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ULISSE di JAMES JOYCE

Ultimo Aggiornamento: 31/07/2009 19:20
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24/07/2009 15:43

2)

- Vengo, rispose Mulligan.-
Si voltò verso Stephen e disse:
- Guarda il mare. Che cosa gliene importa delle offese? Pianta Loyola, Kinch, e
vieni giù. Il sassone reclama le sue trance mattutine di bacon.-
La sua testa tornò a fermarsi per un momento in cima alla scala al livello del
tetto.
- Non mugugnarci sopra tutto il giorno, disse. Io parlo a vanvera. Desisti da
codeste ruminazioni.-

La testa scomparve ma il bombito della sua voce discendente emergeva rombando
dalla cima delle scale:

Non appartarti più per ruminare
Sull'amaro mistero dell'amore
Poi che Fergus governa i bronzei cocchi.-

Ombre silvane attraversavano fluttuando silenziose la pace mattutina dalla
cima della scala verso il mare dove egli teneva fisso lo sguardo. Sulla
spiaggia e più al largo biancheggiava lo specchio d'acqua sommosso da piedi
frettolosi dai leggeri calzari. Bianco seno di fosco mare. Vocaboli paralleli,
a due a due. Mano che pizzica le corde dell'arpa congiungendo gli accordi
paralleli. Bianche dosi appaiate parole baluginanti sulla fosca marea.
Una nuvola cominciò a coprire lentamente il sole, ombreggiando la baia di verde
più fondo. Era alle sue spalle, bacino d'amare acque. La canzone di Fergus: la
cantavo da solo in casa, tenendo in sordina i lunghi cupi accordi. La porta
della sua camera era aperta: lei voleva sentire la mia musica. Silenzioso di
sgomento e pietà mi avvicinai al suo capezzale. Piangeva nel suo letto
sciagurato. Per quelle parole, Stephen: amaro mistero dell'amore.
E ora dove?
I suoi segreti: vecchi ventagli di piume, carnet di ballo con le nappe,
incipriati di muschio, un fronzolo di chicchi d'ambra nel cassetto chiuso a
chiave. Una gabbia da uccelli era appesa alla finestra soleggiata di casa sua
quand'era bambina. Aveva sentito il vecchio Royce cantare nell'operetta di Turko
il terribile e riso con gli altri quand'egli cantava:

-Sono io il bimbo
Possessor del nimbo
Che lo fa invisibile.

Fantomatica gioia, piegata e messa via: profumata di muschio.

Non appartarti più per ruminare

Piegata e messa via nella memoria della natura con i suoi balocchi.
Ricordi gli assalivano il cervello rimuginante. Il bicchier d'acqua del rubinetto di cucina quando s'era accostata al sacramento. Una mela svuotata, piena di
zucchero caramellato, a rosolarsi per lei sul focolare in una buia sera
d'autunno. Le sue unghie affusolate rosse del sangue di pidocchi strizzati
sulle camicie dei bambini.
I suoi occhi invetriati, fissi da oltre la morte, per scuotere e piegare la mia
anima. Su me solo. La candela fantasma a illuminare la sua agonia. Luce
spettrale sul viso tormentato. Il forte respiro rauco rantolante d'orrore,
mentre tutti pregavano in ginocchio. I suoi occhi su di me per abbattermi.
Liliata rutilantium te confessorum turma circumdet: jubilantium te virginum
chorus excipiat.
Lemure (spettro)! Masticatore di cadaveri!
No, mamma. Lasciami stare e lasciami vivere.
- Oh issa Kinch!-
La voce di Buck Mulligan, cantava ripetendo il richiamo. Stephen, ancora tremando al grido della sua anima, udì un caldo scorrere di luce solare e parole amiche nell'aria alle sue spalle.

