(segue)
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L'arrivo di tre giovani indiani sui loro pony li colse di sorpresa. Il loro atteggiamento schivo
e rispettoso faceva supporre che fossero dei messaggeri, ma il tenente Dunbar stava
molto in guardia. Non aveva ancora imparato a distinguere una tribù dall'altra e al suo
occhio inesperto avrebbero potuto essere chiunque. Reggendo il fucile con la canna
appoggiata alla spalla, camminò per circa trecento passi da dove si erano fermati, dietro
il deposito dei rifornimenti, per incontrarli. Quando uno dei giovani indiani fece lo stesso
gesto di saluto che gli aveva rivolto l'indiano tranquillo, Dunbar rispose con il solito breve
inchino.
Il dialogo a gesti fu semplice e breve. Gli chiesero di andare con loro al villaggio e il tenente
accettò. Rimasero ad attenderlo mentre lui metteva la briglia a Cisco, parlando a voce
bassa del piccolo cavallo, ma il tenente Dunbar prestò loro poca attenzione.
Era ansioso di scoprire di che cosa si trattasse e fu contento quando lasciarono il forte
al galoppo.
Si trattava della stessa donna e sebbene fosse seduta lontano da loro, verso il fondo della
tenda, gli occhi del tenente continuavano a vagare nella sua direzione. Il vestito di pelle di
daino le copriva le ginocchia e Dunbar non avrebbe potuto dire se la sua ferita alla gamba
fosse guarita.
Fisicamente, sembrava che stesse bene, ma la sua espressione non lasciava intendere
nulla. Sul suo viso vi era una leggera sfumatura di ostilità, ma per il resto era completamente
inespressivo. Il tenente continuava a guardarla perché era certo fosse lei la ragione per la
quale era stato convocato al villaggio. Desiderò che si arrivasse subito al dunque, ma la sua
scarsa esperienza in fatto di indiani gli aveva già insegnato ad essere paziente.
Così attese, mentre lo stregone caricava meticolosamente la sua pipa. Il tenente gettò
nuovamente uno sguardo a Mano Alzata. Per un breve istante i suoi occhi incontrarono quelli
del tenente e questo gli fece ricordare di come fossero più chiari in confronto agli occhi marrone
scuro di tutti gli altri. Poi si ricordò di quando aveva detto << no >>, quel giorno nella prateria.
D'improvviso, i capelli color rosso ciliegia assunsero per lui un nuovo significato e cominciò
a sentire un formicolio alla base del collo.
Oh, mio Dio, pensò, questa donna è una bianca.
Dunbar si accorse che Uccello Saltellante era più che consapevole della presenza della donna
seduta nell'ombra della tenda. Quando offrì per la prima volta la pipa al suo visitatore speciale,
lo fece gettando uno sguardo di lato verso di lei.
Il tenente Dunbar aveva bisogno di assistenza per riuscire a fumare la pipa e Uccello Saltellante
cortesemente lo aiutò a posizionare correttamente le mani sul lungo cannello e a regolare
l'angolatura. Il sapore del tabacco era aspro come il suo odore, ma il tenente Dunbar lo trovò
ricco di aroma. Una buona fumata. La pipa era fantastica. Pesante quando l'aveva presa in
mano, diventò straordinariamente leggera non appena cominciò a fumare, come se avesse
potuto sfuggirgli se avesse allentato la presa.
Si scambiarono la pipa per alcuni minuti. Poi, Uccello Saltellante la depositò con cura di fianco
a lui. Guardò apertamente Mano Alzata e con un breve movimento del polso le fece cenno di
venire avanti.
Lei esitò per un momento, poi appoggiò una mano per terra e fece per alzarsi. Gentiluomo
come sempre, il tenente Dunbar scattò in piedi e, con questo suo gesto, scatenò un tumulto.
Tutto avvenne con violenta rapidità. Dunbar non vide il coltello fino a che lei non aveva già
percorso metà della distanza che li separava. L'unica cosa di cui si rese conto subito dopo
fu l'avambraccio di Uccello Saltellante che lo colpiva violentemente al petto, facendolo cadere
all'indietro. Mentre cadeva a terra, vide la donna avanzare chinata in avanti verso di lui, sibilando
delle parole e fendendo convulsamente l'aria con il coltello che teneva in mano.
Uccello Saltellante fu altrettanto rapido. Con una mano le afferrò il polso e glielo torse facendole
mollare il coltello, e con l'altra la gettò a terra. Mentre il tenente si rialzava, Uccello Saltellante
si girò verso di lui. Nello sguardo dello stregone vi era un'espressione di furore.
In un disperato tentativo di disinnescare la situazione esplosiva, Dunbar saltò su in piedi e agitò
avanti e indietro le mani distese davanti a lui sottolineando il gesto con la parola << no >> per
più volte. Poi fece uno dei piccoli inchini che aveva usato come cenno di saluto quando gli indiani
erano venuti a Fort Sedgewick. Indicò la donna sul pavimento e s'inchinò nuovamente.
Allora, Uccello Saltellante capì. L'uomo bianco stava solo cercando di essere cortese. Non
intendeva fare niente di male. Disse qualche parola a Mano Alzata mentre questa si stava
nuovamente rialzando. Lei tenne gli occhi fissi sul pavimento, evitando qualsiasi contatto con
l'uomo bianco.
Per un attimo, tutti e tre rimasero immobili.
