Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

L'ISOLA DEL TESORO - di Robert Louis Stevenson - Completo -

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2009 20:01
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
21/01/2009 19:35


Capitolo 24

La crociera della piroga



Era pieno giorno quando mi svegliai e mi trovai a navigare all'estremità sud-ovest
dell'Isola del Tesoro. Il sole era già alto, ma nascosto alla mia vista dalla mole del
Cannocchiale che da questo lato discendeva fino quasi al mare in paurosi dirupi.
La punta Issa la Bolina e il monte dell'Albero di Mezzana erano vicini; il monte, nudo e
fosco; la punta, turrita di rupi alte quaranta o cinquanta piedi e contornate in basso da
grossi blocchi di roccia franata. Ero appena un quarto di miglio al largo e il mio primo
pensiero fu di pagaiare verso la costa e approdare.
Questo progetto fu presto abbandonato. Tra i massi rovinati la risacca tempestava
urlando; clamorosi rimbombi, torrenti di spume lanciati in alto e che ricadevano
pesantemente, si susseguivano di attimo in attimo, ed io mi vidi - se avessi osato
avventurarmi più da vicino - sfracellato contro la selvaggia riva o condannato ad
esaurirmi nel vano tentativo di scalare le rocce a strapiombo.
Né questo era tutto, perché dei mostri melmosi mi apparvero, simili a lumaconi di
straordinaria grandezza, che a branchi di due o tre dozzine strisciavano sulla piatta
superficie dei macigni, o si lasciavano con grande strepito ricadere in mare sollevando
coi loro latrati gli echi delle insenature.
Seppi in seguito che erano dei leoni marini assolutamente innocui.
Ma il loro aspetto, aggiunto alla difficoltà della spiaggia e alla furia dei cavalloni, fu più
che sufficiente a disgustarmi di quell'approdo. In verità, preferivo morire di fame in
mare, piuttosto che affrontare simili pericoli.
Frattanto mi si offriva, o mi così mi sembrò, una soluzione migliore. A nord del Capo
Issa la Bolina la costa corre per un buon tratto lasciando, con la bassa marea, scoperta
una lunga striscia di sabbia gialla. Oltre quel capo, ancora a nord, ne spunta un altro, il
Capo dei Boschi, com'era segnato sulla carta, rivestito di secolari pini verdi che
discendevano fino a sfiorare il mare.
Ricordavo di aver sentito da Silver che lungo tutta la costa occidentale dell'Isola del
Tesoro la corrente va verso nord, e rilevando dalla mia posizione che io ero già sotto la
sua influenza, pensai che era meglio lasciarmi dietro il Capo Issa la Bolina e riservare
le mie forze per un tentativo di approdo al più attraente Capo dei Boschi.
Nel mare c'erano onde grandi e lisce. Un vento piacevole e costante soffiava da sud, e
non essendovi contrasti fra esso e la corrente, i marosi si alzavano e ricadevano senza
frangersi.
Fosse stato diversamente, io sarei morto da un pezzo: ma in quelle condizioni era
stupefacente la facilità e la sicurezza con cui la mia piccola e leggera imbarcazione
navigava. Spesso, stando ancora coricato sul fondo della piroga senza alzare più di un
occhio al disopra del bordo, vedevo pendere su me minacciosa una grossa cresta
azzurra; ma la piroga non faceva che sobbalzare un po', danzare come in cima a delle
molle, e calarsi dall'altra lato dell'onda come in un nido con la disinvoltura di un uccello.
Presi presto coraggio, e mi misi a sedere per provare la mia bravura a pagaiare. Ma
basta un minimo cambiamento nella disposizione del peso a provocare una alterazione
nel comportamento di una piroga. Ed io mi ero appena mosso, che il canotto,
interrompendo di colpo la sua danzante andatura, precipitò lungo un così rapido pendio
d'acqua che mi dette le vertigini, e con una nuvola di schiuma affondò il naso nel fianco
dell'ondata successiva.
Inzuppato e atterrito mi lasciai immediatamente ricadere nella primitiva posizione, al