Dedalus, scendi, da bravo marmocchio. La colazione è pronta. Haines fa le sue scuse per averci svegliati la notte scorsa. Tutto è in regola.-
- Vengo, disse Stephen volgendosi.-
- Forza, per amor di Gesù, disse Buck Mulligan, per amore di me e per amore di
tutti noi.-
La sua testa sparì e riapparve.
- Gli ho detto del tuo simbolo dell'arte irlandese. Dice che è molto ben
trovato. Spremigli una sterlina, ti va? Una ghinea, piuttosto.-
- Mi pagano stamattina, disse Stephen.-
- Quel casino di scuola? disse Buck Mulligan. Quanto? Quattro sterline?
Prestacene una.-
- Se ti serve, disse Stephen.-
-Quattro sovrane splendenti, gridò Buck Mulligan con gusto. Faremo una
grandiosa bevuta da sbalordire i druidi (sacerdoti degli antichi celti).
Quattro onnipotenti sovrane.-
Agitò le braccia in aria e caracollò giù per gli scalini di pietra, cantando
stonato con accento londinese:

Che bella festa, che bel festino
Con whisky, birra e vino
Quando è il dì
Il dì dell'Incoronazione
Che bella festa, che bel festino
Il dì dell'Incoronazione!

Calda solarità in festa sul mare.
Nel fosco tinello a cupola della torre la sagoma di Buck Mulligan in vestaglia
andava e veniva arzilla al focolare, nascondendone e scoprendone il giallo
barbaglio. Due fasci di morbida luce mattutina piombavano dagli alti barbacani
sul pavimento lastricato: all'incrocio dei loro raggi una nuvola di fumo di
carbone e vapori di grasso fritto aleggiava, mulinando.
- Finiremo asfissiati, disse Buck Mulligan. Haines, apra quella porta, le
spiace?-
Un'alta figura si levò dall'amaca dove stava seduta, andò alla bussola e spalancò i battenti interni.
-Ha la chiave? domandò una voce.-
-L'ha Dedalus, disse Buck Mulligan. Mondo cane, soffoco.
Berciò senza alzare gli occhi dal fuoco: Kinch!-
- E' nella toppa, disse Stephen, venendo avanti.-
La chiave stridette due volte aspramente e, quando la pesante porta venne
socchiusa, entrarono gradita luce e aria vivida.
Haines rimase nel vano, guardando fuori.
Stephen trascinò fino al tavolo la sua valigia volta all'insù e sedette in attesa.
Buck Mulligan spadellò il fritto sul piatto.
Poi portò al tavolo il piatto e una gran teiera, li mise giù pesantemente e
dette un respiro di sollievo.
- Mi sto sciogliendo, fece, come disse la candela quando... Ma zitti. Non una
parola di più su questo argomento. Kinch, sveglia. Pane, burro, miele. Haines,
s'accomodi. Il rancio è pronto. Benedici noi, o Signore, e questi tuoi doni. Dov'è lo zucchero? Cribbio non c'è latte.
Stephen andò a prendere dalla credenza la pagnotta e il vasetto del miele e la
vaschetta del burro. Buck Mulligan si sedette con improvvisa stizza.
- Che casino è questo? disse. Le avevo detto di venire dopo le otto.
- Possiamo prenderlo scuro, disse Stephen. C'è un limone nella credenza.-
- Al diavolo te e le tue manie parigine, disse Buck Mulligan. Voglio latte di
Sandycove.-

Haines, il più vicino alla porta, disse tranquillamente: -Sta salendo quella donna col latte.-
- Haines, Iddio la benedica, gridò Buck Mulligan saltando su dalla seggiola. Versi il tè. Lo zucchero è nel sacchetto. Forza, ne ho abbastanza di
giostrare con queste uova della malora. Trinciò in lungo e in largo la
frittata nel piatto e la sbatté su tre piattini, dicendo:

In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.

