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L'ISOLA DEL TESORO - di Robert Louis Stevenson - Completo -

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2009 20:01
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17/01/2009 15:21

PARTE SECONDA - IL CUOCO DI BORDO


Capitolo 7

Vado a Bristol



Per approntare il nostro equipaggiamento ci volle più tempo di quanto il cavaliere non
immaginasse, e nessuno dei nostri iniziali progetti, neppure quello del dottor Livesey di
tenermi presso di sé, poté essere attuato secondo le nostre intenzioni. Il dottore aveva
dovuto recarsi a Londra in cerca di un medico a cui rimettere la propria clientela; il
cavaliere era grandemente occupato a Bristol, ed io ero rimasto al castello sotto la
sorveglianza del vecchio Redruth, il guardacaccia. Ero quasi prigioniero, ma il mare
riempiva i miei sogni con le più deliziose visioni di strane isole ed avventure. Per ore e
ore il mio pensiero indugiava sulla carta della quale ricordavo esattamente i particolari.
Seduto accanto al fuoco nella stanza dell'intendente, mi lasciavo trasportare dalla
fantasia in quell'isola; ne esploravo ogni angolo; cento volte mi arrampicavo su per il
largo dorso del monte denominato Il Cannocchiale, e dalla cima mi godevo i più vari e
meravigliosi panorami. A volte l'isola si popolava di selvaggi, coi quali combattevamo;
altre si riempiva di belve che ci inseguivano: ma in nessuna di tutte queste allucinazioni
vidi mai cose tanto straordinarie e tragiche come quelle che dovevamo incontrare nella
realtà.
Passarono alcune settimane finché un bel giorno giunse all'indirizzo del dottor Livesey
una lettera con l'avvertenza: "Da essere aperta, in caso di sua assenza, da Tom
Redruth o dal giovane Hawkins". Dissuggellatala, trovammo, o meglio trovai, dato che
il guardacaccia non se la cavava a leggere se non lo stampato, le seguenti importanti
notizie:
"Albergo dell'Ancora Vecchia - Bristol primo marzo 17...
"Caro Livesey, ignorando se siete di ritorno al castello o tuttora a Londra, invio la
presente in doppio ad ambedue le destinazioni.
Il bastimento è acquistato, equipaggiato, e pronto a salpare. Mai vedeste una più
graziosa goletta, un bambino sarebbe capace di governarla; portata, duecento
tonnellate; nome, 'Hispaniola.' Me la procurò il mio vecchio amico Blandly, che si è
comportato come il migliore dei camerati, dandomi prova d'una bontà stupefacente. Il
mio meraviglioso compagno si è fatto in quattro per servirmi, e la stessa cosa posso
dire ha fatto ogni altra persona a Bristol non appena saputo verso quale porto noi
metteremo la prua: vale a dire, il tesoro." "Redruth" dissi interrompendo la lettura
"questo non piacerà al dottor Livesey. Il cavaliere ha pur finito per parlare." "E chi più di
lui ne aveva il diritto?" brontolò il guardacaccia.
"Sarebbe bella che il cavaliere dovesse aspettare il permesso del dottor Livesey per
aprir bocca." Dopo ciò io rinunziai a qualsiasi commento e seguitai a leggere difilato:
"Fu lo stesso Blandly a scovare la Hispaniola e adoperandosi con incredibile
accortezza riuscì ad ottenerla per un'inezia. C'è a Bristol una categoria di gente
estremamente prevenuta contro Blandly. A sentir loro, questa onesta creatura sarebbe
capace di non so che, pur di far denaro; l''Hispaniola' gli apparteneva; me l'avrebbe
venduta a un prezzo esorbitante, e simili altre evidentissime calunnie. Nessuno,
peraltro, osa negare le doti della nave.
Fin qui, nessun inciampo. Gli operai, attrezzatori ed altri, d'una lentezza da stancare i
santi: ma col tempo e la pazienza ci siamo arrivati. Ciò che m'inquietava era
l'equipaggio.
Io volevo una buona ventina d'uomini, per l'eventualità d'incontri con indigeni o pirati o
