Pablo Neruda - TODO EL AMOR - poesie

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auroraageno
00venerdì 3 luglio 2009 15:15

MELISANDA


Il suo corpo è un'ostia fine; minima e lieve.
Ha azzurri gli occhi e le mani di neve.

Nel parco gli alberi sembrano congelati,
gli uccelli si ferman su di essi stanchi.

Le sue trecce bionde toccano l'acqua dolcemente
come due braccia d'oro sbocciate dalla fonte.

Ronza il volo perduto delle civette cieche.
Melisanda s'inginocchia - e prega.

Gli alberi s'inchinano fino a toccar la sua fronte.
Gli uccelli s'allontanano nella sera dolente.

Melisanda, la dolce, piange presso la fonte.




auroraageno
00venerdì 3 luglio 2009 15:16
IL NUOVO SONETTO A ELENA


Quando sarai vecchia, fanciulla (Ronsard te l'ha già detto)
ti ricorderai di quei versi che io recitavo.
Avrai i seni tristi d'allattare i tuoi figli,
gli ultimi germogli della tua vita vuota.

Io sarò così lontano che le tue mani di cera
areranno il ricordo delle mie rovine nude,
comprenderai che può nevicare in Primavera
e che in Primavera le nevi son più crude.

Io sarò così lontano che l'amore e la pena
che prima vuotai nella tua vita come un'anfora piena
saranno condannati a morire nelle mie mani.

E sarà tardi perché se n'andò la mia adolescenza,
tardi perché i fiori una sola volta dan profumo
e perché anche se mi chiamerai io sarò lontano.





auroraageno
00domenica 5 luglio 2009 14:28

MORENA, LA BACIATRICE


Chioma bionda, sciolta,
che corre come un ruscello,
chioma.

Unghie dure e dorate,
fiori curvi e sensuali,
unghie dure e dorate.

Curva del ventre, nascosta,
e aperta come un frutto
o una ferita.

Dolce ginocchio nudo
stretto tra le mie ginocchia,
dolce ginocchio nudo.

Rampicante dei capelli
tra l'offerta rotonda
dei seni.

Orma che dura nel letto,
orma addormentata nell'anima,
parole pazze.

Perdute parole pazze:
concluderan le mie canzoni,
moriranno le nostre bocche.

Morena, la Baciatrice,
rosaio di tutte le rose
in un'ora.

Baciatrice, dolce e bionda,
me n'andrò,
te n'andrai, Baciatrice.
Ma ancora ho l'aurora
impigliata in ogni tempia.

Baciami per questo, ora,
baciami, Baciatrice,
ora e nell'ora
della nostra morte.
Amen.




auroraageno
00domenica 5 luglio 2009 14:29

FAREWELL


1
Dal fondo di te, e inginocchiato,
un bimbo triste, come me, ci guarda.

Per quella vita che arderà nelle sue vene
dovrebbero legarsi le nostre vite.

Per quelle mani, figlie delle tue mani,
dovrebbero uccidere le mie mani.

Per quegli occhi aperti sulla terra
vedrò un giorno lacrime nei tuoi.


2
Io non lo voglio, Amata.

Perché nulla ci leghi
che non ci unisca nulla.

Né la parola che profumò la tua bocca,
né ciò che non dissero le parole.

Né la festa d'amore che non avemmo,
né i tuoi singhiozzi presso la finestra.


3
(Amo l'amore dei marinai
che baciano e se ne vanno.

Lasciano una promessa.
Non tornano mai più.

In ogni porto una donna attende,
i marinai baciano e se ne vanno.

Una notte si coricano con la morte
nel letto del mare.)


4
Amo l'amore che si distribuisce
in baci, letto e pane.

Amore che può essere eterno
e può essere fugace.

Amore che vuol liberarsi
per tornare ad amare.

Amore divinizzato che s'avvicina
Amore divinizzato che se ne va.


5
Più non s'incanteranno i miei occhi nei tuoi occhi,
più non s'addolcirà vicino a te il mio dolore.

Ma dove andrò porterò il tuo sguardo
e dove camminerai porterai il mio dolore.

Fui tuo, fosti mia. Che più? Insieme facemmo
un angolo nella strada dove l'amore passò.

Fui tuo, fosti mia. Tu sarai di colui che t'amerà,
di colui che taglierà nel tuo orto ciò che ho seminato io.

Me ne vado. Sono triste; ma sempre sono triste.
Vengo dalle tue braccia. Non so dove vado.

...Dal tuo cuore un bimbo mi dice addio.
E io gli dico addio.





auroraageno
00domenica 5 luglio 2009 14:30

AMORE


Donna, io sarei stato tuo figlio, per berti
il latte dei seni come da una sorgente,
per guardarti e sentirti al mio fianco e averti
nel riso d'oro e nella voce di cristallo.