Haines si sedette per versare il tè.
- Vi do due zollette a testa, disse. Ma dico, lei Mulligan, lo fa forte il tè,
vero?-
Buck Mulligan tagliando spesse fette dalla pagnotta, disse con una voce da
vecchietta smancerosa: - Quando faccio il tè faccio il tè, come diceva nonna
Grogan. E quando faccio acqua faccio acqua.
- Per Giove, questo è tè, disse Haines.-
Buck Mulligan continuò a tagliare e a parlare smanceroso.
- Proprio così, Mrs Cahill, dice lei. Perdinci signora, dice Mrs Cahill, Dio vi
conceda di non farli nello stesso vaso.-

Tese via via a ognuno dei suoi commensali una spessa fetta di pane, impalata
sul coltello.
- Questa è gente per il suo libro, Haines, disse con grande serietà. Cinque
righe di testo e dieci pagine di note sul popolo e gli dèi-pesci di Dundrum.
Appo (Dizionario) stampato: Fatali Sorelle nell'anno del gran vento.
Si voltò verso Stephen e domandò con tornita inflessione dubitativa, alzando i
sopraccigli:
- Ti sovviene, fratello, che il vaso del tè e dell'acqua di nonna Grogan si trovi menzionato nel Mabinogion (enciclopedia) ovvero nelle Upanishad (1656)?-
- Ho i miei dubbi, disse gravemente Stephen.-
- Davvero? disse nello stesso tono Buck Mulligan. E le tue ragioni, di grazia?-
- Immagino, disse Stephen mangiando, che non sia mai esistito né dentro né fuori
del Mabinogion.
Nonna Grogan era, si suppone, consanguinea di Maty Ann.-

Il viso di Buck Mulligan sorrise di piacere.
- Incantevole, disse con voce da preziosa, mostrando i denti bianchi e
strizzando amabilmente gli occhi. Credi proprio? Incantevole davvero.
Poi, rannuvolando d'un tratto tutta la faccia, grugnì con voce roca e rasposa
mentre tornava ad affettare vigorosamente la pagnotta:

- Perché la vecchia Mary Ann
Non gliene frega niente.
Ma, alzando le gonnelle...

Si riempì la bocca di fritto e masticò e mugolò.
Il vano della porta fu oscurato da una figura che entrava.
- Il latte, signore.-
- Avanti, signora, disse Mulligan. Kinch, prendi il bricco.
Una vecchia si fece avanti e si fermò accanto a Stephen.
- E' una bella giornata, signore. disse. Sia gloria al Signore.-
- A chi? disse Mulligan, dandole un'occhiata. Ah sì, naturalmente.-
Stephen si sporse all'indietro e prese il bricco del latte dalla credenza.
- Gli isolani, disse Mulligan a Haines come di passata, parlano spesso
dell'esattore di prepuzi.-

- Quanto, signore? domandò la vecchia.-
- Due pinte, disse Stephen.-
La guardò mentre versava nel misurino e di lì nel bricco il pingue latte
bianco, non il suo. Vecchie mammelle avvizzite. Ne versò un'altra misura colma
e una giunta. Vecchia e segreta era entrata da un mondo mattutino, forse una
messaggera. Vantava la bontà del latte, nel versarlo. Accoccolata presso una
vacca paziente all'alba nel pascolo lussureggiante, strega sul suo fungo
velenoso, dita grinzose alacri sui capezzoli sprizzanti. Muggivano intorno a
lei che ben conoscevano, le bestie seriche di rugiada. Seta delle mucche e
povera vecchietta, nomi che le si davano nei tempi andati. Una vegliarda
errante, umile forma di un'immortale che serve chi la sedusse e chi
allegramente la tradì, loro druda (amante) comune, messaggera del segreto mattino. Se per servire o per rampognare, lui non avrebbe saputo dirlo: ma sdegnava di sollecitarne i favori.

- Proprio così, signora, disse Buck Mulligan, versando il latte nelle tazze.-
- Lo assaggi, signore, disse lei.-
Egli bevve al suo invito.
- Se soltanto potessimo vivere di cibo buono come questo, le disse a voce
piuttosto alta, non avremmo il paese pieno di denti guasti e budella marce. Si
vive in una palude infetta, si mangia cibo da pochi soldi con strade
lastricate di polvere, merda di cavallo e sputi di tisici.
- Lei studia per medico, signore? domandò la vecchia.-
-Sì, signora, rispose Buck Mulligan.

