È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!



 
 
Stampa | Notifica email    
Autore

IL MESSAGGIO 2 - Parole di luce - Il Vangelo commentato della Domenica

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2013 17:11
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
07/09/2012 03:33


Il Vangelo di Domenica

La bellezza di aprirsi a Dio e agli altri

XXIII Domenica
Tempo ordinario - Anno B

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Portarono a Gesù un sordomuto. Un uomo imprigionato nel silenzio, che non può comunicare, chiuso. Eppure privilegiato: non ha nessun merito per ciò che gli sta per accadere, ma ha degli amici, una piccola comunità di gente che gli vuol bene e lo porta davanti a Gesù. Il sordomuto, icona di ognuno che venga alla fede, racconta così il percorso di guarigione per ogni credente.
Allora Gesù lo prese in disparte, lontano dalla folla. È la prima azione. Io e te soli, sembra dire. Ora sono totalmente per te, ora conti solo tu. Li immagino occhi negli occhi, e Gesù che prende quel volto fra le sue mani.
E seguono gesti molto corporei e delicati: Gesù pose le dita sugli orecchi del sordo. Non il braccio o la mano, ma le dita, come l'artista che modella delicatamente il volto che ha plasmato. Come una carezza.
Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do qualcosa di mio, qualcosa che sta nella bocca dell'uomo, insieme al respiro e alla parola, simboli dello Spirito.
Gesù, all'opera con il corpo dell'uomo, mostra che i nostri corpi sono laboratorio del Regno, luogo santo di incontro con il Signore.
Guardando quindi verso il cielo... gli disse: Effatà, cioè: Apriti! Come si apre una porta all'ospite, una finestra al sole, le braccia all'amore. Apriti, come si apre uno scrigno prezioso. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, che possano diventare feritoie, attraverso le quali passi il vento della vita. Il primo passo per guarire, è abbandonare le chiusure, le rigidità, i blocchi, aprirsi: Effatà. Esci dalla tua solitudine, dove ti pare di essere al sicuro, e che invece non solo è pericolosa, è molto di più, è mortale. E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Prima gli orecchi. Simbolo eloquente: sa parlare solo chi sa ascoltare. Gli altri parlano, ma mentre lo fanno innalzano barriere di incomprensione. Primo servizio da rendere a Dio e all'uomo è l'ascolto. Senza, non c'è parola vera.
Nella Bibbia leggiamo di una preghiera così bella da incantare il Signore. Di questa sola è detto che il Signore rimane affascinato. Nella notte che precede l'incoronazione, il giovane Salomone chiede a Dio: «Donami un cuore docile, un cuore che ascolta!» E Dio risponde, felice: «Poiché non mi hai chiesto ricchezza, né potenza, né lunga vita, tutto questo avrai insieme al dono di un cuore che ascolta!» Dono da chiedere sempre. Instancabilmente, per il sordomuto che è in noi: donaci, Signore un cuore che ascolta. Perché è solo con il cuore che si ascolta, e nasceranno parole profumate di vita e di cielo.


(Letture: Isaia 35, 4-7; Salmo 145; Giacomo 2, 1-5; Marco 31-37 )

Padre Ermes Ronchi





_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
14/09/2012 10:20


Il Vangelo di Domenica

Dio si propone con un disarmato amore

XXIV Domenica
Tempo ordinario Anno B

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

La gente, chi dice che io sia? Il Signore ci educa alla fede attraverso domande; in principio Dio creò il punto di domanda e lo depose nel cuore dell'uomo, come sorgente di sapienza. Gesù insegnava con le domande, con esse stimolava la mente delle persone per spingerle a camminare dentro di sé per trasformare attivamente la loro vita, non da spettatori passivi. Era un maestro dell'esistenza, e voleva i suoi pensatori e poeti della vita.
La gente dice che sei Elia o il Battista. Ma a Gesù non basta, lui non è un uomo del passato, fosse pure "il più grande tra i nati da donna".
E cambia la domanda, la fa esplicita e diretta: Ma per te, chi sono io? Pietro risponde, primo dei credenti: Tu sei il Cristo. Eppure non basta ancora, non è sufficiente un passato che ritorna (sei un profeta), non basta neppure il presente (sei il Messia). Gesù è una fede in cammino, e ciò che sta per accadere capovolgerà radicalmente l'immagine di Dio e, di conseguenza, anche l'immagine dell'uomo. Dio viene dal futuro più inatteso: cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, venire ucciso e poi risorgere.
Soffrire molto. Parole che entrano in conflitto frontale con tutto ciò che l'uomo si aspetta per il senso della propria esistenza e persino per il senso di Dio. Tutti cercano un Dio vincitore, che ci risolva i problemi, che trovi la soluzione, che sciolga i nodi, non uno che si faccia uccidere. Non un Messia sconfitto.
Noi cerchiamo di vincere con la forza, invece Dio vince attraverso la debolezza; noi vogliamo imporci con la violenza, Dio si propone con l'amore, anzi con un crocifisso amore, disarmato amore.
Volete sapere davvero qualcosa di me e al tempo stesso di voi? Vi do un appuntamento: un uomo in croce. Uno che è posto in alto. Che è bacio a chi lo tradisce, che non spezza nessuno, spezza se stesso. Prima ancora, giovedì, l'appuntamento sarà un altro: uno che è posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi. Chi è il Dio? Il mio lavapiedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come dice Paolo, il cristianesimo è scandalo e follia. E poi un terzo appuntamento a Pasqua, quando ci prende dentro, ci cattura tutti dentro il suo risorgere e ci trascina in alto con sé.
Chi sono io per te? Attorno a questa domanda si gioca la fede di ciascuno. Come Pietro ogni discepolo è chiamato personalmente ad amare questa domanda, come acqua sorgiva. Io l'ho molto amata, le ho dato molte risposte, sempre incompiute. Oggi, Signore, ti confesso felice che Tu sei per me quello che la primavera è per i fiori, quello che il vento è per l'aquilone. «E col tuo fiato m'apri spazi al volo» (G. Centore).


(Letture: Isaia 50, 5-9a: Salmo 114; Giacomo 2, 14-18; Marco 8, 27-35)


Padre Ermes Ronchi


[Modificato da auroraageno 14/09/2012 10:21]

_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
22/09/2012 17:55


Il Vangelo di Domenica

I servitori salveranno il mondo
XXV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli [...] giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Oggi il Vangelo offre tre nomi sorprendenti di Gesù: ultimo, servitore, bambino, così lontani dal nostro sentire spontaneo, dall'immagine ideale dell'Onnipotente. Gesù lungo la strada sta parlando di un argomento di estrema importanza, di qualcosa di vitale: sta raccontando ai dodici che tra poco sarà ucciso. È insieme con i suoi migliori amici, e loro invece di condividere il suo dramma parlano di carriere e di posti: chi è più grande tra noi?
Sembrano totalmente disinteressati a lui e alla sua storia, presi dalle loro piccole storie. Immagino la stretta al cuore di Gesù, per un atteggiamento che tra uomini, tra amici, sarebbe imperdonabile. E invece ecco emergere in piena luce il suo metodo creativo, geniale di gestire le relazioni: non giudica, non accusa, non rimprovera i suoi, non li ripudia né li rimanda a casa per questo, lui ha capito che i dodici non sono uomini dal cuore vuoto o banale, hanno solo tanta paura di quella prospettiva di morte, tanta paura da rimuoverla perfino dai discorsi.
Gesù allora inventa una strategia per educarli ancora: per vincere la paura, li accompagna con forza e tenerezza dentro il suo sogno. Prima di tutto mette i discepoli, e noi con loro, sotto la luce di quel limpidissimo e stravolgente assunto: chi vuol essere il primo sia l'ultimo e il servo di tutti.
Poi spiega questa parola inedita con un gesto inedito: Prese un bambino, lo pose in mezzo, lo abbracciò e disse: chi accoglie uno di questi bambini accoglie me. Tutto il Vangelo racchiuso in un abbraccio. Dato a «un bambino, dove il solo fatto di esistere è già un'estasi» (Emily Dickinson). Dio è così, come un abbraccio. È solo accoglienza e tenerezza. Dio è un bacio, amava ripetere don Benedetto Calati, un grande dello spirito.
Poi Gesù fa un passo ancora oltre, si identifica con i piccoli: chi accoglie uno di questi bambini accoglie me. Lui è nei piccoli, negli ultimi, in coloro che sono in fondo alla fila; lui sa bene che il mondo non sarà salvato dagli editti dei re o dalle decisioni dei potenti, non sarà mai il faraone a mandare liberi i suoi schiavi. Il mondo sarà salvo quando il servizio sarà il nome nuovo della civiltà (chi vuol essere il primo si faccia il servo di tutti) e nessuno sarà escluso. Quando al centro di ogni progetto, della chiesa e della società, della famiglia e della comunità, saranno posti i piccoli, i poveri, i deboli. Quando tu, abbracciando loro, capirai ti abbracciare Dio.
Potessimo dire, come Gesù, ai nostri piccoli, a quelli che ci sono affidati: ti metto al centro della mia vita e ti abbraccio. Allora il sogno di Gesù dalla periferia del mondo arriverà a conquistare il centro della città dell'uomo.

(Letture: Sapienza 2,12.17-20; Salmo 53, Giacomo 3,16-4,3, Marco 9,30-37)



Padre Ermes Ronchi




_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
28/09/2012 10:16


Il Vangelo di Domenica

I cristiani, amici dell'uomo e della vita

XXVI DOMENICA
Tempo ordinario-Anno B

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare (...)».