Per sentirti nelle mie vene come Dio nei fiumi
e adorarti nelle tristi ossa di polvere e di calce,
perché il tuo essere passasse senza pena al mio fianco,
e uscisse nella strofa - puro d'ogni male.-

... Come saprei amarti, donna, come saprei
amarti, amarti come nessuno seppe mai.
Morire e ancor più
amarti.
E ancor più
amarti
e ancor più.






auroraageno
00domenica 1 novembre 2009 09:10

POEMA IN DIECI VERSI


Era il mio cuore un'ala viva e torbida
e paurosa ala d'anelito.

Era Primavera sui campi verdi.
Azzurra era l'altezza ed era smeraldo il suolo.

Lei - quella che mi amava - morì in Primavera.
E si portò la Primavera in cielo.




auroraageno
00domenica 1 novembre 2009 09:11

IL VILLAGGIO


L'ombra di questo monte protettore e propizio,
come una coperta india fresca e rurale mi copre;
bevo l'azzurro del cielo attraverso i miei occhi senza vizio
come un vitello succhia il latte dalle mammelle.

Al piè della collina si stende il villaggio, e sento,
senza volerlo, il rotolare dei tramvai urbani;
una chiesa s'innalza per inchiodare il vento,
ma il vagabondo le scappa dalle mani.

Villaggio, sei triste e grigio: Haile strade lunghe,
e un odor di bottega passeggia per le tue strade.
L'acqua dei tuoi pozzi la trovo più amara.
Le anime dei tuoi uomini mi sembrano più brutte.

Non sanno la bellezza di uno zampillo che canta,
né di colui che lo travasa fiorendo un concetto.
Senza fermarsi, come l'acqua nella gola,
dai loro cuori esce il verso perfetto.

Il villaggio è grigio e triste. Se sono assente penso
che l'assenza sembra che l'avvicini a me.
Ritorno, e anche il cielo ha uno sbadiglio immenso.
E cresce nella mia anima un odio, come quello di prima, intenso.

Ma lei abita qui.





auroraageno
00domenica 1 novembre 2009 09:12

CORPO DI DONNA...



Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche
tu rassomigli al mondo nel tuo atteggiamento d'abbandono.
Il mio corpo di contadino selvaggio ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.

Sono stato solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me la notte entrava con la sua invasione possente.
Per sopravvivermi ti ho forgiato come un'arma,
come una freccia al mio arco, come una pietra nella mia fionda.

Ma cade l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muscio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del petto! Ah gli occhi d'assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!

Corpo di donna mia, persisterò nella tua grazia.
La mia sete, la mia ansia senza limite, la mia strada indecisa!
Oscuri fiumi dove la sete eterna continua,
e la fatica continua, e il dolore infinito.






auroraageno
00martedì 3 novembre 2009 18:09
NELLA SUA FIAMMA MORTALE


Nella sua fiamma mortale la luce ti avvolge,
assorta, pallida dolente, così disposta
contro le vecchie eliche del crepuscolo
che gira intorno a te.
Muta, amica mia,
sola nella solitudine di quest'ora di morte
e piena delle vite del fuoco,
pura ereditiera del giorno distrutto.
Dal sole cade un grappolo sul tuo vestito oscuro.
Le grandi radici della notte
crescono d'improvviso dalla tua anima,
e all'esterno tornano le cose in te nascoste,
così che un villaggio pallido e azzurro
appena sorto da te si alimenta.

Oh grandiosa e feconda e magnetica schiava
del circolo che in nero e oro succede:
eretta, tratta e ottiene una creazione sì viva
che soccombono i suoi fiori, ed è piena di tristezza.





auroraageno
00martedì 3 novembre 2009 18:10
E' IL MATTINO PIENO...



E' il mattino pieno di tempesta
nel cuore dell'estate.

Come bianchi fazzoletti d'addio viaggiano le nubi,
il vento le scuote con le sue mani viaggianti.

Cuore innumerevole del vento
che palpiti sul nostro silenzio innamorato.

Ronzando tra gli alberi, orchestrale e divino,
come una lingua piena di guerre e di canti.

Vento che porti in ratto rapido il fogliame
e devii le frecce palpitanti degli uccelli.

Vento che l'abbatte in onda senza schiuma
e in sostanza senza peso, e fuochi inclinati.

Si rompe e si sommerge il suo volume di baci
combattuto sulla porta del vento dell'estate.







auroraageno
00martedì 3 novembre 2009 18:11
TI RICORDO COME ERI...


Ti ricordo come eri nell'ultimo autunno.
Eri il berretto grigio e il cuore in calma.
Nei tuoi occhi lottavano le fiamme del crepuscolo.
E le foglie cadevano nell'acqua della tua anima.

Stretta alle mie braccia come un rampicante,
le ore raccoglievano la tua voce lenta e in calma.
Fuoco di stupore in cui la mia sete ardeva.
Dolce giacinto azzurro attorto alla mia anima.

Sento viaggiare i tuoi occhi ed è distante l'autunno:
berretto grigio, volo d'uccello e cuore di casa
verso cui emigravano i miei profondi aneliti
e cadevano i miei baci allegri come brage.

