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L'ISOLA DEL TESORO - di Robert Louis Stevenson - Completo -

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2009 20:01
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17/01/2009 15:26


Capitolo 10

Il viaggio



Tutta quella notte ci fu un grande trambusto a bordo per stivare a dovere ogni cosa e
ricevere canotti pieni di amici del cavaliere, tra cui il signor Blandly, che venivano per
augurare buona traversata e felice ritorno. Non ebbi mai all'"Ammiraglio Benbow" una
notte dove faticassi la metà di tanto; sicché, quando poco prima dell'alba il nostromo
soffiò nel suo fischietto e la ciurma s'affrettò alle barre dell'àrgano, io ero stanco come
una bestia da soma. Ma, anche due volte più stanco, non avrei abbandonato il ponte:
ogni cosa mi era così nuova e curiosa: i rapidi comandi, il suono acuto del fischietto, le
ombre degli uomini che correvano ai loro posti nella debole luce dei fanali di bordo.
"Su, Porco Arrostito" gridò uno "dacci un ritornello." "Quello d'una volta" gridò un altro.
"Sì, compagni, sì" rispose Long John, che stava lì vicino con la sua gruccia sotto
l'ascella; e senz'altro intonò la canzone a me ben nota.
"Quindici sulla cassa del morto..." E l'intero equipaggio riprese in coro:
"Yo, hò-hò, e una bottiglia di rum!" Al terzo hò! concordi fecero forza sulle barre
dell'àrgano.
Per quanto interessante fosse quella scena, io improvvisamente fui riportato al vecchio
"Ammiraglio Benbow" e mi sembrò di distinguere nel coro la voce del capitano. Ma
presto l'ancora emerse e penzolò gocciolante dalla gru; presto le vele incominciarono a
portare; e la terra e le navi a fuggire da una banda e dall'altra; e prima che io fossi
sceso giù a schiacciare un sonnellino, già l'"Hispaniola" si era incamminata verso
l'Isola del Tesoro.
Non è mia intenzione raccontare i particolari del viaggio. Esso fu quanto mai prospero.
L'"Hispaniola" si rivelò un ottimo legno; l'equipaggio una accolta di validi marinai, e il
capitano all'altezza del suo compito. Ma prima che coprissimo tutte quelle miglia
alcune cose accaddero che meritano d'essere conosciute.
Anzitutto il signor Arrow si rivelò peggiore ancora che non temesse il capitano. Non
aveva nessuna autorità sulla ciurma. I suoi uomini facevano allegramente il comodo
loro. Né era questo il più grosso guaio, poiché dopo alcuni giorni di navigazione
incominciò a comparire in coperta con certi occhi torbidi, le guance infuocate, la parola
ingarbugliata, ed altri sintomi di ubriachezza. A più riprese fu messo agli arresti. A volte
cadeva facendosi male, altre rimaneva tutto il giorno disteso nella sua cuccetta; altre
ancora, smaltita la sbornia, faceva per un giorno o due il suo dovere in maniera
passabile.
Frattanto non riuscivamo a scoprire da dove egli traesse la bevanda. Era un mistero
per tutti. Né la nostra sorveglianza, per quanto attenta, bastava a risolverlo. E se ne
chiedevamo a lui, ci rideva sul muso quand'era ubriaco; e quando era in sé giurava
solennemente di non aver visto mai altro che acqua.
Non soltanto era un cattivo ufficiale, e guastava gli altri con l'esempio, ma continuando
di questo passo correva diritto alla morte, sicché nessuno a bordo fu troppo sorpreso o
addolorato quando una brutta notte con mare grosso egli scomparve e non se ne
seppe altro.
E' andato!" gridò il capitano. "E cosi, eccoci liberati dalla fatica di metterlo ai ferri." Ma
intanto eravamo privi di un ufficiale, e bisognò, naturalmente, promuovere uno
dell'equipaggio. Job Anderson, il nostromo, era il più indicato. Costui, pur conservando
il suo vecchio titolo, assunse le funzioni di secondo. Il signor Trelawney aveva