Maestro, quell'uomo non era dei nostri. Agli apostoli non importa che un uomo sia liberato dalla nera presenza del demonio. A loro interessa prima di tutto la difesa del gruppo, del movimento: l'istituzione è posta prima della persona. L'uomo malato viene dopo, l'indemoniato può aspettare. La salute, la felicità, la vita possono attendere.
Invece Gesù ad affermare: chiunque aiuta il mondo a fiorire, chi è amico della vita è dei nostri. Secondo la bella definizione di Origene: i cristiani sono amici del genere umano. O quella del Siracide, sono amici della vita.
Si può essere di Cristo senza appartenere al gruppo dei dodici. Trasferito nel nostro mondo: si può essere uomini di Cristo senza essere uomini della chiesa, perché il regno di Gesù è più grande della chiesa, e la chiesa finirà mentre il regno dei cieli è eterno.
Semini amore, aiuti a guarire l'oceano di male che c'è nel mondo? Allora sei di Cristo. Quanti lo seguono, senza neppure saperlo, perché seguono l'amore, e sono capaci di fare miracoli per liberare un uomo dall'ingiustizia, o solo per far nascere un sorriso sul volto di qualcuno che piange.
Non ripetiamo l'errore dei discepoli che alzano steccati: gli uomini sono tutti dei nostri e noi siamo di tutti.
Il Vangelo termina con parole dure: Se la tua mano, se il tuo piede, se il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali. È un linguaggio figurato, incisivo, adottato per dire la serietà con cui si deve pensare al senso della vita.
Perché la sofferenza per una vita sbagliata, per una vita fallita è senza paragoni con ogni altra sofferenza. Gesù ripete un aggettivo: Il tuo occhio, la tua mano, il tuo piede. Non dare sempre la colpa del male agli altri, alla società alla tua infanzia, alle situazioni esterne. Il male si è annidato dentro di te: è nel tuo occhio, è nella tua mano, è nel tuo cuore. Cerca il tuo mistero d'ombra e cambialo, convertilo.
La soluzione non è in una mano tagliata. La soluzione è una mano convertita. Come si converte la mano? Offrendo un bicchiere d'acqua. Chiunque vi darà un bicchiere d'acqua non perderà la sua ricompensa.
È consolante. Gesù semplifica la vita, la fa semplice. Un sorso d'acqua per essere di Cristo. Tante volte ci sentiamo frustrati, impotenti, il male è troppo diffuso, la corruzione troppo forte. Gesù dice: tu porta il tuo bicchiere d'acqua; fidati, il peggio non prevarrà.
Gesù, uomo senza frontiere, ci ripropone il sogno di un mondo di uomini le cui mani sanno solo donare, i cui piedi percorrono i sentieri degli amici, un mondo dove fioriscono occhi più luminosi del giorno, dove tutti sono dei nostri, tutti amici del genere umano, e per questo tutti amici di Dio.


(Letture: Numeri 11,25-29; Salmo 18; Giacomo 5,1-6; Marco 9,38-43.45.47-48).


Padre Ermes Ronchi

_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
05/10/2012 06:56


Il Vangelo di Domenica

Il peccato? Trasgredire il sogno di Dio

XXVII Domenica del Tempo Ordinario
Anno B

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».


Alcuni farisei si avvicinano a Gesù per metterlo alla prova. Quella che chiedono a Gesù è una cosa ovvia e risaputa, «se è lecito a un marito ripudiare la moglie». Chiaro che sì, tutta la tradizione religiosa, avallata dalla Parola di Dio, lo permetteva. Ma Gesù, come al suo solito, gioca al rialzo, porta la questione su di un piano più alto: per la durezza del vostro cuore Mosè scrisse per voi questa norma.
Gesù prende le distanze dalla legge, la relativizza, afferma che non tutta la legge ha autorità divina, talvolta essa è solo il riflesso di un cuore duro e non della volontà di Dio. C'è dell'altro, più importante, più vitale di ogni norma. Gesù passa oltre lecito e illecito, oltre le strettoie di una vita immaginata come esecuzione di ordini. A lui non interessa regolamentare la vita, ma ispirarla, accenderla, rinnovarla. Ci prende per mano e ci accompagna a respirare l'aria degli inizi, a condividere il sogno sorgivo, iniziale di Dio: in principio, prima della durezza del cuore, non fu così.
«L'uomo lascerà il padre e la madre, si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. L'uomo non separi quello che Dio ha congiunto». Dal principio Dio congiunge le vite! Questo è il suo nome: «Dio-congiunge», Egli è profezia di comunione. Fa incontrare le vite, le unisce, collante del mondo, cemento della casa. Il Nemico invece ha come nome «il Separatore», colui che divide. L'uomo non divida... cioè agisca come Dio, si impegni a cercare ciò che unisce e non ciò che divide, a inventare gesti e parole che abbiano la gioiosa forza di congiungere le vite e di mantenere vivo l'amore; lavori su di sé per non cadere nella durezza di cuore, la «sclerocardìa», la peggior nemica del sogno di Dio sulle sue creature.
«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Il ripudio e l'adulterio, lo sappiamo da tutto il Vangelo, non sono un atto formale o giuridico, cominciano nel cuore. Chi vive con durezza di cuore, con cuore fariseo, sta ripudiando l'amore. Chi non alimenta un amore dolce e umile, sta ripudiando il sogno di Dio, è già un separato e un adultero. Chi non si impegna a fondo per le sue relazioni, chi non dà loro tempo e cuore, intelligenza e fedeltà, le ha ripudiate, hai già commesso adulterio nel cuore. Sta tradendo il respiro degli inizi. Il vero peccato non è trasgredire una norma, ma trasgredire un sogno, il sogno di Dio. Gesù getta le basi per la libertà del cristiano: norma di comportamento non è mai una legge esterna all'uomo, ma solo l'amore che dentro riaccende il volto, il sorriso, il sogno di Dio.


(Letture: Genesi 2,18-24; Salmo 127; Ebrei 2,9-11; Marco 10,2-16)

Padre Ermes Ronchi


_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
12/10/2012 06:55



Il Vangelo di Domenica

Seguire Cristo, moltiplicazione di vita

XXVIII Domenica, Tempo Ordinario, Anno B

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». (...)
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».



Un tale corre incontro al Signore. Corre: un gesto vivo che esprime entusiasmo e desiderio. Si getta ai piedi di Gesù, con slancio, con fiducia; parla e pone domande grandi; fin da ragazzo ha sempre osservato la legge: è davvero una bella persona. E in più fa un'esperienza da brivido, sente su di sé lo sguardo di Gesù, sguardo come d'innamorato, riferisce Marco: Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò.
Quel giovane corre un grande rischio, interroga Gesù per sapere la verità su se stesso. E non è in grado di sopportarla. Vuol sapere se è vita o no la sua, chi è davvero. Infatti notiamo che non ha un nome, è «un tale» di cui non sappiamo nulla se non che è molto ricco. Il denaro è diventato la sua carta d'identità, il suo nome e cognome. Per tutti, fino ad oggi, è semplicemente il giovane ricco. Nel Vangelo altri ricchi si sono incontrati con Gesù, e hanno tutti un nome, perché hanno scoperto il loro più autentico essere non in ciò che possiedono, ma come rapporto con gli altri.
È questo che intende Gesù, quando sorprende il giovane con la sua proposta: il tuo denaro dallo ai poveri! Tutto ciò che hai, tutto ciò che sei deve diventare strumento di comunione. Quello che Gesù propone più ancora che la povertà è la condivisione. Più che la rinuncia, è la libertà. Con i poveri, contro la povertà.
Ciò che il Maestro d'umanità sogna non è tanto un uomo spoglio di tutto, quanto un uomo libero e in comunione. Il tuo denaro ai poveri, e tu con me. Capovolgere la vita: prima le persone e dopo le cose. Le bilance della felicità infatti che cosa pesano sui loro piatti? L'oro, lo «spread», l'indice della Borsa? No, pesano le relazioni, il dare e il ricevere amore. Gesù ha un progetto di umanità, vuole estendere a livello di massa le relazioni buone della famiglia. Lo vediamo dal seguito del racconto. Pietro allora prese a dirgli: Signore, ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai cento fratelli e sorelle e madri e figli. La vita si riempie di volti e di legami buoni, come si è riempita di volti la casa di Zaccheo, il ricco che ha detto: ecco metà dei miei beni li dò ai poveri.
Seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione di vita: lasciare tutto ma per avere tutto. Seguire il Vangelo non è rinuncia, ma incarnare un'altra logica del vivere, per un cuore moltiplicato, per cieli nuovi e terra nuova. Allora capiamo che il «Regno di Dio verrà con il fiorire della vita in tutte le sue forme» (Giovanni Vannucci). Che ogni discepolo vero può pregare così: «con gli occhi nel sole / a ogni alba io so / che rinunciare per te / è uguale a fiorire» (Marina Marcolini).


(Letture: Sapienza 7, 7-11; Salmo 89; Ebrei 4, 12-13; Marco 10, 17-30).

Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
19/10/2012 10:13

Il Vangelo di Domenica

Creati per essere serviti da Dio
XXIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?» [...].

