Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

L'ISOLA DEL TESORO - di Robert Louis Stevenson - Completo -

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2009 20:01
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
16/01/2009 14:39


Capitolo 4

Il baule marino



Io non tardai naturalmente a raccontare a mia madre tutto ciò che sapevo, come forse
avrei dovuto fare molto prima, e subito vedemmo quanto difficile e pericolosa fosse la
nostra posizione. Del denaro del capitano, se pur ve n'era, una parte spettava
indubbiamente a noi; ma era ben poco probabile che i suoi camerati, e soprattutto i due
campioni da me conosciuti, Can-Nero e il cieco mendicante, fossero disposti a
rinunciare al loro bottino per saldare i debiti del morto. Ora, se io montavo a cavallo e
correvo come il capitano voleva per il dottor Livesey, avrei lasciato mia madre sola e
indifesa: non era dunque il caso di pensare a ciò. D'altra parte, noi non ci sentivamo di
rimanere più a lungo nella nostra casa. Il cadere dei carboni nella griglia del fornello, il
semplice tic-tac dell'orologio, ci facevano trasalire di spavento. Alle nostre orecchie
pareva di sentire la strada battuta da uno scalpiccìo che venisse mano a mano
avvicinandosi. Ed io, stretto fra il cadavere del capitano giacente sul pavimento della
sala, e il pensiero di quell'abominevole cieco ronzante nei dintorni e pronto a riapparire,
passavo dei momenti in cui per il terrore non avevo capello in testa che non fosse
dritto. Tuttavia, qualche cosa bisognava decidere. Decidemmo finalmente di uscir
insieme a cercare aiuto nel vicino villaggio. Detto fatto. A testa scoperta come
eravamo, ci slanciammo nella crescente oscurità della sera e nella gelida nebbia.
Il villaggio era a poche centinaia di passi da noi, nascosto alla vista, sull'altra costa
della baia; e, ciò che molto mi confortava, in direzione opposta a quella dove il cieco
era apparso, e dove presumibilmente si era eclissato. Il tragitto non richiese più di
qualche minuto, sebbene varie volte ci fermassimo tendendo l'orecchio. Ma nessun
rumore insolito: nulla, tranne il leggero frusciare della risacca sul lido, e il gracchiare
dei corvi nel bosco.
Era l'ora che si accendevano le candele nelle case, quando entrammo nel villaggio, ed
io mai dimenticherò il grande sollievo che provai nel vedere a porte e finestre quei lumi
d'oro. Ma fu questo, ahimè, il massimo dell'aiuto che laggiù ci aspettava.
Poiché, e fa meraviglia che quella gente non se ne vergognasse, nessuno di loro
acconsentì a ritornare con noi all'"Ammiraglio Benbow". Più ci dilungavamo a dipingere
i nostri affanni, e più loro, donne, uomini e ragazzi, si aggrappavano alle loro porte. Il
nome del capitano Flint, ignoto a me, era abbastanza popolare in mezzo a loro, e non
lo si udiva pronunciare senza raccapriccio.
Uomini che avevano accudito a lavori agricoli di là dall'"Ammiraglio Benbow",
raccontavano d'essersi imbattuti lungo la strada in alcuni stranieri dall'aspetto di
contrabbandieri, ed essersi tirati in disparte; ed uno almeno aveva visto un piccolo
bragozzo all'ancora in quella che noi chiamavamo la Tana di Kitt; e perciò bastava che
uno fosse in relazione col capitano per incutere loro una paura mortale. In conclusione,
se trovammo alcuni disposti a correre a cavallo dal dottor Livesey, il quale abitava in
tutt'altra direzione, nessuno volle aiutarci a difendere la nostra casa.
Se la viltà è, come dicono, contagiosa, la discussione per contro accende l'ardire:
sicché dopo che ognuno ebbe detta la sua, parlò mia madre. E dichiarò che non
intendeva rinunciare al denaro che apparteneva al suo povero orfano.
"Se nessuno di voi osa" esclamò "Jim ed io oseremo. Rifaremo la strada che abbiamo
fatta, e tante grazie a voi, massa di conigli che non siete altro. Dovesse costarci la vita,
noi apriremo quel baule. Vuole prestarmi, signora Crossley, quella borsa? Mi servirà
per riportare indietro il nostro avere." Naturalmente io dichiarai che avrei
accompagnato mia madre; e non meno naturalmente tutti quanti ad alte grida
condannarono la nostra temerità: ma anche allora non un solo uomo pronto a seguirci