Stephen ascoltava in sdegnoso silenzio. Quella china la vecchia testa a una
voce che le parla forte, il suo conciaossa, il suo stregone: me mi sdegna.
Alla voce di colui che la confesserà e che ungerà per la tomba tutto quel che resta di lei salvo i lombi immondi di donna, di carne d'uomo non fatta a somiglianza di Dio, preda del serpente. E alla voce alta che ora le impone di tacere con occhi stupiti incerti.
- Capisce quel che le dice? domandò Stephen.-
- Parla francese, signore? disse la vecchia a Haines.-
Haines tornò a parlarle, un più lungo discorso, sicuro di sé.
- Irlandese, disse Buck Mulligan. Mastica il gaelico lei?-
- Mi pareva che fosse irlandese, disse lei, dal suono. Lei è dell'ovest,
signore?-
- Sono un inglese, rispose Haines.-
- E' inglese, disse Buck Mulligan, e pensa che dovremmo parlare irlandese in
Irlanda.-
- Certo che dovremmo, disse la vecchia, e io mi vergogno di non parlarlo. Mi
dicono quelli che se ne intendono che è una gran lingua.-
-Grande non è la parola, disse Buck Mulligan.
E' semplicemente meravigliosa. Versaci un altro po' di tè, Kinch. Ne gradisce
una tazza, signora?-
- No, grazie, signore, disse la vecchia, infilandosi il manico del bidone
nell'avambraccio e disponendos ad andarsene.
Haines le disse: - Ha portato il conto? Sarebbe meglio pagarla, vero, Mulligan?
Stephen tornò a riempire le tre tazze.-

-Il conto, signore? disse lei, fermandosi. Dunque, sono sette mattine una pinta
a due pence fa sette volte due fa uno scellino e due pence e queste tre
mattine due pinte a quattro pence fa sei pinte che fa uno scellino e uno e due
che fa due e due, signore.-
Buck Mulligan sospirò e riempitasi la bocca di una crosta di pane
generosamente imburrata da tutte e due le parti allungò le gambe e cominciò a
frugarsi nelle tasche dei pantaloni.
Paghi col sorriso sulle labbra, gli disse Haines gaiamente.-

Stephen riempì una terza tazza, il denso ricco latte colorandosi debolmente
d'una cucchiaiata di tè. Buck Mulligan cavò fuori un fiorino, lo rigirò tra le
dita e gridò: -Miracolo!-
Lo fece passare lungo la tavola verso la vecchia, dicendo: - Non mi chieda più
altro, tesoro. Tutto quello che posso darle le do.
Stephen le depose la moneta nella mano passiva.
- Dobbiamo ancora due pence, disse.-
-C'è tempo, signore, disse la vecchia prendendo la moneta. C'è tempo.
Buongiorno, signore.-
Fece la sua riverenza e se ne andò, seguita dalla tenera cantilena di Buck
Mulligan:

Cuor del mio cuore, se più ce ne fosse,
Più ne sarebbe messo ai tuoi piedi.

Si voltò a Stephen e disse:
-Sul serio, Dedalus. Sono all'asciutto. Fa una corsa a quel casino della tua
scuola e portaci un po' di soldi. Oggi i bardi devono bere e sollazzarsi. In
questa giornata l'Irlanda si aspetta che ognuno faccia il suo dovere.-

- A proposito, disse Haines, alzandosi, ho da fare una visita alla vostra
biblioteca nazionale oggi.
- La nostra nuotata prima di tutto, disse Buck Mulligan.-
Si voltò a Stephen e domandò soavemente:
- Questo è il giorno del tuo lavacro mensile, Kinch?-
Poi disse a Haines:
- L'immondo bardo si picca di farsi il bagno una volta al mese.-
-Tutta l'Irlanda è bagnata dalla corrente del golfo, disse Stephen facendo
gocciare il miele su una fetta di pane.-