Giovanni, il discepolo preferito, il più spirituale, il mistico, chiede di occupare il primo posto, lui e suo fratello. E gli altri dieci compagni immediatamente si ribellano, unanimi nella gelosia, probabilmente perché avrebbero voluto chiederlo loro! Ed è come se finora Gesù avesse parlato a vuoto: «Non sapete quello che chiedete», quali dighe abbattete con questa fame di primeggiare, quale mondo sbagliato generate con questa volontà di potenza! E spalanca l'alternativa cristiana, la differenza cristiana.
I grandi della terra dominano e opprimono gli altri. Tra voi però non è così! Credono di dirigere il mondo con la forza... voi non sarete così! Gesù prende le radici del potere e le capovolge al sole e all'aria.
Chi vuole diventare grande: Gesù non condanna questo desiderio, anzi lui stesso promette una grandezza, non vuole con sé uomini umiliati o schiavi, ma che diventino grandi, regali, nobili, fieri, liberi, prendendosi cura della felicità dell'altro.
Sia il servitore di tutti. Servizio: il nome esigente dell'amore, il nome nuovo della civiltà. Anzi, il nome di Dio: «Non sono venuto per farmi servire, ma per essere servo». La più sorprendente di tutte le definizioni di Gesù. Parole che danno una vertigine: Dio mio servitore! Vanno a pezzi le vecchie idee su Dio e sull'uomo: Dio non è il Padrone dell'universo, il Signore dei signori, il Re dei re, è il servo di tutti. Non tiene il mondo ai suoi piedi, è inginocchiato lui ai piedi delle sue creature; non ha troni, cinge un asciugamano, si inchina davanti a te, e i tuoi piedi sono fra le sue mani. Ma io tremo, se penso alla brocca e all'asciugamano, ho paura. Eppure ve la immaginate un'umanità dove ognuno corre ai piedi dell'altro? E si inchina non davanti ai potenti del mondo, ma davanti all'ultimo?
Pensiamo attentamente a che cosa significhi avere un Dio nostro servitore. Il padrone fa paura, il servo no. Cristo ci libera dalla paura delle paure: quella di Dio. Il padrone giudica e punisce, il servo no, sostiene, non spezza la canna incrinata ma la fascia come fosse un cuore ferito. Gesù capovolge l'immagine tradizionale di Dio, le dà una bellezza che stordisce: siamo stati creati per essere amati e serviti da Dio, qui e per sempre. Non sei tu che esisti per Dio, ma è Dio che esiste per te, in funzione di te, per amarti, per servirti, per conoscerti, per lasciarsi stupire da te, da questi imprevedibili, liberi, splendidi, talvolta meschini figli che noi siamo. Se Dio è nostro servitore, chi sarà nostro padrone? Il credente non ha nessun padrone, eppure è servo di ogni uomo. E non come riserva di viltà, ma come grandezza d'animo, come prodigio di coraggio.

(Letture: Is 53,2a.3a.10-11; Sal 32; Eb 4.14-16; Mc 10,35-45)
9; Ebrei 4, 12-13; Marco 10, 17-30).

Padre Ermes Ronchi


_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
26/10/2012 09:40


Il Vangelo di Domenica

Il tempo della divina compassione
XXX Tempo Ordinario
Anno-B

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico (...) il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (...).
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!» (...) Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Un mendicante cieco: l'ultimo della fila, uno che ha fatto naufragio, seduto lungo la strada come chi si è fermato e si è arreso. E improvvisamente passa Gesù, uno che non permette all'uomo di arrendersi, ed ecco che tutto sembra mettersi di nuovo in moto. Bartimeo comincia a gridare: Gesù abbi pietà di me! Perché il peggio che ci possa capitare è di innamorarci della nostra cecità.
La folla fa muro e lo sgrida, perché i poveri disturbano, sempre: ci fanno un po' paura, sono là dove noi non vorremmo mai essere, sono il lato doloroso della vita, ciò che temiamo di più.
Ma è proprio sulla povertà dell'uomo ciò su cui si posa sempre il primo sguardo di Gesù, non sulla moralità di una persona, ma sul suo dolore: «Coraggio, alzati, ti chiama».
E subito, tutto sembra eccessivo, esagerato: il cieco non parla, grida; non si toglie il mantello, "lo getta"; non si alza in piedi, "ma balza in piedi". La fede è questo: un eccesso, un di più illogico e bello, una dinamica nuova in tutto ciò che fai. La fede è qualcosa che moltiplica la vita, secondo le parole di Gesù: «Sono venuto perché abbiate la vita, quella piena». Credere fa bene, la fede produce una vita buona, il rapporto con Cristo è l'avvio della guarigione di tutta l'esistenza.
Il cieco comincia a guarire già nell'accoglienza e nella compassione di Gesù. Ha bisogno, come tutti, che per prima cosa qualcuno lo ascolti: ascolti le sue ferite, la sua speranza, la sua fame, il suono vero delle sue parole, uno che gli voglia bene!

Guarisce nella voce che lo accarezza. Guarisce come uomo, prima che come cieco, l'ultimo comincia a riscoprirsi uno come gli altri perché chiamato con amore.
«Balza in piedi» e lascia ogni sostegno, per precipitarsi, senza vedere, verso quella voce che lo chiama, orientandosi solo sulla parola di Cristo, che ancora vibra nell'aria. Come lui, ogni cristiano si orienta nella vita senza vedere, solo sull'eco della parola di Dio ascoltata con fiducia là dove risuona: nel vangelo, nella coscienza, negli eventi della storia, nel gemito e nel giubilo del creato.
Che bella questa espressione amorevole di Gesù: «Cosa vuoi che io ti faccia?». Se un giorno io sentissi, con un brivido, queste stesse parole rivolte a me, che cosa chiederei al Signore? Una domanda che è come una sfida, una prova per vedere che cosa portiamo nel cuore.
Gesù insegna instancabilmente qualcosa che viene prima di ogni miracolo, insegna la compassione, che rimane l'unica forza capace di far compiere miracoli ancora oggi, di riempire di speranza il dolore del mondo. Noi saremo come Cristo non se faremo miracoli, ma se sapremo far sorgere nel mondo il tempo della divina compassione.

(Geremia 31,7-9; Salmo 125; Ebrei 5,1-6; Marco 10, 46-52).


Padre Ermes Ronchi


_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
03/11/2012 10:23

Il Vangelo di Domenica

Amare Dio per amare l'umanità

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima [...]". Il aecondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi».

Amerai Dio con tutto il tuo cuore. Amerai il prossimo tuo come te stesso.
Che cosa c'è al centro della fede? Ciò che più di ogni cosa dona felicità all'uomo: amare. Non obbedire a regole né celebrare riti, ma semplicemente, meravigliosamente: amare.
Gesù non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo comandamento sono già nel Libro. Eppure il suo è un comando nuovo. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l'unico comandamento. L'averli separati è l'origine dei nostri mali.
La risposta di Gesù inizia con la formula: shemà Israel, ascolta popolo mio. Fa tenerezza un Dio che chiede: «Ascoltami, per favore. Voglimi bene, perché io ti amo. Amami!» Invocazione, desiderio di Dio.
Cuore del comandamento, sua radice è un'invocazione accorata, non una ingiunzione.
Dio prega di essere amato. Amare «è tenere con tenerezza e passione Dio e l'uomo dentro di sé: se uno ama, l'altro è come se dimorasse dentro di lui» (A. Casati). Amare è desiderio di fare felice qualcuno, coprirlo di un bene che si espande oltre lui, va verso gli altri, inonda il mondo...
Amare è avere un fuoco nel cuore.Ma amare che cosa? Amare l'Amore stesso.
Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza. Amerò ogni briciola di cosa bella che scoprirò vicino a me, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un'intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amerò ciò che Lui più ama: l'uomo, di cui è orgoglioso.
Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente, cuore, mente, anima, forza. Gesù sa che fare questo è già la guarigione dell'uomo. Perché chi ama così ritrova l'unità di se stesso, la sua pienezza felice: «Questi sono i comandi del Signore vostro Dio... Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice" (Dt 6,1-3). Non c'è altra risposta al desiderio profondo di felicità dell'uomo, nessun'altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amare.
Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso, insieme a Dio e al prossimo. Come per te ami libertà e giustizia così le amerai anche per tuo fratello, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignità, e vuoi che fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo. Ama questa polifonia della vita, e farai risplendere l'immagine di Lui che è dentro di te. Perché l'amore trasforma, ognuno diventa ciò che ama. Se Lo amerai, sarai simile a Lui, cioè creatore di vita, perché «Dio non fa altro che questo, tutto il giorno: sta sul lettuccio della partoriente e genera» (M. Eckhart).
Amerai, perché l'amore genera vita sul mondo.


(Letture: Deuteronomio 6,2-6; Salmo 17; Ebrei 7,23-28; Marco 12,28b-34)


Padre Ermes Ronchi


_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
09/11/2012 07:07


Il Vangelo di Domenica

Non conta quanto ma il modo, il cuore con cui si dona

XXXII Domenica Tempo ordinario
Anno B

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
[Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».]