navigato, e la sua esperienza ci giovava non poco, poiché egli stesso con tempo
tranquillo stava spesso di guardia. E il quartiermastro, Israel Hands, era un vecchio e
pratico uomo di mare, prudente e astuto, del quale, in caso di necessità, ci si poteva
fidare.
Egli era l'amico del cuore di Long John Silver, e poiché mi accade di nominarlo, parlerò
del nostro cuoco di bordo: Porco-Arrostito, come lo chiamavano i marinai.
A bordo, per aver le mani libere il più possibile, egli portava la sua gruccia sospesa a
una coreggia che gli girava intorno al collo, ed era curioso vederlo puntare contro una
paratia il piede della gruccia, e appoggiato lì sopra, assecondando le ondulazioni della
nave, continuare a curare la sua cucina tranquillo come se fosse a terra. Anche più
curioso era, nel pieno della burrasca, vederlo attraversare il ponte. Per aiutarlo nei
posti più larghi, erano state tese alcune cordicelle (dette gli orecchini di Long John), ed
egli si spostava da un punto all'altro, ora servendosi della gruccia, ora trascinandosela
dietro per la coreggia, con la sveltezza di un uomo sano. Nondimeno, quelli tra i
marinai che prima avevano navigato con lui, vedendolo così ridotto lo compiangevano.
"Porco-Arrostito non è un uomo qualunque" mi diceva il quartiermastro. "Da ragazzo ha
fatto i suoi studi, e parla come un libro, quando ne ha voglia; e bravo poi! un leone è
nulla, al paragone di Long John! Io l'ho visto alle prese con quattro, e fracassar loro la
testa, una testa contro l'altra, lui disarmato!" L'equipaggio intero lo rispettava egli
obbediva. Con ciascuno di loro aveva una speciale maniera di parlare e rendere
servigi. A me non si stancava di prodigar cortesie; e era contento di vedermi nella
cucina, che teneva pulita come uno specchio, coi piatti rilucenti appesi al muro, e, in un
angolo, dentro una gabbia, il suo pappagallo.
"Vieni qua, Hawkins" diceva "a fare una chiacchierata con John.
Nessuno è più benvenuto di te, piccolo mio. Siedi, e ascolta le novità. Ecco qui il
capitano Flint: chiamo così il mio pappagallo in memoria del famoso filibustiere, ecco
qui il capitano Flint che predice buona fortuna al nostro viaggio. Non è vero, capitano?"
E il pappagallo a gridare a perdifiato: "Pezzi da otto! Pezzi da otto!" finché John non gli
gettava il fazzoletto sopra la gabbia.
"Vedi, quest'uccello" egli diceva, "può avere i suoi duecent'anni, mio caro Hawkins, i
pappagalli vivono magari di più, e se c'è uno che abbia visto più scelleratezze di lui,
non può essere che il diavolo. Lui ha navigato con England, il grande capitano
England, il pirata. Lui è stato nel Madagascar, nel Malabar, a Surinam, a Providence, e
a Porto Bello; lui ha visto ripescare le navi della Plata, ed è là che imparò "Pezzi da
otto": e non deve meravigliarti: trecento e cinquanta mila, ce n'erano, Hawkins! E si è
trovato all'abbordaggio del 'Viceré delle Indie', al largo di Goa. E a vederlo, lo diresti un
bambino! Ma tu hai sentito l'odore della polvere, non è vero, capitano?" "Attenti! Pronti
a virare!" strillò il pappagallo.
"Ah, è un cervello fino, questo qui!" diceva il cuoco, porgendogli zucchero tratto dalla
tasca, mentre l'uccello picchiava col becco sulla gabbia e snocciolava una sfilza di
bestemmie infernali.
"Così è, ragazzo mio" seguitava John. "Chi va al mulino s'infarina. Così questo mio
povero vecchio innocente uccello, che vomita fuoco, e non troveresti, te l'assicuro, una
creatura più savia di lui. Bestemmierebbe, tanto per dire, alla stessa maniera davanti al
cappellano." E John si toccava la fronte con tale gravità e compunzione che lo si
sarebbe creduto un sant'uomo.
Frattanto il cavaliere e il capitano Smollett seguitavano a guardarsi in cagnesco. Il
