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L'ISOLA DEL TESORO - di Robert Louis Stevenson - Completo -

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2009 20:01
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Capitolo 9

Polvere e armi



Poiché l'"Hispaniola" era ormeggiata alquanto fuori, ci toccò passare sotto la prua e la
poppa di molti altri navigli, i cui cavi ora sfregavano la nostra chiglia ora ciondolavano
sulla nostra testa. Alla fine peraltro accostammo e mettemmo piede a bordo, accolti e
salutati dal secondo Arrow, un vecchio marinaio guercio, dalla faccia abbronzata, che
portava anelli agli orecchi.
Lui e il cavaliere pareva se la intendessero molto bene: io notai però immediatamente
che le cose non andavano altrettanto lisce fra il signor Trelawney e il capitano.
Quest'ultimo era un uomo dall'aria severa, che sembrava scontento di tutto ciò che lo
circondava; e non tardò a dircene la ragione, poiché eravamo appena scesi in cabina,
che un marinaio ci raggiunse.
"Signore" annunciò costui "il capitano Smollett chiede di poterle parlare." "Sono a sua
disposizione" rispose il cavaliere. "Fatelo entrare." Il capitano, che stava alle spalle del
suo messaggero, entrò immediatamente e chiuse l'uscio dietro di sé.
"Ebbene, capitano Smollett, cos'ha da dirmi? Tutto è in ordine, spero, e possiamo
prendere il mare? ~ "Signor mio" rispose il capitano "è meglio parlar franco, io penso,
sia pure a costo di dire cose sgradevoli. Non mi piace questa crociera, non mi piace
l'equipaggio, e non mi piace il mio secondo. Non ho altro da aggiungere." "Forse che
non le piace il bastimento?" interrogò il cavaliere, molto irritato, a quanto vidi.
"Riguardo al bastimento non posso parlare finché non l'abbia messo alla prova" replicò
il capitano. "A vederlo sembrerebbe una buona vela. Di più non posso dire." "E magari,
signore, non le piacerà il suo armatore?" "Un momento! Un momento!" intervenne il
dottor Livesey. "Lasciamo stare questioni che non servono che ad inasprirci. Il capitano
ha detto troppo o troppo poco, ed io ho bisogno di una spiegazione.
Lei, capitano, ha detto che non le piace questa crociera. Perché, sentiamo?" "Io sono
stato ingaggiato in base al sistema così detto degli ordini suggellati, per portare questa
nave dove questo signore mi ordinerà. Fin qui, d'accordo. Ma io trovo ora che non c'è
nessuno a bassa prua che non ne sappia più di me. E questo a loro sembra bello,
forse?" "No, che non è bello" disse il dottor Livesey.
"Poi" continuò il capitano "vengo a sapere che andiamo alla ricerca di un tesoro, e lo
vengo a sapere (notino bene) dal mio stesso equipaggio. Ora, andare alla ricerca di un
tesoro è affare delicato. Per conto mio non amo viaggi simili, tanto meno poi li amo
quando sono segreti, e quando il segreto, mi perdoni, signor Trelawney, è stato messo
in bocca al pappagallo." "Il pappagallo di Silver?" chiese il cavaliere.
"E' un modo di dire" spiegò il capitano. "Divulgato, intendo dire.
Io ritengo che nessuno di lor signori sa che cosa l'aspetta: ma devo dire ciò che penso:
si tratta di vita o di morte, ed è un gioco serrato." "Questo è chiaro, e direi anche
abbastanza giusto" osservò il dottor Livesey. "Noi andiamo incontro al pericolo, ma non
siamo così ignoranti come lei crede. Poi, lei dice che non le piace l'equipaggio. Non
sono forse buoni marinai?" «Non mi piacciono, signor mio" ribadì il capitano. "E dal
momento che ne parliamo, aggiungerò che la scelta dei miei marinai la si sarebbe