Gesù, durante tutta la sua predicazione, ha sempre mostrato una predilezione particolare per le donne sole. Ora affida al gesto nascosto di una donna, che vorrebbe solo scomparire dietro una delle colonne del tempio, il compito di trasmettere il suo messaggio.
La prima scena è affollata di personaggi che hanno lo spettacolo nel sangue: passeggiano in lunghe vesti, amano i primi posti, essere riveriti per strada...Questa riduzione della vita a spettacolo la conosciamo anche noi, è una realtà patita da tanti con disagio, da molti inseguita con accanimento.
Il Vangelo vi contrappone la seconda scena. Seduto davanti al tesoro del tempio Gesù osservava come la folla vi gettava monete. Notiamo il particolare: osservava «come», non «quanto» la gente offriva.
I ricchi gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine. Gesù se n'è accorto, unico; chiama a sé i discepoli e offre la sua lettura spiazzante e liberante: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Gesù non bada alla quantità di denaro. Conta quanto peso di vita, quanto cuore, quanto di lacrime e di speranze è dentro quei due spiccioli. Due spiccioli, un niente ma pieno di cuore.
Il motivo vero e ultimo per cui Gesù esalta il gesto della donna è nelle parole «Tutti hanno gettato parte del superfluo, lei ha gettato tutto quello che aveva, tutto ciò che aveva per vivere»: la totalità del dono. Anche Lui darà tutto, tutta la sua vita.
Come la vedova povera, quelli che sorreggono il mondo sono gli uomini e le donne di cui i giornali non si occuperanno mai, quelli dalla vita nascosta, fatta solo di fedeltà, di generosità, di onestà, di giornate a volte cariche di immensa fatica. Loro sono quelli che danno di più.
I primi posti di Dio appartengono a quelli che, in ognuna delle nostre case, danno ciò che fa vivere, regalano vita quotidianamente, con mille gesti non visti da nessuno, gesti di cura, di accudimento, di attenzione, rivolti ai genitori o ai figli o a chi busserà domani. La santità: piccoli gesti pieni di cuore. Non è mai irrisorio, mai insignificante un gesto di bontà cavato fuori dalla nostra povertà. Questa capacità di dare, anche quando pensi di non possedere nulla, ha in sé qualcosa di divino. Tutto ciò che riusciamo a fare con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.
Quanto più Vangelo ci sarebbe se ogni discepolo, se l'intera Chiesa di Cristo si riconoscesse non da primi posti, prestigio e fama, ma dalla generosità senza misura e senza calcolo, dalla audacia nel dare. Allora, in questa felice follia, il Vangelo tornerebbe a trasmettere il suo senso di gioia, il suo respiro di liberazione.

(Letture: 1 Re 17, 10-16; Salmo 145; Ebrei 9, 24-28; Marco 12, 38-44).



Padre Ermes Ronchi

_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
16/11/2012 09:43


Il Vangelo di Domenica:

Il tesoro di bontà del nostro tempo

XXXIII Domenica
Tempo Ordinario-Anno B

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. [...] Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte [...].».

Un Vangelo sulla crisi e contemporaneamente sulla speranza, che non profetizza la fine del mondo, ma il significato del mondo.
La prima verità è che il mondo è fragile: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo...
Non solo il sole, la luna, le stelle, ma anche le istituzioni, la società, l'economia, la famiglia e la nostra stessa vita sono molto fragili.
Ma la seconda verità è che ogni giorno c'è un mondo che muore, ma ogni giorno c'è un mondo che nasce. Cadono molti punti di riferimento, vecchie cose vanno in frantumi: costumi, linguaggi, comportamenti, ma ci sono anche sentori di nuove primavere. La speranza ha l'immagine della prima fogliolina di fico: Dalla pianta di fico imparate: quando spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Allora dentro la fragilità drammatica della storia possiamo intuire come le doglie di un parto, come il passaggio dall'inverno alla primavera, come un uscire dalla notte alla luce. Ben vengano certe scosse di primavera a smantellare ciò che merita di essere cancellato. Quanto morir perché la vita nasca (Clemente Rebora). Ma dopo si tratta di ricostruire, facendo leva su due punti di forza.
Il primo: quando vedrete accadere queste cose sappiate che Egli è vicino, il Signore è alle porte. La nostra forza è che «Dio non ha chiuso il suo cuore e la sua strada passa ancora sul nostro mare d'Esodo, mare inquieto, mare profondo, anche se non ne vediamo le orme» (Salmo 77,20). A noi spetta assecondare la sua creazione. Come una nave che non è in ansia per la rotta, perché ha su di sè il suo Vento di vita.
Il secondo punto di forza è la nostra stessa fragilità. Per la sua fragilità l'uomo cerca appoggi, cerca legami e amore. Io sono tanto fragile da aver sempre bisogno degli altri. Ed è appoggiando una fragilità sull'altra che sosteniamo il mondo.
Dio è dentro la nostra ricerca di legami, viene attraverso le persone che amiamo. «Ogni carne è intrisa d'anima e umida di Dio» (Bastaire). I nostri familiari sono il linguaggio di Dio, la sua quotidiana catechesi, il tocco della sua presenza, sacramento della sua grazia.
Il profeta Daniele allarga la visione: «Uomini giusti e santi salgono nella casa delle luci, dove risplenderanno come stelle», vicino a me, lontano da me, da mille luoghi salgono nella casa della luce: sono coloro che inducono me e tutto il mondo a essere più giusto, più libero e santo.
Sono come stelle, sono molti. Guardiamo a loro, per non sprecare i giusti del nostro mondo, per non dissipare il tesoro di bontà del nostro tempo, quel tesoro che germina anche, come fogliolina di primavera, in ciascuna delle nostre case.

(Letture: Daniele 12,1-3; Salmo 15; Ebrei 10,11-14.18; Marco 13,24-32)

Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
23/11/2012 14:35



Il Vangelo di Domenica:

La regalità di Cristo è pienezza d'umano
Nostro Signore Gesù
Cristo Re dell'Universo

Anno B

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re (...)».

Due uomini, Pilato e Gesù, uno di fronte all'altro. Il confronto di due poteri opposti: Pilato, circondato di legionari armati, è dipendente dalle sue paure; Gesù, libero e disarmato, dipende solo da ciò in cui crede. Un potere si fonda sulla verità delle armi e della forza, l'altro sulla forza della verità. Chi dei due uomini è più libero, chi è più uomo? È libero chi dipende solo da ciò che ama. Chi la verità ha reso libero, senza maschere e senza paure, uomo regale.
Dunque tu sei re? Il mio regno però non è di questo mondo. Gesù rilancia la differenza cristiana consegnata ai discepoli: voi siete nel mondo, ma non del mondo. I grandi della terra dominano e si impongono, tra voi non sia così.
Il suo regno è differente non perché riguardi l'al di là, ma perché propone la trasformazione di «questo mondo». I regni della terra, si combattono, i miei servi avrebbero combattuto per me: il potere di quaggiù ha l'anima della guerra, si nutre di violenza. Invece Gesù non ha mai assoldato mercenari, non ha mai arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da prigioniero. «Metti via la spada» ha detto a Pietro, altrimenti la ragione sarà sempre del più forte, del più violento, del più crudele. Dove si fa violenza, dove si abusa, dove il potere, il denaro e l'io sono aggressivi e voraci, Gesù dice: non passa di qui il mio regno.
I servi dei re combattono per i loro signori. Nel suo regno no! Anzi è il re che si fa servitore dei suoi: non sono venuto per essere servito, ma per servire.
Un re che non spezza nessuno, spezza se stesso, non versa il sangue di nessuno, versa il suo sangue, non sacrifica nessuno, sacrifica se stesso per i suoi servi. Pilato non può capire, si limita all'affermazione di Gesù: io sono re, e ne fa il titolo della condanna, l'iscrizione derisoria da inchiodare sulla croce: questo è il re dei giudei. Che io ho sconfitto. Ed è stato involontario profeta: perché il re è visibile proprio lì, sulla croce, con le braccia aperte, dove l'altro conta più della tua vita, dove si dona tutto e non si prende niente. Dove si muore ostinatamente amando. Questo è il modo regale di abitare la terra, prendendosene cura.
Pilato poco dopo questo dialogo esce fuori con Gesù e lo presenta alla folla: ecco l'uomo. Affacciato al balcone della piazza, al balcone dell'universo lo presenta all'umanità: ecco l'uomo! l'uomo più vero, il più autentico degli uomini. Il re. Libero come nessuno, amore come nessuno, vero come nessuno. La regalità di Cristo non è potere ma pienezza d'umano, accrescimento di vita, intensificazione d'umanità: «il Regno di Dio verrà con il fiorire della vita in tutte le sue forme» (G. Vannucci).

(Letture: Daniele 7, 13-14; Salmo 92; Apocalisse 1, 5-8; Giovanni 18, 33-37)

Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
01/12/2012 05:55


Il Vangelo di Domenica:

Tempo di Avvento, viene il Liberatore

I Domenica di Avvento
Anno C

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (...).

L'Avvento è il tempo che prepara nascite, il tempo di santa Maria nell'attesa del parto, tempo delle donne: solo le donne in attesa sanno cosa significhi davvero attendere. Ma non si attende solo la nascita di Gesù.
Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia... Il Vangelo ci prende per mano, ci porta fuori dalla porta di casa, a guardare in alto, a percepire il cosmo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di una immensa vita. Che patisce, che soffre, che si contorce come una partoriente (Is 13,8), ma per produrre vita. Il presente porta nascite nel grembo. Ma «quanto morir perché la vita nasca» (Rebora).
È un tempo di crisi. C'è una crisi della Chiesa, diminuiscono le vocazioni, cresce l'indifferenza religiosa, l'istituzione ecclesiastica perde fiducia. Ma la fede ci permette di intravedere che la fine di un certo tipo di Chiesa può portare a un nuovo modo di vivere la fede, più essenziale, libero e convinto, pieno di cuore e di verità. È il nostro atto di fede: il regno di Dio viene, ed è più vicino oggi di ieri.
Anche la crisi economica e finanziaria ci sta dicendo che dobbiamo cambiare strada e favorire un altro modello di economia, non fondato sulla logica della crescita infinita, che è insostenibile, ma su rispetto della natura, sobrietà e solidarietà.
Il Vangelo d'Avvento ci aiuta a non smarrire il cuore, a non appesantirlo di paure e delusioni: «state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano».
Ci sarà sempre un momento in cui ci sentiremo col cuore pesante, scoraggiati. Ho provato anch'io lo scoraggiamento, molte volte, ma non gli tengo il posto, non gli permetto di mangiare nel mio piatto, non gli permetto di sedere sul trono del mio cuore. Il motivo è questo: fin dentro i muscoli e le ossa io so una cosa, come la sapete voi, ed è che non può esserci disperazione finché ricordo perché sono venuto sulla terra, di chi sono al servizio, chi mi ha mandato qui. E chi sta venendo: allora vedranno il Figlio dell'uomo venire con grande potenza e gloria.
Questo mondo contiene Lui! Che Viene, che è qui, che è più grande di noi; c'è un Liberatore, esperto di nascite, in cammino su tutte le strade.
Alzatevi, guardate in alto e lontano, perché la vostra liberazione è vicina. Uomini e donne in piedi, a testa alta, occhi alti e liberi: così vede i discepoli il Vangelo. Gente dalla vita verticale.
Il Vangelo ci insegna a leggere il presente e la storia come grembo di futuro, a non fermarci all'oggi, ma a guardare avanti: questo mondo porta un altro mondo nel grembo. Un mondo più buono e più giusto, dove Dio viene, vicino come il respiro, vicino come il cuore, vicino come la vita.