con quei dannati francesi, e m'era costato una fatica del diavolo trovarne non più d'una
mezza dozzina, quando uno straordinario colpo di fortuna mi portò tra le gambe proprio
l'individuo che faceva per me. Ero sul molo e per puro caso attaccai discorso con lui.
Seppi ch'era un vecchio marinaio, che aveva un'osteria, conosceva tutta quanta la
gente di mare di Bristol, si era guastata la salute rimanendo a terra, e cercava un buon
posto di cuoco a bordo per ritornare sul mare. Quel mattino se n'era venuto
zoppicando fin lì, diceva, per prendervi una boccata d'aria salmastra.
Io ne fui profondamente commosso, come sarebbe capitato a voi stesso, e per pura
compassione lo ingaggiai lì per lì come cuoco di bordo. Si chiama Long John Silver, e
gli manca una gamba; ma questo particolare conta per me come una
raccomandazione, poiché codesta gamba egli l'ha perduta servendo la Patria sotto gli
ordini dell'immortale Hawke. Eppure, non gli passano un centesimo di pensione. In che
tristi tempi viviamo, Livesey!
Ebbene, io credevo fin qui di non aver trovato che un cuoco, ed era invece una intera
ciurma che avevo scoperto. Fra tutti e due riuscimmo in pochi giorni a radunare una
brigata dei più induriti vecchi lupi di mare che si potesse immaginare, non certo belli da
vedere, ma dei tipi, come il loro aspetto dimostra, dalla tempra indomabile. Vi assicuro
che potremmo affrontare una fregata.
Long John si è sbarazzato di due dei sei o sette che io già avevo ingaggiati. Egli non
durò fatica a persuadermi ch'erano dei marinai d'acqua dolce per nulla adatti a
un'impresa di così maschia importanza.
Io sto magnificamente bene di corpo e di spirito: mangio come un bue e dormo come
un ceppo; ma non me la godrò se non quando sentirò intorno all'àrgano lo scalpiccìo
dei miei vecchi lupi di mare. Al largo! Al diavolo il tesoro! E' la gloria di questo mare che
mi ha fatto girar la testa! Sicché, Livesey, venite senza indugio: non perdete un'ora, se
mi volete bene.
Mandate il giovane Hawkins a salutar sua madre accompagnato da Redruth; e poi
volate a Bristol.
John Trelawney.
"Poscritto. - Non vi ho detto che Blandly, il quale tra parentesi ci manderà dietro una
nave qualora dentro agosto non fossimo ritornati, mi ha trovato un mirabile capitano,
un uomo duro (il che mi dispiace) ma, sotto ogni altro aspetto, una perla. Long John
Silver ha scovato un competentissimo nostromo, di nome Arrow.
Abbiamo pure un secondo che suona il piffero, Livesey: sicché le cose fileranno lisce
come sopra una nave da guerra, a bordo della nostra incomparabile 'Hispaniola.'
Dimenticavo pure di dirvi che Silver è persona seria: so da sicura fonte che ha presso
una Banca un credito il cui importo non è mai stato oltrepassato. Egli lascerà l'osteria
nelle mani della moglie; e siccome lei è una negra, due impenitenti celibi come voi ed
io hanno ben ragione di pensare che non è soltanto la salute, ma anche la moglie, che
lo risospinge a girare il mondo.
J. T. "P.P.S. Hawkins può rimanere ventiquattr'ore presso sua madre." E' facile
immaginare la frenesia in cui mi mise questa lettera. Io ero quasi fuori di me dalla gioia
e guardavo con disprezzo il vecchio Tom Redruth che non sapeva fare altro che
brontolare e gemere. Chiunque tra i guardacaccia in seconda avrebbe volentieri preso
il suo posto: ma tale non era il desiderio del cavaliere; e i desideri del cavaliere erano
legge, per i suoi servitori; fra i quali nessuno, all'infuori del vecchio Redruth, si sarebbe
mai arrischiato di mormorare.
L'indomani mattina noi due a piedi ci recammo all'"Ammiraglio Benbow", dove io trovai
mia madre in buona salute e allegra. Il capitano, causa di tanti dolori, si era trasferito là
dove ai malvagi è tolta la possibilità di poter nuocere agli altri. Il cavaliere aveva fatto