Cielo da un naviglio. Campo dalle colline:
il tuo ricordo è di luce, di fumo, di stagno in calma!
Oltre i tuoi occhi ardevano i crepuscoli.
Foglie secche d'autunno giravano nella tua anima.






Luceeombra.
00mercoledì 11 novembre 2009 08:53
PER IL MIO CUORE...



Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino al cielo,
ciò ch'era addormentato sulla tua anima.

In te è l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada alle corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l'onda.

Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi di nave.
Com'essi sei alta e taciturna.
E ti rattristi d'improvviso, come un viaggio.

Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Mi son svegliato e a volte emigrano e fuggono
uccelli che dormivano nella tua anima.







auroraageno
00giovedì 12 novembre 2009 08:15

GIOCHI OGNI GIORNO


Giochi ogni giorno con la luce dell'universo.
Sottile visitatrice, giungi nel fiore e nell'acqua.
Sei più di questa bianca testina che stringo
come un grappolo trale mie mani ogni giorno.

A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra ghirlande gialle.
Chi scrive ilm tuo nome a lettere di fumo tra le stellem del sud?
Ah lascia che ti ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.

Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire tutti i venti, tutti.
La pioggia si denuda.

Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro le forze degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s'ancorarono al cielo.

Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all'ultimo grido.
Raggomìtolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta è corsa un'ombra strana nei tuoi occhi.

Ora, anche ora, piccola, mi rechi caprifogli,
ed hai persino i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.
Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano.
Abbiamo visto ardere tante volte l'astro baciandoci gli occhi
e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.

Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell'universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi.





auroraageno
00giovedì 12 novembre 2009 08:16

LA CANZONE DISPERATA



Il tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono.
Il fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato.

Abbandonato come i moli all'alba.
E' l'ora di partire, oh abbandonato!

Sul mio cuore piovono fredde corolle.
Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi!

In te si accumularono le terre e i voli.
Da te levarono le ali gli uccelli del canto.

Tutto hai inghiottito, come la lontananza.
Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio!

Era l'ora felice dell'assalto e del bacio.
L'ora dello stupore che ardeva come un faro.

Ansietà di nocchiero, furia di palombaro cieco,
torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio!

Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.
Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!

Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio,
ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio!

Feci retrocedere la muraglia d'ombra,
andai oltre il desiderio e l'atto.

Oh carne, carne mia, donna che amai e persi,
te, in quest'ora umida, evoco e canto.

Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza,
e l'infinito oblio t'infranse come una coppa.

Era la nera, nera solitudine delle isole,
e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia.

Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta.
Erano il dolore e le rovine, e tu fosti il miracolo.

Ah donna, non so come hai potuto contenermi
nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia!

Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto,
il più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido.

Cimitero di baci, c'è ancora fuoco nelle tue tombe,
ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli.

Oh la bocca morsa, oh le baciate membra,
oh gli affamati denti, oh i corpi intrecciati.

Oh la copula pazza di speranza e di vigore
in cui ci annodammo e ci disperammo.

E la tenerezza, lieve come l'acqua e la farina.
E la parola appena incominciata sulle labbra.

Questo fu il mio destino e in esso viaggiò il mio anelito,
e in esso cadde il mio anelito, tutto in te fu naufragio!

Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva,
che dolore non spremesti, che dolore non ti soffocava.

Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti.
In piedi come un marinaio sulla prua di una nave.

Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti.
Oh sentina di rifiuti, pozzo aperto e amaro.

Pallido palombaro cieco, sventurato fromboliere,
scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!

E' l'ora di partire, la dura e fredda ora
che la notte lega ad ogni orario.

Il cinturone rumoroso del mare cinge la costa.
Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli.

Abbandonato come i moli nell'alba.
Solo l'ombra tremula si contorce nelle mie mani.

Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni cosa.

E' l'ora di partire. Oh abbandonato!





auroraageno
00lunedì 16 novembre 2009 08:36

SETE DI TE...


Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.

Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.
Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua onda.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.

Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame, come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda atroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perché esistono i tuoi occhi.

La bocca ha sete, perché esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste brage che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.






auroraageno
00sabato 21 novembre 2009 16:46

LA PIOGGIA
(Rapa Nui)



No, che la Regina non riconosca
il tuo volto, è più dolce
così, amor mio, lungi dalle effigi, il peso
della tua chioma nelle mie mani, ricordi
l'albero di Mangareva i cui fiori cadevano
sui tuoi capelli? Queste dita non assomigliano
ai petali bianchi: guardali, son come radici,
son come talli di pietra sui quali scivola
la lucertola. Non temere, aspettiamo che cada la pioggia, nudi,
la pioggia, quella stessa che cade su Manu Tara.