saltò fuori. Tutto il loro aiuto si restrinse a munirci di una pistola carica per difesa in
caso di aggressione, e a prometterci di farci trovar cavalli sellati nell'eventualità che nel
ritorno fossimo inseguiti, mentre un ragazzo sarebbe andato al galoppo dal dottore, in
cerca di soccorso armato.
Il mio cuore batteva a martello quando noi due nella notte gelata uscimmo incontro alla
pericolosa avventura. La luna piena incominciava a sorgere e sembrava rossa
attraverso i margini superiori della nebbia; e ciò accresceva la nostra fretta, giacché
non c'era nessun dubbio che prima del nostro ritorno avrebbe fatto giorno, e la nostra
partenza sarebbe stata esposta a tutti gli sguardi. Svelti e silenziosi sgusciavamo lungo
le siepi senza vedere né udire niente capace di aumentare la nostra inquietudine,
finché con indicibile sollievo la porta dell'"Ammiraglio Benbow" si richiuse alle nostre
spalle.
Io spinsi il chiavistello, e per un istante restammo soli e ansimanti nel buio accanto al
cadavere del capitano. Poi mia madre prese una candela nel bar e tenendoci per mano
c'inoltrammo nella sala. Egli era lì come l'avevamo lasciato, con la schiena sul
pavimento, gli occhi spalancati, e un braccio proteso.
"Tira giù la persiana, Jim" bisbigliò mia madre. "Potrebbero arrivare e vederci dal di
fuori. "Ed ora" aggiunse appena io ubbidii "dobbiamo trovargli la chiave che ha
indosso, e io non so chi di noi due lo vorrà toccare!" Ed ebbe come un singulto.
Io mi buttai in ginocchio. Sul pavimento, presso la sua mano c'era un piccolo disco di
carta annerita da un lato. Nessun dubbio che era "la macchia nera"; presolo in mano e
rivoltatolo, lessi sull'altro lato, scritto con scrittura ferma e chiara, questo breve
messaggio: "Tempo fino alle dieci di stasera." "Mamma" dissi io "aveva tempo fino alle
dieci" e proprio mentre pronunciavo queste parole il nostro orologio cominciò a battere
le ore Quegli improvvisi colpi ci fecero sobbalzare: ma portavano una buona notizia,
giacché non erano che le sei.
"Su, Jim" riprese lei "quella chiave." Frugai le sue tasche, una dopo l'altra. Alcuni
spiccioli, un ditale, un po' di refe, due grossi aghi, un rotolo di tabacco morsicato in
cima, il suo coltello dal manico ricurvo, una bussola tascabile, e un acciarino: nient'altro
saltò fuori.
Io cominciavo a disperare.
"Forse al suo collo" suggerì mia madre.
Superando una acuta ripugnanza, lacerai la camicia attorno al collo; e lì, attaccata a un
pezzo di spago incatramato, che tagliai col suo stesso coltello, trovammo la chiave.
Incoraggiati da questa vittoria balzammo di furia al piano di sopra, nella piccola stanza
dove per tante notti egli aveva dormito e dove il suo baule non era stato mosso dal
giorno del suo arrivo.
Era all'apparenza uno dei soliti bauli marini, con sul coperchio impressa a fuoco
l'iniziale "B", e gli spigoli ammaccati e consumati dal lungo e aspro uso.
"Dammi la chiave" disse mia madre. E malgrado la serratura fosse dura, aprì in un
batter d'occhio, ed alzò il coperchio.
Un acuto odore di tabacco e di catrame si sprigionò dall'interno, ma nulla comparve
all'infuori di un ottimo abito completo, diligentemente spazzolato e piegato, che, al dire
di mia madre, non era mai stato indossato. Al disotto, cominciava la confusione:
un quadrante, un vaso di latta, alcuni rocchi di tabacco, due belle paia di pistole, una
barra d'argento, un vecchio orologio spagnolo, e parecchie altre cianfrusaglie di scarso
valore, quasi tutte di provenienza straniera; un paio di bussole montate in rame, e
cinque o sei curiose conchiglie delle Indie Occidentali, a proposito delle quali più volte
dopo d'allora mi accadde di domandarmi perché egli se le portasse dietro nella sua
errabonda criminosa e perseguitata esistenza.
Nulla fin qui di qualche valore, eccetto l'argento, e quei gingilli; e nulla che in qualche
modo rispondesse alle nostre aspettative. Sotto c'era un vecchio cappotto da marinaio
sbiancato dalla salsedine in più d'una taverna di porto di mare. Con impazienza mia
madre lo tolse via, ed ecco in fondo al baule un pacchetto avvolto in tela cerata, che