Haines dall'angolo in cui stava placidamente annodando una sciarpa sul colletto
floscio della camicia da tennis disse:
- Se mi consente vorrei fare una raccolta dei suoi detti.-
- Parla a me. Si lavano e si invascano e si fregano. Agenbite of inwit.
Coscienza. C'è ancora una macchia qui.-
Quello sullo specchio incrinato di una serva come simbolo dell'arte irlandese è
maledettamente buono.-
Buck Mulligan diede un calcio a Stephen sotto la tavola e disse con molto
calore:
-Aspetti a sentirlo parlare di Amleto, Haines.-
-Be, parlo sul serio, disse Haines sempre rivolto a Stephen. Ci stavo giusto
pensando quando è arrivata quella povera vecchia.
- Potrei farci quattrini? domandò Stephen.-
Haines rise e, prendendo il cappello di feltro grigio dal piolo dell'amaca,
disse:
-Non saprei, davvero.-

Si avviò verso la porta d'uscita. Buck Mulligan si chinò verso Stephen e disse
con ruvida energia:
- Hai sfasciato tutto con le tue zampe adesso. Perché l'hai detto?-
- Be? disse Stephen. Il problema è di far soldi. Da chi? Dalla lattaia o da lui.
Testa o croce, mi pare.
- Io ti faccio la piazza, disse Buck Mulligan, e poi arrivi tu con quel tuo
schifoso sogghigno e i tuoi lugubri scherzi da gesuita.
- C'è poco da sperare, disse Stephen, sia dall'una che dall'altro.-
Buck Mulligan sospirò tragicamente e posò la mano sul braccio di Stephen.
- Da me, Kinch, disse.-
Poi con tono improvvisamente cambiato soggiunse:
- Per dirti la sacrosanta verità credo che tu abbia ragione. Non servono a un
accidente d'altro. Perché non te li giostri come faccio io? Il diavolo se li
porti. Usciamo da questo casino.-
Si alzò, solennemente discinto si spogliò della vestaglia, dicendo rassegnato:
- Ecco Mulligan senza i suoi paramenti.-
Vuotò le tasche sul tavolo.
-Ecco il tuo fazzolettino sporco, disse.-
E mettendosi il colletto duro e la cravatta ribelle parlò a loro,
rampognandoli, e alla catena dell'orologio ciondolante. Le mani si affondarono
e frugarono nel baule mentre reclamava un fazzoletto pulito. Agenbite of
inwit. Dio, non rimane che vestirsi in carattere.
Ho bisogno di guanti color pulce e di stivali verdi. Contraddizione. Mi contraddico? Benissimo, sì mi contraddico. Mercuriale Màlachi. Un missile floscio e nero partì in volo dalle sue mani parlanti.
- Ed ecco il tuo cappello da Quartiere Latino, disse.
Stephen lo raccattò e se lo mise. Haine li chiamò dalla soglia:
- Venite, giovanotti?
- Io sono pronto, rispose Buck Mulligan, andando verso la porta. Vieni, Kinch.
Hai mangiato tutto quel che abbiamo lasciato, immagino. Rassegnato uscì con
gravità di parole e di incedere, dicendo, quasi con dolore:
- E sceso in campo s'imbatte in Butterly.-
Stephen, prendendo il bastone di frassino dal luogo d'appoggio, li seguì e,
mentre scendevano la scala a pioli, si tirò dietro la lenta porta di ferro e
chiuse la serratura. Mise la grossa chiave nella tasca interna.
Ai piedi della scala Buck Mulligan domandò:
-Hai preso la chiave?-
-Si, disse Stephen, precedendoli.-
Camminò avanti. Sentiva dietro di sé Buck Muligan percuotere con un pesante
asciugamano le cime più alte delle felci o delle erbe.
-Giù, cuccia. Come ardisci, canaglia?-
Haines domandò:
-Pagate l'affitto per questa torre?-
-Dodici sterline, disse Buck Mullian.-
-Al ministro della guerra, aggiunse Stephen voltando la testa.-
Si fermarono mentre Haines contemplava la torre finché disse:
- Piuttosto desolata d'inverno, direi. Martello la chiamate?-
- Le ha fatte costruire Billy Pitt, disse Buck Mulligan, quando i francesi
correvano il mare. Ma la nostra è l'omphalos (Pietra d'Apollo).
- Qual è la sua idea di Amleto? domandò Haines a Stephen.
- No, no, gridò Buck Mulligan dolorante. Non sono all'altezza di Tommaso d'Aquino e delle cinquantacinque ragioni che ha inventato per sostenerla. Aspetti che mi sia messo qualche pinta in corpo.-
Si voltò verso Stephen, dicendo mentre si tirava giù con cura le punte del
panciotto color primula:
Non ce la faresti con meno di tre pinte, vero, Kinch?-
- Ha aspettato tanto, disse Stephen noncurante, che può aspettare ancora.-
- Lei stuzzica la mia curiosità, disse amabilmente Haines. Si tratta di un
paradosso?-
-Puah! disse Buck Mulligan. Ci siamo svezzati da Wilde e dai paradossi. E'
semplicissimo. Dimostra con l'algebra che il nipote di Amleto è nonno di
Shakespeare e che lui stesso è il fantasma di suo padre.-