Ma come l'acqua indurisce i suoi tratti nella pietra,
su di noi cade portandoci dolcemente
verso l'oscurità, più in basso del buco,
di Ranu Raraku. Per questo
non ti scorga il pescatore né la brocca. Seppellisci
i tuoi seni dalla bruciatura gemella nella mia bocca,
e che la tua chioma sia una piccola notte mia,
un'oscurità il cui profumo bagnato mi copre.

Di notte sogno che tu ed io siamo due piante
che s'elevarono insieme, con radici intricate,
e che tu conosci la terra e la pioggia come la mia bocca,
perché di terra e di pioggia siamo fatti. Talvolta
penso che con la morte dormiremo giù,
nella profondità dei piedi dell'effigie, guardando
l'oceano che ci condusse a costruire e ad amare.

Le mie mani non erano ferree quando ti conobbero, le acque
d'altro mare le passavano come una rete; ora
acqua e pietra sostengono semi e segreti.
Amami addormentata e nuda, che sulla riva sei
come l'isola: il tuo amore confuso, il tuo amore
stupito, nascosto nella cavità dei sogni,
è come il movimento del mare che ci circonda.

E quando anch'io m'andrò addormentando
nel tuo amore, nudo,
lascia la mia mano tra i tuoi seni perché palpiti
al tempo stesso dei tuoi capezzoli bagnati nella pioggia.







auroraageno
00giovedì 26 novembre 2009 17:38

UN GIORNO


A te, amore, questo giorno,
a te lo consacro.
Nacque azzurro, con un'ala
bianca in mezzo al cielo
giunse la luce
all'immobilità dei cipressi,
gli esseri minuscoli
uscirono sulla riva di una foglia
o alla macchia del sole su una pietra.
E il giorno è ancora azzurro,
finché entrerà nella notte come un fiume
e farà tremare l'ombra con le sue acque azzurre.

A te, amore, questo giorno.

Appena, da lontano, dal sogno,
lo presentii e appena
mi toccò il suo tessuto
di rete incalcolabile
io pensai: "E' per lei".
Fu un palpito d'argento,
fu sopra il mare volando un pesce azzurro,
fu un contatto d'arene abbacinanti,
fu il volo d'una freccia
che tra il cielo e la terra
attraversò il mio sangue
e come un fulmine raccolsi nel mio corpo
la traboccata chiarità del giorno.

E' per te, amor mio.

Io dissi: E' per lei.
Questo vestito è suo.
Il lampo azzurro che s'arrestò
sull'acqua e sulla terra
a te io lo consacro.

A te, amore, questo giorno.

Come una copia elettrica
o una corolla d'acqua tremante,
innalzalo nelle tue mani,
bevilo con gli occhi e con la bocca,
spargilo nelle tue vene perché arda
la stessa luce nel tuo sangue e nel mio.

Io ti dò questo giorno
con tutto ciò che porterà:
le trasparenti uve di zaffiro
e la raffica rotta
che avvicinerà alla tua finestra
i dolori del mondo.

Io ti dò tutto il giorno.
Di chiarità e di dolore faremo
il pane della nostra vita,
senza rifiutare ciò che ci porterà il vento
né raccogliere solo la luce del cielo
ma le cifre aspre
dell'ombra sulla terra.

Tutto ti appartiene,
tutto questo giorno col suo grappolo azzurro
e la segreta lacrima di sangue
che tu troverai nella terra.

E non t'accecherà l'oscurità
né la luce abbacinante:
di questo impasto umano
sono fatte le vite,
e di questo pane dell'uomo mangeremo.
E il nostro amore fatto di luce oscura
e d'ombra radiante
sarà come questo giorno vincitore
che entrerà come un fiume
di chiarità nel mezzo della notte.

Prendi questo giorno, amata.
Tutto questo giorno è tuo.

Lo dò ai tuoi occhi, amor mio,
lo dò al tuo seno,
te lo lascio nelle mani e nei capelli,
come un mazzo celeste.

Te lo dò perché ne faccia un vestito
d'argento azzurro e d'acqua;
quando arriverà
la notte che questo giorno inonderà
con la sua rete tremante
distenditi vicino a me,
toccami e coprimi
con tutti i tessuti stellati
della luce e dell'ombra,
e chiudi allora i tuoi occhi
perché io m'addormenti.





auroraageno
00giovedì 26 novembre 2009 17:40

IN TE LA TERRA


Piccola
rosa,
rosa piccolina,
a volte,
minuta e nuda,
sembra
che tu mi stia in una
mano,
che possa rinchiuderti in essa
e portarti alla mia bocca,
ma
d'improvviso
i miei piedi toccano i tuoi piedi e la mia bocca le tue labbra,
sei cresciuta
le tue spalle salgono come due colline,
i tuoi seni si muovono sul mio petto,
il mio braccio riesce appena a circondare la sottile
linea di luna nuova che ha la tua cintura:
nell'amore come acqua di mare ti sei scatenata:
misuro appena gli occhi più ampi del cielo
e mi chino sulla tua bocca per baciare la terra.






auroraageno
00giovedì 26 novembre 2009 17:40

LA REGINA


Io ti ho nominato regina.
Ve n'è di più alte di te, di più alte.
Ve n'è di più pure di te, di più pure.
Ve n'è di più belle di te, di più belle.
Ma tu sei la regina.