che la piroga sembrò tornare in sé, e riprese a portarmi tra i marosi con la delicatezza
di prima. Era chiaro che non bisognava contrariarla; ma di questo passo, non avendo
io modo di influire sulla sua rotta, come potevo sperare di prender terra?
Mi prese una tremenda paura, e tuttavia non perdetti la testa.
Innanzitutto, muovendomi con grande precauzione, aggottai col mio berretto marino
l'acqua dalla piroga; e poi, allungando ancora una volta lo sguardo al disopra del
bordo, presi a studiare come faceva a scivolare così dolcemente fra i cavalloni.
Mi accorsi che ogni cavallone, anziché la voluminosa uguale e liscia eminenza che
sembra dalla riva o dal ponte d'una nave, era del tutto simile a una catena di montagne
terrestri, ricca di picchi, di altipiani e di valli. La piroga, abbandonata a se stessa,
piegandosi ora sull'uno ora sull'altro fianco, s'infilava per così dire nei punti più bassi,
evitando i ripidi declivi e le più alte ed irte creste.
"Ebbene" dissi a me stesso "è chiaro che mi conviene rimanere dove sono e non
turbare l'equilibrio, ma è anche chiaro che posso passare la pagaia al disopra del
bordo, e di tanto in tanto, nelle zone piane, dare un colpo o due verso terra." Detto
fatto. Mi alzai sui gomiti, e stando in questa disagiatissima posizione davo a intervalli
qualche debole colpo per far volgere la prua verso la costa.
Era una lenta e spossante fatica. Tuttavia guadagnavo terreno, e avvicinandomi al
Capo dei Boschi, per quanto lo vedessi irremissibilmente perduto, constatai che avevo
fatto qualche centinaio di metri ad est. In realtà, ero assai vicino a terra.
Vedevo le fresche verdi cime degli alberi oscillare alla brezza, e ero sicuro di
approdare al prossimo promontorio.
Era davvero tempo, poiché la sete cominciava a torturarmi. Le vampe del sole
spioventi dall'alto, le miriadi di riflessi lanciati dalle onde, gli spruzzi marini che mi
cadevano addosso e si seccavano incrostando le mie labbra di sale, si alleavano per
bruciare la mia gola e indolenzirmi la testa. La vista degli alberi così vicini mi
consumava di smania: ma presto la corrente mi trascinò oltre il promontorio, e quando
la nuova distesa di mare mi si aprì alla vista, io scorsi qualcosa che cambiò il cammino
dei miei pensieri.
Davanti a me, a distanza di neppure un miglio, scorsi l'"Hispaniola" alla vela. Ebbi
naturalmente la certezza che sarei stato preso; ma ero talmente afflitto dalla mancanza
d'acqua, che non sapevo io stesso se rallegrarmi o dolermi di quella prospettiva; e
assai prima di giungere a una conclusione, la sorpresa si era al tutto impadronita di
me, e non potei fare altro che sbarrare gli occhi e stupire.
L'"Hispaniola" era sotto la vela di trinchetto e due fiocchi, e la bella candida tela
splendeva al sole come neve o argento. Nel primo istante che la vidi, tutte le sue vele
portavano, ed essa faceva rotta per nord-ovest, cosicché io presumevo che i suoi
marinai aggirassero l'isola per ritornare all'ancoraggio. Ora, invece, appoggiava
sempre più verso ovest, cosicché credetti che mi avessero scoperto e mi dessero la
caccia. Ma finalmente entrò in pieno vento, fu respinta indietro, e restò là un momento
inerte, con le vele che sbattevano.
"Che balordi!" dissi tra me "devono essere pieni come otri." E pensai a come il capitano
Smollett li avrebbe fatti ballare.
Frattanto la goletta a poco a poco andava alla banda e iniziava un'altra bordata
navigando velocemente un minuto o due, per rimanere di nuovo in panne. Questo si
ripeté varie volte. Di qua, di là, di su, di giù; a nord, a sud, a est, a ovest:
l'"Hispaniola" navigava a colpi impetuosi, e ogni ripetizione si concludeva come era
cominciata, con un vano sbattere di vele. Mi persuasi che nessuno la governava. Ma, e
gli uomini? O erano ubriachi fradici, o avevano disertato, pensavo; e forse, potendo io
salire a bordo, riuscirei a restituire la nave al capitano.