dovuta riserbare a me." "Forse sì" replicò il dottore "il mio amico avrebbe forse dovuto
consultarla: ma la mancanza, se mancanza vi fu, non nascondeva nessuna cattiva
intenzione. E a lei non piace neppure il signor Arrow?" "Si mescola troppo con
l'equipaggio, per essere un buon ufficiale.
Un ufficiale dovrebbe starsene da sé, non mettersi a bere con la ciurma." "Vuol dire
che si ubriaca?" esclamò il cavaliere.
"No signore, ma soltanto che usa troppa familiarità." "Sta bene. E ora, la conclusione,
capitano?" interpellò il dottore. "Sentiamo che cosa desidera." "Lor signori sono proprio
decisi a partire?" "Decisissimi" rispose il cavaliere.
"Bene" riprese il capitano. "Allora, poiché mi hanno così pazientemente ascoltato
mentre dicevo cose che non ero in grado di provare, prego lor signori di lasciarmi
aggiungere poche parole.
Polvere e armi si stanno depositando a prua. Dal momento che sotto la loro cabina c'è
spazio, perché non piuttosto laggiù? Primo punto. Poi, lei, cavaliere, ha portato con sé
quattro della sua gente, e mi si dice che qualcuno di essi dovrebbe dormire a prua.
Perché non dargli invece una cuccetta accanto alla cabina? Punto secondo..." "C'è
altro ancora?" chiese il cavalier Trelawney.
"Ancora uno" disse il capitano. "Si è già troppo blaterato." "Troppo davvero" convenne
il dottore.
"Ripeterò ciò che ho sentito io stesso" proseguì il capitano; "che loro hanno la carta di
una isola; che ci sono sopra delle croci indicanti il posto del tesoro; e che la posizione
dell'isola è..." e qui riferì latitudine e longitudine esatte.
"Mai ho detto questo, io" gridò il cavaliere "ad anima viva!" "Eppure l'equipaggio lo sa"
ribatté il capitano.
"Non può essere stato che lei, Livesey, oppure Hawkins" proclamò il cavaliere..
"Poco importa chi sia stato" replicò il dottore.
Ed io m'accorsi che tanto lui quanto il capitano davano ben poco peso alle proteste del
signor Trelawney.
A dire il vero, neppure io gliene davo molto, tale sbracato chiacchierone egli era: ma in
questo caso penso che realmente avesse ragione, e che nessuno avesse parlato della
posizione dell'isola.
"Ebbene, signori miei" continuò il capitano "io non so chi di voi custodisca questa carta:
ma pongo come punto essenziale che essa sia tenuta segreta anche a me e al signor
Arrow: senza di che mi vedrei costretto a dimettermi." "Capisco" osservò il dottore.
«Noi dovremmo, secondo lei, preoccuparci dei pericoli della situazione, trasformando
la poppa della nave in una fortezza, presidiandola coi servitori personali del mio amico,
e munendola di tutte le armi e polveri che sono a bordo. In altri termini, ella teme un
ammutinamento." "Signore" disse il capitano Smollett, "senza volerla offendere le
contesto il diritto di mettermi parole in bocca. Un capitano, signor mio, che prendesse il
mare avendo sufficiente motivo di pronunciare quelle parole, non meriterebbe nessuna
scusa. Quanto al signor Arrow lo ritengo sostanzialmente onesto; lo stesso potrei dire
d'una parte degli uomini, o magari, che so io, di tutti. Ma io sono responsabile della
sicurezza della nave e della vita di quanti sono a bordo. Ho l'impressione che le cose
non vadano del tutto bene, e la prego di prendere alcune precauzioni, o di lasciarmi
rassegnare il mio mandato. Questo è tutto." "Capitano Smollett" riprese il dottore con
un sorriso "ha mai sentito la favola della montagna e del topo? Mi perdoni, ma lei me la