cavaliere non dissimulava il suo disprezzo per il capitano; il capitano dal canto suo non
parlava se non interrogato; e la risposta era tagliente, e secca e breve e non una
sillaba di più. Egli riconosceva, una volta messo alle strette, di essersi sbagliato
riguardo all'equipaggio; che alcuni di loro erano svelti da non poter desiderare di
meglio; e tutti quanti si erano comportati egregiamente. Quanto al bastimento, lo
amava alla follia.
"Naviga più stretto al vento di come un uomo non potrebbe esigere dalla sua stessa
moglie, signore. Però," soggiungeva "tutto ciò che posso dire è che ancora non siamo
ritornati, e questa crociera non mi piace." Il cavaliere a questo punto voltava le spalle, e
andava su e giù per il ponte col mento in aria.
"Se quest'uomo non la smette" mormorava tra i denti "è la volta che scoppio." Avemmo
un po' di cattivo tempo, il che diede modo all'"Hispaniola" di meglio provare le sue
qualità. Tutti a bordo si mostravano arcicontenti: né poteva essere altrimenti, poiché io
credo che mai equipaggio fu così viziato da quando Noè prese il mare. Il minimo
pretesto era buono per distribuire il doppio "grog"; si serviva la torta in giorni fuori dai
festivi; come, per esempio, se il cavaliere apprendeva che ricorresse il compleanno di
qualcuno; oltre a ciò, c'era continuamente in coperta un barile di mele, aperto nel
mezzo, a disposizione di chi ne avesse voglia.
"Sistemi che mai resero un'oncia di bene" diceva il capitano al dottor Livesey.
"Accarezzate i marinai, e ne farete dei diavoli.
Questa è la mia convinzione." Ma bene ci venne dal barile di mele, come sentirete;
poiché senza di quello noi saremmo rimasti completamente all'oscuro e tutti morti per
tradimento.
Ed ecco come avvenne il fatto.
Eravamo entrati nella zona degli alisei per prendere il vento dell'isola che dovevamo
raggiungere (non mi è concesso di spiegarmi meglio) e correvamo verso di essa
facendo buona guardia giorno e notte. Era all'incirca l'ultimo giorno del nostro viaggio
di andata, volendo fare il computo più largo; durante la notte, od al più tardi l'indomani
mattina, avremmo dovuto avvistare l'Isola del Tesoro. Navigavamo con la prua a Sud-
Sud-Ovest con una brezza costante di traverso e mare spianato. L'"Hispaniola" rullava
regolarmente, abbassando di tanto in tanto il bompresso con una sbuffata di spruzzi.
Tutte quante le vele, in alto e in basso, portavano; e poiché la fine della prima parte
della nostra spedizione era così vicina, eravamo tutti di ottimo umore.
Era appena tramontato il sole ed io, smesso di lavorare, mi dirigevo verso la mia
cuccetta, quando mi prese voglia d'una mela.
Corsi in coperta. I marinai tutti a prua spiavano l'apparire dell'isola. Il timoniere stava
attento alle vele e intanto fischiettava dolcemente. A parte il fruscìo dell'acqua contro il
tagliamare e i fianchi della nave, era questo l'unico suono che si udisse.
Con tutto il corpo entrai nel barile, e trovai che mele non ve n'era quasi più; ma stando
lì dentro al buio, cullato dal rullìo della barca e dal mormorìo dell'acqua, mi sarei presto
addormentato se qualcuno dalla pesante corporatura non fosse venuto a sedersi
rumorosamente lì contro. Il barile ebbe una scossa mentr'egli vi urtò con le spalle, ed io
stavo per saltar fuori, quando costui incominciò a parlare. Era la voce di Silver; e mi
bastò udire dieci parole, che per tutto l'oro del mondo non sarei più uscito; e rimasi lì,
tutto tremante, in ascolto, preso tra curiosità e spavento; poiché da quelle poche parole
avevo capito che la vita di tutti i galantuomini a bordo dipendeva unicamente da me.




(continua)


_________Aurora Ageno___________
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