Quando vai per le strade
nessuno ti riconosce.
Nessuno vede la tua corona di cristallo, nessuno vede
il tappeto d'oro rosso
che calpesti dove passi,
il tappeto che non esiste.

E quando t'affacci
tutti i fiumi risuonano
nel mio corpo, scuotono
il cielo le campane,
e un inno empie il mondo.

Tu sola ed io,
tu sola ed io, amor mio,
lo udiamo.









auroraageno
00giovedì 11 febbraio 2010 09:09


L'INCOSTANTE


Gli occhi mi corsero
dietro una bruna che passò.

Era di madreperla nera,
era d'uva scura,
e mi sferzò il sangue
con la sua coda di fuoco.

Dietro tutte
vado.

Passò una chiara bionda
come una pianta d'oro
dondolando i suoi doni.
E la mia bocca andò
come in un'onda
scaricando sul suo seno
lampi di sangue.

Dietro tutte
vado.

Ma a te, senza muovermi,
senza vederti, te distante,
vanno il mio sangue e i miei baci,
bruna e chiara mia,
alta e piccola mia,
ampia e sottile mia,
mia brutta, mia bellezza,
fatta di tutto l'oro
e di tutto l'argento,
fatta di tutto il frumento
e di tutta la terra
fatta di tutta l'acqua
delle onde marine,
fatta per le mie braccia,
fatta per i miei baci,
fatta per l'anima mia.









auroraageno
00mercoledì 10 marzo 2010 10:04

ODE ALL'AMORE


Amore, facciamo i conti.
Alla mia età
non è possibile
ingannare o ingannarci.
Fui un ladro di strada,
forse.

Non mi pento.
Un minuto profondo,
una magnolia rotta
dai miei denti
e la luce della luna
favoreggiatrice.
Benissimo, ma il bilancio?

La solitudine mantenne
la sua rete intessuta
di freddi gelsomini
e allora
quella che giunse alle mie braccia
fu la regina rosea
delle isole.
Amore,
con una goccia
anche se cade
per tutta e tutta
la notturna
primavera
non si forma l'oceano
e restai nudo,
solitario, attendendo.
Ma, ecco che quella
che passò per le mie braccia
come un'onda,
quella
che solo fu un sapore
di frutta vespertina,
d'improvviso
ammiccò come stella,
arse come colomba
e la trovai nella mia pelle
che si scioglieva
come la chioma di un fuoco.
Amore, da quel giorno
tutto fu più semplice.
Ubbidii agli ordini
che il mio dimenticato cuore mi dava
e strinsi la sua cintura
e reclamai la sua bocca
con tutto il potere
dei miei baci,
come un re che conquista
con un esercito disperato
una piccola torre dove cresce
il giglio selvaggio della sua infanzia.

Per questo, Amore, io credo
che intricata e dura
può essere la tua strada,
ma che tu torni
dalla tua caccia
e quando accendi
nuovamente il fuoco,
come il pane sulla tavola,
così, con semplicità,
dev'essere ciò che amiamo.
Amore, questo mi desti.

Quando per la prima volta
essa giunse alle mie braccia
accadde come le acque
in una precipitata primavera.
Oggi
la raccolgo.
Sono anguste le mie mani e piccole
le orbite dei miei occhi
perché esse ricevano
il loro tesoro,
la cascata
d'interminabile luce, il filo d'oro,
il pane della sua fragranza
che sono semplicemente, Amore, la mia vita.








auroraageno
00mercoledì 10 marzo 2010 10:05

ODE ALLA MALVENUTA


Pianta del mio paese, rosa di terra,
stella rampicante,
sterpo nero,
petalo della luna nell'oceano
che amai con le sue disgrazie e le sue onde,
coi suoi pugnali e le sue stradicciole,
papavero
irto,
garofano di madreperla nera,
perché
quando la mia coppa
traboccò e quando
il mio cuore cambiò dal lutto al fuoco,
quando non ebbi per te, da offrirti,
ciò che tutta la vita t'attendeva,
allora
tu giungesti,
quando lettere brucianti
vanno ardendo sulla mia fronte.
Perché la linea pura
del tuo nuziale contorno
giunse come un anello
rotolando per la terra?

Non dovevi
di tutte e di tutte
giungere alla mia finestra
come un gelsomino tardivo.
Non eri, oh fiamma oscura,
quella che mi doveva toccare
e salire col mio sangue
fino alla mia bocca.
Ora,
cosa posso risponderti?