(Letture: Geremia 33,14-16; Salmo 24; 1 Tessalonicesi 3,12-4,2; Luca 21,25-28.34-35).


Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
07/12/2012 10:21

Il Vangelo di Domenica:

Nessuno è così piccolo da non poter essere profeta
II domenica di Avvento (Anno C)

(...) la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

Luca dà inizio al racconto dell'attività pubblica di Gesù con una pagina solenne, quasi maestosa, un lungo elenco di re e sacerdoti, che improvvisamente subisce uno scarto, un dirottamento: un sassolino del deserto cade dentro l'ingranaggio collaudato della storia e ne muta il passo: la Parola di Dio venne su Giovanni nel deserto.
La Parola, fragile e immensa, viene come l'estasi della storia, di una storia che non basta più a se stessa; le inietta un'estasi, che è come un uscire da sé, un sollevarsi sopra le logiche di potere, un dirottarsi dai soliti binari, lontano dalle grandi capitali, via dalle regge e dai cortigiani, a perdersi nel deserto. È il Dio che sceglie i piccoli, che «abbatte i potenti», che fa dei poveri i principi del suo regno, cui basta un uomo solo che si lasci infiammare dalla sua Parola.
Chi conta nella storia? Erode sarà ricordato solo perché ha tentato di uccidere quel Bambino; Pilato perché l'ha condannato a morte. Nella storia conta davvero chi comincia a pensare pensieri buoni, i pensieri di Dio. La parola di Dio venne su Giovanni, nel deserto. Ma parola di Dio viene ancora, è sempre in volo in cerca di uomini e donne dove porre il suo nido, di gente semplice e vera, che voglia diventare «sillaba del Verbo» (Turoldo). Perché nessuno è così piccolo o così peccatore, nessuno conta così poco da non poter diventare profeta del Signore.
«Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni burrone sarà riempito, ogni monte abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e quelle impervie, spianate».
La voce dipinge un paesaggio aspro e difficile, che ha i tratti duri e violenti della storia: le montagne invalicabili sono quei muri che tagliano in due villaggi, case e oliveti; i burroni scoscesi sono le trincee scavate per non offrire bersaglio e per meglio uccidere; sono l'isolarsi per paura... È anche la nostra geografia interiore, una mappa di ferite mai guarite, di abbandoni patiti o inflitti.
Il profeta però vede oltre, vede strade che corrono diritte e piane, burroni colmati, monti spianati. Per il viaggio mai finito dell'uomo verso l'uomo, dell'uomo verso il suo cuore. E soprattutto di Dio verso l'uomo.
Un'opera imponente e gioiosa, e a portarla a compimento sarà Colui che l'ha iniziata. L'esito è certo, perché il profeta assicura «Ogni uomo vedrà la salvezza». Ogni uomo? Sì, esattamente questo: ogni uomo. Dio viene e non si fermerà davanti a burroni o montagne, e neppure davanti al mio contorto cuore. Raggiungerà ogni uomo, gli porrà la sua Parola nel grembo, potenza di parto di un mondo nuovo e felice, dove tutto ciò che è umano trovi eco nel cuore di Dio.

(Letture: Baruc 5, 1-9; Salmo 125; Filippesi 1, 4-6.8-11; Luca 3, 1-6)


Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
15/12/2012 15:59


Il Vangelo di Domenica:

Gesù accende la vita e la rende felice
III domenica di Avvento
Anno C

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». (...).

Un Vangelo di comportamenti concreti, un ritorno al semplice quotidiano, dopo i voli sul venire di Dio per monti e burroni; un ritorno alle nostre relazioni interpersonali come strada per il venire di Dio nel mondo. Infatti il modo con cui ci rivolgiamo agli uomini raggiunge Dio. Ogni nostro gesto umano apre finestre sull'infinito.
Giovanni il Battista propone tre regole. La prima: chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto. Una regola d'oro, che da sola basterebbe a cambiare la faccia della terra: condivisione. Un piccolissimo verbo: «dare qualcosa», in cui si riassume il gesto sul quale saremo giudicati (cfr Matteo 25). La nuova legge di un altro mercato, che si può semplificare così: ciò che io ho, e tu non hai, lo condivido con te. Invece dell'accumulo, il dono; invece dello spreco la sobrietà. Perché tu vali quanto me, anzi di più. C'è tanto pane nel mondo che, a condividerlo, basterebbe per tutti. A non sprecarlo, sazierebbe la fame di tutti. La prima regola per il nostro abitare la terra: prenderci cura gli uni degli altri.
La seconda regola: Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato. Così semplice da sembrare scontata: il ritorno dell'onestà, l'insurrezione degli onesti, come salvezza della storia comune. Non esigete nulla di più: perché la cupidigia di denaro è l'idolo assoluto, l'insaziabilità è la radice di ogni corruzione: deridere le leggi, sfruttare le persone, vendersi per denaro. Giovanni conosce la strada buona: prendersi cura dell'onestà, semplicemente; ricominciare dalla legalità, con tenacia, ma a partire da me e dai miei comportamenti più minuti: onesto perfino nelle piccole cose.
La terza regola è per i soldati, per chi ha ruoli di autorità e di forza, in tutti i campi: non maltrattate e non estorcete niente a nessuno. Non approfittate del ruolo per umiliare; non abusate della vostra forza per far piangere. Sempre lo stesso principio: prima le persone, prima il rispetto: che è guardare negli occhi l'altro, alzarsi in piedi davanti a lui, sempre, come davanti a un principe. La bestemmia è mettere le cose prima delle persone.
Viene uno più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. È il più forte, Gesù, perché è l'unico che parla al cuore. E lo segui. È il più forte, perché è l'unico che «battezza nel fuoco», ha la forza del fuoco che trasforma le cose, che è la morte delle cose morte e la loro resurrezione, nella luce e nel calore.
Gesù ha acceso milioni e milioni di vite, le ha accese e rese felici. Questo fa di lui il più forte. E il più amato.

(Letture: Sofonìa 3, 14-18a; Salmo: Is 12, 2-6; Filippesi 4, 4-7; Luca 3, 10-18)



Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
23/12/2012 02:36


Natale, l'uomo ha Dio nel sangue
IV Domenica Avvento

Anno C

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Nell'ultimo tratto di strada verso Natale ci fa da guida santa Maria, una ragazza gravida di Dio, incinta di luce.
Maria si mise in viaggio in fretta. L'amore ha sempre fretta. È sempre in ritardo sulla fame di abbracci. Va leggera, portata dal futuro che è in lei, e insieme pesante di vita nuova. Quel peso che mette le ali e fa nascere il canto. Una giovane donna aperta, che emana libertà e giovinezza.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. E l'anziana, anche lei colma di una vita impensabile, è riempita di Spirito, perché Maria porta Dio con sé e contagia d'assoluto chiunque incontra: benedetta tu fra le donne, che sono tutte benedette.
E dove Dio giunge, c'è un sussulto del cuore, come per il piccolo Giovanni; dove Dio giunge scende una benedizione, che è una forza di vita che dilaga dall'alto, che produce crescita d'umano e moltiplicazione di vita, in tutte le sue forme. Come in Genesi: Dio li benedisse dicendo «crescete e moltiplicatevi».
Due donne sono i primi profeti del nuovo testamento, e le immagino «a braccia aperte,/ inizio di un cerchio / che un amore più vasto / compirà» (M. Guidacci).
Allora Maria canta: magnifica l'anima mia il Signore. Che mi piace tradurre così: cerco nel cuore le più belle parole per il mio Dio. Le più belle che so, le migliori che ho. L'anima danza per il mio amato.
E poi coinvolge poveri e ricchi, potenti e umili, sazi e affamati di vita, nel «più grande canto rivoluzionario d'avvento» (Bonhoeffer).
Mi stupisce che in Maria, nella prima dei credenti, la visita di Dio abbia l'effetto di una musica, di una lieta energia. Mentre noi istintivamente sentiamo la prossimità di Dio come un dito puntato, come un esame da superare, Maria sente Dio venire come un tuffo al cuore, come un passo di danza a due, una stanchezza finita per sempre, un vento che fa fremere la vela della vita.
M'incanta che la presenza di Dio produca poi l'effetto di una forza di vita e di giustizia dirompente, che scardina la storia, che investe il mondo dei ricchi e lo capovolge (le loro mani sono vuote, stringono aria); investe la storia dei potenti e li rende uguali a tutti gli altri, senza troni, ritornati in sé, finalmente.
Questo è il Vangelo che, raccontando la visita di Maria ad Elisabetta, racconta anche che tutte le nostre visite, fatte o accolte, hanno il passo di Dio. Ognuno portatore di Dio, perché Dio cerca madri per incarnarsi ancora.
Il Natale è certezza e memoria che c'è della santità in ogni carne, che ogni corpo è una finestra di cielo, che l'uomo ha Dio nel sangue; che dentro il battito umile e testardo del suo cuore batte un altro cuore, e non si spegnerà più.