-Cosa? disse Haines, abbozzando un cenno verso Stephen. Lui stesso?-
Buck Mulligan si buttò l'asciugamano attorno al collo a mo' di stola e,
piegandosi in una aperta risata, disse all'orecchio di Stephen: - Oh, ombra di
Kinch il vecchio! Giafet in cerca di un padre!-
- Al mattino siamo sempre stanchi, disse Stephen a Haines. Ed è un discorso un
po lungo.-
Buck Mulligan, tornando ad avviarsi, alzò le mani.
- Solo la sacra pinta può sciogliere la lingua di Dedalus.-
- Voglio dire, spiegò Haines a Stephen mentre si rincamminavano, che questa
torre e questa scogliera mi ricordano un po Elsinore. Che strapiomba sulla
sua base nel mare, non è vero?-
Buck Mulligan si voltò repentinamente per un attimo verso Stephen ma non
parlò. In quello splendido attimo di silenzio Stephen vide la propria immagine
in misere polverose gramaglie tra i loro vestiti vivaci.
-E' una storia meravigliosa, disse Haines facendoli fermare un'altra volta.
Occhi, pallidi come il mare che il vento aveva rinfrescato, più pallidi, fermi
e prudenti. Signore dei mari, guardava a sud attraverso la baia, vuota con
solo il pennacchio di fumo del postale, vago sulla linea luminosa
dell'orizzonte, e una vela che bordeggiava dinanzi ai Muglins.

- Ne ho letto in qualche posto un'interpretazione teologica, disse meditabondo.
L'idea del Padre e del Figlio. Il Figlio che tenta di riconciliarsi col Padre.
Immediatamente Buck Mulligan assunse un volto lieto dal largo sorriso. Li
guardò, la ben modellata bocca aperta giovialmente, gli occhi, dai quali aveva
fatto scomparire a un tratto ogni accento di furbizia ammiccanti di folle
gaiezza. Ciondolava in qua e in là una testa da pupazzo, con la tesa del
panama che palpitava, e cominciò a salmodiare con voce quieta beata sciocca:

Sono il più gran fenomeno di cui si sia mai detto.
Ho per mamma un'ebrea, per babbo un uccelletto.
Per Beppe il Falegname son di parer contrario.
Perciò beviamo a tutti, discepoli e Calvario.

Alzò un indice ammonitore.

A chi non crede ancora nell'esser mio divino
Non darò a bere gratis quando farò del vino
Ma dovrà bere l'acqua e chiaro gli sarà
Che faccio, quando il vino in acqua tornerà.
i compreso il mio sforzo d'AMORE grazie...
il Poeta
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