Consumati,
non attendere,
non c'è attesa
per le tue labbra di pietra notturna.
Consumati,
tu nella tua fiamma,
io nel mio fuoco,
e amami
per l'amore che non poté attenderti,
amami in ciò che tu ed io
abbiamo di pietra o di pianta:
continueremo a vivere
di ciò che non ci demmo:
della spalla su cui non poté reclinarsi una rosa,
di un fiore che la sua stessa bruciatura illumina.








auroraageno
00sabato 20 marzo 2010 19:21

ODE AL SUO AROMA



Dolce mia, di che profumi,
di che frutto,
di che stella, di che foglia?

Vicino
al tuo piccolo orecchio
o sulla tua fronte
mi chino,
affondo
il naso tra i tuoi capelli
e il sorriso
cercando, conoscendo
la natura del tuo aroma.
E' dolce, ma
non è fiore, non è coltellata
di garofano penetrante
o impetuoso aroma
di violenti
gelsomini:
è qualcosa, è terra,
è
aria,
legni o mele,
odore
della luce sulla pelle,
aroma
della foglia
dell'albero
della vita
con polvere
di strada
e freschezza
di ombra mattutina
nelle radici:
odore di pietra e di fiume,
ma
più vicino
a un pesco,
al tiepido
palpito segreto
del sangue,
odore
di casa pura
e di cascata,
fragranza
di colomba
e di chioma,
aroma
della mia mano
che percorse la luna
del tuo corpo,
le stelle
della tua pelle stellata,
l'oro,
il frumento,
il pane del tuo contatto,
e lì
nell'estensione
della tua luce pazza,
nella tua circonferenza d'anfora,
nella coppa,
negli occhi dei tuoi seni,
tra le tue ampie palpebre
e la tua bocca di schiuma,
in tutto
lasciò,
lasciò la mia mano
odore d'inchiostro e di selva,
sangue e frutti perduti,
fragranza
di pianeti dimenticati,
di pure
carte vegetali:

il mio corpo
sommerso
nella freschezza del tuo amore, amata,
come in una sorgente
o nel suono
d'un campanile,
in alto
tra l'odore del cielo
e il volo
dell'ultimo uccello,
amore,
odore, parola
della tua pelle, dell'idioma,
della notte nella tua notte,
del giorno nel tuo sguardo.

Dal tuo cuore
sale
il tuo aroma
come dalla terra
la luce fino alla cima del ciliegio:
nella tua pelle io trattengo
il tuo palpito
e fiuto
l'onda di luce che sale,
il frutto sommerso
nella sua fragranza,
la notte che respiri,
il sangue che percorre
la tua bellezza
fino a giungere al bacio
che mi attende
sulla tua bocca.









auroraageno
00giovedì 15 aprile 2010 19:28


ODE ALLA CASCATA



D'improvviso, un giorno
mi alzai per tempo
e ti diedi una cascata.
Di tutto
ciò che esiste
sopra la terra;
pietre,
edifici,
garofani,
di tutto
ciò che vola nell'aria,
nubi,
uccelli,
di tutto
ciò che esiste
sotto la terra,
minerali
morti,
nulla v'è
di così fuggitivo,
nulla che canti
come una cascata.

E' lì:
ruggisce
come una leonessa bianca,
brilla
come il fiore del fosforo,
sogna
con ognuno dei tuoi sogni,
canta
nel mio canto
dandomi
argenteria passeggera.
Ma
lavora
e muove
la ruota
di un mulino
e non solo
è ferito crisantemo,
ma realizzatrice della farina,
madre del pane che mangi
ogni giorno.

Mai
ti dorrà ciò che t'ho dato
perché sempre
fu tuo
ciò che ti diedi, il fiore o il legno,
la parola o il muro
che sostengono
tutto l'amore errante che riposa
ardendo nelle nostre mani,
ma di quanto
ti diedi,
ti do,
ti affido,
sarà questa
segreta
voce
dell'acqua
quella che un giorno
dirà nella sua lingua quanto
tu ed io tacemmo,
racconterà i nostri baci
alla terra,
alla farina,
continuerà
a macinare
frumento,
notte,
silenzio,
parole,
racconti,
canto.










auroraageno
00martedì 27 aprile 2010 22:55


ODE ALLE SUE MANI



Io in un mercato
o in un mare di mani
le tue
riconoscerei
come due uccelli bianchi,
diversi
tra tutti gli uccelli:
volano tra le mani,
migratrici,
navigano nell'aria,
trasparenti,
ma
tornano
al tuo fianco,
al mio fianco,
si ripiegano, addormentate, sul mio petto.
Diafane sono, sottili
e nude,
lucide come
una cristalliera,
e vanno
come ventagli
nell'aria,
come piume del cielo.

Al pane e all'acqua pure rassomigliano,
al frumento, ai paesi della luna,
al profilo della mandorla, al pesce selvaggio
che palpita argenteo
sulla strada
delle sorgenti.
Le tue mani vanno e vengono
lavorando,
lontano, suonano
toccando forchette,
fan fuoco e d'improvviso diguazzano
nell'acqua
nera della cucina,
beccuzzano la macchina chiarendo
il cespuglio della mia calligrafia,
piantano chiodi nelle pareti,
lavano biancheria
e tornano di nuovo alla loro bianchezza.

