diafano. Ma lui aggiunge: nei corpi.
Dunque ne era conscio in quanto corpi prima che in quanto colorati.
Come? Battendoci sopra il cranio, si capisce. Vacci piano. Calvo egli era e milionario, maestro di colore che sanno.
Limite del diafano in. Perché in? Diafano, adiafano. Se puoi farci passare attraverso le cinque dita della mano è un cancello, altrimenti è una porta. Chiudi gli occhi e vedrai.
Stephen chiuse gli occhi per sentire le sue scarpe schiacciar scricchiolanti
marami e conchiglie. Ci cammini attraverso comunque. Io lo faccio, un passo
alla volta. Un brevissimo spazio di tempo attraverso brevissimi tempi di spazio. Cinque, sei: il nacheinander (di seguito). Esattamente: e questa è l'ineluttabile
modalità dell'udibile. Apri gli occhi. No. Gesù! Se cadessi da una roccia che
strapiomba sulla sua base, cadessi attraverso il nebeneinander (parallelamente)
ineluttabilmente. Me la cavo abbastanza bene al buio. La mia spada di frassino
mi pende al fianco. Con quella picchietta: loro fanno così. I miei due piedi
nelle sue scarpe sono all'estremità delle sue gambe, nebeneinander. Suona
solida: creata dal maglio di Los Demirgos. Mi avvio all'eternità lungo la
spiaggia di Sandymount? Crasc, crac, cric, criic. Monete del mare selvaggio.
E tutte Domine Deasy le sa.

Vuoi venire a Sandymount
Cavallina Maud?

Il ritmo attacca, vedi. Odo. Un tetrametro catalettico di giambi in marcia.
No, al galoppo: lina Maud.
Apri gli occhi ora. Lo farò. Un momento. È tutto scomparso da allora? Se li
aprissi e rimanessi per sempre nel nero adiafano. Basta! Voglio vedere se
posso vedere.
Adesso vedo. Lì tutto il tempo senza di te: e sempre sarà, nei secoli dei
secoli.
Scendevano la scala di Leahy's terrace prudentemente, Frauenzimmer: e giù per
il lido declive mollemente i loro piedi appiattiti affondanti nella sabbia
stacciata. Come me, come Algy, scendendo verso la madre nostra possente. Il
numero uno dondolava pesantemente la sua borsa da levatrice, l'ombrellaccio
dell'altra pungolava la spiaggia. Dal rione delle Liberties, è il loro giorno di
libertà. Mrs Florence McCabe vedova del fu Patk McCabe, profondamente
rimpianto, di Bride Street. Una sua consorella mi trasse urlante in vita.
Creazione dal nulla. Che cos'ha nella borsa? Un aborto con un cordone ombelicale
strasciconi, soffocato in ovatta rossastra. I cordoni di tutti son legati l'uno
all'altro nel passato, cavo intrecciato d'ogni carne. Ecco perché i monaci
mistici. Volete essere simili a dèi? Contemplatevi l'onfalo. Pronto. Parla
Kinch. Mi dia Edenville. Alef, alfa: zero, zero, uno.
Sposa e compagna di Adamo Kadmon: Heva, l'ignuda Eva. Non aveva ombelico.
Contempla. Ventre senza macchia, gonfio e grosso, un brocchiere di pergamena
tesa, no, bianco acervo di grano, splendido e immortale, eretto da eternità ad
eternità. Grembo del peccato.

In grembo alla tenebra del peccato fui anch'io, creato non generato.
Da loro, l'uomo con la mia voce e i miei occhi e una donna fantasma con la cenere nell'alito. Si congiunsero e si separarono, fecero il volere dell'accoppiatore.
Fin da prima che fosse il tempo. Egli mi volle e né ora né mai può disvolermi.
Una lex eterna. Lo circonda. È questa dunque la divina sostanza entro la quale
il Padre e il Figlio sono consustanziali? Dove è il povero caro Ario che metta
alla prova le conclusioni? Che si batta tutta la vita contro la
contransmagnificagiudotambanzialità. Eresiarca sotto mala stella. In un cesso
greco dié l'ultimo respiro: eutanasia.
Con la mitra imbrillantata e il pastorale, insediato nel suo stallo, vedovo di vedovata cattedra, con l'omoforio (paramento liturgico) eretto, col deretano impeciato.
Le brezze gli caracollavano intorno, brezze mordenti e frizzanti. Eccole, le
onde. I cavalli marini biancocriniti, ribelli al morso, imbrigliati da lucide
brezze, corsieri di Mananaan.
Non devo dimenticarmi della sua lettera per la stampa. E poi? Al Ship, a
mezzogiorno e mezzo. A proposito andiamoci piano con quei soldi da bravo
giovane idiota. Sì, devo.
Rallentò il passo. Eccoci. Vado o no da zia Sara? La voce del mio padre
consustanziale. Hai più visto ultimamente tuo fratello Stephen l'artista? No?
Non sarà mica al Strasburg terrace con zia Sally? Non potrebbe trattarsi un po'
meglio, eh? E e e e dicci un po' Stephen, come sta zio Sì? Dolentissimo Dio, a
che razza di cose mi sono legato col matrimonio. Ragazzini in soffitta. Quel
merciaio ambulante ubriacone e suo fratello il suonatore di cornetta.
Onoratissimi gondolieri. E Walter con gli occhi torti che dà del signore al
padre, niente di meno. Signore. Sissignore. Nossignore. Gesù si dolse: e non
c'è da stupirsene, per Cristo!
Suono il campanello asmatico della loro casuccia con le persiane chiuse: e aspetto. Mi pigliano per un creditore, sbirciano da un angolino.
È Stephen, signore.-
Fallo entrare. Fa entrare Stephen.-
il Poeta
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi


Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:51. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com