pareva contenere carte, e un sacchetto di tela che, urtato, rispose con un tintinnìo
d'oro.
"Mostrerò a quei furfanti che io sono una donna onesta" disse mia madre. "Prenderò
ciò che mi spetta, e non un millesimo di più.
Porgi la borsa della signora Crossley." E incominciò a far passare, dal sacchetto
marino in quello che io le tendevo, l'importo del debito del capitano: lunga e complicata
faccenda giacché le monete erano di tutti i paesi e valute; doppioni e luigi d'oro,
ghinee, pezzi da otto e non so che altre: tutte quante mescolate a casaccio. E
purtroppo le ghinee, che sole permettevano a mia madre di fare il conto, erano le meno
numerose.
D'un tratto, mentre eravamo a circa metà dell'operazione, posai una mano sul braccio
di lei: un rumore da me sentito nel silenzio dell'aria ghiacciata mi aveva fatto saltare il
cuore in gola: il picchiettìo del bastone del cieco sulla strada indurita dal gelo.
E il rumore si veniva sempre più avvicinando, mentre immobili noi trattenevamo il
respiro. Poi un colpo violento fu sferrato contro la porta, si sentì girare la maniglia e il
catenaccio stridere mentre il miserabile tentava di forzarlo, dopo di che seguì un lungo
silenzio, dentro come fuori. Finalmente il picchiettìo del bastone ricominciò, e con
indescrivibile nostra gioia adagio adagio si affievolì, finché si spense nella lontananza.
"Mamma, prendiamo tutto quanto, e andiamo" dissi io, sicuro com'ero che il fatto della
porta chiusa a chiave dovesse crear sospetto e tirarci addosso l'intero nido di vespe,
mentre d'altra parte della misura presa mi compiacevo fino a un punto difficilmente
immaginabile da chi mai si fosse scontrato con quel terribile cieco.
Ma, per quanto squassata dallo spavento, mia madre mai avrebbe toccato nulla più del
suo diritto, allo stesso modo in cui era inflessibilmente decisa a non accontentarsi di un
millesimo di meno.
"Manca ancora parecchio alle sette" diceva lei; sapeva cos'era il fatto suo e intendeva
averlo. E ancora stava discutendo con me, quando un sottile fischio partito da lontano
sopra la collina, ferì il silenzio. Bastò, e ce ne fu d'avanzo, per entrambi.
"Porto via ciò che ho" fece lei, balzando in piedi.
"Ed io questo, per arrotondare il conto" aggiunsi io, arraffando il plico di tela cerata.
Senza perder tempo, lasciando la candela accanto al baule vuoto, scendemmo a
tastoni la scala, aprimmo la porta, ed eccoci in piena ritirata. Non era il caso di tardare
un attimo. La nebbia andava velocemente dileguandosi; già libera e nitida la luna
illuminava le alture; solo nella conca della vallicella e attorno alla porta dell'albergo
pendeva intatto ancora quasi un tenue velo di bruma, coprendo i primi passi della
nostra fuga. Assai prima che a metà cammino e poco oltre il piede della collina,
entrammo in piena luce. Ma non bastava: già sentivamo il rumore di passi che si
avvicinavano di corsa, e volgendoci indietro a riguardare in quella direzione, vedemmo
una luce sbattuta di qua e di là che rapidamente si avvicinava, segno evidente che uno
di quelli che venivano reggeva una lanterna.
"Figlio mio" proruppe mia madre "prendi il denaro, corri. Io mi sento mancare." Vidi la
fine certa per tutti e due. Ah, con tutto il cuore maledissi la codardia dei nostri vicini; e
come ne volevo alla mia povera madre per la sua onestà e avidità; la passata audacia
e la presente debolezza! Per fortuna avevamo raggiunto il ponticello; la sostenni
barcollante com'era fino alla sponda dell'argine dove ella sospirò e mi si afflosciò sulle
spalle. Io non so dove trovassi la forza (e fu, temo, non senza brutalità) di trascinarla ai
piedi dell'argine, un po' sotto l'arco, ma non oltre un certo punto, poiché l'arco era
troppo basso, io non potevo fare altro se non strisciarvi sotto. Così ci toccò restare, mia
madre quasi interamente esposta alla vista, ed entrambi a portata di voce dall'albergo.



(continua)

_________Aurora Ageno___________
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi


Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:03. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com