La corrente sospingeva piroga e goletta a sud a una stessa velocità. Ma la navigazione
di quest'ultima era così insensata e incoerente, e il bastimento indugiava così tanto a
virare, che sicuramente non guadagnava nulla, seppure addirittura non perdeva.
Bastava soltanto che osassi alzarmi a pagaiare, e l'avrei sicuramente raggiunta. Il
progetto aveva un'aria di avventura che mi tentava, e il pensiero della cassa d'acqua
accanto al cassero di prua raddoppiava il mio rinascente coraggio.
Alzatomi, fui quasi subito accolto da un'altra nuvola di sbruffi, ma stavolta tenni duro
nel mio proposito, e mi misi con tutta forza e cautela a pagaiare dietro la malgovernata
"Hispaniola".
Ad un certo punto imbarcai un tale colpo di mare che dovetti fermarmi e aggottare, col
cuore palpitante come un uccello; ma a poco a poco imparai la manovra e guidai la
piroga tra i flutti senz'altro fastidio che, di tanto in tanto, un urto nella prua e uno
schizzo di schiuma sulla mia faccia.
Ora guadagnavo rapidamente sulla goletta; potevo vedere il rame luccicante sulla
barra del timone quando si piegava da un lato; e tuttavia non un'anima appariva sul
ponte. Indubbiamente l'"Hispaniola" era abbandonata. Oppure gli uomini, cotti dal rum,
giacevano sotto, dove io avrei potuto chiuderli, forse, e disporre della nave a mio
piacimento.
Da qualche momento essa si stava comportando nella peggior maniera possibile per
me. Teneva la prua quasi a sud, continuando, naturalmente, a zigzagare. Ogni volta
che andava alla banda, le sue vele si gonfiavano parzialmente, e non tardavano di
nuovo a drizzarla contro il vento. Ho detto che ciò era il peggio per me; infatti, deserta
come sembrava, con le vele che sbattevano fragorose come cannoni, i bozzelli che
ruzzolavano sul ponte e lo tempestavano di colpi, essa continuava ad allontanarsi da
me, aggiungendo alla velocità della corrente quella non piccola della sua deriva.
Ma finalmente la fortuna mi aiutò. Per alcuni secondi la brezza cadde fino a diventare
un soffio, e sotto l'azione della corrente l'"Hispaniola" piano piano girò sul proprio asse,
presentandomi da ultimo la poppa con la finestra della cabina spalancata e sul tavolo
la lampada ancora accesa in pieno giorno. La vela di trinchetto pendeva floscia come
una bandiera. Salvo la corrente, la nave era immobile.
Durante gli ultimi istanti ero di nuovo rimasto indietro; ma ora, moltiplicando i miei
sforzi, raggiungevo un'altra volta la mia preda.
Non distavo da lei più di cento metri, quando tornò il vento con una brusca folata;
l'"Hispaniola" ripartì, mura a babordo, e di nuovo si allontanò, inclinata sul fianco,
sfiorando l'acqua come una rondine.
Il mio primo moto fu di disperazione, ma il secondo fu di gioia.
La goletta virò fino a mostrarmi il fianco, e poi ancora fino a coprire una metà e poi due
terzi e poi tre quarti dello spazio che ci divideva. Vedevo i marosi bollire bianchi di
spuma sotto la sua prua. Mi sembrava smisuratamente alta, guardata dall'umiltà della
mia piroga.
D'improvviso compresi. Non ebbi tempo né di riflettere ne di agire per salvarmi. Ero
sulla cima di un'onda quando la goletta arrivò con impeto sulla successiva. Il
bompresso era sulla mia testa.
Scattai in piedi, e mi slanciai, respingendo con un calcio la piroga sott'acqua. Con una
mano mi aggrappai al bastone di fiocco, mentre il mio piede si collocava fra lo straglio
e il braccio; e stando io così agganciato e tutto ansimante, un sordo colpo m'avvertì
che la goletta aveva investito e fracassato la piroga, e che io mi trovavo senza
possibilità di scampo prigioniero dell'"Hispaniola".




(continua)

_________Aurora Ageno___________
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi


Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:34. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com