Per qualcosa
fu disposto sulla terra
che dormisse e volasse
sul mio cuore
questo miracolo.







auroraageno
00martedì 27 aprile 2010 22:56

ODE AL SEGRETO AMORE



Tu sai
che indovinano
il mistero:
mi vedono,
ci vedono,
e nulla
è stato detto,
né i tuoi occhi,
né la tua voce, né i tuoi capelli,
né il tuo amore hanno parlato,
e lo sanno
d'improvviso,
senza saperlo
lo sanno:
mi accomiato e cammino
verso un'altra parte
e sanno
che mi attendi.

Felice
vivo
e canto
e sogno,
sicuro
di me stesso,
e in qualche modo
conoscono
che tu sei la mia gioia.

Vedono
attraverso i pantaloni oscuri
le chiavi
della tua porta,
le chiavi
della carta, della luna
nei gelsomini,
il canto nella cascata.

Tu, senza aprire la bocca,
sbrigliata,
tu, chiudendo gli occhi,
cristallina,
tu, che custodisci
tra le foglie nere
una colomba rossa,
il volo
di un cuore nascosto,
e allora
una sillaba,
una goccia
del cielo,
un suono
dolce d'ombra e di polline
nell'orecchio,
e tutti
lo sanno
amor mio,
circola tra gli uomini,
nelle librerie,
vicino alle donne,
vicino
al mercato
rotola
l'anello
del nostro
segreto
amore
segreto.

Lascia
che se ne vada
rotolando
per le strade,
che spaventi
i ritratti,
i muri,
che vada e torni
ed esca
con i nuovi
legumi del mercato,
ha
terra,
radici
e in alto
un papavero,
la tua bocca
un papavero.
Tutto
il nostro segreto,
la nostra chiave,
parola
nascosta,
ombra,
mormorio,
quello
che qualcuno
disse
quando non eravamo presenti,
è solo un papavero,
un papavero.
Amore,
amore,
amore,
oh fiore segreto,
fiamma
invisibile,
chiara
bruciatura!











auroraageno
00martedì 18 maggio 2010 10:45


ODE ALLA GIARDINIERA



Sì, io sapevo che le tue mani erano
la violacciocca fiorita, il giglio
d'argento:
qualcosa avevi a che vedere
con il suolo,
con la fioritura della terra,
ma,
quando
ti vidi scavare, scavare,
togliere pietruzze
e maneggiar radici
seppi d'improvviso,
agricoltora mia,
che
non solo
le tue mani,
ma il tuo cuore
eran di terra,
che lì
stavi
facendo
cose tue,
toccando
porte
umide
per dove
circolano
i
semi.

Così, dunque,
dall'una all'altra
pianta
appena
piantata,
col volto
macchiato
da un bacio
del fango,
andavi
e ritornavi
fiorendo,
andavi
e dalla tua mano
il tallo
dell'alstromeria
innalzò la sua eleganza solitaria,
il gelsomino
adornò
la nebbia della tua fronte
con stelle d'aroma e di rugiada.
Tutto
da te cresceva
penetrando
nella terra
e facendosi
immediata
luce verde,
fogliame e potenza.
Tu gli comunicavi
i tuoi semi,
amata mia,
giardiniera rossa.
La tua mano
scambiava il tu
con la terra
ed era istantanea
la chiara fioritura.
Amore, ugualmente
la tua mano
d'acqua,
il tuo cuore di terra,
diedero
fertilità
e forza alle mie canzoni.
Tocchi
il mio petto
mentre dormo
e gli alberi sbocciano
dal mio sonno.
Sveglio, apro gli occhi,
e hai piantato
dentro me
stelle stupite
che salgono
col mio canto.

E' così, giardiniera.
Il nostro amore
è
terrestre:
la tua bocca è pianta di luce, corolla,
il mio cuore lavora nelle radici.











auroraageno
00giovedì 15 luglio 2010 17:48

ODE AL VALZER SULLE ONDE


Vecchio valzer sei vivo
e palpiti
dolcemente
non al modo
di un
cuore sepolto,
ma come l'odore
di una pianta profonda.
forse come l'aroma
dell'oblio.

Non conosco
i
segni
della musica,
né i suoi libri sacri,
sono un
povero poeta
delle strade
e solo
vivo e muoio
quando
dai suoni luttuosi
emerge sopra un mare di madreselva
il miele antico,
la danza coronata
da un mazzo celeste di palme.

Oh, per i pergolati,
nella sabbia
di quella costa, sotto
quella luna,
ballare con te il valzer
delle schiume
stringendo la tua cintola
e all'ombra
del cielo e del suo naviglio
baciare sulle palpebre i tuoi occhi
risvegliando
la rugiada
addormentata nel gelsomino fosforescente!