(Letture: Michea 5, 1-4a; Salmo 79; Ebrei 10, 5-10; Luca 1, 39- 45).



Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
29/12/2012 11:48



Il Vangelo di Domenica:

La famiglia, prima scuola di santità
Santa Famiglia - Anno C


(...) Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso (...).

La santa Famiglia di Nazaret porta un messaggio a tutte le nostre famiglie, l'annuncio che è possibile una santità non solo individuale, ma una bontà, una santità collettiva, familiare, condivisa, un contagio di santità dentro le relazioni umane. Santità non significa essere perfetti; neanche le relazioni tra Maria Giuseppe e Gesù lo erano. C'è angoscia causata dal figlio adolescente, e malintesi, incomprensione esplicita: ma essi non compresero le sue parole. Santità non significa assenza di difetti, ma pensare i pensieri di Dio e tradurli, con fatica e gioia, in gesti. Ora in cima ai pensieri di Dio c'è l'amore. In quella casa dove c'è amore, lì c'è Dio.
E non parlo di amore spirituale, ma dell'amore vivo e potente, incarnato e quotidiano, visibile e segreto. Che sta in una carezza, in un cibo preparato con cura, in un soprannome affettuoso, nella parola scherzosa che scioglie le tensioni, nella pazienza di ascoltare, nel desiderio di abbracciarsi. Non ci sono due amori: l'amore di Dio e l'amore umano. C'è un unico grande progetto, un solo amore che muove Adamo verso Eva, me verso l'amico, il genitore verso il figlio, Dio verso l'umanità, a Betlemme.
Scese con loro a Nazaret e stava loro sottomesso. Gesù lascia i maestri della Legge e va con Giuseppe e Maria che sono maestri di vita. Per anni impara l'arte di essere uomo guardando i suoi genitori vivere: lei teneramente forte, mai passiva; lui padre non autoritario, che sa anche tirarsi indietro. Come poteva altrimenti trattare le donne con quel suo modo sovranamente libero? E inaugurare relazioni nuove tra uomo e donna, paritarie e senza paure?
Le beatitudini Gesù le ha viste, vissute, imparate da loro: erano poveri, giusti, puri nel cuore, miti, costruttori di pace, con viscere di misericordia per tutti. E il loro parlare era: sì, sì; no, no. Stava così bene con loro, che con Dio adotta il linguaggio di casa, e lo chiama: abbà, papà. Che vuole estendere quelle relazioni a livello di massa e dirà: voi siete tutti fratelli.
Anche oggi tante famiglie, in silenzio, lontano dai riflettori, con grande fatica, tessono tenaci legami d'amore, di buon vicinato, d'aiuto e collaborazione, straordinarie nelle piccole cose, come a Nazaret. Sante. La famiglia è il luogo dove si impara il nome di Dio, e il suo nome più bello è: amore, padre e madre. La famiglia è il primo luogo dove si assapora l'amore e, quindi, si gusta il sapore di Dio. La casa è il luogo dove risiede il primo magistero, più importante ancora di quello della Chiesa. È dalla porta di casa che escono i santi, quelli che sapranno dare e ricevere amore e che, per questo, sapranno essere felici.

(Letture: 1 Samuele 1,20-22. 24-28; Salmo 83; 1 Giovanni 3,1-2. 21-24; Luca 2,41-52) .

Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
04/01/2013 09:35


Il Vangelo di Domenica:

Dio parla la lingua della gioia
Epifania del Signore


Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme (...).
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo» (...).


Magi voi siete i santi più nostri, naufraghi sempre in questo infinito, eppure sempre a tentare, a chiedere, a fissare gli abissi del cielo fino a bruciarsi gli occhi del cuore (Turoldo).
Messaggi di speranza oggi: c'è un Dio dei lontani, dei cammini, dei cieli aperti, delle dune infinite, e tutti hanno la loro strada. C'è un Dio che ti fa respirare, che sta in una casa e non nel tempio, in Betlemme la piccola, non in Gerusalemme la grande. E gli Erodi possono opporsi alla verità, rallentarne la diffusione, ma mai bloccarla, essa vincerà comunque. Anche se è debole come un bambino.
Proviamo a percorrere il cammino dei Magi come se fosse una cronaca dell'anima. Il primo passo è in Isaia: «Alza il capo e guarda». Saper uscire dagli schemi, saper correre dietro a un sogno, a una intuizione del cuore, guardando oltre.
Il secondo passo: camminare. Per incontrare il Signore occorre viaggiare, con l'intelligenza e con il cuore. Occorre cercare, di libro in libro, ma soprattutto di persona in persona. Allora siamo vivi.
Il terzo passo: cercare insieme. I Magi (non «tre» ma «alcuni» secondo il Vangelo) sono un piccolo gruppo che guarda nella stessa direzione, fissano il cielo e gli occhi delle creature, attenti alle stelle e attenti l'uno all'altro.
Il quarto passo: non temere gli errori. Il cammino dei Magi è pieno di sbagli: arrivano nella città sbagliata; parlano del bambino con l'uccisore di bambini; perdono la stella, cercano un re e trovano un bimbo, non in trono ma fra le braccia della madre.
Eppure non si arrendono ai loro sbagli, hanno l'infinita pazienza di ricominciare, finché al vedere la stella provarono una grandissima gioia. Dio seduce sempre perché parla la lingua della gioia.
Entrati in casa videro il Bambino e sua Madre... Non solo Dio è come noi, non solo è con noi, ma è piccolo fra noi. Informatevi con cura del Bambino e fatemelo sapere perché venga anch'io ad adorarlo. Quel re, quell'Erode, uccisore di sogni ancora in fasce, è dentro di noi: è il cinismo, il disprezzo che distrugge i sogni del cuore.
Ma io vorrei riscattare le sue parole e ripeterle all'amico, al teologo, al poeta, allo scienziato, al lavoratore, a ciascuno: hai trovato il Bambino? Cerca ancora, accuratamente, nei libri, nell'arte, nella storia, nel cuore delle cose; cerca nel Vangelo, nella stella e nella parola, cerca nelle persone, e in fondo alla speranza; cerca con cura, fissando gli abissi del cielo e del cuore, e poi fammelo sapere perché venga anch'io ad adorarlo.
Aiutami a trovarlo e verrò, con i miei piccoli doni e con tutta la fierezza dell'amore, a far proteggere i miei sogni da tutti gli Erodi della storia e del cuore.

(Letture: Isaia 60, 1-6; Salmo 71; Efesini 3,2-3a. 5-6; Matteo 2, 1-12)


Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
13/01/2013 04:58



Se lo Spirito incendia il legno secco del nostro cuore
Battesimo del Signore – Anno C


In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».


Viene dopo di me colui che è più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco, vi immergerà nel vento e nel fuoco di Dio. Bella definizione del cristiano: Tu sei "uno immerso" nel vento e nel fuoco, ricco di vento e di fuoco, di libertà e calore, di energia e luce, ricco di Dio.
Il fuoco è il simbolo che riassume tutti gli altri simboli di Dio. Nel vangelo di Tommaso Gesù afferma: stare vicino a me è stare vicino al fuoco. Il fuoco è energia che trasforma le cose, è la risurrezione del legno secco del nostro cuore e la sua trasfigurazione in luce e calore.
Il vento: alito di Dio soffiato sull'argilla di Adamo, vento leggero in cui passa Dio sull'Oreb, vento possente di Pentecoste che scuote la casa. La Bibbia è un libro pieno di un vento che viene da Dio, che ama gli spazi aperti, riempie le forme e passa oltre, che non sai da dove viene e dove va, fonte di libere vite.
Battesimo significa immersione. Uno dei più antichi simboli cristiani, quello del pesce, ricorda anche questa esperienza: come il piccolo pesce nell'acqua, così il piccolo credente è immerso in Dio, come nel suo ambiente vitale, che lo avvolge, lo sostiene, lo nutre.
Gesù stava in preghiera ed ecco, venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento». Quella voce dal cielo annuncia tre cose, proclamate a Gesù sul Giordano e ripetute ad ogni nostro battesimo.
Figlio è la prima parola: Dio è forza di generazione, che come ogni seme genera secondo la propria specie. Siamo tutti figli nel Figlio, frammenti di Dio nel mondo, specie della sua specie, abbiamo Dio nel sangue.
Amato. Prima che tu agisca, prima di ogni merito, che tu lo sappia o no, ad ogni risveglio, il tuo nome per Dio è "amato". «Tu ci hai amati per primo, o Dio, e noi parliamo di te come se ci avessi amato per primo una volta sola. Invece continuamente, di giorno in giorno, per la vita intera Tu ci ami per primo» (Kierkegaard).
Mio compiacimento è la terza parola, che contiene l'idea di gioia, come se dicesse: tu, figlio mio, mi piaci, ti guardo e sono felice. Si realizza quello che Isaia aveva intuito, l'esultanza di Dio per me, per te: come gode lo sposo l'amata così di te avrà gioia il tuo Dio (Is 62,5)
Se ogni mattina potessi ripensare questa scena, vedere il cielo azzurro che si apre sopra di me come un abbraccio; sentire il Padre che mi dice con tenerezza e forza: figlio mio, amato mio, mio compiacimento; sentirmi come un bambino che anche se è sollevato da terra, anche se si trova in una posizione instabile, si abbandona felice e senza timore fra le braccia dei genitori, questa sarebbe la mia più bella, quotidiana esperienza di fede.