Il tenente Dunbar attese e restò a guardare Uccello Saltellante che si strofinava lentamente il
lato del naso con una delle sue dita lunghe e brune, pensando alla faccenda. Poi l'indiano disse
qualcosa a voce bassa a Mano Alzata e la donna sollevò lo sguardo. I suoi occhi sembravano
ancora più chiari di prima, e più assenti. Adesso, fissavano direttamente quelli di Dunbar.
Con dei gesti Uccello Saltellante chiese al tenente di mettersi nuovamente a sedere. Si
accoccolarono come avevano fatto prima, l'uno di fronte all'altro. Uccello Saltellante disse
nuovamente qualcosa a Mano Alzata e lei si avvicinò, sedendosi leggera come una piuma a
brevissima distanza da Dunbar.
Uccello Saltellante guardò entrambi con aria di attesa. Si appoggiò un dito sulle labbra, sollecitando
con questo segno il tenente fino a che Dunbar capì che gli veniva chiesto di parlare, di dire qualcosa
alla donna seduta accanto a lui.
Il tenente chinò leggermente la testa nella sua direzione e attese finché non scorse una piccola
parte dell'occhio di lei.
<< Hello >>, disse.
Lei batté le palpebre.
<< Hello >>, ripeté lui.
Mano Alzata si ricordava quella parola. Ma la sua lingua di bianca era arrugginita come il vecchio
cardine di una porta. Aveva paura di ciò che avrebbe potuto uscire dalle sue labbra e il suo
subconscio opponeva ancora resistenza all'idea stessa di questo colloquio. Fece qualche muto
tentativo, prima di riuscire a pronunciarla.
<< Hulo >>, rispose, chinando rapidamente il mento.
La soddisfazione di Uccello Saltellante fu tale che, con un gesto del tutto insolito per lui, si diede
delle pacche sulla gamba. Si sporse in avanti e batté dei colpetti sul dorso della mano di Dunbar,
incitandolo a continuare.
<< Parlare? >> chiese il tenente, ricorrendo contemporaneamente al gesto con le dita sulle labbra
che aveva usato Uccello Saltellante. << Parlare inglese? >>
Mano Alzata si batté leggermente la tempia con la punta di un dito per indicargli che le parole erano
nella sua testa. Posò due dita sulle labbra e scosse il capo, cercando di dirgli della difficoltà che
aveva a parlare.
Il tenente non capiva bene. L'espressione di lei era ancora passivamente ostile, ma ora la calma
che vi era nei suoi gesti gli dava l'impressione che volesse comunicare.
<< Io sono... >> esordì lui, puntandosi un dito contro la giubba, << io sono John. Io sono John >>.
Gli occhi inespressivi della donna erano fissi sulle sue labbra.
<< Io sono John >>, disse nuovamente lui.
Mano Alzata mosse silenziosamente le labbra, cercando di ripetere. Quando finalmente parlò,
il suono le uscì dalle labbra perfettamente chiaro. La parola la sconvolse, e sconvolse il tenente
Dunbar.
Disse: <<
Willie >>.
Uccello Saltellante capì che qualcosa aveva fatto cilecca quando vide l'espressione sbigottita
del tenente. Confuso, restò a guardare Mano Alzata mentre questa si agitava disordinatamente.
La donna si coprì gli occhi e si strofinò il viso. Si portò le mani al naso come se cercasse di
tapparlo per non sentire un odore e scosse forsennatamente la testa. Alla fine, appoggiò i palmi
delle mani sul terreno e tirò un profondo sospiro, sillabando delle mute parole con le labbra.
In quel momento l'animo di Uccello Saltellante cedette. Forse aveva preteso troppo a mettere
in atto questo esperimento.
Nemmeno il tenente Dunbar riusciva a capirla. Pensava che, probabilmente, la lunga prigionia
della donna avesse influito sulle sue condizioni mentali.
Ma l'esperimento di Uccello Saltellante, anche se terribilmente difficile, non era troppo. E Mano
Alzata non era pazza. Le parole del soldato bianco, i suoi ricordi e la confusione della sua lingua
erano caoticamente mescolati nella sua mente. Sciogliere quel groviglio era come cercare di
disegnare a occhi chiusi. Lottava per controllarlo, mentre fissava nel vuoto con le palpebre
abbassate.
Uccello Saltellante fece per dire qualcosa, ma lei lo zittì bruscamente con una raffica di parole
in comanci.
I suoi occhi rimasero chiusi ancora per qualche istante. Quando li riaprì, guardò il tenente Dunbar
attraverso la cortina dei capelli arruffati e lui vide che la loro espressione si era ammorbidita. Con
un gesto pacato della mano, lei gli chiese in comanci di parlare nuovamente.
Dunbar si schiarì la gola.
<< Io sono John >>, disse, pronunciando attentamente le parole. << John... John. >>
Ancora una volta le labbra di lei si mossero, ripetendo silenziosamente le parole, e ancora una
volta cercò di pronunciarle.
<< Jun. >>
<< Sì >>, assentì Dunbar, estatico. << John. >>
<< Jun >>, disse lei nuovamente.
Il tenente Dunbar rovesciò la testa all'indietro. Era un dolce suono per le sue orecchie, il suono
del suo nome. Non lo sentiva dire da mesi.
Involontariamente, Mano Alzata sorrise. Di recente la sua vita era stata così piena di tristezza.
Era bello avere qualcosa, anche se piccolo, per cui sorridere.
Entrambi guardarono Uccello Saltellante.
Sulla sua bocca non vi era alcun sorriso, ma nei suoi occhi, sebbene fosse a malapena percettibile,
vi era una luce lieta.
(continua)