Oh, valzer dalle labbra pure
semiaperte
al va e vieni
amoroso
delle onde,
oh cuore
antico
innalzato
sulla nave
della musica,
oh valzer
fatto
di fumo,
di colombe,
di nulla
che vivi
tuttavia
come una corda fine,
indistruttibile,
intrecciata
di ricordi
imprecisi,
di solitudine, di terra,
di giardini!
Danzare con te, amore,
alla fragrante
luce
di quella luna,
di quell'antica
luna,
baciare, baciare la tua fronte
mentre rotola
quella
musica
sopra le onde!






auroraageno
00giovedì 15 luglio 2010 17:49

TESTAMENTO D'AUTUNNO
(FRAMMENTO)


Matilde Urrutia, qui ti lascio
ciò che ebbi e che non ebbi,
ciò che sono e che non sono.
Il mio amore è un bimbo che piange,
non vuol uscire dalle tue braccia,
io te lo lascio per sempre:
sei per me la più bella.

Sei per me la più bella,
la più tatuata dal vento,
come un alberello del sud,
come un nocciolo in agosto.
Sei per me succulenta
come una panetteria,
è di terra il tuo cuore
ma le tue mani son celesti.

Sei rossa e sei pungente,
sei bianca e sei saporita
come salsa di cipolla.
Sei un pianoforte che ride
con tutte le note dell'anima,
e su me cade la musica
delle tue ciglia e dei capelli.
Mi bagno nella tua ombra d'oro
mi dilettano le tue orecchie
come se le avessi viste
nelle maree di corallo:
per le tue unghie lottai nelle onde
contro pesci spaventosi.


Da Sud a Sud s'aprono i tuoi occhi,
da Est a Ovest il tuo sorriso,
non ti si possono vedere i piedi
il sole si diverte frantumando
l'alba nei tuoi capelli.
Il tuo corpo e il tuo viso vennero,
come me, da regioni dure,
da cerimonie piovose,
da terre antiche e martiri.

Continua a cantare il Biobìo
nella nostra argilla insanguinata,
ma tu recasti dal bosco
tutti i segreti profumi
e quel modo di sfoggiare
un profilo di freccia perduta,
una medaglia di guerriero.

Tu fosti la mia vincitrice
per l'amore e per la terra,
perché la tua bocca mi recava
antepassate sorgenti,
appuntamenti in boschi d'altre età,
oscuri tamburi bagnati:
d'improvviso udii che mi chiamavano:
era da lungi e da quando:
m'avvicinai all'antico fogliame,
baciai il mio sangue sulla tua bocca,
cuor mio, mia araucana.

Che posso lasciarti se hai,
Matilde Urrutia, nel tuo contatto,
quell'aroma di foglie bruciate,
quella fragranza di fragole
e tra i tuoi due seni marini
il crepuscolo di Cauquenes
e l'odore di peumo del Cile?

E' l'alto autunno del mare
pieno di nebbia e di cavità,
la terra si distende e respira.
Cadono al mese le foglie
e tu china sul mio lavoro
con la tua passione e pazienza
decifrando le zampe verdi,
le ragnatele, gli insetti
della mia mortale calligrafia.
Oh leonessa dai piccoli piedi,
che farei senza le tue piccole mani,
dove andrei camminando
senza cuore e senza oggetto,
in che lontani autobus,
malato di fuoco o di neve?
Ti debbo l'autunno marino
con l'umidità delle radici
e la nebbia come un'uva
e il sole silvestre ed elegante:
ti debbo questo cassetto silenzioso
in cui si perdono i dolori
e solo salgono alla fronte
le corolle della gioia.
Io debbo tutto a te,
tortora scatenata,
mia quaglia piumata,
mio cardellino delle montagne,
mia contadina di Coihueco.
Un giorno, se più non siamo,
se più non andiamo né veniamo,
sotto sette strati di polvere
e i piedi secchi della morte,
staremo uniti, amore,
confusi stranamente.
Le nostre spine differenti,
i nostri occhi maleducati,
i nostri piedi che non s'incontravano
e i nostri baci indelebili,
tutto sarà alfine riunito,
ma a che ci servirà
l'unione in un cimitero?

Che non ci separi la vita
e vada al diavolo la morte!










auroraageno
00martedì 20 luglio 2010 15:29


FORSE NON ESSERE E' ESSERE


Forse non essere è essere senza che tu sia,
senza che tu vada tagliando il mezzogiorno
come un fiore azzurro, senza che tu cammini
più tardi per la nebbia e i mattoni,

senza quella luce che tu rechi in mano
che forse altri non vedran dorata,
che forse nessun seppe che cresceva
come l'origine rossa della rosa,

senza che tu sia, infine, senza che venissi
brusca, eccitante, a conoscer la mia vita,
raffica di roseto, frumento del vento,

e da allora sono perché tu sei,
e da allora sei, sono e siamo,
e per amore sarò, sarai, saremo.







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