(Letture: Isaia 40,1-5.9-11; Salmo 103; Tito 2,11-14;3,4-7; Luca 3,15-16.21-22)

Padre Ermes Ronchi

_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
18/01/2013 07:29

Il Vangelo di Domenica:

Nozze di Cana, il capostipite dei segni
II domenica
Tempo ordinario - Anno C

(...) Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono (...).

Il mondo è un immenso pianto e Gesù dà avvio alla salvezza partendo da una festa di nozze. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino. Sembra quasi sprecare la sua potenza a servizio di una causa effimera, un po' di vino in più, eppure il Vangelo chiama questo il «principe dei segni», il capostipite di tutti.
Perché a Cana Gesù vuole trasmettere il principio decisivo della relazione che unisce Dio e l'umanità. Tra uomo e Dio corre un rapporto nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni forti e buone: amore, festa, gioco, dono, eccesso, gioia. Un legame sponsale, non un rapporto giudiziario o penitenziale, lega Dio e noi. Gesù partecipa con tutti i suoi alla celebrazione, e proclama così il suo atto di fede nell'amore tra uomo e donna, lui crede nell'amore, lo ratifica con il suo primo prodigio. Perché l'amore umano è una forza dove è custodita la passione per la vita, dove l'altro ha tutta la tua attenzione, dove la persona viene prima della legge, dove la speranza batte la rassegnazione. Dove nascono sogni.
La Chiesa, come Gesù, dovrebbe attingere vino dall'amore degli uomini, custodirlo, inebriarsi e offrirlo alla sete del mondo. Gesù prende l'amore umano e lo fa messaggio, parola di Dio. Con le nozze l'uomo scende al nodo germinale della vita, e Gesù dice: l'incontro con Dio è la tua primavera, fa germogliare vita, porta fioriture di coraggio, .
«E viene a mancare il vino». Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo dell'amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minacciato. Simbolo della fede e dell'entusiasmo, della creatività, della passione che vengono a mancare.
Non hanno più vino, esperienza che tutti abbiamo fatto, quando stanchezza e ripetizione prendono il sopravvento. Quando ci assalgono mille dubbi, quando gli amori sono senza gioia e le case senza festa. Ma ecco il punto di svolta del racconto. Maria, la madre attenta, sapiente della sapienza del Magnificat (sa che Dio ha sazia gli affamati di vita), indica la strada: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Il femminile capace di unire il dire e il fare! Fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si riempiranno le anfore vuote del cuore, si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice.
Più Vangelo è uguale a più vita. Più Dio equivale a più io.
A lungo abbiamo pensato che al divertimento Dio preferisse il sacrificio, al gioco la gravità, e abbiamo ricoperto il Vangelo con un velo di tristezza. Invece a Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura. «Dobbiamo trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo dentro la nostra felicità terrena». (Bonhoeffer).

Letture: (Isaia 62, 1-5; Salmo 95; 1 Corinzi 12, 4-11; Gv 2,1-11)


Padre Ermes Ronchi



_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
25/01/2013 11:01


Il Vangelo di Domenica:

Dio è sempre dalla parte dell'uomo
III Domenica
Tempo ordinario - Anno C

(...) In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea...Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,a proclamare ai prigionieri la liberazionee ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressie proclamare l'anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette (...) Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Un racconto di una modernità unica, dove Luca, il migliore scrittore del NuovoTestamento crea una tensione, una aspettativa con questo magistrale racconto, che si dipana come al rallentatore: Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. E seguono le prime parole ufficiali di Gesù: oggi la parola del profeta si è fatta carne.
Gesù si inserisce nel solco dei profeti, li prende e li incarna in sé. E i profeti, da parte loro, lo aiutano a capire se stesso, chi è davvero, dove è chiamato ad andare: lo Spirito del Signore mi ha mandato ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi. Adamo è diventato così, per questo Dio prende la carne di Adamo. Da subito Gesù sgombra tutti i dubbi su ciò che è venuto a fare: è qui per togliere via dall'uomo tutto ciò che ne impedisce la fioritura, perché sia chiaro a tutti che cosa è il regno di Dio: vita in pienezza, qualcosa che porta gioia, che libera e da luce, che rende la storia un luogo senza più disperati.
E si schiera, non è imparziale Dio; sta dalla parte degli ultimi, mai con gli oppressori. Viene come fonte di libere vite, e da dove cominciare se non dai prigionieri? Gesù non è venuto per riportare i lontani a Dio, ma per portare Dio ai lontani, a uomini e donne senza speranza, per aprirli a tutte le loro immense potenzialità di vita, di lavoro, di creatività, di relazione, di intelligenza, di amore.
Il primo sguardo di Gesù non si posa mai sul peccato della persona, il suo primo sguardo va sempre sulla povertà e sulla fame dell'uomo. Per questo nel Vangelo ricorre più spesso la parola poveri, che non la parola peccatori. Non è moralista il Vangelo, ma creatore di uomini liberi, veggenti, gioiosi, non più oppressi.
Scriveva padre Giovanni Vannucci: «Il cristianesimo non è una morale ma una sconvolgente liberazione». La lieta notizia del Vangelo non è l'offerta di una nuova morale migliore, più nobile o più benefica delle altre. Buona notizia di Gesù non è neppure il perdono dei peccati.
La buona notizia è che Dio mette l'uomo al centro, e dimentica se stesso per lui, e schiera la sua potenza di liberazione contro tutte le oppressioni esterne, contro tutte le chiusure interne, perché la storia diventi "altra" da quello che è. Un Dio sempre in favore dell'uomo e mai contro l'uomo.
Infatti la parola chiave è "liberazione". E senti dentro l'esplosione di potenzialità prima negate, energia che spinge in avanti, che sa di vento, di futuro e di spazi aperti. Nella sinagoga di Nazaret è allora l'umanità che si rialza e riprende il suo cammino verso il cuore della vita, il cui nome è gioia, libertà e pienezza. Nomi di Dio.


(Letture: Neemìa 8, 2-4.5-6.8-10; Salmo 18; 1 Corinzi 12,12-30; Luca 1,1-4;4,14-21).


Padre Ermes Ronchi

_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
01/02/2013 15:33


Il Vangelo di Domenica:

Non si può uccidere la profezia
IV Domenica
Tempo Ordinario-Anno C



In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria (...)».

Gesù ha presentato il suo programma per un mondo senza più disperati, poveri, ciechi, oppressi, la sua strada per la pienezza dell'umano, e tutti nella sinagoga di Nazaret capiscono di aver ascoltato parole nuove, che fanno bene, parole di grazia!Ma l'entusiasmo passa in fretta, i compaesani hanno già catalogato Gesù, non è costui il figlio di Giuseppe? L'hanno chiuso nelle loro categorie, e non si
aprono alla sorpresa.
Ma la vita si spegne quando muoiono le attese. È ciò che accade nelle famiglie, tra gli sposi, tra genitori e figli, tra amici. L'abitudine spegne il mistero e la sorpresa, e l'altro invece di essere una finestra di cielo, una benedizione che cammina, è solo il figlio di Giuseppe, o il falegname, l'idraulico, il postino, la maestra... Dico di conoscerlo, ma cosa so del mistero di quella persona? Per che cosa batte il suo cuore, cosa lo fa soffrire, cosa lo fa felice, per quali persone spera e trema?...
E poi, ancora più importante, so lasciarmi sfiorare almeno dal pensiero enorme che quella persona che conosco così bene ha in se un pezzetto di Dio, una profezia? C'è profezia nel quotidiano, profezia di casa mia, che come gli abitanti di Nazaret non riusciamo a vedere: «Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui!». Non ci bastano belle parole. E Gesù risponde raccontando un Dio che protegge la vedova straniera di Sarepta, che guarisce il lebbroso di Siria, un generale nemico. Che non ha patria se non il mondo, che non ha casa se non il dolore dell'uomo.
Dice ai suoi compaesani: voi non cercate Dio, ma solo i suoi vantaggi.
Adorano un Dio sbagliato e la loro fede sbagliata genera il più sbagliato degli istinti: un istinto di morte. Vogliono uccidere Gesù, ma lui passa in mezzo a loro si mette in cammino. Un finale a sorpresa. Anche nelle situazioni senza uscita, sul ciglio del monte con una folla che urla, accade qualcosa di incongruo, come sempre negli interventi di Dio, un punto bianco, un improvviso vuoto, un "ma": ma egli passando in mezzo a loro si mise in cammino. Non fugge, non si nasconde, non si arrende, ma passa in mezzo a loro, a portata di quella furia, attraversa la violenza e si rimette in cammino dietro al suo ideale. Per una Nazaret che si chiude cento altri villaggi gli apriranno le porte.
Perché si può ostacolare la profezia, ma non ucciderla. La sua vitalità
è incontenibile perché viene da Dio.
Anche la nostra Chiesa e il nostro Paese oggi traboccano di mistici, profeti, sognatori, coraggiosi. Quello che manca sono
gli ascoltatori. Manchiamo noi che non sappiamo vedere l'infinito all'angolo della strada, il mistero rannicchiato sulla soglia della nostra casa.


(Letture: Geremia 1,4-5.17-19; Salmo 70; 1 Corinzi 12,31-13,13; Luca 4,21-30).


Padre Ermes Ronchi

_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
08/02/2013 09:17


Il Vangelo di Domenica:

Dio riempie le reti della nostra vita
V Domenica
Tempo ordinario Anno C

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda (...) Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano (...)

