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L'ISOLA DEL TESORO - di Robert Louis Stevenson - Completo -

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2009 20:01
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21/01/2009 14:08


PARTE QUARTA - IL FORTINO


Capitolo 16

Il dottore continua il racconto: come la nave fu abbandonata




Era circa un'ora e mezza (tre tocchi, in linguaggio marinaresco) quando i due canotti
dell'"Hispaniola" si recarono a terra. Il capitano, il cavaliere ed io stavamo in cabina
discutendo della situazione. Ci fosse stato un alito di vento, saremmo piombati sui
rivoltosi rimasti con noi a bordo, avremmo salpato l'àncora e preso il largo. Ma il vento
mancava, e per colmo di sfortuna Hunter arrivò con la notizia che Jim Hawkins era
sgusciato in un canotto e filato a terra con gli altri.
Nessun di noi avrebbe mai pensato a dubitare di Jim Hawkins: ma eravamo
preoccupati per la sua vita. Con uomini di quello stampo ci pareva quasi un miracolo
poter rivedere quel ragazzo. Corremmo sul ponte. La pece bolliva fra le connessure. Il
puzzo nauseabondo che era nell'aria mi rivoltava lo stomaco; se mai si respirò febbre e
dissenteria, fu in quell'abominevole ancoraggio. I sei miserabili stavano raccolti sul
castello di prua borbottando al riparo di una vela. Potevamo vedere le imbarcazioni,
con un uomo in ciascuna, affrettarsi verso terra toccando già quasi la foce del fiume.
Uno d'essi fischiettava "Lillibullero".
L'attesa ci opprimeva. Si decise che Hunter ed io saremmo scesi a terra col piccolo
canotto in cerca di notizie.
Le imbarcazioni avevano accostato a destra; ma Hunter ed io puntammo in direzione
del fortino segnato sulla carta. I due uomini rimasti a guardia delle "yole" sembrarono
fortemente turbati dalla nostra apparizione. "Lillibullero" tacque; ed io vidi quei due
discutere sul da farsi. Fossero andati a informare Silver, le cose avrebbero forse preso
tutta un'altra piega; ma essi avevano le loro istruzioni, penso, e decisero di rimanere
tranquillamente là dov'erano, e daccapo echeggiò "Lillibullero".
La costa presentava una leggera sporgenza; ed io governavo in modo da frapporla tra
noi e loro; sicché, anche prima di approdare, già eravamo fuori della vista delle
imbarcazioni. Io saltai a terra, e, con un fazzolettone di seta sotto il cappello per
ripararmi dal caldo, ed un paio di pistole cariche per mia difesa, mi incamminai con la
maggior rapidità che la prudenza mi consentiva.
Non avevo ancora percorso cento metri che arrivai al fortino.
Ecco in che cosa consisteva. Una sorgente di limpidissima acqua sgorgava quasi alla
cima d'un poggio. Su quel poggio, includendovi la sorgente, era stata costruita con dei
tronchi d'albero una robusta ridotta capace di contenere una quarantina di uomini. Su
ciascuno dei lati si aprivano feritoie per il fuoco di moschetteria. Tutt'intorno c'era un
largo spazio diboscato, e il sistema difensivo era completato da una palizzata di sei
piedi d'altezza interamente chiusa, troppo solida per poter essere abbattuta senza
lunghi e laboriosi sforzi, e troppo aperta per poter coprire gli assalitori. Questi
rimanevano alla mercé degli uomini del forte; i quali, standosene tranquilli nei propri
ripari, potevano sparar loro addosso come a tante pernici. Buona guardia e viveri:
d'altro non abbisognavano i difensori, che, a parte il caso di una completa sorpresa,
erano in grado di tenere il posto contro un reggimento.
Quello che particolarmente mi seduceva era la sorgente. Poiché se nella cabina
dell'"Hispaniola" custodivamo armi e munizioni in abbondanza e viveri e squisiti vini,
una cosa però era stata trascurata: mancavamo d'acqua. Stavo appunto pensando a
ciò, quando il grido d'un uomo in fin di vita risuonò sull'isola. Io non ero un novellino in
fatto di morte violenta: ho servito Sua Altezza Reale il Duca di Cumberland e sono
stato io stesso ferito a fontenoy: malgrado ciò il mio cuore si mise a battere precipitosa
mente. "Jim Hawkins è finito!" fu questo il mio primo pensiero.
Essere un vecchio soldato è qualche cosa: ma essere stato medico è qualcosa di più.
Agio per andarsene ciondolando, nella nostra professione non c'è. Sicché io subito
presi le mie decisioni e senza perder tempo ritornai sulla spiaggia e saltai nel piccolo
canotto.
Per fortuna Hunter era un buon rematore. Volavamo sul pelo dell'acqua, e il canotto fu
presto attraccato ed io a bordo della goletta.
Trovai i miei compagni profondamente scossi com'era da aspettarsi.
Il cavaliere era seduto, pallido come un cencio, pensando forse in quale sciagurata
avventura ci aveva condotti, povera anima! E uno dei sei uomini di prua non aveva
l'aria di stare molto meglio.
"Ecco un uomo nuovo a queste faccende" disse il capitano Smollett puntando l'indice
verso di lui. "Poco è mancato che non svenisse, dottore, quando sentì il grido. Ancora
un colpo di barra, e quest'uomo è nostro." Io esposi il mio piano al capitano, e