riparare ogni cosa, e ridipingere l'insegna e i locali destinati al pubblico; aggiungendovi
alcuni mobili, tra cui splendeva una bella sedia a braccioli destinata a mia madre.
Alla quale aveva anche procurato un ragazzo apprendista, in maniera che durante la
mia assenza non sarebbe rimasta priva di aiuto.
Fu guardando quel ragazzo, che per la prima volta io mi resi conto della mia
situazione. Fino a quel momento io avevo soltanto pensato alle avventure cui andavo
incontro; non alla casa che stavo per lasciare; ed ora, alla vista di quello sgraziato
straniero che avrebbe preso il mio posto accanto a mia madre, fui preso dalla prima
crisi di lacrime. Io temo di avergli fatto fare una vita da cane a quel ragazzo, poiché non
essendo pratico dei lavori, mi offrì mille occasioni di rimproverarlo e umiliarlo, delle
quali io non esitai ad approfittare.
La notte passò, e l'indomani nel pomeriggio Redruth ed io ci rimettemmo in cammino.
Io dissi addio a mia madre e alla baia dov'ero vissuto fin dalla lontana infanzia, e al
caro vecchio "Ammiraglio Benbow", per quanto forse non più così caro dopo essere
stato ridipinto. Uno dei miei ultimi pensieri fu per il capitano che tante volte avevo visto
correre lungo la spiaggia col suo cappello a tricorno, la sua guancia sfregiata, e il suo
vecchio cannocchiale di rame. Un minuto dopo avevamo girato l'angolo, e la mia casa
era scomparsa.
La diligenza ci raccolse verso sera al "Royal George", sulla landa. Io mi trovai
incastrato fra Redruth ed un corpulento signore, e, malgrado gli scossoni della rapida
corsa e la pungente aria notturna, cominciai fin dal principio a sonnecchiare e poi
dormii sodo come un ceppo, per colline e per valli e di posta in posta; e quando infine
un pugno nelle costole mi fece riscuotere e aprire gli occhi, mi accorsi che stavamo
davanti a un vasto fabbricato, in una via di città, ed era giorno fatto.
"Dove siamo?" chiesi.
"A Bristol" rispose Tom. "Scendi giù." Il signor Trelawney aveva preso alloggio in un
albergo situato in cima al porto per poter da vicino sorvegliare i lavori della goletta. Era
quella la nostra mèta; e, con mio grande piacere, la strada correva lungo le banchine,
costeggiando una folla innumerevole di bastimenti di ogni forma, attrezzatura e paese.
Su l'uno i marinai cantavano intenti alla loro fatica; sull'altro si vedevano uomini lassù
per aria sospesi a funi sottili all'occhio come fili di ragnatele. Quantunque io avessi
vissuto tutti i miei giorni lungo la spiaggia, avevo l'impressione di accostarmi ora al
mare per la prima volta. L'odore del catrame e della salsedine mi sembrava una novità.
Vedevo sulle prue meravigliose polene che s'erano specchiate nei più lontani oceani; e
vecchi marinai dagli anellini d'oro agli orecchi, dai baffi arricciati, dai codini incatramati,
dalla goffa e pesante andatura; e ne ero contento non meno che se avessi assistito a
una processione di re e di arcivescovi.
Ed ora io pure avrei navigato: sopra una goletta, con un nostromo che avrebbe
suonato il piffero; e marinai dal codino incatramato che avrebbero cantato: sul mare,
verso un'isola sconosciuta, alla ricerca di tesori nascosti!
Mentre mi andavo cullando in questo sogno, giungemmo a un tratto davanti a un
grande albergo, ed incontrammo il cavalier Trelawney, vestito proprio come un ufficiale
di marina, con un abito blu scuro. Egli usciva dall'albergo col volto sorridente, imitando
alla perfezione l'andatura dondolante della gente di mare.
"Oh" esclamò "eccovi qui! E il dottore è arrivato ieri sera da Londra. Bene! La brigata è
al completo!" "Signore" dissi io "quando partiamo?" "Quando partiamo?" rispose.
"Domani! Domani!



(continua)

_________Aurora Ageno___________
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