fa ricordare. Quando entrò qui, scommetto la mia parrucca che voleva dirci qualcosa
più di ciò." "Dottore" soggiunse il capitano, "lei ha la vista acuta. Mentre venivo qui, mi
aspettavo di essere congedato. Non pensavo che il cavalier Trelawney mi avrebbe
lasciato pronunciare più di una parola." "Non desidero sentire altro" gridò il cavaliere.
"Non fosse stato qui il dottor Livesey, l'avrei mandato al diavolo. Comunque, ormai ho
ascoltato. Farò ciò che desidera, ma ho di lei un pessimo concetto." "Come a lei piace,
signore" disse il capitano. "Vedrà che so fare il mio dovere." E con queste parole si
congedò.
"Trelawney" osservò il dottore "contrariamente a tutte le mie idee, io penso che lei è
riuscito a tirarsi a bordo due persone oneste: quell'uomo e John Silver." "Silver sì, se
così le pare" esclamò il cavaliere "ma quanto a quell'insopportabile ciarlatano, trovo la
sua condotta indegna d'un uomo, d'un marinaio, e più ancora d'un inglese." "Bene"
concluse il dottore "vedremo." Quando venimmo sul ponte, gli uomini, sorvegliati dal
capitano e dal secondo Arrow, avevano già cominciato a trasportare armi e polveri
ritmando su voci in cadenza la loro fatica.
La nuova sistemazione era completamente di mio gusto. L'intera goletta era stata
messa sottosopra; sei cabine erano state preparate nell'ultima parte poppiera della
stiva, e questa serie di cuccette comunicava col castello di prua soltanto attraverso uno
stretto passaggio a babordo. In un primo momento si era stabilito che il capitano,
Arrow, Hunter, Joyce, il dottore e il cavaliere avrebbero occupato queste sei cabine.
Ora invece, due erano state destinate a me e a Redruth; e Arrow e il capitano
avrebbero dormito sul ponte, nella copertura della scala che era stata allargata in modo
da meritare quasi il nome di casseretto.
Naturalmente rimaneva sempre bassa di soffitto; tuttavia c'era spazio per appendervi
due amache, e lo stesso Arrow sembrava soddisfatto di tale soluzione. Anche lui,
forse, dubitava dell'equipaggio: ma questa è una semplice congettura, poiché, come il
lettore vedrà, non ci fu dato di giovarci a lungo dei suoi pareri.
Lavoravamo con ardore intorno alle munizioni e alle cuccette, quando uno o due
ritardatari accompagnati da Long John giunsero in un canotto.
Il cuoco scavalcò la murata con la lestezza d'una scimmia, e visto ciò che stavamo
facendo, gridò:
"Ohé, camerati, che è questo?" "Stiamo cambiando posto alle polveri" rispose uno di
loro.
"Per mille diavoli, se facciamo questo perderemo la marea del mattino." "Miei ordini"
tagliò corto il capitano. "Potete andare sotto, amico mio. L'equipaggio avrà bisogno di
cenare." "Sta bene, signore, sta bene" rispose il cuoco; e toccandosi il suo ciuffo di
capelli, sparì in direzione della cucina.
"Ecco un brav'uomo, capitano" disse il dottore.
"Sì, lo si direbbe" replicò il capitano Smollett. "Adagio con quello, ragazzi, adagio"
proseguì rivolto agli uomini che maneggiavano la polvere; e subito dopo, accortosi di
me che stavo osservando il cannone collocato a metà della nave, un pezzo in bronzo
da nove: "O tu, mozzo" gridò "via di lì. Corri dal cuoco, che ti dia qualcosa da fare." Poi,
mentre io mi dileguavo, sentii che diceva forte al dottore:
"Non voglio dei privilegiati a bordo, io." Inutile dire che io condividevo in pieno il modo
di vedere del cavaliere, e detestavo profondamente il capitano.



(continua)

_________Aurora Ageno___________
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