d'accordo stabilimmo i particolari della sua esecuzione.
Collocammo il vecchio Redruth nel passavanti tra la cabina e il castello di prua, con tre
o quattro moschetti carichi e un materasso per ripararsi. Hunter portò il canotto sotto la
finestra di poppa, e Joyce ed io ci affrettammo a caricarlo di cassette di polvere,
moschetti, scatole di biscotti, barili di lardo, una botticella di cognac, e la mia preziosa
cassetta di medicinali.
Frattanto il cavaliere e il capitano rimasero sul ponte, e quest'ultimo chiamò il
quartiermastro, che era il principale marinaio a bordo.
"Signor Hands," disse "come vedete siamo in due con un paio di pistole ciascuno. Se
uno di voi fa il più piccolo segnale, è un uomo morto." Essi apparvero abbastanza
sconcertati, e dopo essersi brevemente consultati s'immersero l'un dopo l'altro nel
boccaporto di prua, credendo senza dubbio di poterci cogliere alle spalle. Ma, quando
videro Redruth che sbarrava loro il passo nel corridoio, fecero dietro front, e di nuovo
una testa emerse sul ponte.
"Giù, cane!" intimò il capitano.
La testa di nuovo sparì e per un po' non sentimmo altro di quei sei vigliacchi.
Frattanto, buttando giù la roba come ci veniva alle mani, avevamo caricato il canotto
quanto più potessimo osare. Joyce ed io ci calammo per la finestra di poppa, e
vogando a gran forza di nuovo ci dirigemmo a terra.
Questo secondo viaggio stuzzicò non poco l'attenzione dei guardiani lungo la costa.
"Lillibullero" fu interrotto di nuovo, e noi stavamo per perderli di vista dietro il piccolo
promontorio, quando uno di essi saltò a terra e si eclissò. Ebbi una mezza idea di
modificare il mio piano e distruggere le loro imbarcazioni: ma Silver e gli altri potevano
essere lì, e non volli espormi al rischio di perdere tutto per voler prendere troppo.
Prendemmo terra nello stesso punto di prima e ci accingemmo ad approvvigionare la
ridotta. Pesantemente caricati tutti e tre, facemmo il primo viaggio e lanciammo le
nostre provvigioni al di là dello steccato. Poi, lasciato Joyce a guardarle, un uomo solo,
a dire il vero, ma munito di una mezza dozzina di moschetti, Hunter ed io ritornammo al
piccolo canotto e nuovamente caricammo le nostre spalle. E così seguitammo senza
riprender fiato finché l'intero carico non fu sistemato: allora i due servitori si installarono
nel fortino, ed io, remando a tutta forza, riguadagnai l'"Hispaniola".
Il fatto che noi ci fossimo arrischiati a caricare una seconda volta il canotto può
sembrare più audace di quanto in realtà non fosse. Perché se essi avevano su di noi il
vantaggio del numero, a noi rimaneva quello delle armi. Nessuno degli uomini a terra
disponeva di un moschetto, e prima che avessero potuto raggiungerci con le loro
pistole, noi ci lusingavamo di riuscire a dar loro un buon acconto freddandone almeno
una mezza dozzina.
Il cavaliere, pienamente rimessosi dal suo abbattimento, mi aspettava alla finestra di
poppa. Afferrò la gomena assicurandola, e noi cominciammo a riempire in fretta e furia
il canotto. Lardo, polvere e biscotti formarono il carico, con un solo moschetto, e un
coltellaccio a testa, per il cavaliere, per me, Redruth e il capitano. Il resto delle armi e
delle munizioni lo buttammo in mare, e poiché non c'erano più di due braccia e mezzo
d'acqua, potemmo vedere sotto di noi l'acciaio scintillare al sole sul nitido fondo
sabbioso.
In quel momento la marea cominciava a calare, e il bastimento dondolando si portava
sull'àncora. Si sentivano, affievolite dalla lontananza, delle voci che si chiamavano fra
le due imbarcazioni, e questa circostanza, pure rassicurandoci riguardo a Joyce e
Hunter spostati molto più verso est, ci consigliò di affrettare la nostra partenza.
Redruth, abbandonato il suo posto nel corridoio, saltò nel canotto che noi conducemmo
verso la parte posteriore del ponte per comodità del capitano Smollett.
"Marinai" gridò questi "mi sentite?" Nessuna risposta dal castello di prua.
"E' a te, Abraham Gray, è a te che io parlo." Ancora nessuna risposta.
"Gray," riprese il capitano alzando un poco la voce "io lascio il bastimento e ti ordino di
seguire il tuo capitano. So che in fondo sei un buon ragazzo, non credo poi che
nessuno della tua banda sia così cattivo come vorrebbe sembrare. Ho l'orologio in
mano: ti do trenta secondi per raggiungermi." Seguì un altro silenzio.
"Su, amico mio, vieni" continuò il capitano "non star lì a tentennare. Ogni secondo
mette in pericolo la mia esistenza e quella di questi signori..." Si sentì un improvviso
tafferuglio, un rumore di rissa, e Abraham Gray scattò fuori con una coltellata sulla
guancia, e arrivò correndo presso il capitano come un cane al fischio del padrone.
"Sono con lei, signore" ansimò.
E subito dopo, lui e il capitano, si lanciarono nel canotto e noi prendemmo il largo.
Eravamo fuori della nave, ma non ancora a terra, nella nostra ridotta.



(continua)

_________Aurora Ageno___________
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