Quattro pescatori sono lanciati in un'avventura più grande di loro: pescare per la vita. Pescare produce la morte dei pesci. Ma per gli uomini non è così: pescare significa «catturare vivi», è il verbo usato nella Bibbia per indicare coloro che in una battaglia sono salvati dalla morte e lasciati in vita (Gs 2,13; 6,25. 2 Sam 8,2). Nella battaglia per la vita l'uomo sarà salvato, protetto dall'abisso dove rischia di cadere, portato alla luce.
«Sarai pescatore di uomini»: li raccoglierai da quel fondo dove credono di vivere e non vivono; mostrerai loro che sono fatti per un altro respiro, un altro cielo, un'altra vita! Raccoglierai per la vita.
Gesù sale anche sulla mia barca, non importa se è vuota e l'ho tirata in secco, e dice anche a me: Vuoi mettere a disposizione la tua barca, la barca della tua vita? c'è una missione per te. Quella stessa di Pietro, che è per tutti, non solo per preti o suore: se pescare non significa dare la morte, ma portare a vivere meglio, con più respiro e luce, portare a galla la persona da quel fondo limaccioso, triste, senza speranza, in cui vive, allora in questa nostra «epoca delle passioni tristi» un grande lavoro è da compiere. Non noi però, ma lo Spirito di Dio.
Sulla tua parola getterò le reti. Che cosa spinge Pietro a fidarsi? Non ci sono discorsi sulla barca, ma sguardi: per Gesù guardare una persona e amarla era la stessa cosa. Pietro in quegli occhi ha visto l'amore per lui. Si è sentito amato, sente che la sua vita è al sicuro accanto a Gesù, crede nella forza dell'amore che ha visto, e si fida.
E le reti si riempiono. Simone, davanti a questa potenza e mistero, ha paura: allontanati da me, perché sono un peccatore. E Gesù ha una reazione bellissima: trasporta Simone su di un piano totalmente diverso. Non si interessa dei suoi peccati; ha una sovrana indifferenza per il passato di Simone, pronuncia parole che creano futuro: Non temere. Tu sarai pescatore, donerai vita.
Mi incantano la delicatezza e la sapienza con le quali il Signore Gesù si rivolge a Simone, e in lui a tutti:
- lo pregò di scostarsi da riva: Gesù prega Simone, non si impone mai;
- non temere: Dio viene come coraggio di vita; libera dalla paura, paralisi del cuore;
- tu sarai: Tu donerai vita. Gesù intuisce in me fioriture di domani; per lui nessun uomo coincide con i suoi fallimenti, bensì con le sue potenzialità.
Tre parole con cui Gesù, maestro di umanità, rilancia la vita: delicatezza, coraggio, futuro.
Lasciarono tutto e lo seguirono. Senza neppure chiedersi dove li condurrà. Sono i «futuri di cuore». Vanno dietro a lui e vanno verso l'uomo, quella doppia direzione che sola conduce al cuore della vita.


(Letture: Isaia 6, 1-2.3-8; Salmo 137; 1 Corinzi 15, 1-11; Luca 5, 1-11)



Padre Ermes Ronchi

_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
16/02/2013 15:17


Il Vangelo di Domenica:

Dio non cerca schiavi ma figli liberi
I Domenica di Quaresima Anno C

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l'uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». (...)

Le tre tentazioni di Gesù sono le tentazioni dell'uomo di sempre. Tentazione significa in realtà fare ordine nelle nostre scelte e nelle relazioni di fondo: ognuno tentato verso se stesso: hai fame? Dì che queste pietre diventino pane! Trasforma tutto in cose da consumare, in denaro. Ognuno tentato verso gli altri: vuoi comandare, importi, contare più degli altri? Io so la strada: vénditi! Ognuno tentato verso Dio: bùttati dal tetto, tanto Lui manderà angeli a sostenerti. Hai dubbi? Dio manderà segni e visioni a scioglierli.
La prima tentazione: che queste pietre diventino pane! Pietre o pane? È una piccola alternativa, che Gesù apre, spalanca: Né di pietre né di solo pane vive l'uomo. Siamo fatti per cose più grandi. Il pane è buono ma più buona è la parola di Dio, il pane è vita ma più vita viene dalla bocca di Dio. Il pane è indispensabile, eppure contano di più altre cose: le creature, gli affetti, le relazioni, l'eterno in noi. Ciò che ci fa vivere è la nostra fame di cielo: L'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Vive di Vangelo e di creature: dalla sua parola sono venuti la luce, il cosmo e la sua bellezza, il respiro che ci fa vivere. Sei venuto tu, fratello mio, mio amico, amore mio: parola pronunciata da Dio per me.
La seconda tentazione è una sfida aperta a Dio. «Buttati giù, chiedi a Dio un miracolo» ciò che sembrerebbe il più alto atto di fede - a occhi chiusi, con fiducia!- ne è, invece, la caricatura, pura ricerca del proprio vantaggio. È come se Gesù dicesse: tu non cerchi Dio ma i suoi benefici. Non cerchi il Donatore, ma solo i suoi doni. Un Dio a tuo servizio.
Eppure quando invece di angeli vengono la malattia, un fallimento, la morte, tutti ci domandiamo: Perché Dio non interviene? Dove sono gli angeli che ha promesso? Dio invia angeli, persone buone come angeli, che portano non ciò che io desidero, bensì ciò di cui, forse a mia insaputa, ho davvero bisogno.
Nella terza tentazione il diavolo rilancia: prostrati davanti a me, segui le mie strade, venditi alla mia logica, e avrai tutto. Il diavolo fa un mercato con l'uomo, un mercimonio. Esattamente il contrario di Dio, che non fa mai mercato dei suoi doni. E quanti hanno seguito le strade del Nemico dell'umanità, facendo mercato di se stessi, vendendo la loro dignità in cambio di carriera, poltrone o denaro facile, ci fanno riflettere: a che serve gonfiarsi di soldi e di poteri, se poi perdi vita, se ci rimetti in umanità, se vendi l'anima?
Vuoi «possedere» le persone? Assicuragli pane e potere, dice, e ti seguiranno. Ma Gesù non vuole «possedere» nessuno. Dio non cerca schiavi ossequienti, ma figli che siano liberi, generosi e amanti.


(Letture: Deuteronomio 26, 4-10; Salmo 90; Romani 10, 8-13; Luca 4, 1-13)


Padre Ermes Ronchi

_________Aurora Ageno___________
OFFLINE
Post: 18.763
Post: 11.136
Registrato il: 02/08/2007
Amministratore
Utente Gold
23/02/2013 05:44


Il Vangelo di Domenica:

L'incontro con il Padre ci illumina
II Domenica di Quaresima
Anno C

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. (...)

Gesù è a una svolta della sua missione, ha messo i suoi discepoli davanti allo sconcerto del primo annuncio della passione: il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato, venire ucciso. E i dubbi sono legione, è tutto così difficile da capire e da vivere. E allora anche lui si ferma, vuole vederci chiaro, ed è davanti al Padre che va per cogliere il senso profondo di ciò che sta per accadere.
Nel contatto con il Padre anche la nostra realtà si illumina, ciò che è nascosto appare in tutta la sua chiarezza ed evidenza, come il volto di Gesù: Mentre pregava il suo volto cambiò di aspetto, si trasformò.
Pregare trasforma. Pregare ti cambia dentro, tu diventi ciò che contempli, ciò che ascolti, ciò che ami... Preghi e ti trasformi in Colui che preghi; entri in intimità con Dio, che ha un cuore di luce, e ne sei illuminato a tua volta. La preghiera è mettersi in viaggio: destinazione Tabor, un battesimo di luce e di silenzio; destinazione futuro, lampada ai tuoi passi è la Parola e il cuore di Dio.
Gesù sale su di un monte. I monti sono come indici puntati verso il cielo, verso il mistero di Dio, raccontano la vita come una ascensione verso più luce e più cielo. Scriveva il filosofo latino Seneca: fino a che sei all'osteria, puoi negare Dio. Ma non è facile negarlo quando sei nel silenzio della tua camera o della natura.
Siamo mai saliti sul Tabor, toccati dalla gioia, dalla dolcezza di Dio? Vi è mai successo di dire come Pietro: Signore, che bello! Vorrei che questo momento durasse per sempre. Facciamo qui tre tende...?
Si trattava di una luce, una bellezza, un amore che cantavano dentro. E una voce diceva: è bello stare su questa terra, che è gravida di luce. È bello essere uomini, dentro una umanità che pian piano si libera, cresce, ascende. È bello vivere. Perché tutto ha senso, un senso positivo, senso per sempre.
Il cristianesimo è proprio la religione della penitenza e della mortificazione, come molti pensano? Il Tabor dice «no». E che fare con le croci? Fissare gli occhi solo su di esse o all'opposto ignorarle? Dio fa di più: ci regala quel volto che gronda luce, su cui tenere fissi gli occhi per affrontare il momento in cui la vita gronda sangue, come Gesù nell'orto degli ulivi.
Pietro fa l'esperienza che Dio è bello e lo annuncia. Noi invece abbiamo ridotto Dio in miseria, l'abbiamo mostrato pedante, pignolo, a rovistare nel passato e nel peccato.
Restituiamogli il suo volto solare: un Dio bello, grembo di fioriture, un Dio da gustare e da godere, come Francesco: «tu sei bellezza, tu sei bellezza», come Agostino: tardi ti ho amato. Bellezza tanto antica e tanto nuova. Allora credere sarà come bere alle sorgenti della luce.


(Letture: Gènesi 15, 5-12.17-18; Salmo 26; Filippesi 3, 17-4,1; Luca 9,28b-36)

Padre Ermes Ronchi

_________Aurora Ageno___________
Nuova Discussione
 | 
Rispondi


Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:03. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com